Il giudice può disapplicare il provvedimento del questore che vieta l’utilizzo del telefono cellulare?

Il divieto posto del questore di possedere o utilizzare il telefono cellulare quale apparato di comunicazione ricetrasmittente imposto ai soggetti destinatari di avviso orale, dalla cui inosservanza dipende la configurabilità del reato di cui all’art. 4, comma 4, l. n. 1423/1956, può essere disapplicato dal giudice penale qualora sia privo di specifica motivazione e non indichi le ragioni che hanno determinato l’emissione di tale prescrizione.

Così la Cassazione con sentenza n. 28551/20, depositata il 14 ottobre. Il Tribunale, in funzione di giudice del riesame cautelare reale , rigettava l’impugnazione di del ricorrente avverso il provvedimento di convalida del sequestro probatorio d’urgenza di un telefono cellulare , e relativa scheda sim, rinvenuti in suo possesso del predetto, ritenendo configurato il fumus del reato di cui all’art. 76 d.lgs. n. 159/2011. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore deducendo, in particolare, vizio di violazione di legge e difetto di motivazione, in ragione della mancata disapplicazione del provvedimento del Questore applicativo della misura di prevenzione dell’avviso orale, emesso senza alcuna specifica motivazione in riferimento al divieto di detenere telefoni cellulari. Posta l’infondatezza del ricorso, la Cassazione ribadisce che il telefono cellulare rientra nella nozione di apparato di comunicazione radiotrasmittente, il cui possesso o utilizzo può essere inibito dal questore alle persone condannate con sentenza definitiva per delitti non colposi, a norma dell’art. 4, comma 4, l n. 1423/1956 così come modificato dall’art. 15, comma 1, lett. a l. n. 128/2001 . Inoltre, la Corte rileva che il provvedimento questorile può essere, a determinate condizioni, oggetto di disapplicazione ad opera del giudice penale chiamato a conoscere del reato la cui configurabilità è strettamente connessa alla legittimità del menzionato provvedimento . Infatti, è stato affermato che il divieto del questore di possedere o utilizzare il telefono cellulare quale apparato di comunicazione ricetrasmittente imposto ai soggetti destinatari di avviso orale, dalla cui inosservanza dipende la configurabilità del reato di cui all’art. 4, comma 4, l. n. 1423/1956 può essere disapplicato dal giudice penale qualora sia privo di specifica motivazione e non indichi le ragioni che hanno determinato l’emissione di tale prescrizione . Tuttavia, la Suprema Corte afferma che nel caso in esame il provvedimento questorile è stato adeguatamente motivato, come l’ordinanza impugnata attesta con compiuta argomentazione. Pertanto, dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 settembre – 14 ottobre 2020, n. 28551 Presidente Iasillo – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Trani, in funzione di giudice del riesame cautelare reale, ha rigettato l’impugnazione di L.R. avverso il provvedimento di convalida del sequestro probatorio d’urgenza di un telefono cellulare, e relativa scheda sim, rinvenuti in possesso del predetto, ritenendo configurato il fumus del reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 76 siccome L.R. è sottoposto alla misura di prevenzione dell’avviso orale, che gli fa divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione trasmittente. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di L.R. , che ha articolato più motivi. 2.1. Con il primo ha dedotto l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 3, comma 4, per violazione del combinato disposto degli artt. 13 e 15 in riferimento alla riserva di giurisdizione per i provvedimenti limitativi della libertà personale e della libertà di comunicazione. Non è dubbio che nel caso in esame l’Autorità di pubblica sicurezza ha adottato un provvedimento di carattere permanente, che impone la limitazione della libertà personale, sub specie di libertà di comunicazione, in assenza del vaglio e della conferma dell’Autorità giudiziaria. Si consideri poi il profilo di irragionevolezza temporale della misura, atteso che il provvedimento del Questore è stato emesso il 28 aprile 2014, è stato notificato il 19 novembre 2014, e si assume violato il 29 ottobre 2019. Ancora, va rilevato che il telefono cellulare, nell’attuale contesto sociale e tecnologico, non può considerarsi alla stregua di mero apparato di comunicazione , ma deve ritenersi strumento utile e necessario alla vita quotidiana. 2.2. Con il secondo motivo ha dedotto difetto di motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per rimettere alla Corte costituzionale la questione appena sopra illustrata. Siccome, poi, l’art. 117 Cost. prevede che la potestà legislativa statale vada esercitata nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1 deve essere disapplicato per contrarietà alla Convezione Edu e alla Costituzione. In subordine, ove non si ritenga di operare la disapplicazione, va rimessa la questione di legittimità del menzionato art. 1 alla Corte costituzionale, per violazione dell’art. 117 Cost 2.3. Con il terzo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione, in ragione della mancata disapplicazione del provvedimento applicativo della misura di prevenzione dell’avviso orale, emesso senza alcuna specifica motivazione in riferimento al divieto di detenere telefoni cellulari. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita considerazione per le ragioni di seguito esposte. 2. Con il primo motivo il ricorrente prospetta questione di legittimità costituzionale per asserita violazione della cd. riserva di giurisdizione nella disciplina in punto di avviso orale del Questore con divieto di possedere o utilizzare apparecchi di comunicazione. La questione è manifestamente infondata per la semplice ragione che il provvedimento questorile, che pur arricchito dall’indicato divieto non comprime la libertà personale di cui all’art. 13 Cost. o il diritto alla libertà e segretezza delle comunicazioni che invero non sono per tale mezzo sottoposte ad alcun controllo, è opponibile dinnanzi al Tribunale - D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 3, comma 6 -. Spetta dunque all’interessato adire l’Autorità giudiziaria per ottenere il controllo sulla legittimità del provvedimento e in tal modo dare effettività e concretezza alla garanzia dell’intervento giurisdizionale a tutela del proprio diritto alla libertà di autodeterminazione delle condotte. Il secondo motivo è manifestamente infondato, perché il provvedimento impugnato ha dato ampia e adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha escluso la ricorrenza di questioni di costituzionalità della normativa rilevante non manifestamente infondate. Il terzo motivo è del pari manifestamente infondato. Occorre anzitutto ricordare e ribadire quanto già stabilito della giurisprudenza di legittimità, secondo cui deve ritenersi che il telefono cellulare rientri nella nozione di apparato di comunicazione radiotrasmittente, il cui possesso o utilizzo può essere inibito dal Questore alle persone condannate con sentenza definitiva per delitti non colposi, a norma della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 4, così come modificato dalla L. 26 marzo 2001, n. 128, art. 15, comma 1, lett. a -Sez. F, n. 38514 del 01/09/2009, Finizio, Rv. 245301 -. Tanto premesso, si rileva che il provvedimento questorile può essere, a determinate condizioni, oggetto di disapplicazione ad opera del giudice penale chiamato a conoscere del reato la cui configurabilità è strettamente connessa alla legittimità del menzionato provvedimento. Si è a tal proposito affermato che il divieto del questore di possedere o utilizzare il telefono cellulare quale apparato di comunicazione ricetrasmittente imposto ai soggetti destinatari di avviso orale, dalla cui inosservanza dipende la configurabilità del reato di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 4, può essere disapplicato dal giudice penale qualora sia privo di specifica motivazione e non indichi le ragioni che hanno determinato l’emissione di tale prescrizione - Sez. 1, n. 28796 del 03/12/2013, dep. 2014, Rotunno, Rv. 261409 -. Nel caso in esame, però, il provvedimento questorile è stato adeguatamente motivato, come l’ordinanza impugnata attesta con compiuta argomentazione. Essa infatti sottolinea che in quel provvedimento sono indicati i precedenti di polizia e le condanne riportate dal ricorrente per reati contro il patrimonio, confermate dal certificato del casellario giudiziale, e quindi le ragioni che giustificano la presunzione che questi viva, almeno in parte, con proventi di attività delittuosa. 3. Per quanto detto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, equa al caso, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Motivazione semplificata.