Rapina violenta a casa di anziani: necessaria la custodia in carcere

Respinte le osservazioni proposte dal legale dell’imputato, individuato come responsabile della rapina. Evidente la gravità della condotta da lui tenuta. Decisiva anche la valutazione della sua personalità, poiché egli non ha mostrato alcun segnale di resipiscenza.

Sotto accusa per la rapina violenta compiuta in casa di una coppia di anziani. L’inequivocabile gravità della condotta e l’assenza di segnali di pentimento rende opportuna l’applicazione della custodia cautelare in carcere. Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 26594, depositata oggi . Riflettori puntati sul grave episodio verificatosi nell’abitazione di due anziani – rispettivamente classe 1939 e classe 1946 – un ladro è riuscito ad entrare, li ha aggrediti, li ha ripetutamente colpiti con calci e con pugni, e anche con un pezzo di legno e li ha infine costretti a consegnargli 3mila e 200 euro in contanti ed un libretto di risparmio postale . Inevitabile l’accusa per rapina aggravata . E per l’imputato viene decisa l’applicazione, confermata dal Tribunale per il riesame, della custodia cautelare in carcere . Per il difensore, però, non vi è proporzionalità nella misura imposta al suo cliente, poiché non ne è stata valutata la personalità , e ne è stata ignorata l’ incensuratezza . Elementi, questi, che depongono per un prognosi favorevole in ordine alla recidiva ed indicano l’adeguatezza di misure meno afflittive , sostiene il legale. Le osservazioni proposte dall’avvocato dell’imputato vengono però respinte in modo netto dalla Cassazione. Per i Giudici del Palazzaccio, difatti, è indiscutibile la proporzionalità della misura adottata, anche perché è emersa in modo evidente l’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa . Di conseguenza, in modo implicito, è appurata l’impossibilità dell’impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza . Va però aggiunto, osservano dalla Cassazione, che quando, come in questo caso, la valutazione del pericolo di recidiva riguarda reati che si consumano attraverso la violenza alla persona , il giudizio in ordine al pericolo di reiterazione e alla adeguatezza della misura deve essere effettuato con rigore proporzionato alla rilevanza del bene giuridico tutelato . Andando nei dettagli, i Giudici ricordano che la misura cautelare domiciliare implica l’accettazione del rischio che le regole imposte siano violate a causa di flessioni nell’autodisciplina. Pertanto, quando il rischio di reiterazione riguarda reati consumati con violenza alla persona, che tutelano il bene primario dell’incolumità personale, le misure affidate all’autodisciplina possono ritenersi adeguate solo se, all’esito di un rigoroso esame della personalità dell’accusato, si ritenga annullato il rischio di violazione delle regole di autocontenimento e in tali casi la valutazione in ordine alla insufficienza cautelare di presidi meno severi del carcere potrà essere effettuata anche attraverso la rilevazione della esclusività contenitiva della massima misura custodiale . In questo caso specifico, la condotta contestata, e caratterizzata dall’esercizio di particolare e reiterata violenza nei confronti di persone di età avanzata, evidenzia un pericolo di recidiva di tale gravità da non essere contenibile con misure meno afflittive di quella carceraria , chiariscono dalla Cassazione. Per completare il quadro, infine, i Magistrati, richiamando il Tribunale per il riesame, osservano che le gravi modalità delittuose emerse, unitamente alla valutazione della personalità dell’uomo, che non aveva mostrato alcun segnale di resipiscenza , depongono a favore di una prognosi negativa circa la recidiva e ciò consente di rilevare un pericolo attuale di ricaduta nel delitto, ostando al riconoscimento della natura occasionale della condotta in contestazione .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 – 24 settembre 2020, n. 26594 Presidente Gallo – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale per il riesame di Torino confermava l'applicazione al ricorrente della custodia cautelare carcere per il reato di rapina aggravata. Si contestava al Qa. di avere ripetutamente colpito con calci e pugni ed anche con un pezzo di legno le vittime classe 1939 e classe 1946 all'interno della loro abitazione costringendole a consegnare 3200 Euro in contanti ed un libretto di risparmio postale. 2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva 2.1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla valutazione della proporzionalità della misura imposta non sarebbe stata valutata la personalità dell'indagato e la sua incensuratezza, circostanze che deponevano per una prognosi favorevole in ordine alla recidiva ed indicavano la adeguatezza di misure meno afflittive 2.2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla valutazione della attualità della misura che sarebbe stata apprezzata sulla base della gravità del delitto contestato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1. Il primo motivo di ricorso, che contesta la legittimità della motivazione con riguardo alla valutazione della proporzionalità della misura è inammissibile. Quanto al profilo della proporzionalità il collegio ribadisce che il giudizio del Tribunale del riesame sull'inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall'art. 275-bis cod. proc. pen. Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017 - dep. 26/06/2017, Caterino, Rv. 270463 Sez. 3, n. 43728 del 08/09/2016 - dep. 17/10/2016, L, Rv. 267933 Sez. 2, n. 43402 del 25/09/2019 - dep. 23/10/2019, Marsili Maurizio, Rv. 277762 . A ciò si aggiunge che quando - come nel caso in esame - la valutazione del pericolo di recidiva riguarda reati che si consumano attraverso la violenza alla persona, il giudizio in ordine al pericolo di reiterazione e alla adeguatezza della misura deve essere effettuato con rigore proporzionato alla rilevanza del bene giuridico tutelato. In particolare la misura cautelare domiciliare implica l'accettazione del rischio che le regole imposte siano violate a causa di flessioni nell'autodisciplina pertanto quando il rischio di reiterazione riguarda reati consumati con violenza alla persona , che tutelano il bene primario dell'incolumità personale le misure affidate all'autodisciplina possono ritenersi adeguate solo se, all'esito di un rigoroso esame della personalità dell'accusato, si ritenga annullato il rischio di violazione delle regole di auto contenimento. In tali casi la valutazione in ordine alla insufficienza cautelare di presidi meno severi del carcere potrà essere effettuata anche attraverso la rilevazione della esclusività contenitiva della massima misura custodiale. Nel caso di specie, in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche rilevava come la condotta contestata caratterizzata dall'esercizio di particolare e reiterata violenza nei confronti di persone di età avanzata evidenziava un pericolo di recidiva di tale gravità da non essere contenibile con misure meno afflittive di quella carceraria pag. 10 dell'ordinanza impugnata . 1.2. E' inammissibile anche il secondo motivo con il quale si contesta la legittimità della motivazione in ordine alla attualità. Il collegio ribadisce che giudizio sulla attualità deve essere dunque fondato sia sull'analisi della personalità dell'accusato desumibile anche, seppur non solo dalle modalità del fatto per cui si procede , che su quello delle sue concrete condizioni di vita. Il giudice della cautela deve, in ogni caso, valorizzare l'esistenza di elementi specializzanti, senza limitarsi alla rilevazione della astratta gravità del titolo di reato Cass. Sez. 2, n. 47619 del 19/10/2016 - dep. 10/11/2016, Esposito, Rv. 268508 . Nel caso in esame in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche il tribunale rilevava che le gravi modalità delittuose emerse, unitamente alla valutazione della personalità del ricorrente, che non aveva mostrato alcun segnale di resipiscenza, deponevano a favore di una prognosi negativa circa la recidiva che consentiva di rilevare un pencolo attuale di ricaduta nel delitto, ostando al riconoscimento della natura occasionale della condotta in contestazione. 2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 2000,00. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi - ai sensi dell'articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000.00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all' art. 94 comma 1 ter disp. att. Cod. proc. pen.