La libertà vigilata non può assumere connotati detentivi

In caso di applicazione provvisoria della misura di sicurezza della libertà vigilata, il giudice può imporre la prescrizione della residenza temporanea in una comunità terapeutica, a condizione che le modalità di esecuzione non snaturino il carattere non detentivo della misura stessa.

Sul tema la sentenza n. 28575/20, depositata dalla V sez. Penale della Cassazione il 14 ottobre. Il Tribunale della libertà di Napoli rigettava l’appello proposto da un imputato e confermava dunque la misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata con obbligo di dimora presso una comunità di recupero e di seguire un programma terapeutico disposta nei suoi confronti per il reato di atti persecutori ai danni della madre e della figlia. La difesa ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per aver il Tribunale escluso la natura detentiva della misura di sicurezza disposta senza considerare che l’obbligo di non allontanarsi, anche temporaneamente, dalla comunità di recupero senza preventiva autorizzazione del giudice o dei sanitari vada di fatto ad eludere proprio la natura non detentiva della misura. Il Collegio ricorda che secondo la consolidata giurisprudenza, in caso di applicazione provvisoria della misura di sicurezza della libertà vigilata, il giudice può imporre la prescrizione la residenza temporanea in una comunità terapeutica, a condizione che la natura e le modalità di esecuzione non snaturino il carattere non detentivo della misura stessa. In altre parole, è legittima la misura di sicurezza della libertà vigilata provvisoriamente applicata nei confronti di un soggetto affetto da malattia psichiatrica, che ne prescriva il ricovero in una struttura sanitaria con divieto di allontanamento in determinate fasce orarie e, comunque, per finalità incompatibili con il programma terapeutico, trattandosi di prescrizioni funzionali all’esecuzione di tale programma che non snaturano il carattere non detentivo della misura di sicurezza non comportando alcun sacrificio aggiuntivo alla libertà di movimento rispetto a quello che inerisce a qualsiasi percorso di cura Cass.Pen. n. 50383/19 . Nel caso di specie, la misura concretamente imposta, per di più in assenza di limiti temporali o comunque finalistici, implica una sostanziale trasfigurazione della libertà vigilata in una misura detentiva . Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Napoli per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 settembre – 14 ottobre 2020, n. 28575 Presidente Pezzullo – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa il 09.01.2020 il Tribunale della libertà di Napoli ha rigettato l’appello proposto da B.R. avverso il rigetto della richiesta di modifica delle prescrizioni inerenti la misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata con obbligo di dimora presso una comunità di recupero e di seguire un programma terapeutico, disposta in relazione al reato di atti persecutori ai danni della madre e della figlia. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di B.R. , Avv. Fernando Taccone, deducendo due motivi. Premesso che il Gip del Tribunale di Avellino ha rigettato la richiesta di modifica delle prescrizioni inerenti la misura di sicurezza della libertà vigilata avanzata per l’incompatibilità delle prescrizioni imposte con la natura non detentiva della misura di sicurezza, lamenta che tale natura sia elusa dall’imposizione dell’obbligo di non allontanarsi, anche temporaneamente, dalla comunità senza la preventiva autorizzazione del giudice o dei sanitari, e dalla impossibilità fisica di allontanarsi dalla comunità, in considerazione dell’ubicazione isolata. Deduce il vizio di motivazione, non avendo il Tribunale affrontato il profilo del divieto di allontanamento, anche temporaneo, ed avendo ritenuto neutro il profilo dell’impossibilità materiale di allontanamento dalla comunità. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge, sostenendo che il divieto di allontanarsi, anche temporaneamente, costituisce un impedimento assoluto alla libertà di movimento, non essendo limitato nelle fasce orarie o condizionato al compimento delle attività terapeutiche, che connota la misura imposta in termini detentivi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. È consolidato il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, nell’ipotesi di applicazione provvisoria della misura di sicurezza della libertà vigilata, il giudice può imporre la prescrizione della residenza temporanea in una comunità terapeutica, a condizione che la natura e le modalità di esecuzione della stessa non snaturino il carattere non detentivo della misura di sicurezza in atto Sez. 1, n. 33904 del 22/05/2015, Pepe, Rv. 264604, che ha precisato che la prescrizione di un programma terapeutico residenziale non è assimilabile ex se ad un ricovero obbligatorio, con sostanziale applicazione di una misura a carattere detentivo in tal caso, tuttavia, il giudice non può imporre, stante il principio di legalità, prescrizioni che ne snaturino il carattere non detentivo Sez. 2, n. 49497 del 11/11/2014, Pratis Pagani, Rv. 260999 . Tali principi sono stati precisati nel senso che è legittima la misura di sicurezza della libertà vigilata provvisoriamente applicata nei confronti di un soggetto affetto da malattia psichiatrica, che ne prescriva il ricovero in una struttura sanitaria con divieto di allontanamento in determinate fasce orarie e, comunque, per finalità incompatibili con il programma terapeutico, trattandosi di prescrizioni funzionali all’esecuzione di tale programma che non snaturano il carattere non detentivo della misura di sicurezza non comportando alcun sacrificio aggiuntivo alla libertà di movimento rispetto a quello che inerisce a qualsiasi percorso di cura Sez. 1, n. 50383 del 12/11/2019, Gherardi, Rv. 277338 . Nel caso in esame, pur avendo legittimamente disposto la misura di sicurezza provvisoria della libertà vigilata con le prescrizioni dell’obbligo di dimora presso una comunità di recupero e di seguire un programma terapeutico, i giudici di merito hanno previsto, tra le prescrizioni da osservare, il divieto di allontanarsi, anche temporaneamente, dalla comunità terapeutica, senza la preventiva autorizzazione del giudice o dei sanitari responsabili nè, del resto, il Tribunale della libertà ha motivato in ordine alla esclusione di profili detentivi della misura concretamente imposta, limitandosi ad affermare assertivamente che l’indagato non è soggetto ad alcuna limitazione assoluta della sua libertà di movimento, potendo uscire dalla comunità stessa . Tale prescrizione, imposta senza alcun limite, innanzitutto temporale, o comunque finalistico Sez. 1, n. 50383 del 12/11/2019, Gherardi, Rv. 277338 , implica una sostanziale trasfigurazione della libertà vigilata in una misura detentiva. Pertanto, nel chiarire che l’ubicazione della comunità terapeutica non influisce sulla natura detentiva o non della misura di sicurezza, concernendo un profilo relativo alla eventuale impossibilità recte, difficoltà di fatto, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame sul punto, in relazione alla sostanziale impossibilità giuridica in assenza di specifiche autorizzazioni di allontanarsi dalla comunità, con conseguente compressione della libertà personale e di movimento. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.