Il diniego di applicazione della misura cautelare è impugnabile dal P.M. mediante appello al tribunale del riesame

Non è consentito il ricorso per cassazione contro il diniego di applicazione della misura cautelare richiesta, essendo esso impugnabile dal pubblico ministero mediante appello al tribunale del riesame, ai sensi del comma 1 dell’art. 310 c.p.p Qualora ciò avvenga, il ricorso sarà qualificato come gravame di appello, conseguendone la trasmissione degli atti al giudice competente.

Questo il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 29224/20, depositata il 21 ottobre. Il GIP presso il Tribunale di Lecco convalidava l’arresto dell’indagato per il reato di furto aggravato, disponendo la misura cautelare dell’obbligo di dimora. Successivamente, i carabinieri arrestavano il medesimo per il reato di tentata rapina impropria, avendo egli tentato di impossessarsi di alcuni capi di abbigliamento con successiva minaccia e violenza finalizzata ad ottenere l’impunità. Il GIP, al termine dell’udienza di convalida, riqualificava il fatto in furto consumato aggravato dall’esposizione dei beni alla pubblica fede, convalidando l’arresto e disponendo una misura cautelare non detentiva . A questo punto, il Procuratore della Repubblica presso il suddetto Tribunale propone ricorso per cassazione, lamentando la manifesta illogicità della motivazione e l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Gli Ermellini qualificano il ricorso come appello , disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano, riaffermando il principio secondo cui il ricorso in sede di legittimità non è consentito contro il diniego di applicazione della misura cautelare richiesta, essendo impugnabile da parte del pubblico ministero mediante appello al tribunale del riesame, ai sensi del comma 1 dell’art. 310 c.p.p In conclusione, la Corte di Cassazione pronuncia il seguente principio di diritto Il ricorso per cassazione – esperibile contro il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di mancata convalida dell’arresto o del fermo – non è consentito avverso il diniego di applicazione della misura cautelare richiesta, che è impugnabile dal pubblico ministero con l’ appello al tribunale del riesame , ai sensi dell’art. 310, comma 1, c.p.p. parimenti, allorquando il pubblico ministero, impugnando la misura cautelare emessa dal giudice, estenda il suo gravame anche il titolo di reato ritenuto in sede di convalida dell’arresto o del fermo, l’impugnazione si propone anch’essa con l’appello al tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 310, comma 1, c.p.p. sia nel primo che nel secondo caso, l’eventuale ricorso per cassazione proposto va qualificato come gravame di appello e comporta la trasmissione degli atti al giudice competente ex art. 310 c.p.p. .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 9 settembre – 21 ottobre 2020, n. 29224 Presidente Rago – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con ordinanza in data 07/02/2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecco convalidava l’arresto di C.M. per il reato di cui agli artt. 624 e 625 c.p., n. 7 così riqualificata l’originaria incolpazione di cui all’art. 99 c.p., comma 2, art. 56 c.p., art. 628 c.p., commi 2 e 3, n. 1 disponendo nei confronti del sunnominato la misura cautelare dell’obbligo di dimora in Dolzago. In data 05/02/2020 i carabinieri traevano in arresto C.M. per il reato di tentata rapina impropria a seguito di un tentativo di impossessamento di capi di abbigliamento con successiva violenza e minaccia finalizzata a procurarsi l’impunità. Il giudice per le indagini preliminari, all’esito dell’udienza di convalida, riqualificava il fatto in un furto consumato aggravato dall’esposizione dei beni alla pubblica fede, convalidava l’arresto per tale titolo di reato e per il medesimo disponeva una misura cautelare non detentiva. Secondo il ragionamento del giudice per le indagini preliminari - l’impossessamento dei beni doveva ritenersi consumato con il passaggio delle casse, in assenza del pagamento - la condotta violenta e minacciosa dell’arrestato era finalizzata a sottrarsi ad un’illegittima limitazione della propria libertà personale dovuta al trattenimento parimenti illegittimo nei suoi confronti operato dagli addetti del negozio ove si è verificato il fatto. 2. Avverso detta ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecco ha proposto ricorso per cassazione, lamentando -inosservanza ed erronea applicazione della legge penale primo motivo - manifesta illogicità della motivazione secondo motivo . Nella trattazione congiunta dei motivi, si evidenzia come le Sezioni Unite della Suprema Corte sent. n. 52117 del 17/07/2014 abbiano chiarito che la predisposizione di sistemi elettronici di rilevazione automatica antitaccheggio, che non siano stati divelti e che quindi abbiano comportato il rilevamento della merce sottratta al momento dell’uscita del negozio, impedisce la consumazione del delitto di furto, anche in caso di superamento delle casse. Inoltre, nessun illegittimo trattenimento dell’indagato risultava essere stato compiuto, essendo stato detto a quest’ultimo dai dipendenti dell’esercizio, solo che stavano per arrivare i carabinieri e che quindi lo stesso doveva attendere il loro arrivo sul posto. A questo punto, l’indagato poneva in essere minacce di morte nei confronti dei due dipendenti A.L. e Al.Sa. che, essendo già nelle condizioni di procedere ad un arresto obbligatorio ex art. 383 c.p.p., cercavano di trattenere l’uomo a questo punto, il C. impugnava un bastone spalaneve e cercava di colpire A.L. . Da qui l’impugnazione avverso l’errata qualificazione giuridica del fatto, in presenza di un evidente interesse del pubblico ministero a veder riconosciuto il più grave fatto di reato. 3. Il ricorso va qualificato come appello e va disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano. A tal fine, premesso che in sede di convalida dell’arresto al giudice è consentito attribuire al fatto una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dal pubblico ministero, ai limitati effetti del giudizio di convalida, in quanto rientra tra i suoi poteri di controllo quello di individuare in concreto l’ipotesi di reato al fine di stabilire se sia consentito l’arresto in flagranza Sez. 5, n. 14314 del 29/01/2010, Sinatra e altri, Rv. 246708, in fattispecie relativa a convalida dell’arresto e contestuale giudizio direttissimo va preso atto che il ricorrente ha inteso impugnare in questa sede non la convalida dell’arresto bensì la misura cautelare disposta con riferimento al reato ritenuto furto aggravato , in presenza dello specifico dichiarato interesse, concreto ed attuale, del pubblico ministero a veder applicata altra misura per il diverso reato originariamente contestato tentata rapina impropria aggravata in ragione del diverso - e maggiore termine di scadenza della relativa efficacia e della possibile differente valutazione sull’adeguatezza della disposta misura cfr., Sez. 6, n. 33473 del 06/06/2018, P., Rv. 274057 . 3.1. Ciò premesso e considerato, in applicazione della consolidata giurisprudenza in materia, va riaffermato il principio secondo cui il ricorso per cassazione - esperibile contro il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di mancata convalida dell’arresto o del fermo - non è consentito avverso il diniego di applicazione della misura cautelare richiesta, che è impugnabile dal pubblico ministero con l’appello al tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 310 c.p.p., comma 1, cfr., Sez. 1, n. 9524 del 12/06/2019, dep. 2020, PMT vs. Trombetta, Rv. 278565 . 3.2. Parimenti, allorquando il pubblico ministero, impugnando la misura cautelare emessa dal giudice, estenda il suo gravame anche il titolo di reato ritenuto in sede di convalida dell’arresto o del fermo impugnazione - si evidenzia - del solo titolo di reato e non del provvedimento di convalida ritualmente intervenuto , l’impugnazione si propone allo stesso modo con l’appello al tribunale del riesame. 3.3. In entrambi i sunnominati casi, l’eventuale ricorso per cassazione proposto, va qualificato come appello con conseguente trasmissione degli atti al giudice competente ex art. 310 c.p.p., che, nella specie, si individua nel Tribunale di Milano. 4. Da qui, in conclusione, l’affermazione del seguente principio di diritto Il ricorso per cassazione - esperibile contro il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di mancata convalida dell’arresto o del fermo - non è consentito avverso il diniego di applicazione della misura cautelare richiesta, che è impugnabile dal pubblico ministero con l’appello al tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 310 c.p.p., comma 1 parimenti, allorquando il pubblico ministero, impugnando la misura cautelare emessa dal giudice, estenda il suo gravame anche il titolo di reato ritenuto in sede di convalida dell’arresto o del fermo, l’impugnazione si propone anch’essa con l’appello al tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 310 c.p.p., comma 1 sia nel primo che nel secondo caso, l’eventuale ricorso per cassazione proposto va qualificato come gravame di appello e comporta la trasmissione degli atti al giudice competente ex art. 310 c.p.p. . P.Q.M. Qualificato il ricorso come appello dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Milano, sezione per il riesame delle misure cautelari personali.