Qualche precisazione sulla Carta di Noto

Le linee guida contenute nella Carta di Noto sono prescrizioni volte a valutare l’attendibilità del minore, vittima di reato sessuale, e a tutelarne la sfera psicologica. Non si tratta di norme vincolanti ed è, pertanto, facoltà del giudice discostarsi dalle stesse, purché tale decisione sia supportata da un’adeguata motivazione.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 29333/20, depositata il 22 ottobre. Il fatto. La Corte d’Appello competente confermava la condanna di un imputato, per il reato di cui all’art. 609- quater c.p. atti sessuali con minorenne , per aver compiuto atti sessuali con la sorellastra, infraquattordicenne. Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 192 e 196 c.p.p. valutazione della prova e capacità di testimoniare . In particolare, l’impugnante contestava l’asserita attendibilità della persona offesa. La testimonianza del minore, vittima di reato sessuale. La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso. Gli Ermellini hanno ricordato che, anche ove sia stata riconosciuta la capacità a testimoniare del minore, le sue dichiarazioni debbono essere circostanziate e che la narrazione dello stesso deve necessariamente essere calata nel contesto sociale, familiare e ambientale di appartenenza il tutto, al fine di poter escludere eventuali contaminazioni di quanto dichiarato. Questa verifica è imprescindibile, anche qualora la persona offesa sia stata ritenuta in grado di comprendere e riferire i fatti, ai sensi dell’art. 196 c.p.p Il Collegio ha, inoltre, ribadito che la valutazione di attendibilità del testimone, minorenne e vittima di violenza sessuale, è compito del giudice. I Giudici del Palazzaccio hanno, poi, affermato che i principi contenuti nella Carta di Noto non hanno carattere tassativo e che il giudice può discostarsi dai medesimi, purché fornisca adeguata motivazione. Peraltro, la Corte ha evidenziato come l’assunto per cui la valutazione della capacità a testimoniare dovrebbe precedere l’audizione del minore, secondo la Carta di Noto, non trovi recepimento nella legge processuale. Sul punto, il confronto è da operarsi con il dettato dell’art. 196 c.p.p., il quale non implica che gli accertamenti di cui sopra debbano obbligatoriamente avere la precedenza. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 settembre – 22 ottobre 2020, n. 29333 Presidente Di Nicola – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10 aprile 2019, la Corte d’appello di Trento ha confermato la condanna alle pene di legge, emessa in esito al giudizio abbreviato, pronunciata nei confronti dell’odierno ricorrente in ordine al reato continuato di cui all’art. 609 quater c.p. per aver compiuto, tra il 2010 e il 2014, atti sessuali con la sorellastra convivente, all’epoca infraquattordicenne. La sentenza di primo grado è stata riformata soltanto con riguardo alla riduzione dell’importo liquidato alla parte civile costituita a titolo di risarcimento dei danni 2. Avverso la sentenza di appello, a mezzo del difensore fiduciario, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione lamentando, con il primo motivo, la violazione degli artt. 192 e 196 c.p.p. ed il vizio di motivazione per aver i giudici di merito illegittimamente ritenuto l’attendibilità della persona offesa in base alle conclusioni della perizia psicologica effettuata in sede di incidente probatorio. Al perito, si osserva, non è consentito di pronunciarsi sulla credibilità del teste, come anche attestato nella c.d. Carta di Noto, le cui linee-guida erano state nella specie violate pure nella parte in cui si raccomanda che l’accertamento sull’idoneità a testimoniare preceda l’audizione del minore e che l’esperto incaricato di tale incombente sia persona diversa da quella che coadiuva il magistrato nella raccolta della testimonianza. Con il secondo motivo si lamenta vizio di contraddittorietà ed illogicità della motivazione per essere stata ritenuta raggiunta la prova del reato al di là di ogni ragionevole dubbio nonostante le contraddizioni ravvisabili nella deposizione della persona offesa e la mancata assunzione della deposizione di un testimone oculare. Sotto il primo profilo, ci si duole dell’illogicità delle spiegazioni rese sulle due enormi incongruenze segnalate con l’appello, vale a dire sul momento di commissione degli abusi in incidente probatorio indicato in orari notturni, ma collocato invece in orari diurni nei racconti dalla minore fatti alla madre ed alla psicologa che effettuò la denuncia di reato e sulla durata degli stessi in incidente probatorio riferita per quattro anni, ma indicata in soli due anni nelle confidenze che la persona offesa rese al fidanzato dell’epoca . Sotto il secondo profilo, si lamenta la grave lacuna istruttoria consistita nella mancata audizione del padre dell’imputato e della vittima, che, secondo il racconto di quest’ultima, avrebbe in un paio di occasioni assistito ai fatti e si reputa illogica la motivazione addotta sul punto dalla sentenza impugnata per disattendere l’analogo motivo di gravame. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. In diritto, va premesso che, anche laddove sia stato effettuato l’accertamento tecnico sulla capacità a testimoniare del minore persona offesa di reato sessuale, le risultanze peritali vanno calate nel contesto delle altre prove assunte e occorre che il giudice tenga adeguatamente conto di tutte le circostanze concrete che possono influire su tale valutazione Sez. 3, n. 39405 del 23/05/2013, B., Rv. 257094 Sez. 3, n. 29612 del 05/05/2010, R. e aa, Rv. 247740 . È in particolare necessario che il racconto del minore sia inquadrato nel più ampio contesto sociale, familiare e ambientale del medesimo, al fine di escludere l’intervento di fattori inquinanti in grado di inficiarne la credibilità Sez. 3, n. 8057 del 06/12/2012, dep. 2013, v. e-a., Rv. 254741 , ciò che va necessariamente fatto anche laddove, con l’accertamento peritale di cui all’art. 196 c.p.p., comma 2, sia stata accertata la capacità di comprendere e, riferire i fatti della persona offesa minorenne Sez. 3, n. 8057 del 06/12/2012, dep. 2013, S., Rv. 254741 . Per altro verso, la valutazione di attendibilità del teste minorenne vittima di reati sessuali è compito esclusivo del giudice, che deve procedere direttamente all’analisi della condotta del dichiarante, della linearità del suo racconto e dell’esistenza di riscontri esterni allo stesso, non potendo limitarsi a richiamare il giudizio al riguardo espresso da periti e consulenti tecnici, cui non è delegabile tale verifica, ma solo l’accertamento dell’idoneità mentale del teste, diretta ad appurare se questi sia stato capace di rendersi conto dei comportamenti subiti, e se sia attualmente in grado di riferirne senza influenze dovute ad alterazioni psichiche Sez. 3, n. 47033 del 18/09/2015, F., Rv. 265528 Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011, F. Rv. 251662 . 1.1. Sotto altro profilo, va richiamato il principio, più volte ribadito, secondo cui, non determina nullità o inutilizzabilità della prova l’inosservanza dei criteri dettati dalla cosiddetta Carta di Noto quanto all’esame dei minori persone offese di reati. di natura sessuale, trattandosi di prescrizioni che hanno carattere non tassativo, in quanto si limitano a fornire suggerimenti volti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso Sez. 3, n. 15737 del 15/11/2018, dep. 2019, Rv. 275863 Sez. 3, n. 5754 del 16/01/2014, S., Rv. 259133 Sez. 3, n. 15157 del 16/12/2010, dep. 2011, Rv. 249898 tuttavia, il giudice è tenuto a motivare perché, secondo il suo libero ma non arbitrario convincimento, ritenga comunque attendibile la prova dichiarativa assunta in violazione di tali metodiche, dovendo adempiere ad un onere motivazionale sul punto tanto più stringente quanto più grave e patente sia stato, anche alla luce delle eccezioni difensive, lo scostamento dalle citate linee guida Sez. 3, n. 648/2017 del 11/10/2016, L.P.M., Rv. 268738 Sez. 3, n. 39411 del 13/03/2014. G., Rv. 262976 . 1.2. La sentenza impugnata, reputa il Collegio, ha fatto buon governo di tali principi, non accontentandosi di attestare la credibilità della persona offesa in base alle sole conclusioni del perito, correttamente valutate, invece, con riguardo alla ritenuta idoneità della minore a rendere testimonianza v. conclusioni peritali riportate alle pagg. 6-7 della sentenza , idoneità che il ricorrente specificamente non contesta. La sentenza, nel dare atto che già il giudice di primo grado aveva effettuato la valutazione di credibilità in maniera corretta, l’ha condivisa e ha infatti trattato il tema in relazione alle specifiche doglianze poste dall’appellante e di cui più oltre si dirà. 1.3. Esclusa, dunque, la principale violazione alle linee-guida della Carta di Noto segnalata dal ricorrente, va a quest’ultimo proposito aggiunto come ne risulti per tabulas insussistente anche un’altra, posto che la sentenza pag. 6 attesta senza che sul punto sia stato allegato e tantomeno dimostrato il travisamento della prova - che la professionista incaricata di effettuare la valutazione sull’idoneità a testimoniare si limitò ad assistere all’audizione protetta, audizione che venne invece direttamente condotta dal giudice senza ausilio di alcun esperto. Quanto al fatto che, secondo la Carta di Noto, la valutazione sull’idoneità a testimoniare dovrebbe precedere l’audizione del minore - in disparte la circostanza che dalla sentenza impugnata non risulta che la questione fosse stata sollevata con il gravame di merito e che il ricorrente non ha mosso sul punto contestazione, sicché certo non potrebbe predicarsi un vizio di motivazione - basti osservare, richiamando i consolidati orientamenti interpretativi riassunti supra, sub § . 1.1, come quella linea-guida non trovi riscontro nella legge processuale. Ed invero, da un lato, l’art. 196 c.p.p., comma 2, non prevede che gli accertamenti sulla capacità a testimoniare debbano necessariamente precedere la testimonianza e, d’altro lato, la formulazione letterale del comma 3 della disposizione mostra come questa sequenza sia soltanto una di quelle possibili, come peraltro attesta anche la prassi. In ogni caso, come detto, il ricorrente non muove alcuna specifica contestazione sulla ritenuta capacità della minore a rendere testimonianza, sicché la doglianza è sul punto pure generica. 2. Quanto alle contestazioni sulla ritenuta credibilità della deposizione, mosse con il secondo motivo di ricorso, le stesse sono manifestamente infondate e sollecitano questa Corte ad un’inammissibile rivalutazione delle prove, compito esclusivo del giudice del merito. Detto - per inciso - che proprio lo specifico esame delle doglianze proposte dall’appellante sul punto mostra come la Corte territoriale non abbia in alcun modo abdicato al potere-dovere di valutare l’attendibilità della testimonianza, osserva il Collegio che, al di là dei rilievi fatti oggetto di specifica doglianza sulle argomentazioni spese in sentenza in fine di pag. 8/inizio pag. 9 con riguardo ai momenti della giornata in cui avvenivano gli atti sessuali, con argomentazione assorbente il giudice d’appello ha non illogicamente spiegato perché non inficiavano la testimonianza le divergenze tra quanto dalla minore riferito in incidente probatorio e quanto da lei narrato, in sede extraprocessuale, ad altre persone. Non è illogico, in particolare, ritenere che occorra tenere conto dei contesti e delle relazioni personali nell’ambito dei quali le spontanee narrazioni sui fatti erano avvenute, nè che le dichiarazioni al proposito rese dai testimoni de relato dovevano ritenersi filtrate attraverso l’impatto emotivo che in loro aveva determinato il drammatico racconto. Non si tratta, cioè, di valutare la discordanza di dichiarazioni rese dal soggetto in un analogo contesto giudiziario - come accade quando nell’esame testimoniale si contesti il contenuto delle informazioni acquisite dagli organi inquirenti in fase di indagine, a norma dell’art. 500 c.p.p., comma 1, - ma se le dichiarazioni, coerenti, rese in sede di contraddittorio tra le parti e nella sede deputata alla loro formale acquisizione possano essere inficiate da informali narrazioni di fatti che il dichiarante abbia reso in modo estemporaneo a soggetti non qualificati e, soprattutto, che non avevano il compito di accertare e ricostruire vicende penalmente rilevanti. In questo quadro, l’aver riconosciuto l’attendibilità delle - uniche - dichiarazioni rese in sede processuale, osservando, peraltro, come il nucleo dei fatti a tutti narrati sia sempre rimasto identico e coerente, non è valutazione manifestamente illogica che possa essere in questa sede censurata. Ed invero, alla Corte di cassazione sono precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507 , così come non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D’Ippedico e a., Rv. 271623 Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362 . Anche la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di merito che, come tale, non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni Sez. 2, n. 41505 del 24/09/2013, Terrusa, Rv. 257241 Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342 , ciò che nella specie, per quanto detto, non è. Nè il principio dell’ oltre ogni ragionevole dubbio , introdotto nell’art. 533 c.p.p. dalla L. n. 46 del 2006, ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello, giacché la Corte è chiamata ad un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Cammarata e a., Rv. 270519 Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600 . Va ancora detto che il primo giudice - con valutazione condivisa, a pag. 10, della sentenza impugnata, senza che il ricorrente neppure accenni a questo tema - ha individuato quale riscontro alle dichiarazioni della persona offesa il considerevole numero di accessi al pronto soccorso ospedaliero da lei fatto in quel periodo, posto che molti di essi erano riconducibili agli episodi di violenza sessuale e fisica questi ultimi pur non denunciati patiti dalla ragazzina ad opera del fratellastro cfr. sentenza di primo grado, ultima pagina . 3. Manifestamente infondata è anche la doglianza secondo cui la logicità della motivazione sarebbe inficiata dalla segnalata lacuna istruttoria, posto che il controllo di legittimità consentito sul punto è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo sorreggono, che il discorso giustificativo sia effettivo e non meramente apparente cioè idoneo a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata , che nella motivazione non siano riscontrabili contraddizioni, nè illogicità evidenti cfr. Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516 . L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, infatti, ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali e senza che sia possibile dedurre nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099 e tantomeno l’omesso approfondimento istruttorio di circostanze che, secondo il ricorrente, sarebbero state rilevanti. Su quest’ultimo piano, il controllo di legittimità può essere richiesto soltanto in relazione alla violazione del diritto alla prova, vale a dire deducendo il motivo previsto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d , od eventualmente lamentando il difetto di motivazione sul rigetto di istanze di rinnovazione istruttoria avanzate ai sensi dell’art. 603 c.p.p., o quantomeno sollecitate rispetto ai poteri officiosi consentiti al giudice. Nel caso di specie non si è verificata alcuna di dette eventualità l’imputato ha definito il processo con rito abbreviato subordinato all’audizione di una testimone, debitamente escussa nell’appello non ha specificamente richiesto la rinnovazione istruttoria nè risulta ò aver espressamente sollecitato la Corte territoriale a disporre d’ufficio l’audizione testimoniale del padre dell’imputato e della vittima in sede di legittimità non ha lamentato non sussistendone, all’evidenza, i presupposti la mancata assunzione di una prova decisiva la sentenza impugnata pag.10 , peraltro, esclude la assoluta necessità dell’assunzione della prova, del tutto logicamente osservando come la circostanza che il padre possa aver occasionalmente assistito ad atti sessuali tra i due figli, restando poi inerte, getti semmai una fosca luce sulla possibile sua connivenza, non implausibile tenendo conto della sua intervenuta condanna per abuso di mezzi di correzione nei riguardi del figlio e della situazione di estremo degrado familiare. L’audizione del medesimo, pertanto, è stata ritenuta non assolutamente necessaria e siffatta valutazione non può essere in questa sede sindacata, posto che, in terna di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza dell’acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento Sez. 6, n. 5782/2007 del 18/12/2006, Gagliano, Rv. 236064 Sez. 6, n. 40496 del 21/05/2009, Messina e a., Rv. 245009 Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 247872 . E la valutazione del giudice di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto se la motivazione sia affetta da lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione della prova Sez, 6, n. 1400, del 22/10/2014, Rv. 261799 , ciò che nella specie, per quanto detto, non è. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., oltre all’onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma equitativamente fissata in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Dispone, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52 che - a tutela dei diritti o della dignità degli interessati - sia apposta a cura della cancelleria, sull’originale della sentenza, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati sulla sentenza.