La Cassazione ribadisce le peculiarità applicative del c.d. captatore informatico che “segua all’estero” l’indagato

La Corte di legittimità esamina in dettaglio un istituto di recente introduzione, del quale era facile pronosticare sin dall’inizio, per potenzialità applicative e struttura, gli ampi sviluppi pretori.

In particolare, torna ad esprimersi sul c.d. captatore informatico trojan , analizzandone le caratteristiche e tratteggiandone, in risposta alle deduzioni difensive, i connotati peculiari, che lo rendono conciliabile con il nostro sistema processuale. Lo fa, rispetto ad un procedimento per le più gravi ipotesi delittuose associative, caratterizzato da investigazioni di particolare difficoltà, che si sono giovate del nuovo strumento per poter acquisire fonti di prova in forma, per così dire, itinerante”. L’inchiesta si radica in Calabria e riguarda i rapporti tra diversi soggetti, afferenti a consorterie criminali di stampo mafioso. In tale contesto, il Giudice distrettuale – basandosi anche sui risultati di un’elaborata attività di intercettazione delle comunicazioni tra i sodali – aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere , tra gli altri, ad un uomo che, secondo l’accusa, sarebbe stato il vero e proprio ambasciatore canadese” intraneo alla c.d. società di Siderno” , comunicando oltreoceano strategie e decisioni assunte dalla base italiana. Il Tribunale, in sede di riesame, confermava l’impostazione dell’ordinanza restrittiva, rigettando, tra le altre, l’eccezione difensiva di inutilizzabilità del materiale captativo . Ricorre per Cassazione la persona sottoposta ad indagini, per il tramite del difensore di fiducia, lamentando erronea interpretazione della legge penale, error in procedendo e carenze motivazionali, con riguardo a quattro articolati motivi in primis , contesta i vizi delle intercettazioni, compiute mediante un file installato sul dispositivo dell’indagato e che, successivamente, avrebbe registrato le conversazioni in Canada, così da richiedere, per l’utilizzabilità dei risultati di indagine, il previo esperimento di rogatoria internazionale in ogni caso, poi, in forza dell’intervento della società appaltatrice, le intercettazioni non sarebbero state presidiate in modo effettivo dalla Magistratura Requirente denuncia, inoltre, l’insussistenza dei gravi indizi relativi all’associazione a delinquere di stampo mafioso, essendo stata omessa una valutazione analitica del materiale conoscitivo, che avrebbe evidenziato, tra l’altro, come i nomi utilizzati nelle conversazioni non consentissero di identificare con certezza il prevenuto, quale associato coinvolto nei relativi traffici difetterebbero, infine, le esigenze di prevenzione, che vengono apoditticamente giustificate per relationem o con mere clausole di stile dal Giudice della cautela. La Sezione II – su parere difforme del Procuratore generale, che aveva chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile – rigetta l’impugnazione, con condanna al pagamento delle spese processuali. L’Estensore affronta puntualmente le diverse censure mosse al provvedimento di merito, dando conto degli ultimi arresti giurisprudenziali pertinenti e, per altro verso, sviscerando passaggi di natura tecnica, indispensabili per chiarire i principi in diritto espressi. A margine della parte principale della motivazione, quindi, da conto della manifesta infondatezza di uno dei motivi, che replica, peraltro, argomentazioni già rigettate dai Giudici territoriali. L’interpretazione delle conversazioni intercettate. Ed infatti, come avevano chiarito le Sezioni Unite, non compete a questo grado la risoluzione di eventuali ambiguità dei dialoghi oggetto di captazione, anche quando risultino criptici, trattandosi, in assenza di evidenti fallacie o contraddizioni, di profilo in fatto demandato alle Corti di merito si cita, in proposito, Cass., SS. UU. Pen., 28/5/2015, n. 22471 . Le caratteristiche e le modalità operative del captatore informatico. Il nodo centrale della decisione, invece, riguarda il c.d. trojan inoculato sul dispositivo in uso al ricorrente, che ne ha monitorato le conversazioni anche quando si trovava all’estero. Il Collegio, sul piano materiale, precisa preliminarmente come, sebbene effettivamente i dati siano stati, in prima battuta, raccolti in Canada e trasmessi mediante rete wireless lì presente, fossero state adottate tecnologie – delle quali si segnalava l’utilizzo nel provvedimento autorizzativo – utili a cifrarli immediatamente, inoltrandoli per il tramite di un canale protetto al server della Procura, senza che ne rimanesse traccia altrove e che fossero intellegibili nella fase di acquisizione e trasmissione. Per l’effetto, il primo ed unico luogo di memorizzazione delle informazioni era l’Ufficio procedente, che ha così mantenuto il controllo di un atto investigativo – compatibile per Strasburgo, in casi analoghi, con i diritti al rispetto della vita privata e ad un equo processo cfr., da ultimo, Corte EDU, Capriotti v. Italia, 23/2/2016 – compiuto su territorio italiano, costituendo la fase antecedente un’attività irrilevante per determinare il luogo in cui si è realizzato l’ascolto e, dunque, l’intercettazione. Diversamente opinando, si approderebbe all’impossibilità tecnica di intercettare, se non sia possibile prevedere con certezza il perimetro degli spostamenti che l’indiziato potrà realizzare nell’intero corso delle indagini. Si tratta di fattispecie, sotto questo profilo, non dissimile dall’installazione di una microspia su veicolo che si sposti al di fuori della giurisdizione italiana, che gli Ermellini hanno già ritenuto non imporre l’attivazione della procedura ex art. 727 c.p.p. si rimanda qui a Cass., Sez. II Pen., 30/11/2016, n. 51034 . La sentenza in esame si occupa di materia di stringente attualità, affrontando le sfide che la pervasività delle nuove tecnologie pone agli interpreti, nel difficile equilibrio tra la necessità di assicurare l’ habeas data coniato dal Prof. Stefano Rodotà e l’esigenza, sempre più sentita dagli Inquirenti in relazione alle più complesse fattispecie associative, di poter sfruttare le potenzialità dei nuovi mezzi, così ben conosciute da taluni sodalizi criminali. Si tratta di una pronuncia che, sebbene lineare nell’esposizione, non convince completamente, lasciando aperti degli interrogativi nel lungo orizzonte, potranno dimostrarsi realmente efficaci garanzie tecniche di irrilevanza delle investigazioni e meccanismi tesi a limitare a posteriori uno strumento capace di invadere con tale forza la vita privata oggi in gran parte digitale” di un indagato?

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 luglio – 22 ottobre 2020, n. 29362 Presidente Verga – Relatore Di Pisa Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento in data 07/11/2019 i Tribunale di Reggio Calabria, in sede di riesame, confermava l’ordinanza in data 8 Agosto 2019 con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria aveva applicato a C.D. la misura della custodia cautelare in carcere perché indagato per il reato di cui all’art. 6 c.p., comma 2, art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 ed 8, L. 16 marzo 2006, n. 146, art. 3, lett. a , b e c e art. 61 bis c.p 1.1. Il Tribunale, disattesa l’eccezione di inutilizzabilità del materiale captativo sollevata dalla difesa, riteneva che era emersa una solida piattaforma indiziaria idonea a dimostrare che il predetto era senza dubbio intraneo alla cosca denominata società di , uomo con cui il sodale M.V. aveva un rapporto talmente paritario da farci anche affari insieme e soggetto che faceva ambasciate tra le consorterie di ndrangheta operanti a e in Canada , legato in passato a M.C. al vertice della cosca, prima di essere assassinato. 2. Avverso la suddetta ordinanza l’indagato propone ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, formulando quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B , C ed E , in relazione agli artt. 178, 179, 266, 267, 268, 271 e 727 c.p.p., in relazione agli artt. 15 e 24 Cost., nonché in relazione art. 8 CEDU in ipotesi di mancata autorizzazione per il tramite di rogatoria internazionale Assoluta illogicità e illegittimità della motivazione in ordine al rigetto della questione preliminare afferente alla inutilizzabilità del risultato delle captazioni effettuate sul territorio canadese attraverso il captatore informatico Rit. 2102/18 smartphone M.V. e Rit. 1033/18 smartphone G.G. . Lamenta che le argomentazioni del tribunale del riesame, quanto alla utilizzabilità delle captazioni ambientali de quibus, erano del tutto erronee e fondate su principi giurisprudenziali non pertinenti afferenti la diversa ipotesi di attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate interamente compiuta sul territorio italiano sebbene l’utenza intercettata si trovava all’estero, mentre nella specie tutta l’attività di intercettazione aveva avuto luogo sul territorio canadese. Ribadisce l’illegittima acquisizione ed utilizzazione delle conversazioni ambientali captate su suolo del Canada in quanto acquisite in violazione degli obblighi di assistenza giudiziaria internazionale che andava realizzata con lo strumento della rogatoria internazionale trattandosi di dati registrati, immagazzinati, custoditi ed archiviati in territorio canadese a mezzo degli impianti di gestori canadesi con ausilio di ponti telefonici di quella nazione. Evidenzia che le captazioni intercettate su suolo canadese avevano origine sul suolo internazionale per l’appunto Canada , anche con cittadini canadesi ed erano state una volta registrate dal T. captatore informatico pacificamente scaricate ed archiviate sul server per la memorizzazione tramite una rete wi-fi che si trovava su territorio internazionale, ossia il Canada, quindi per il tramite di ponte wi-fi situato su territorio straniero. Trattavasi, quindi, a parere della difesa dell’indagato, di captazioni ambientali, registrate in territorio canadese, il cui flusso comunicativo era transitato per il territorio italiano in modo direzionale solo dopo la captazione e registrazione, sicché, in ossequio all’art. 727 c.p.p., l’autorità giudiziaria italiana procedente avrebbe dovuto fare ricorso alla rogatoria internazionale, pacificamente mancante nel caso in questione, con la conseguenza che le richiamate intercettazioni ambientali, registrate su suolo canadese, non erano utilizzabili dal momento che l’acquisizione era avvenuta tramite il captatore informatico installato sul telefono cellulare tanto del M. quanto del G. ma la archiviazione memorizzazione del flusso dati proveniente dal bersaglio in cui era attivo il captatore informatico era giunto alla destinazione per il tramite della rete di un dispositivo che consentiva la connessione WIFI router, hotspot a sua volta connesso alla rete internet su linea fissa esistente su suolo canadese, quindi di proprietà straniera. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B , C ed E , in relazione gli artt. 191, 266, 267, 271 e 125 c.p.p., in relazione agli artt. 15 e 24 Cost. e della L. n. 203 del 1991, art. 13, posta l’insussistenza dell’ipotesi di reato di criminalità organizzata. Violazione di legge e nullità per mancanza di motivazione. Osserva che la motivazione del provvedimento impugnato era totalmente carente nella parte in cui il tribunale dei riesame aveva disatteso l’eccezione in ordine alla insussistenza dei presupposti legittimanti le operazioni di intercettazioni tramite il captatore informatico posta la insussistenza dell’ipotesi di reato di criminalità organizzata. Rileva che, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale del riesame, nei provvedimenti autorizzativi delle intercettazioni mancava ogni motivazione in ordine alla effettiva sussistenza dei presupposti idonei a legittimare le intercettazioni ambientali autorizzate per mezzo di captatore informatico sia sotto il profilo della indispensabilità del mezzo sia soprattutto relativamente alla concrete ragioni che giustificavano il collegamento fra l’indagine in corso e la specifica persona da intercettare. Lamenta, ancora, la difesa dell’indagato che l’ordinanza era viziata nella parte in cui aveva rigettato, del tutto apoditticamente, l’eccezione secondo cui la registrazione delle conversazioni non era avvenuta nei locali della Procura della Repubblica ma in un cloud facente capo alla Lutech società appaltatrice della strumentazione necessaria ai fini delle operazioni nonché quella relativa all’impossibilità di verificare se i dati erano stati crittografati ovvero ove erano stati immagazzinati, in assenza di un effettivo controllo da parte della Procura. 2.3. Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B , C ed E , in relazione all’art. 416 bis c.p., art. 125 c.p.p., comma 3, artt. 192, 273, 275 e 292 c.p.p., art. 13 Cost.m comma 1 e art. 111 Cost., comma 6 violazione di legge circa le predette norme di riferimento in relazione alla ritenuta partecipazione del ricorrente all’ipotesi di associazione contestata nell’incolpazione cautelare ed alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza mancanza e/o illogicità manifesta della motivazione nullità della impugnata decisione. Rileva che il tribunale del riesame, omettendo una valutazione approfondita del materiale probatorio, aveva ritenuto di dover confermare le conclusioni del g.i.p. in ordine alla gravità indiziaria sussistente a carico del ricorrente ma nel farlo aveva sviluppato considerazioni meramente assertive in ordine al valore degli indizi rappresentati a carico dello stesso, disattendendo, con motivazione gravemente carente, le specifiche censure mosse dalla difesa ed analiticamente richiamate in seno al ricorso introduttivo dell’odierno giudizio alle pagg. 24/31. Osserva, in particolare, che identificare i disparati soggetti indicati nelle captazioni a nome , , richiamati nell’OCC in C.D. era frutto di un ragionamento apodittico e congetturale e che, in generale, difettavano elementi tali da poter ritenere che l’indagato si trovava in un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio criminale de quo. 2.4. Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B ed E , in relazione agli artt. 125 e 274 c.p.p., art. 275 c.p.p., comma 3, art. 292 c.p.p., comma 1, lett. c , c bis , art. 546 c.p.p., comma 1, lett. E. Motivazione insufficiente, illogica, contraddittoria ed apparente circa la inesistenza delle esigenze cautelari. Osserva che sul punto il tribunale del riesame si era limitato ad’ una motivazione per relationem non ritenendo vinta la sussistenza del periculum della reiterazione dei reati sulla scorta di una motivazione fittizia basata su mere clausole di stile. 2.5. La difesa dell’indagato ha inviato, a mezzo PEC, memoria in data 13 luglio 2020 con la quale ha dedotto ulteriori argomentazioni a sostegno dei primi tre motivi di impugnazione di cui al ricorso, allegando Documentazione Ufficio di Procura depositata in data 20.5.2020 Parere Scienze Forensi di Milano depositato in sede di udienza del riesame nonché Richiesta intercettazione telefonica rit. 644/2018 emesso nel procomma 490/2018 RGNR. Considerato in diritto Il ricorso, valutate anche le argomentazioni di cui alla memoria in data 13 Luglio 2020, deve essere rigettato per le argomentazioni appresso specificate. 1. Il primo motivo è privo di fondamento. Va osservato che in tutte le fasi del presente procedimento il difensore dell’indagato ha eccepito che le conversazioni ambientali acquisite sarebbero inutilizzabili in quanto la relativa captazione era stata resa possibile tramite rete wi-fi estera sita in Canada , rilevando che atteso che le conversazioni in questione estero su estero non transitavano attraverso nodi telefonici italiani ma si volgevano esclusivamente tramite ponte telefonico canadese, la mancanza di rogatoria aveva determinato l’inutilizzabilità dei risultati dell’attività d’indagine per violazione dell’art. 729 c.p.p La difesa del ricorrente rileva che, nella specie, l’autorità procedente doveva necessariamente rivolgersi all’assistenza giudiziaria internazionale in quanto l’attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle comunicazioni era stata interamente compiuta sul territorio straniero. 1.1. Ad avviso di questo collegio la tesi di parte ricorrente non appare condivisibile. Risulta acclarato, in punto di fatto, che il captatore informatico in questione T. è stato inoculato in Italia sugli apparecchi telefonici in uso a M.V. e G.G. collegati ad un gestore telefonico italiano, utenze che, secondo quanto è pacifico, sono state utilizzate nel periodo in esame sia in territorio italiano che in territorio estero il Canada . Orbene è noto che i sistemi di captazione de quibus non sono costituiti solamente dal T. , cioè dal semplice software rectius, malware , che viene inoculato, ma anche dalle piattaforme necessarie per il loro funzionamento, che ne consentono il controllo e la gestione da remoto e che ricevono i dati inviati dal captatore in relazione alle funzioni investigative attivate. I dati raccolti sono, infatti, trasmessi, per mezzo della rete internet, in tempo reale o ad intervalli prestabiliti ad altro sistema informatico in uso agli investigatori. I giudici di merito hanno precisato che nella specie i dati provenienti dal captatore informatico devono essere cifrati e devono transitare su un canale protetto sino al server della Procura che è il primo ed unico luogo di memorizzazione del dato. Ogni file è dunque cifrato e reca una password diversa rispetto a quella utilizzata per la memorizzazione sul server ne consegue che ogni file per essere ascoltato deve essere decripato . Deve, quindi, ritenersi che, nella specie, la registrazione della conversazioni tramite wi-fi sito in Canada abbia costituito una fase intermedia di una più ampia attività di captazione iniziata ed oggetto registrazione, nella sua fase finale e conclusiva, sul territorio italiano, infatti, al di là dei dettagli tecnici, ciò che rileva è che, in ultima analisi, l’ascolto delle conversazioni avvenga in Italia su apparecchi collegati ad un gestore italiano e la cui captazione ha avuto origine sul territorio italiano. In conclusione l’atto investigativo risulta, comunque, compiuto sul territorio italiano. 1.2. Premesso che la procedura di cui all’art. 727 e ss. c.p.p., riguarda esclusivamente gli interventi da compiersi all’estero e che, quindi, richiedono l’esercizio della sovranità propria dello Stato estero e che, conseguentemente, non è ipotizzabile alcuna rogatoria per un’attività di fatto svolta in Italia e, quindi, ivi autorizzata e realizzata secondo le regole del codice di rito, deve ritenersi che quando il captatore informatico sia installato in Italia, e la captazione avvenga, di fatto, secondo le modalità sopra indicate e richiamate nel provvedimento impugnato in Italia attraverso le centrali di ricezione ivi collocate, la sola circostanza che le conversazioni siano state eseguite, in parte, all’estero e ivi temporaneamente registrate tramite wi-fi locale a causa dello spostamento del cellulare sul quale è stato inoculato il T. non può implicare l’inutilizzabilità della intercettazione per difetto di rogatoria. Appare mutuabile alla fattispecie in esame il principio di diritto secondo cui l’intercettazione di comunicazioni tra presenti eseguita a bordo di una autovettura attraverso una microspia installata nel territorio nazionale, dove si svolge altresì l’attività di captazione, non richiede l’attivazione di una rogatoria per il solo fatto che il suddetto veicolo si sposti anche in territorio straniero ed ivi si svolgano alcune delle conversazioni intercettate. Sez. 2, n. 51034 del 04/11/2016 dep. 30/11/2016, Potenza e altri, Rv. 26851401 . Poiché, come detto, il captatore è stato installato in Italia e la captazione, nei suo sviluppi finali e conclusivi è avvenuta in Italia, attraverso le centrali di ricezione facenti capo alla Procura di Reggio Calabria, la sola circostanza che le conversazioni captate siano state in parte eseguite all’estero per lo spostamento dell’apparecchio e del suo utilizzatore è ininfluente per ritenere la necessità della rogatoria, non potendosi, nel caso di intercettazione ambientale su strumento mobile conoscere tutti gli spostamenti, così vanificandosi le finalità del mezzo di ricerca della prova. Non può del resto non considerarsi che lo strumento dell’intercettazione ambientale mediante captatore informatico è per sua stessa natura itinerante, in quanto l’attività di captazione segue tutti gli spostamenti nello spazio dell’utilizzatore. I possibili reiterati spostamenti su territori esteri, resi possibili dalla facilità di frequenti collegamenti aerei con tutte le parti del pianeta, successivamente al momento dell’inizio delle operazioni, che, nella specie, è da individuarsi con certezza in Italia, diversamente comporterebbero una impossibilità tecnica di procedere alle intercettazioni, ben potendo l’Autorità Giudiziaria che le ha disposte ignorare il luogo dove si trova il soggetto titolare dell’utenza su cui è stato inoculato il captatore, ed, essere, quindi impossibilitata a chiedere la rogatoria, neppure con l’urgenza e con i modi previsti dall’art. 727 c.p.p., comma 5, comma 5, venendo così frustrate le finalità investigative di tale prezioso strumento investigativo. 1.3. La motivazione della sentenza impugnata va, quindi, condivisa nella parte in cui ha ritenuto utilizzabili dette conversazioni in quanto iniziate e svolte in Italia risultando, quindi, rispettati i parametri di cui agli artt. 15 e 24 Cost. ed apparendo, anche, osservato il dettato di cui all’art. 8 CEDU così come interpretato nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, dovendosi escludere preclusioni riguardanti le intercettazioni effettuate mediante captatore informatico transitato all’estero. In tal senso vanno richiamate le pronunzie Iordachi comma Moldavia, 10 febbraio 2009, Natoli comma Italia, 9 gennaio 2001 McLeod comma Regno Unito, 23 settembre 1998 ove è stato affermato che le intercettazioni sono legittime se giustificate in base ai parametri indicati nell’art. 8 § 2 CEDU, cioè la legalità, la legittimità dell’obiettivo perseguito, la necessità e la proporzionalità nonché Corte EDU, 23.2.2016, Capriotti comma Italia, che ha affermato la compatibilità delle intercettazioni disposte nei procedimenti per delitti di criminalità organizzata con il diritto al rispetto della vita privata e il diritto al processo equo , sanciti rispettivamente dall’art. 8 e dall’art. 6 CEDU. 2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Il Tribunale del riesame ha, con motivazione congrua in fatto e corretta in diritto, precisato che poiché l’attività intercettiva era stata posta in essere in relazione all’omicidio di M.C. per il quale era stata contestata l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, omicidio inserito in un chiaro contesto di mafia appariva corretta l’applicazione del regime normativo stabilito per le intercettazioni fra presenti, allorquando si tratti di reati di criminalità organizzata. Deve, pertanto, ritenersi che nella specie, contrariamente a quanto lamentato da parte ricorrente la qualificazione del fatto reato, ricompreso nella nozione di criminalità organizzata, è stata ancorata ad elementi indiziari sufficienti e obiettivi risultanti nella motivazione del provvedimento di autorizzazione, in modo adeguato, con conseguente manifesta infondatezza della relativa censura. 2.1. Occorre, quindi, rilevare che la motivazione è immune congrua ed esente da vizi logico-giuridici nella parte in cui è stata disattesa l’eccezione, reiterata in questa sede, secondo cui la registrazione delle conversazioni non sarebbe avvenuta direttamente nei locali della Procura e che quest’ ultima non avrebbe effettuato il necessario controllo sulla catena di custodia della prova informatica . Sul punto i giudici di merito v. ff. 5-6 hanno chiarito, con argomentazioni in fatto che non appaiono nè carenti nè illogiche nè contraddittorie ed applicando i principi giurisprudenziali in materia che, secondo quanto era dato desumere dal decreto di urgenza emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria per l’esecuzione di tale attività erano stati utilizzati gli apparecchi siti presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria facoltizzato l’ascolto da remoto presso gli uffici della P.G. . Quanto all’ausilio di soggetti privati la Lutech , società appaltatrice della strumentazione necessaria ai fini delle operazioni va rimarcato che la contestazione non coglie alcun modo nel segno atteso che in materia di intercettazioni, l’art. 268 c.p.p., comma 3, richiede che le operazioni si svolgano sotto il diretto controllo degli inquirenti, ma non vieta l’utilizzazione di impianti e mezzi appartenenti a privati, nè il ricorso all’eventuale ausilio tecnico ad opera di soggetti esterni che siano richiesti di intervenire per fronteggiare esigenze legate al corretto funzionamento delle apparecchiature noleggiate e che si trovano ad agire, in tale evenienza, come longa manus o ausiliari del Pubblico ministero o della polizia giudiziaria. Sez. 1, n. 3137 del 19/12/2014 dep. 22/01/2015, Terracchio, Rv. 26248501 . Del tutto infondate e totalmente prive di riscontro sono, poi, le eccezioni, formulate ai ff. 18-19 del ricorso circa possibili ingerenze che interferiscono sulla genuinità della prova privando il soggetto interessato delle proprie garanzie difensive, tesi meramente congetturale e che si scontra con l’inequivoco dato normativo relativo alla legittimità delle intercettazioni ambientali a mezzo captatore informatico. 3. Le censure formulate con il terzo motivo sono generiche, in fatto, reiterative di profili già disattesi dal tribunale e, comunque, manifestamente infondate. 3.1. Rileva il collegio che con tale motivo si contesta, sostanzialmente, la valutazione di merito compiuta dai giudici con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza relativamente al per il reato di cui all’art. 6 c.p., comma 2, art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 ed 8, L. 16 marzo 2006, n. 146, art. 3, lett. a , b e c e art. 61 bis c.p., senza considerare che alla Corte di cassazione è preclusa la rilettura di altri elementi di fatto rispetto a quelli posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti medesimi, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito. Nella specie il ricorrente si limita a proporre una lettura riduttiva degli elementi di fatto posti a base del provvedimento di rigetto, lamentando un generico deficit dell’apparato motivazionale, che in realtà appare adeguato ai motivi proposti nell’atto di impugnazione. Risulta, pertanto, evidente che queste doglianze introducono censure che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità. D’altronde il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata Sez. 4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso, Rv. 250900 . 3.2. In punto di diritto va, quindi, rilevato che, nella fase cautelare, si richiede non la prova piena del reato contestato secondo i criteri di cui all’art. 192 c.p.p. ma solo la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Questa Corte, in particolare, condivide il maggioritario indirizzo giurisprudenziale secondo il quale in tema di misure cautelari personali, la nozione di gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 c.p.p., non si atteggia allo stesso modo del termine indizi inteso quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza. Pertanto, ai fini dell’adozione di una misura cautelare, è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli e gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192 c.p.p., comma 2, come si desume dall’art. 273 c.p.p., comma 1 bis, che richiama l’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, ma non il comma 2 dello stesso articolo che richiede una particolare qualificazione degli indizi non solo gravi ma anche precisi e concordanti Cass. 36079/2012 Rv. 253511 Cass. 7793/2013 Rv. 255053 Cass. 18589/2013 Rv. 255928 Cass. 16764/2013 Rv. 256731. Deve, pure, ribadirsi che il ricorso per cassazione, il quale deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, pertanto, assenza delle esigenze cautelari è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando -come nel caso di specie propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito Cass. pen. sez. 5, 46124/2008, Rv. 241997, Magliaro. Massime precedenti Vedi N. 11 del 2000 Rv. 215828, N. 1786 del 2004 Rv. 227110, N. 22500 del 2007 Rv. 237012, N. 22500 del 2007 Rv. 237012 . Nella fattispecie, nessuna di tali due evenienze -violazione di legge o vizio di motivazione rilevante ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , risulta essersi verificata, a fronte di una motivazione che è stata in concreto diffusamente prospettata in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza. 3.3. Occorre, ancora, ricordare che la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientrano tra i compiti istituzionali del giudice di merito e sfuggono al controllo del giudice di legittimità se adeguatamente motivate e immuni da errori logico-giuridici. Invero a tali scelte e valutazioni non può infatti opporsi, laddove esse risultino, come nella specie, correttamente motivate, un diverso criterio o una diversa interpretazione, anche se dotati di pari dignità Cass. Penale sez. 6, 3000/1992, Rv. 192231 Sciortino . Inoltre, in relazione a quanto si evidenzierà qui di seguito, deve precisarsi che in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anché quando sia criptico d cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015 dep. 28/05/2015, Sebbar, Rv. 26371501 . 3.4. Va, quindi, in primo luogo osservato che l’ordinanza impugnata resiste alle censure del ricorrente nella parte in cui lo stesso si è limitato, del tutto genericamente, ad affermare che identificare i disparati soggetti indicati nelle captazioni a nome , , richiamati nell’OCC in C.D. era frutto di un ragionamento apodittico e congetturale . Sul punto va evidenziato che nel provvedimento impugnato v. ff. 13-26 sono state congruamente chiarite le ragioni per cui da una lettura logico-sistematica delle intercettazioni in questione emergeva in maniera univoca che il soggetto indicato nelle captazioni era certamente l’odierno indagato. A fronte di tale iter argomentativo, congruo ed adeguato, l’indagato ha formulato delle contestazioni di puro merito limitandosi a prospettare v. ricorso ff. 24-31 , una lettura alternativa degli elementi fattuali valorizzati dal Tribunale, totalmente preclusa in questa sede. 3.4. Deve, in generale, osservarsi che nel caso in esame i giudici del riesame hanno esaminato la condotta delittuosa del ricorrente ricostruita attraverso un compendio indiziario, connotato della necessaria gravità, tratto, in primo luogo, dal contenuto di numerose captazioni ambientali analiticamente richiamate. Il tribunale ha correttamente evidenziato il contenuto inequivoco delle conversazioni intercettate da cui emergeva il fattivo coinvolgimento dell’indagato all’interno della consorteria mafiosa di cui al capo provvisorio di incolpazione, che in tale veste è risultato soggetto chiamato a fare da messaggero di ambasciate fra le consorterie di ‘ndrangheta operanti a ed in Canada e uomo di fiducia del capomafia M.V. , ed avente pregressi rapporti con M.C. al vertice della cosca, ucciso a omissis . Ed i giudici di merito oltre a richiamare il contenuto di numerose intercettazioni hanno evidenziato come talune risultavano riscontrate sulla scorta di accertamenti di Polizia Giudiziaria, ed infatti dopo che il M. aveva riferito di avere incontrato il C. e di avergli chiesto di portare una ambasciata in Canada per fare conoscere ai componenti della commissione il proprio malcontento in ordine alle determinazioni che non avrebbero preso dopo la morte del fratello C. , da accertamenti compiuti presso la compagnia Air Canada era emerso che l’odierno ricorrente si era recato a Toronto il 22 Novembre 2018, facendo ritorno in Italia l’11 Dicembre 2018. Hanno, altresì, posto l’accento sui reiterati contatti telefonici fra l’utenza del C. e quella di M.V. 18 nel periodo compreso fra il 18 maggio ed il 5 ottobre 2018 nonché relativamente ai contatti fra il predetto ed appartenenti al medesimo ambiente criminoso, dati fortemente sintomatici dei suoi legami associativi, elementi che la difesa cerca di sminuire sollecitandone, in modo del tutto inammissibile tenuto conto della natura dell’odierno giudizio, una diversa chiave interpretativa. La difesa non ha, peraltro, neppure allegato specifiche ragioni o elementi di prova da cui desumere che l’interpretazione fornita dal tribunale possa ritenersi illogica o contraddittoria. Occorre, infine, osservare che del tutto priva di pregio è la contestazione, ritenuta decisiva dalla difesa nel senso di escludere ogni responsabilità dello C. , secondo cui non sarebbe emerso alcun ruolo specifico all’indagato nell’organigramma del sodalizio atteso che una volta dimostrata l’esistenza di una associazione per delinquere e individuati gli elementi, anche indiziari, sulla base dei quali possa ragionevolmente affermarsi la cointeressenza di taluno nelle attività dell’associazione stessa e, quindi, la partecipazione alla vita di quest’ultima, non occorre anche la dimostrazione del ruolo specifico svolto da quel medesimo soggetto nell’ambito dell’associazione, potendosi la partecipazione al sodalizio criminoso, per sua stessa natura, realizzarsi nei modi più svariati, la cui specificazione non è richiesta dalla norma incriminatrice Sez. 5, n. 35479 del 07/06/2010 dep. 01/10/2010, R e altri, Rv. 24817101 . 4. Anche l’ultimo motivo di ricorso relativo ai requisiti di concretezza e attualità delle esigenze cautelari è manifestamente infondato poiché il tribunale ha adeguatamente fatto riferimento alla presunzione di pericolosità sociale che deriva dalla qualità di partecipe del predetto al delitto di associazione mafiosa, presunzione che può essere superata quando si è dimostrato che l’associato ha stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa. Il ricorrente si duole della mancanza di attualità delle giudizio di pericolosità sociale e, tuttavia, deve rilevarsi che il tribunale, con ragionamento congruo in fatto e corretto in diritto, ha ritenuto concrete ed attuali le esigenze di cautela essendo stato acclarato il suo forte e radicato legame M.V. , membro apicale della cosca il quale in tempi assai recenti ebbe ad affidare al predetto il delicatissimo ruolo di messaggero fra soggetti mafiosi delle ambasciate dalla Calabria al Canada. 5. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 5.1. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.