Conflitto negativo di competenza sulla richiesta di applicazione di una misura custodiale: la difesa deve essere avvisata?

In caso di conflitto negativo tra GIP che ricusino di prendere cognizione di una richiesta di misura cautelare personale, specie se coercitiva, nei confronti degli stessi soggetti per gli stessi fatti, e che ritengano insussistenti le condizioni di urgenza di cui all’art. 291, comma 2, c.p.p., la Corte di Cassazione deve procedere secondo l’ordinario schema del procedimento in camera di consiglio, oppure, per evitare l’anticipata discovery degli atti, deve procedere senza formalità di procedura?

La I sezione penale della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27741/20, depositata il 6 ottobre, ha sollevato la questione dinanzi alle Sezioni Unite. Il GIP presso il Tribunale di Nola, richiesto dell’applicazione di una misura cautelare personale e reale , rilevava un conflitto negativo di competenza con il GIP presso il Tribunale di Taranto che si era già dichiarato incompetente all’emissione die provvedimenti cautelari suddetti per assenza dei requisiti di urgenza. È stato dunque sollevato conflitto dinanzi alla Suprema Corte. Il Collegio rileva in via preliminare la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale in tema di forme procedimentali da osservarsi per la risoluzione di un conflitto di competenza. Il contrasto riguarda la questione se per mezzo della procedura di conflitto, che per disposizione codicistica è delineata dall’art. 127 che disciplina in generale il procedimento in camera di consiglio, le parti privare, e quindi gli indagati, possano venire a conoscenza della proposizione della richiesta di applicazione di una misura cautelare, in particolare custodiale, nei loro confronti, con il conseguente fondato pericolo che questa anticipata conoscenza possa compromettere l’eventuale futura esecuzione dell’ordinanza applicativa . Sussistono infatti ragioni di segretezza in ordine alla richiesta di misura cautelare, non tanto connesse con la particolarità della fase delle indagini preliminari, quanto per la natura stessa del provvedimento richiesto. Da tempo la giurisprudenza afferma che è legittima la decisione sulla richiesta cautelare, specie se coercitiva, assunta a processo iniziato e senza previo avviso alla difesa, trattandosi di tipico provvedimento a sorpresa, la cui concreta efficacia rischierebbe di essere vanificata dalle previsione di un contraddittorio Cass.Pen., sez. I, n. 5271/97 . Ripercorrendo il contrasto giurisprudenziale venutosi a formare sul tema, il Collegio dispone la trasmissione del ricorso alle Sezioni Unite perché risolvano la questione se, in caso di conflitto negativo tra giudici per le indagini preliminari che ricusino di prendere cognizione di una richiesta di misura cautelare personale, specie se coercitiva, nei confronti degli stessi soggetti per gli stessi fatti, e che ritengano insussistenti le condizioni di urgenza di cui all’art. 291, comma 2, c.p.p. la Corte di Cassazione debba procedere alla risoluzione del conflitto secondo l’ordinario schema del procedimento in camera di consiglio – art. 127 c.p.p. - previsto in materia di conflitti di competenza, dando avviso anche alle parti private, oppure, per evitare l’anticipata discovery degli atti, debba procedere senza formalità di procedura .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 30 settembre – 6 ottobre 2020, n. 27741 Presidente Di Tomassi – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nola, richiesto dell’applicazione di misura cautelare personale e di misura cautelare reale nel procedimento a carico di una pluralità di indagati, ha rilevato un conflitto negativo di competenza con il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto che in precedenza si era dichiarato incompetente all’emissione dei provvedimenti cautelari ritenendo l’assenza delle condizioni per provvedere in via d’urgenza. Una pari valutazione, di assenza delle condizioni di urgenza, è stata operata dal giudice che ha sollevato conflitto, in ragione del fatto che le condotte oggetto di addebito sommario risalgono a periodo antecedente il 4 febbraio 2019 e gli indagati sono sostanzialmente incensurati o con modesti precedenti penali, non ravvisandosi allora l’imminente pericolo di reiterazione di condotte della stessa specie, anche in ragione della sospensione della totalità delle competizione sportive su tutto il territorio nazionale per l’emergenza sanitaria da Covid-19. 2. Secondo quanto si trae dall’ordinanza propositiva del conflitto, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto ha escluso la sua competenza in ordine a vari reati fine con riguardo a sei indagati, dal momento che non rispondono del reato associativo ha quindi affermato che per costoro occorre porre attenzione al luogo di commissione dei singoli reati fine, individuato in omissis o, al più, in Frattaminore, ove, al fine di alterare le corse ippiche, si è realizzata la promessa di denaro ai drivers. Per un altro gruppo di indagati quel Giudice per le indagini preliminari ha escluso la sua competenza sulla base del momento e del luogo di consumazione del reato associativo, individuato in omissis , luogo di residenza dei capi/promotori, o, al più, in omissis , luogo di residenza degli organizzatori. Sotto tale profilo ha valorizzato che era proprio da tali luoghi che partivano le promesse di denaro, le sollecitazioni, le pressioni finalizzate ad alterare il leale e corretto risultato delle gare ippiche. 3. Rispetto a tale impostazione, il Giudice perle indagini preliminari presso il Tribunale di Nola ha rilevato che, pur a voler ritenere avvinti dal nesso di continuazione i reati addebitati agli indagati, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto ha errato nell’individuare il reato più grave, capace di generare forza attrattiva, ritenendo più grave il reato associativo in luogo della frode sportiva aggravata, variamente contestata agli indagati. Ha quindi concluso che per un gruppo di indagati e di reati a loro addebitati, la competenza appartiene all’Autorità giudiziaria di Taranto in ragione del luogo di commissione del delitto di frode sportiva aggravata di cui al capo 2 della rubrica. In quel territorio, peraltro, è emersa per la prima volta la vitalità dell’organismo associativo per il quale v’è pure contestazione. Per un altro gruppo di indagati, la competenza si determina in base al luogo di commissione del delitto di truffa aggravata di cui al capo 3 della rubrica, commesso in omissis e provincia di Napoli, sicché anche per loro la competenza è del Tribunale di Taranto. Per altri gruppi di indagati, applicando gli stessi criteri appena illustrati, Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola ha individuato la competenza di altri uffici, in particolare del Tribunale di Padova, del Tribunale di Napoli Nord, del Tribunale di Cassino, del Tribunale di Trieste, del Tribunale di Savona. 4. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto ha formulato osservazioni e ha rilevato di essersi dichiarato incompetente per la ragione che tutti i reati fine, evidentemente più gravi rispetto a quello associativo, devono considerarsi consumati nel luogo in cui è avvenuta la promessa di denaro ai drivers”. Da qui l’individuazione del Giudice competente in quello nel cui circondario ricade il Comune di omissis o, in via subordinata, quello di Frattaminore. Considerato in diritto 1. L’udienza di trattazione del conflitto appena illustrato è stata fissata, per disposizione presidenziale del 22 luglio 2020, che ha disposto di non dare avviso alle parti benché, poi, l’avviso di udienza sia stato comunque comunicato al Procuratore generale in sede , e ciò in ragione del contrasto formatosi circa le modalità procedimentali da osservare per la decisione di un conflitto negativo tra giudici per le indagini preliminari che neghino la competenza a provvedere su una richiesta di misura cautelare personale di tipo coercitivo. 2. Sulla preliminare questione relativa alle forme procedimentali da osservarsi per la risoluzione di un conflitto di competenza come quello in esame si registra l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale nell’ambito della Prima sezione. Il tema è se per mezzo della procedura di conflitto, che per disposizione codiscistica è delineata all’art. 127 che disciplina in generale il procedimento in camera di consiglio, le parti private, e quindi gli indagati, possano venire a conoscenza della proposizione della richiesta di applicazione di una misura cautelare, in particolare custodiale, nei loro confronti, con il conseguente fondato pericolo che questa anticipata conoscenza possa compromettere l’eventuale futura esecuzione dell’ordinanza applicativa. Si deve pertanto valutare se per la prevenzione di tale pericolo sia consentito uno scostamento dall’ordinaria procedura di risoluzione del conflitto o se, di contro, in assenza di espresse disposizioni di legge, la Corte di cassazione non possa derogare alla previsione del procedimento camerale che, come è noto, impone di dare avviso dell’udienza di decisione sia alle parti private che alla parte pubblica. 3. Non è forse superfluo evidenziare che le esigenze di segretezza o riservatezza in ordine alla proposizione della richiesta di misura cautelare non sono connesse alla particolarità della fase - le indagini preliminari - in cui è insorto il conflitto, quanto alla natura del provvedimento richiesto. Si è infatti da tempo precisato che, pur quando la richiesta cautelare, specie se coercitiva, sia proposta a processo iniziato, è legittima la decisione in merito assunta senza previo interpello della difesa, trattandosi di tipico provvedimento a sorpresa, la cui concreta efficacia rischierebbe di essere vanificata dalla previsione di un contraddittorio. Fattispecie relativa alla richiesta di ripristino della custodia cautelare in carcere avanzata dal pubblico ministero in appello contestualmente alla conferma della condanna di primo grado all’ergastolo - Sez. 1, n. 5271 del 25/09/1997, Ripa, Rv. 208796. Sulla stessa linea si è collocata altra decisione di poco precedente, che ha riconosciuto la piena legittimità della richiesta di misura cautelare presentata a mezzo missiva, e non in pubblica udienza , in quanto il vigente codice di rito non prevede, per tale incombenza, l’instaurazione di contraddittorio tra accusa e difesa e l’innovazione apportata all’art. 291 c.p.p. dalla L. n. 332 del 1995, art. 8, comma 1, è riferita alla fase delle indagini preliminari, atteso che in quella dibattimentale la difesa presenta direttamente, e non tramite il P.M., al giudice ogni dichiarazione e memoria che ritiene idonea a sostegno della propria tesi - Sez. 1, n. 4360 del 25/06/1996, Morra, Rv. 205500 -. Unica ipotesi in cui l’adozione della misura cautelare è preceduta - e deve esserlo - dal contraddittorio si ha con la proposizione della richiesta contestualmente a quella di convalida dell’arresto in flagranza o del fermo, che obbliga il giudice a decidere nel contraddittorio tra le parti - Sez. 2, n. 38911 del 16/09/2008, P.M. in proc. Avdiu e altri, Rv. 241453 -. È infatti illegittimo il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, investito delle contestuali richieste di convalida dell’arresto o del fermo e di applicazione di una misura cautelare, respinga quest’ultima e disponga la scarcerazione dell’arrestato o del fermato prima dell’udienza di convalida, atteso che l’art. 391 c.p.p., comma 3, prescrive espressamente che la decisione sull’applicazione della misura cautelare sia adottata nel contraddittorio e quindi all’esito dell’udienza camerale - Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, P.M. in proc. Boniotti, Rv. 217244 -. 4. Una prima decisione - Sez. 1, n. 39605 del 14/06/2018, confl. comp. in proc. M, Rv. 273867- ha affrontato un caso di una qualche particolarità. In quel procedimento di conflitto negativo, infatti, il giudice per le indagini preliminari che lo aveva proposto aveva avuto cura di oscurare negli atti inviati alla Corte di cassazione i dati identificativi della persona sottoposta alle indagini. La Corte ha allora proceduto, preso atto dell’impossibilità di dare avviso alla parte privata, con la sola presenza del Procuratore generale. Ha sì omesso l’avviso alla parte privata ma non già per una decisione diretta a privilegiare un modulo procedimentale diverso per quanto innovativo, quanto per una oggettiva impossibilità di spedizione dell’avviso alla parte privata perché rimasta ignota. Il riferimento procedimentale è rimasto quello della cd. camera di consiglio partecipata, ma la procedura si è dovuta adattare alla peculiarità della vicenda concreta, costituita dalla decisione del giudice del merito di omissare il nome dell’indagato. La Corte non ha infatti approfondito tale aspetto, ossia quello della sussistenza o meno di un potere del giudice in conflitto di non dare indicazioni delle parti e dei difensori , sì come invece è espressamente previsto dall’art. 30 c.p.p., comma 2 u.p., e art. 31 c.p.p., comma 2. Non ha però mancato di prendere in considerazioni le motivazioni sottese alla scelta di omissare i nominativi deli indagati e ne ha rilevato la piena legittimità in ragione del fine, individuato in quello di assicurare la fruttuosità delle indagini preliminari , esposte altrimenti ad un rischio di alterazione in conseguenza della anticipazione della discovery alla fase preliminare relativa alla individuazione della competenza a esaminare l’istanza cautelare . Ha poi evidenziato che l’indagato, con questo adattamento procedimentale, non patisce un pregiudizio dato che il contraddittorio pieno sulla questione di competenza ben può essere esercitato nel prosieguo della fase delle indagini o anche nel giudizio eventuale, trattandosi, al momento, di una valutazione effettuata dalla Corte di legittimità rebus sic stantibus sulla base della prospettazione del pubblico ministero 5. La sentenza ha sostanzialmente interpretato il riferimento che l’art. 32 c.p.p. fa all’art. 127, stabilendo che la Corte decide sul conflitto con sentenza in camera di consiglio secondo le forme dell’art. 127 c.p.p. come se fosse arricchito e completato dalla clausola in quanto compatibili , che apre alla possibilità di adattamento dello schema normativo alle esigenze e alle peculiarità della singola vicenda. La clausola del resto è utilizzata nel riferimento che ancora una volta una disposizione codicistica - l’art. 724 - fa alle forme dell’art. 127, in specie a quelle previste dall’art. 32, comma 1, e art. 127 per la regolamentazione della procedura che la Corte di cassazione deve osservare per la decisione di quale sia - ove in merito sorga contrasto per la pluralità di atti da compiere in più porzioni del territorio dello Stato - il giudice che debba valutare una richiesta di assistenza giudiziaria dell’autorità straniera per attività di acquisizione probatoria che comporti, appunto, l’intervento di un giudice. Un diretto adattamento della procedura camerale, all’evidente scopo di tutelare esigenze di riservatezza investigativa, è operato dalla disposizione codicistica in esame, che prescrive la comunicazione dell’avviso di cui all’art. 127, comma 1, soltanto al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Si tratta dello stesso accorgimento procedimentale sperimentato dalla Corte di cassazione per la risoluzione del conflitto di competenza prima illustrato. 6. Circa poi la compressione del diritto di partecipazione della parte privata, la decisione che si illustra ha rilevato che si tratta di una limitazione oltre che temporanea anche non irreversibile, ricordando che le valutazioni operate in sede di conflitto dalla Corte di cassazione sono conformate alla prospettazione del pubblico ministero, quindi all’imputazione o, come nel caso in esame, all’addebito cautelare, che è, per natura, soggetto a modifiche collegate alla prosecuzione delle indagini. Modifiche che, una volta intervenute, privano di efficacia vincolante la sentenza della Corte di cassazione determinativa della competenza, secondo quanto previsto dall’art. 25 c.p.p., secondo cui la decisione della corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla competenza è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore . La puntuale osservazione non giova a negare la valenza del generale principio, che anzi viene implicitamente affermata, per il quale in materia di competenza per territorio, la decisione della Corte di cassazione, se pure adottata nella fase delle indagini preliminari, ha efficacia vincolante per tutte le fasi del giudizio, salvo il caso di sopravvenienza di fatti nuovi che ne impongano un riesame - Sez. 1, n. 9413 del 14/02/2013, Elzaky e altro, Rv. 255065. 7. Con una determinazione ancora più netta una successiva decisione -Sez. 1, n. 19308 del 09/06/2020, GIP Bergamo, Rv. 279191 -, la Corte di cassazione ha approfondito il tracciato segnato dalla sentenza prima illustrata e ha stabilito che il conflitto negativo di competenza tra Giudici per le indagini preliminari che rifiutino di prendere cognizione della richiesta di applicazione di una misura cautelare in quel caso, della custodia in carcere deve essere definito senza formalità di procedura. Premessa la natura di atto strutturaIrriente a sorpresa del provvedimento applicativo della misura cautelare personale, la Corte ha stabilito che ragioni sistematiche impediscono di adottare per la risoluzione del conflitto negativo in materia lo schema processuale ordinario, con udienza camerale partecipata. La ragione, come per la precedente decisione, è di evitare il pericolo che si vanifichi nei fatti l’esigenza di un rimedio cautelare. Si esclude poi che l’accorgimento procedimentale esponga ad un sacrificio eccessivo il diritto delle parti al contraddittorio sul tema della competenza, rilevando che il pieno contraddittorio può essere svolto, anche in punto di competenza, nel prosieguo delle indagini attraverso la richiesta di riesame oppure nel successivo eventuale giudizio, dato che la determinazione della Corte ha effetti rebus sic stantibus, fondandosi sulla prospettazione del pubblico ministero. 8. Un contrapposto orientamento è stato espresso dalla Prima sezione con ordinanza dell’llaprile 2019 che ha disposto il rinvio a nuovo ruolo del procedimento di conflitto negativo di competenza - poi risolto con sentenza n. 43953 del 09/07/2019, GIP Tribunale Messina, Rv. 277499 - per la fissazione dell’udienza camerale di cui all’art. 127 c.p.p Per l’udienza in cui è stata emessa l’ordinanza di rinvio il procedimento di conflitto era stato fissato senza formalità di procedura, e quindi senza avviso alle parti, su richiesta del GIP che il conflitto aveva proposto. La Corte ha allora operato una preliminare valutazione sulle forme procedimentali da osservare per la decisione e ha rilevato che non è consentito non dare avviso alle parti, sia perché i nominativi emergono dagli atti processuali inviati, sia perché non è nei poteri della Corte di procedere in forme diverse dall’art. 127 c.p.p. e in violazione del contraddittorio in vista della decisione di un conflitto da cui inevitabilmente discende la fissazione di un foro commissorio, destinato a restare fermo per tutta la durata processuale . 9. Il codice di rito del 1930 prevedeva per la risoluzione dei conflitti la procedura in camera di consiglio, imponendo alla Corte di decidere sulla base della requisitoria del Procuratore generale ma senza l’intervento dei difensori - art. 54 e art. 531, commi 2 e 3. Come si ricava dalla Relazione al progetto preliminare e al testo definitivo del codice del 1988, la scelta dell’attuale disciplina si è avvalsa della consapevolezza delle insufficienze del codice precedente in punto di garanzia del contraddittorio. Scartata, per eccessiva macchinosità, la procedura della pubblica udienza, che peraltro non avrebbe assicurato un apprezzabile vantaggio sul piano dell’effettività della garanzia, il Legislatore del 1988 ha individuato il rito più idoneo in quello camerale sì come regolato dall’art. 127 art. 126 nel Progetto preliminare . In tal modo il codice ha dato attuazione ai criteri dettati dalla Legge Delega 16 febbraio 1987, n. 81, che all’art. 2, comma 1, n. 15 prescriveva che fosse assicurata nella disciplina del procedimento per conflitto la garanzia del contraddittorio. 10. In ragione del rilevato contrasto, gli atti vanno rimessi alle Sezioni unite perché risolvano la questione se, in caso di conflitto negativo tra giudici per le indagini preliminari che ricusino di prendere cognizione di una richiesta di misura cautelare personale, specie se coercitiva, nei confronti degli stessi soggetti per gli stessi fatti, e che ritengano insussistenti le condizioni di urgenza di cui all’art. 291 c.p.p., comma 2 la Corte di cassazione debba procedere alla risoluzione del conflitto secondo l’ordinario schema del procedimento in camera di consiglio art. 127 c.p.p. - previsto in materia di conflitti di competenza, dando avviso anche alle parti private, oppure, per evitare l’anticipata discovery degli atti, debba procedere senza formalità di procedura. P.Q.M. Visto l’art. 618 c.p.p., dispone trasmettersi il ricorso alle Sezioni unite.