La Cassazione dice no alla restituzione nel termine per impugnare per il difensore disattento

Non integra caso fortuito o forza maggiore, tale da giustificare la restituzione nel termine per impugnare, l’errore del difensore consistito nel non aver proposto tempestivamente impugnazione per avere ritenuto la motivazione della sentenza non depositata nei termini, in quanto dipeso da una carenza di attenzione e diligenza.

Così si esprime la Corte di Cassazione nella sentenza n. 28081/20, depositata l’8 ottobre. In seguito alla condanna dell’imputato da parte della Corte d’Appello di Venezia per diversi reati tra cui il delitto di tentato omicidio e quello di lesioni personali aggravate , il difensore non presentava tempestivamente impugnazione in quanto aveva ignorato l’avvenuto deposito della motivazione della decisione. Per tale ragione, lo stesso chiedeva la restituzione nel termine per proporre ricorso per cassazione, sostenendo che la mancata impugnazione tempestiva fosse dovuta ad un caso fortuito e/o forza maggiore , essendo la sua ignoranza del deposito dovuta ad un’errata comunicazione del Pubblico Ufficiale. Gli Ermellini rigettano il ricorso, osservando, in via preliminare, come, da un lato, l’errata informazione ricevuta dalla cancelleria relativa all’omesso tempestivo deposito della sentenza nei termini di rito integri un fatto costituente forza maggiore suscettibile di giustificare la restituzione del termine per impugnare, ma il richiedente avrà però l’onere di dimostrare in modo rigoroso l’avvenuto fatto ostativo al tempestivo esercizio della facoltà di impugnazione, non potendosi limitare all’allegazione di dichiarazioni sue o di altri difensori interessati a suo sostegno. A fronte di tale orientamento della Corte, tuttavia, ne sussiste un altro che sostiene il contrario, e cioè che il mancato o inesatto adempimento del difensore dell’incarico di proporre impugnazione non realizza un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore legittimante la restituzione nel termine, in quanto ciò poteva essere escluso con la normale diligenza e attenzione del difensore unito ad un onere dell’assistito di controllare l’esatta osservanza degli incarichi conferiti all’avvocato. Ora, nel caso di specie l’errore del difensore è dipeso da carenza di normale diligenza e attenzione, avendo egli inviato la mail all’Ufficio sbagliato che nulla aveva a che vedere con i procedimenti e gli adempimenti prescritti dal codice di procedura penale e avendo anche ignorato la risposta dello stesso Ufficio che, seppur ambigua, poteva richiedere informazioni aggiuntive che il legale ha omesso di chiedere. Per questo motivo, non sussistendo alcuna causa di forza maggiore, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 settembre – 8 ottobre 2020, n. 28081 Presidente Iasillo – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Il difensore di A.P. , condannato dalla Corte di appello di Venezia con sentenza del 15/10/2019 per i delitti di tentato omicidio, lesioni personali aggravate, resistenza a pubblico ufficiale e porto fuori dalla propria abitazione di un coltello, propone istanza di restituzione nel termine per proporre ricorso per cassazione. Il difensore, sottolineando che il termine per il deposito della motivazione della sentenza di appello scadeva il 13/1/2020, riferisce di avere chiesto copia della sentenza alla Cancelleria della Corte di appello e di avere ricevuto mail il 27/1/2020 con la quale il cancelliere lo informava che la sentenza non era stata ancora depositata successivamente egli aveva nuovamente chiesto copia della sentenza che, peraltro, gli era stata trasmessa solo il 23/4/2020 con l’annotazione depositata in Cancelleria l’8/1/2020, non impugnata e passata in giudicato il 28/2/2020 . In sostanza, l’Ufficio copie penali della Cancelleria della Corte d’appello aveva fornito un’informazione errata e fuorviante, senza peraltro riscontrare anche le successive mail con cui il difensore chiedeva la trasmissione di copia della sentenza. Il difensore, quindi, era in buona fede - tanto che in un ricorso per cassazione proposto il 2/4/2020 con riferimento agli aspetti custodiali, aveva dato atto che la sentenza di appello non era stata depositata - mentre la mancata presentazione tempestiva dell’impugnazione dipendeva da caso fortuito e/o forza maggiore, in quanto l’ignoranza da parte del legale dell’avvenuto deposito della motivazione dipendeva da una errata comunicazione del pubblico ufficiale. 2. La Corte di appello di Venezia disponeva trasmettersi l’istanza a questa Corte. 3. Il Procuratore generale, Elisabetta Cesqui, nella requisitoria scritta, conclude per l’accoglimento dell’istanza di restituzione nel termine per proporre ricorso per cassazione. Considerato in diritto L’istanza deve essere rigettata. Questa Corte ha affermato che integra fatto costituente forza maggiore, che può giustificare la restituzione nel termine per l’impugnazione, l’errata informazione ricevuta dalla cancelleria circa l’omesso tempestivo deposito della sentenza nei termini di rito tuttavia, l’istante ha l’onere di provare rigorosamente - mediante attestazione di cancelleria o altro atto o fatto certo - il verificarsi della circostanza ostativa al tempestivo esercizio della facoltà di impugnazione e non può limitarsi ad allegare a sostegno del proprio assunto dichiarazioni provenienti da lui o da altri difensori interessati Sez. 2, n. 44509 del 07/07/2015 - dep. 04/11/2015, Floccari, Rv. 26496501 Sez. 6, n. 21901 del 03/04/2014 - dep. 28/05/2014, P.C. in proc. G, Rv. 25969901 Sez. 2, n. 22161 del 24/05/2007 - dep. 06/06/2007, Bois, Rv. 23680501 . Altra giurisprudenza, tuttavia, sottolinea che il mancato o l’inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non sono idonei a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore - che legittimano la restituzione nel termine -, poiché consistono in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perché non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo ex multis, Sez. 6, n. 3631 del 20/12/2016 - dep. 24/01/2017, Porricelli, Rv. 269738 . Nel caso in esame l’errore in cui è incorso il difensore - quello di ritenere la motivazione della sentenza non depositata nei termini - è dipeso da carenza di normale diligenza ed attenzione. In effetti, la mail che il legale aveva inviato alla Corte di appello di Venezia era indirizzata all’Ufficio Copie della Corte e non alla Cancelleria del Giudice quindi ad un ufficio che, benché operante nell’ambito della Corte, adempie ad uno specifico compito - realizzare e rilasciare copia di atti - senza essere in alcun modo coinvolta nelle procedure e negli adempimenti previsti dal codice di procedura penale. La stessa risposta dell’Ufficio Copie segnalava questo aspetto nell’informare il legale del mancato deposito della sentenza su cui, infra , lo scrivente aggiungeva per maggiori informazioni può rivolgersi alla Sezione che ha in carico il procedimento in effetti la sentenza sarebbe stata depositata presso il Cancelliere della Sezione, che avrebbe apposto la sua firma e avrebbe annotato l’avvenuto deposito art. 548 c.p.p., comma 1 . Del resto, gli originali delle sentenze sono raccolti in appositi volumi custoditi nella Cancelleria del giudice che li ha emessi art. 23 reg. esec. c.p.p. . La risposta dell’Ufficio copie, d’altro canto, aveva un contenuto ambiguo che il difensore avrebbe dovuto percepire affermando che la sentenza non era stata ancora depositata , l’Ufficio poteva riferirsi sia alla presenza del documento all’interno dello stesso ufficio ma anche al deposito nella Cancelleria della Sezione che aveva in carico il procedimento sarebbe stato, appunto, necessario chiedere maggiori informazioni alla Cancelleria della Sezione ma - come è pacifico questo suggerimento era stato ignorato dal legale. In definitiva, non ricorre la causa di forza maggiore invocata dall’istante. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.