Ex marito indagato per stalking: il divieto di avvicinamento ai figli deve essere motivato

Il divieto di avvicinamento di cui all’art. 282-ter c.p.p. può essere esteso a soggetti ulteriori rispetto alla persona offesa, a condizione che siano indicate le specifiche ragioni che giustificano tale limitazione.

Così la Suprema Corte con la sentenza n. 28393/20, depositata il 12 ottobre. Il GIP del Tribunale di Pisa disponeva nei confronti di un soggetto indagato per atti persecutori il divieto di avvicinamento alla persona offesa ex convivente, ai suoi congiunti e ai luoghi da essi frequentati, nonché il divieto di comunicare con la stessa p.o Il Tribunale del riesame di Firenze riformava parzialmente l’ordinanza, limitando il divieto di avvicinamento alla p.o. e ai figli minori della coppia, riducendone inoltre l’operatività all’abitazione della donna, al suo luogo di lavoro e alle scuole frequentate dai figli. Il difensore ha proposto ricorso in cassazione dolendosi per non aver il Tribunale esplicitato le ulteriori esigenze cautelari che hanno portato alla conferma della misura in relazione ai figli minori. Il ricorso risulta fondato. Il Tribunale ha infatti ampiamente argomentato in ordine alle esigenze cautelari nei confronti della persona offesa, ma nulla è stato esplicitato con riferimento al divieto di avvicinamento ai figli minori. Risulta inoltre contraddittorio il percorso motivazionale laddove afferma che l’indagato non ha mai tenuto comportamenti scorretti nei confronti dei figli, per poi confermare comunque il suddetto divieto di avvicinamento. La giurisprudenza di legittimità afferma infatti che, in tema di misure cautelari personali, il divieto di avvicinamento di cui all’art. 282- ter c.p.p. può essere esteso a soggetti ulteriori rispetto alla persona offesa, sempre che siano indicate le specifiche ragioni che giustificano tale limitazione. Devono infatti essere contemperate le esigenze di tutela della vittima con quelle di salvaguardia dei rapporti tra i terzi e l’indagato cfr. Cass.Pen. n. 6563/20 . Risultando in definitiva carente la motivazione del provvedimento impugnato, la Cassazione accoglie il ricorso e annulla il provvedimento stesso con rinvio al Tribunale per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 settembre – 12 ottobre 2020, n. 28393 Presidente Sabeone – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con l'ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Firenze ha parzialmente riformato l'ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Pisa nei confronti di A.E., indagato per il delitto di atti persecutori, con cui si era disposto il divieto di avvicinamento alla p.o. ex convivente B.S. ed ai suoi prossimi congiunti ed ai luoghi frequentati dalla p.o. e dai suoi prossimi congiunti, nonchè il divieto di comunicare con la stessa attraverso il telefono o altro mezzo. Il Tribunale ha limitato il divieto di avvicinamento alla p.o. e ai figli minori ed ha individuato i luoghi di operatività del divieto nell'abitazione, nei luoghi di lavoro della p.o. e nelle scuole frequentate dai figli minori. Nel resto ha confermato l'ordinanza impugnata. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l'indagato tramite il difensore lamentando, con un unico motivo, vizio di motivazione in relazione agli artt. 273,274,275,282-ter c.p.p. e art. 612-bis c.p. in quanto il Tribunale, pur investito di uno specifico motivo di gravame, non avrebbe esplicitato le ulteriori esigenze cautelari che hanno comportato la conferma del provvedimento anche in relazione ai figli minori. A sostegno delle proprie argomentazioni, il ricorrente rileva che nessun comportamento aggressivo è stato mai adottato da A. in danno dei figli e che ciò sarebbe pacifico, emergendo, peraltro, dalle stesse dichiarazioni della B La difesa si duole della motivazione illogica laddove non vengono specificate le ulteriori esigenze di tutela in relazione ai minori, per i quali si sarebbe dovuto configurare un pericolo per la loro incolumità personale, intesa come integrità fisica e non morale, che nel caso di specie non sussisterebbe. All'odierna udienza il P.G., dr Di Leo, ha concluso per l'inammissibilità ed il difensore ha insistito per l'accoglimento, ed ha prodotto il provvedimento del Tribunale di Pisa che regolava i rapporti tra le parti circa le modalità di visita del padre con i figli minori. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Il Collegio ritiene di condividere le argomentazioni svolte dal ricorrente. L'ordinanza impugnata, sebbene abbia ampiamente argomentato in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari nei confronti della persona offesa, nulla ha esplicitato in relazione al divieto di avvicinamento ai figli minori. Secondo quanto disposto dall'art. 282-ter c.p.p., infatti, è necessario che sussistano delle ulteriori esigenze di tutela affinchè il divieto possa essere esteso anche ai prossimi congiunti della p.o Nel caso di specie, il Tribunale si è limitato a confermare apoditticamente la misura anche nei confronti dei figli minori, senza chiarire quali fossero le ulteriori esigenze in merito a questi ultimi, risultando peraltro contraddittorio il percorso argomentativo seguito con la parte dell'ordinanza in cui si è dato atto che A. non ha mai avuto atteggiamenti scorretti verso i figli. Le censure avanzate dal ricorrente risultano in linea con quanto recentemente affermato da questo Supremo Collegio secondo cui in tema di misure cautelari personali, il divieto di avvicinamento di cui all'art. 282-ter c.p.p. può essere esteso anche con riguardo a soggetti diversi dalla persona offesa, a condizione che siano indicate le specifiche ragioni che giustificano le aggiuntive limitazioni alla libertà di circolazione dell'obbligato, dovendosi contemperare le esigenze di tutela della vittima con quelle di salvaguardia dei rapporti esistenti tra i soggetti terzi e l'indagato fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza che disponeva il divieto di avvicinamento, oltre che alla persona offesa, anche alla figlia minorenne con questa convivente, in tal modo impedendo all'indagato di mantenere rapporti con la propria figlia, pur senza motivare in ordine alle specifiche esigenze ed indicando il nominativo della minore nel solo dispositivo. Sez. 6, Sentenza n. 6563 del 30/01/2020 Cc. dep. 19/02/2020 Rv. 278346 . Tale obbligo motivazionale non è stato assolto dal Tribunale del riesame. Inoltre, i giudici errano nel porre a fondamento della propria decisione l'affermazione che la misura cautelare potrà essere modificata a seguito della definizione del giudizio civile sull'affidamento dei minori. Il giudizio civile, infatti, è del tutto autonomo e distinto rispetto al procedimento cautelare penale, rispondendo quest'ultimo a criteri e logiche di tutela assolutamente differenti di cui il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto ai fini dell'estensione del divieto. Alla luce delle considerazioni che precedono, l'ordinanza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame, limitatamente all'estensione ai minori, al Tribunale del riesame di Firenze. In caso di diffusione del presente provvedimento, vanno omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Firenze. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.