Introdotto il reato di ingresso o detenzione di telefonini nelle carceri e rafforzati i poteri dei garanti dei detenuti

Approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 5 ottobre, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 ottobre serie generale n. 261 , è entrato in vigore ieri il decreto legge 21 ottobre 2020, n. 130 c.d. decreto sicurezza bis, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 c.p., nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.

Tra le modifiche attinenti all’ordinamento penitenziario sono previste disposizioni per rendere più efficace l’esercizio delle attività del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Si stabilisce anche un rafforzamento delle sanzioni applicate in caso di comunicazioni dei detenuti sottoposti alle restrizioni di cui all’art. 41- bis ord. penit. e si prevede una nuova fattispecie di reato che sanziona chi introduce o detiene all’interno di istituti penitenziari telefoni cellulari o dispositivi mobili di comunicazione . Aggravamento delle pene per chi consente al detenuto in 41-bis di comunicare contra lege. Il d.l. numero 130/2020 inasprisce il trattamento sanzionatorio per i responsabili del delitto ex art. 391-bis c.p., che introdotto dalla l. numero 94/2009, punisce chi favorisce i detenuti sottoposti al regime del 41- bis . Nel testo sono dunque previste pene più severe per chi agevola il detenuto al carcere duro a far passare all’esterno comunicazione oltre il perimetro consentito dalla legge ampliando sia il tetto mimino che quello massimo, si passa da 1 a 4 anni di reclusione a da 2 a 6 anni. Nei casi di ipotesi aggravata, ovvero se il reato è commesso da un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o da chi esercita la professione forense, la cornice edittale, prima da 2 a 5 di reclusione adesso sarà da tre a sette anni. Viene ampliato anche l’ombrello dei soggetti attivi del reato in quanto si estende la punibilità e le relative pene anche al detenuto sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, numero 354 il quale comunica con altri in elusione delle prescrizioni all'uopo imposte . Punita penalmente l’introduzione o la detenzione di dispositivi mobile in carcere. L’art. 9 d.l. 130/2020, introduce nel codice penale l’art. 391-ter in materia di contrasto all'introduzione e all'utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere. Il reato di nuovo conio, rubricato, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti prevede che fuori dagli appena citati casi previsti dall'art. 391- bis , chiunque indebitamente procura a un detenuto un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni o comunque consente a costui l'uso indebito dei predetti strumenti o introduce in un istituto penitenziario uno dei predetti strumenti al fine renderlo disponibile a una persona detenuta è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni . Pena che viene aumentata da due a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense. Anche qui la punibilità viene estesa ai detenuti che indebitamente riceve o utilizza un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni. No alla ‘sola’ criminalizzazione dei cellulari. Il legislatore d’urgenza, come si legge nella relazione illustrativa al d.l., ha così ritenuto di punire non più solo con quella disciplinare – tali condotte, facendo ricorso all’opera dissuasiva e di prevenzione generale della sanzione penale. L’urgenza viene giustificata dai numeri nei primi nove mesi di quest’anno sono stati scoperti 1.761 cellulari confusi nel cibo, sistemati negli indumenti intimi, ingoiati, nascosti nel corpo, inseriti dentro un pallone per poi essere lanciati, traportati da un drone, collocati nel fondo delle pentole come riassume l’AINI . Tuttavia – a parte l’abuso della decretazione d’urgenza che raccoglie in un unico d.l. ambiti e settori di intervento profondamente distinti tra loro – per dirla con le parole del portavoce dell’Assemblea della Conferenza dei Garanti, e Garante per le regioni Lazio e Umbria, se non si affrontano più radicalmente le forme della comunicazione dei detenuti con i familiari e il mondo esterno, garantendola nella legalità, la sanzione penale è una minaccia vuota e che avrà solo effetti controproducenti Atanasìa . Possibile irrogare per lo stesso fatto sanzione disciplinare e penale Ad ogni modo riproporrà l’annosa quaestio se integri o meno la violazione del principio del ne bi in idem l'irrogazione per il medesimo fatto di sanzione disciplinare equiparabile a quella penale. La Suprema Corte sembra ammettere la possibilità di cumulare le due sanzioni, sia nel caso di resistenza od oltraggio a pubblico ufficiale Sez. VI, numero 1645/2020 numero 31873/2017 , che in quello di danneggiamento Sez. II, numero 23043 del 2018 , ammettendo l'esercizio dell'azione penale a seguito di irrogazione di una sanzione amministrativa formalmente penale come quella disciplina che, alla stregua dei criteria Engel, assume chiaramente i crismi di una sanzione afflittiva e punitiva. alla luce del parziale revirement della Corte EDU. La possibilità di ammettere l’inflizione della doppia sanzione disciplinare e penale per lo stesso fatto si deve alla decisione della Grande Cambre del 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia, che ha profondamente ridotto l'ambito operativo del divieto di ne bis in idem di cui all'art. 7, par. 4, CEDU, come risultante dall'interpretazione della stessa Corte. Il divieto de quo, infatti, era stato precisamente delineato, con la sentenza del 10 febbraio 2009, numero 14939, Zolotouikhine c. Russia, come divieto del perseguimento o del giudizio di una persona per una seconda volta per un reato che ha ad oggetto i medesimi fatti o fatti che siano sostanzialmente” gli stessi di quelli per i quali è già stato giudicato. Dopo tale pronuncia, la quale si riferiva precipuamente alla definizione di stesso fatto” ai sensi del par. 4, art. 7, CEDU, era seguita, tra le altre e con particolare riferimento all'ordinamento italiano, la sentenza del 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia, in base alla quale se la sanzione qualificata come amministrativa sul piano interno è di una severità tale da essere equiparabile ad una penale. Si tratta però di una sanzione penale integrata Tuttavia, a parte i dubbi sulla qualificazione di diritto consolidato” della giurisprudenza di Strasburgo dopo il cambiamento di rotta del 2016 con la sentenza A. e B. contro Norvegia , occorre che sussistano, alla luce del rivisto orientamento, alcune condizioni per la coesistenza della due sanzioni, quali, ad esempio, una chiara distinzione tra i beni giuridici rispettivamente protetti dalle diverse norme, la possibilità per i consociati di prevedere lo svolgersi delle eventuali concorrenti procedure e la diversità degli scopi perseguiti con le diverse sanzioni, anche se le stesse risultino entrambe avere carattere penale. Ciò che rileva secondo la Corte è, in particolare, la sussistenza di una stretta connessione tra i due procedimenti, sia dal punto di vista della loro contemporaneità sia dal punto di vista dei fatti presi in considerazione connessione che viene definita in termini di stretto legame materiale e temporale sufficiently close connection in substance and time , tale da dimostrare la configurazione di una sanzione penale integrata , nascente dalla congiunzione dei risultati sanzionatori di procedure complementari. che non deve violare il principio di proporzionalità. In questi casi, tuttavia, restando sempre all’interno dei binari dell’orientamento convenzionale, non occorre trascurare l'accertamento della proporzionalità della c.d. sanzione penale integrata a causa del perdurante svolgimento del processo penale. Al fine di rispettare il principio di proporzionalità della pena complessivamente intesa al fatto commesso dall'imputato sarà necessario che, nell'irrogazione della stessa, i giudici tengano conto della sanzione disciplinare già inflitta allo stesso imputato, pena altrimenti la violazione del divieto di ne bis in idem come interpretato innovativamente dalla Corte EDU. Investimenti anche recovery fund anche per i detenuti. Si è sottolineato da parte dei garanti l’importanza della rete dei garanti territoriali, soprattutto al tempo della pandemia nel corso della Conferenza dei Garanti tenutasi qualche settimana fa . Un tempo in cui i detenuti vivono in una condizione di doppia reclusione e di separazione, dalla vita civile e da quei legami-ponte con i familiari, con i volontari, con la comunità esterna che generalmente ne garantiscono una minima tollerabilità. Le carenze del sistema di accoglienza sul territorio sono un ostacolo all’uscita dagli istituti di reclusione di migliaia di persone e necessitano di scelte di investimento finanziario, anche con il Recovery Fund, in luoghi e forme dell’accoglienza e dell’integrazione sociale. Valorizzazione e proroga del mandato del Garante nazionale dei detenuti. L’art. 13 del d.l. numero 130, infine, oltre a prorogare la carica di due anni oltre la scadenza naturale del Garante nazionale dei detenuti, prevede che quest’ultimo opera quale meccanismo nazionale di prevenzione ai sensi dell'articolo 3 del Protocollo opzionale alla Convenzione contro tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, adottato il 18 dicembre 2002 con Risoluzione A/RES/57/199 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ratificato con legge numero 195/2012. Visto il particolare momento emergenziale, si consente al Garante nazionale di delegare i garanti territoriali, in specifiche circostanze e per un limitato periodo di sei mesi, per lo svolgimento dei compiti dei compiti assegnati dalla legge. Trattasi di un passaggio importante che garantisce il costante monitoraggio nelle carceri così come nei luoghi dove le persone sono private della libertà personale .