Partecipazione a distanza all'udienza di riesame e violazione del diritto di assistenza difensiva

La mancata conoscenza preventiva della partecipazione a distanza dell'indagato all'udienza davanti il tribunale della libertà non comporta automaticamente la lesione del diritto di difesa. Quest'ultimo può ritenersi violato soltanto nei casi in cui non sia effettivamente garantita l'assistenza difensiva.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. V Penale, con la sentenza n. 25838/20, depositata il 10 settembre. Il riesame a distanza”. In tempi di COVID-19 la partecipazione a distanza al processo penale, con tutte le arcinote polemiche che ne sono derivate, è argomento quantomai attuale. Fatti i debiti scongiuri, non possiamo nemmeno escludere – dipenderà dall'andamento della pandemia – che si ritorni presto a parlare di udienze da remoto e di altri accorgimenti tecnici per scongiurare che la macchina della giustizia penale si fermi nuovamente. Nel caso che ci occupa, in realtà, la questione sottoposta all'attenzione della Suprema Corte trae origine dall'impugnazione di un'ordinanza cautelare con la quale veniva applicata la massima misura custodiale ad un soggetto sottoposto ad indagini per associazione di stampo mafioso. Il difensore, proposta richiesta di riesame, andava all'udienza convinto di trovare in aula il proprio assistito. Restava sorpreso nell'apprendere che, invece, ne era stata disposta la partecipazione a distanza. Eccepita la nullità dell'udienza, il procedimento veniva rinviato ad altro giorno, ma all'udienza successiva l'indagato rinunciava a presenziare. Tra i motivi di ricorso, vi è quello della nullità per violazione del diritto di difesa, stante la mancata comunicazione, alla prima udienza di riesame, della partecipazione a distanza dell'assistito. L'approccio sostanzialistico alla valutazione della violazione del diritto di assistenza difensiva. La tesi sostenuta dal ricorrente non trova d'accordo la Cassazione, che rigetta il motivo con il quale si sosteneva la nullità dell'udienza alla quale non era fisicamente presente l'indagato. Prima di entrare nel merito della censura, però, la Suprema Corte compie un breve excursus sulla disciplina della partecipazione a distanza all'udienza di riesame. La regolamentazione di questa specifica ipotesi è affidata all'intreccio di più norme alla base, intanto, vi è la disposizione con la quale si prevede che il detenuto può comparire personalmente davanti al tribunale del riesame soltanto se ne fa espressa richiesta. A questo principio generale deve affiancarsi la norma speciale, contenuta nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, secondo cui nei procedimenti per i c.d. reati di grave allarme sociale tra i quali vi è, appunto, quello per associazione mafiosa la regola generale è quella della partecipazione a distanza. L'eccezione, invece, è costituita dalla presenza fisica, che va espressamente disposta dal giudice dietro richiesta di parte. Per quanto concerne l'assistenza difensiva, è previsto che il videocollegamento deve essere congegnato in modo tale da consentire la effettiva e diretta interazione tra difensore e assistito e di poter colloquiare riservatamente. E' consentito, inoltre, al difensore di scegliere se essere presente nel luogo dove si trova il proprio assistito, anche tramite un proprio sostituto. Questo sistema ha retto anche al vaglio della Corte EDU, che ha posto l'accento sulla necessità di rendere effettivo il diritto di difesa. Non alla forma, quindi, bisogna guardare quanto piuttosto alla sostanza dell'assistenza difensiva questo vale sia per le udienze dibattimentali che per quelle camerali. Nullità e sanatorie. Con questa premessa, la Corte passa a verificare se nel caso di specie possa essersi configurata una nullità per violazione del diritto di difesa. La conclusione è negativa prendendo le mosse proprio dal realismo partecipativo” - così è stato definito – che deve caratterizzare la partecipazione a distanza per non generare falle nell'assistenza difensiva, i supremi giudici stabiliscono che nell'ipotesi portata alla loro attenzione non vi sono gli estremi per poter sostenere che il detenuto non potè giovarsi di una concreta ed effettiva assistenza da parte del proprio avvocato. L'ipotesi di nullità che astrattamente potrebbe verificarsi rientra tra quelle di ordine generale a regime intermedio, ed è pertanto soggetta a sanatoria in una serie di ipotesi. Tra queste, spicca la mancanza di un concreto pregiudizio per l'attività difensiva. Il rinvio dell'udienza e la successiva rinuncia alla partecipazione dell'indagato, unitamente al fatto che questi non chiedeva di rendere spontanee dichiarazioni, sono soltanto alcuni degli argomenti che la Corte ha ritenuto di valorizzare per escludere che si fosse verificata una illegittima compressione del diritto all'assistenza del difensore.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 23 luglio – 10 settembre 2020, n. 25838 Presidente Vessichelli – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Catanzaro, adito ai sensi dell'art. 309 c.p.p., ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di P.D., quale partecipe alla associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, inserito nel clan L.B. B. facente capo alla articolazione provinciale di Vibo Valentia capo A della incolpazione provvisoria . 2. Avverso il provvedimento ricorre l'indagato, con atto sottoscritto dai difensori di fiducia avv. Giosuè Domenico Megna e Letterio Rositano, articolando quattro motivi. 2.1. Con il primo deduce la nullità derivata del provvedimento impugnato per violazione dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , art. 45-bis e art. 146 disp. att. c.p.p Con l'avviso di fissazione dell'udienza del 21 gennaio 2020, di trattazione dell'istanza di riesame, era stata comunicata al difensore la presenza dell'indagato, mentre poi ne era stata disposta la partecipazione a distanza, senza darne notizia al difensore. Il difensore aveva eccepito la nullità dell'udienza. All'esito della camera di consiglio, protrattasi al giorno seguente, il Tribunale fissava una nuova udienza per il 24 gennaio 2020 con avviso notificato al difensore il 22 gennaio 2020. Alla nuova udienza il difensore ribadiva l'eccezione di nullità dell'udienza del 21 gennaio 2020 e, contestualmente, rilevava il mancato rispetto del termine minimo a comparire pari a tre giorni liberi tra la nuova udienza e l'avviso di fissazione della stessa comunicato solo il 22 gennaio 2020. Sostiene il ricorrente che il Tribunale del Riesame ha rigettato l'eccezione sulla scorta di una motivazione errata perchè ancorata al principio della mera irregolarità espresso dalla sentenza della Corte di cassazione n. 48243/2017 ric. Mazzarella , superato da tutta la giurisprudenza successiva sentenze nn. 19181/2019, 19183/2019 e 19185/2019 che ha ricondotto alla categoria delle nullità a regime intermedio l'omesso avviso al difensore della partecipazione a distanza del proprio assistito. La successiva udienza del 24 gennaio 2020 sarebbe, a propria volta, affetta da nullità per mancato rispetto del termine minimo a comparire, nullità prontamente eccepita dal difensore. A fronte di tanto il Tribunale avrebbe dovuto rinviare anche tale udienza, mentre la circostanza che tale rinvio avrebbe comportato la caducazione dell'ordinanza per omessa pronuncia nel termine di dieci giorni non varrebbe a sanare la celebrazione di un'udienza in violazione del diritto di difesa. 2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 273 c.p.p., comma 1 bis. La condotta di partecipazione alla associazione mafiosa di cui al capo A si ancora alla doppia chiamata in reità effettuata dai collaboratori di giustizia M.A. e A.B Tuttavia il Tribunale non avrebbe adeguatamente esaminato il profilo della attendibilità intrinseca dei dichiaranti che veniva posta in discussione attraverso precise circostanze dedotte con la memoria difensiva prodotta in sede di riesame. In essa si evidenziava quanto a M., che nell'interrogatorio del 18 ottobre 2016 il collaboratore aveva individuato tutti gli appartenenti al clan L.B., senza tuttavia menzionare P., salvo poi indicarlo, in altro interrogatorio, come affiliato inoltre M. aveva sostenuto di aver ricevuto la confidenza del P. circa il fatto di aver messo una bomba contro un operatore commerciale , mentre invece P. era stato vittima e non autore di un attentato come dimostrato dalla denuncia sporta alla Polizia di Stato quanto all' A., che il collaboratore si era limitato a riferire che P. facesse parte del Buon Ordine di Vibo Valentia senza però essere in condizione di fornire, al pari del M., alcuna nota di dettaglio circa la posizione rivestita e il ruolo ricoperto in seno all'organizzazione. 2.3 Con il terzo motivo si lamenta omessa motivazione sulle censure che, nella memoria difensiva, venivano mosse all'ordinanza genetica. Si trattava di doglianze specifiche superate dal Tribunale con una mera formula di stile fondata sulla mancanza di una lettura unitaria degli elementi indiziari. 2.4 Con il quarto si deduce violazione di legge con riferimento all'art. 273 c.p.p. e art. 416-bis c.p Il ricorrente premette che la Corte di cassazione ha oramai aderito al cd. modello causale della partecipazione mafiosa che ha trovato la sua consacrazione nella pronuncia delle Sezioni Unite Mannino e che è stato di recente riaffermato dalla prima sezione della Corte di cassazione con la sentenza n. 55359 del 2016. Dunque il Tribunale incorrerebbe in errore allorchè aderisce al superato modello organizzatorio e si affida all'unico dato a carico del P. costituito dalla partecipazione a una riunione, senza tenere conto che la figura del ricorrente non compare mai nella commissione dei delitti-scopo. Il quadro indiziario rivelerebbe la sua fragilità e non riuscirebbe a raggiungere lo standard probatorio imposto dall'art. 273 c.p.p Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Va preliminarmente dato atto che il ricorso per cassazione è stato sottoscritto dagli avvocati Giosuè Domenico Megna e Letterio Rositano, tuttavia solo il primo difensore risulta iscritto all'albo speciale della Corte di cassazione. Per tale motivo l'avviso di fissazione dell'udienza odierna è stato ritualmente notificato, in data 8 luglio 2020, soltanto all'avv. Megna, cassazionista tramite posta elettronica certificata all'indirizzo avvgiosuedomenicomegna.pecstudio.it, riportato anche in calce al ricorso e non all'avv. Rositano dato che quest'ultimo è privo di legittimazione a patrocinare in sede di legittimità. 3. Il primo motivo è infondato. 3.1 Dall'esame degli atti processuali, consentito dalla natura dell'eccezione, risulta quanto segue il 9 gennaio 2020 l'avv. Letterio Rositano, difensore di fiducia di P.D., deposita richiesta di riesame con motivi riservati nella quale contestualmente chiede che, ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 8-bis, sia disposta la comparizione personale dell'indagato con decreto del 14 gennaio 2020 il Presidente fissa al 21 gennaio 2020 l'udienza di trattazione dinanzi al Tribunale del Riesame, disponendo la traduzione dell'imputato detenuto presso la casa circondariale di Vibo Valentia il decreto viene comunicato all'indagato e al suo difensore il successivo 15 gennaio quello stesso 15 gennaio, accogliendo l'istanza formulata dal coordinatore dell'ufficio matricola del carcere, il Presidente dispone la partecipazione del detenuto all'udienza con il sistema della videosorveglianza il provvedimento viene comunicato solo all'ufficio matricola e a quello preposto all'attivazione delle videoconferenze all'udienza del 21 gennaio 2020 sono presenti l'avv. Letterio Rositano, difensore di fiducia dell'indagato, e P.D. in videoconferenza dal carcere di Vibo Valentia . Dal verbale di udienza risulta che l'indagato non intende rendere dichiarazioni la difesa eccepisce, tra l'altro, la nullità dell'udienza per violazione dell'art. 146 bis disp. att. c.p.p. rilevando di aver avuto avviso di udienza nel quale è indicata la circostanza che l'indagato veniva tradotto fisicamente presso il Tribunale il difensore deposita i motivi di riesame che si era riservato il Tribunale si ritira in camera di consiglio per la decisione all'esito della camera di consiglio, protrattasi sino al giorno seguente, il Tribunale, al fine di garantire un più ampio esercizio del diritto di difesa , procede alla fissazione di una nuova udienza per la data del 24 gennaio 2020 per consentire al detenuto di essere fisicamente presente insieme al proprio difensore detto provvedimento viene comunicato all'indagato e al suo difensore lo stesso 22 gennaio 2020 il 23 gennaio 2020 P.D. dichiara di rinunciare a presenziare all'udienza, la rinuncia viene comunicata al Tribunale il 24 gennaio all'udienza del 24 gennaio 2020 l'indagato risulta assente per rinuncia il difensore eccepisce il mancato rispetto del termine minimo a comparire di ter giorni tra la notifica dell'avviso di fissazione della nuova udienza e la data di udienza. 3.2. La semplice scansione dei fatti, con la finale rinuncia dell'indagato a comparire all'udienza del 24 gennaio 2020, consente agevolmente di escludere che si sia verificata una concreta lesione del diritto di intervento, assistenza e rappresentanza dell'indagato, rilevabile ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c . In ogni caso difetta, in capo all'imputato, un interesse effettivo a rilevare il vizio in parola e operano diverse cause di sanatoria. 3.3. La disciplina in rilievo è affidata alle seguenti disposizioni art. 309 c.p.p., comma 8-bis L'imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente . Sul punto le Sezioni Unite Ramondo n. 11803 del 27/02/2020, Rv. 278491 hanno chiarito che la persona detenuta può esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza camerale dinanzi al Tribunale del Riesame solo se ne abbia fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, con l'istanza di riesame tale condizione risulta adempiuta nel caso in esame art. 45-bis disp. att. c.p.p. La partecipazione dell'imputato o del condannato all'udienza nel procedimento in camera di consiglio avviene a distanza nei casi e secondo quanto previsto dall'art. 146-bis, commi 1, 1-bis, 1-ter e 1-quater comma 1 la partecipazione a distanza è comunicata o notificata dal giudice o dal presidente del collegio unitamente all'avviso di cui all'art. 127, comma 1, del codice comma 2 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dell'art. 146-bis, commi 2, 3, 4, 4-bis e 6 comma 3 art. 146 bis disp. att. c.p.p. La persona che si trova in stato di detenzione per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, nonchè nell'art. 407, comma 2, lett. a , n. 4 , del codice, partecipa a distanza alle udienze dibattimentali dei processi nei quali è imputata comma 1 ad esclusione del caso in cui sono state applicate le misure di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, e successive modificazioni, il giudice può disporre con decreto motivato, anche su istanza di parte, la presenza alle udienze delle persone indicate nei commi 1 e 1-bis del presente articolo qualora lo ritenga necessario comma 1 ter quando è disposta la partecipazione a distanza, è attivato un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo della custodia, con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto comma 3 è sempre consentito al difensore o a un suo sostituto di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato. Il difensore o il suo sostituto presenti nell'aula di udienza e l'imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei comma 4 . Si ricava che nei procedimenti concernenti il reato di associazione mafiosa, la partecipazione a distanza dell'imputato detenuto sia nel dibattimento, sia nell'udienza camerale è la regola. E' ammessa una deroga, salvo il caso del detenuto sottoposto alle misure di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, ma occorre un provvedimento motivato del giudice. 3.4. Il regime della partecipazione a distanza al dibattimento è stato ritenuto conforme alle garanzie costituzionali e all'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo. 3.4.1. I principali canoni di riferimento si rinvengono nella sentenza n. 342 del 1999 la Corte Costituzionale che è utile ripercorrere, nelle sue linee essenziali, perchè consente di porre in risalto i caratteri fondamentali dell'istituto, rilevanti anche nella risoluzione del caso di specie. I giudici rimettenti ritenevano che la mancata presenza fisica dell'imputato nell'aula in cui si celebra il dibattimento costituisse un fattore di per sè stesso idoneo a compromettere sempre e comunque il diritto di difesa, vuoi sotto il profilo della maggiore difficoltà di percepire con esattezza gli accadimenti e ad essi reagire con tempestività, vuoi per la mancanza di un rapporto immediato tra difensore ed assistito, e ciò anche in prospettiva Europea avuto riguardo ai consimili valori fondati sull'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. La Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la premessa secondo cui solo la presenza fisica nel luogo del processo potrebbe assicurare l'effettività del diritto di difesa , spiegando che, sul piano costituzionale, è necessario garantire l'effettiva partecipazione personale e consapevole dell'imputato al dibattimento, e dunque che i mezzi tecnici, nel caso della partecipazione a distanza, siano del tutto idonei a realizzare quella partecipazione . La Corte ha chiarito che la normativa in esame, lungi dal limitarsi a delineare i mezzi processuali o tecnici attraverso i quali realizzare gli obiettivi perseguiti, ha tracciato un esauriente sistema di risultati che si presenta in linea con il livello minimo di garanzie che devono cautelare il diritto dell'imputato di partecipare , e quindi difendersi, per tutto l'arco del dibattimento . Ha ritento fondamentale . la previsione secondo la quale il collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza ed il luogo di custodia deve essere realizzato con modalità tali da rendere effettiva , e dunque concreta e non soltanto virtuale , la possibilità di percepire e comunicare, così saldando intimamente fra loro le potenzialità ed i perfezionamenti sempre offerti dalla tecnica alle esigenze di un realismo partecipativo che non può non ritenersi, in sè, del tutto in linea con gli strumenti che l'ordinamento deve necessariamente mettere a disposizione per consentire un adeguato esercizio del diritto di difesa nella fase del dibattimento . Ha aggiunto che queste esigenze si completano attraverso la analoga cautela con la quale il legislatore ha inteso assicurare il contatto fra gli imputati, mentre al difensore è sempre consentito, eventualmente anche tramite un sostituto, di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato, così come al difensore ed all'imputato sono parimenti posti a disposizione strumenti tecnici idonei , che assicurino la reciproca possibilità di consultarsi riservatamente . Un quadro di presidi, dunque, di incisività e completezza tali da rendere la normativa in questione aderente al principio sancito dall'art. 24 Cost., comma 2, non potendosi certo in tale prospettiva evocare il superamento della tradizione per di più nella specie dovuto alle innovazioni introdotte dalla evoluzione tecnologica quale elemento in sè idoneo a perturbare equilibri e dinamiche processuali che, al contrario, rimangono nella sostanza inalterati . In tale ottica non è ravvisabile alcuna violazione dell'art. 6, CEDU posto che, sia pure con modalità particolari, la partecipazione al dibattimento dell'imputato deve rispondere, per quel che si è detto, al canone della effettività , così da far risultare adeguatamente garantita la possibilità, per l'imputato stesso ed il suo difensore, di esercitare concretamente i relativi diritti così Corte Cost. n. 342 del 1999 . Su tale ultimo punto non è superfluo rammentare, come ricorda la seconda sezione nella sentenza n. 19181 del 26/03/2019 ric. Cacciola , che la Corte Europea dei diritti dell'uomo, in un procedimento che chiamava in causa proprio il nostro Paese, sent. 5 ottobre 2006, Viola c. Italia , ha negato che l'adozione dello strumento della videoconferenza, come delineato dal legislatore italiano, configuri una lesione al diritto di difesa infatti l'imputato viene posto pienamente in condizione di seguire lo svolgimento dibattimentale, segnalando eventualmente la sussistenza di eventuali problemi tecnici volti a rendere difficoltoso il collegamento. 3.5. Se ciò è vero per la partecipazione al dibattimento, tanto più varrà per la partecipazione a distanza all'udienza camerale del riesame, avuto riguardo alla peculiarità di quest'ultimo procedimento non inerente al merito della pretesa punitiva non diretto, cioè, a stabilire se l'imputato sia colpevole o innocente , ma finalizzato esclusivamente a verificare, in tempi ristrettissimi e perentori, la sussistenza dei presupposti della misura cautelare applicata , sedes non deputata all'acquisizione della prova e destinata a sfociare in una decisione intrinsecamente provvisoria così Corte Cost., sent. n. 263 del 2017, in motivazione cfr. Sez. U n. 11803 del 27/02/2020, Ramondo . 3.6. E' pacifico che nel caso in rassegna non si è verificata alcuna compressione nè del diritto di rappresentanza nè del diritto intervento dell'imputato garantito dalla notifica in data 15 gennaio 2020 dell'avviso di fissazione dell'udienza 21 gennaio 2020 nel rispetto del termine dilatorio di tre giorni ex art. 309 c.p.p., comma 8, e dalla circostanza che all'udienza del 21 gennaio 2020 la videoconferenza si è svolta attraverso mezzi e modalità che non hanno formato oggetto di censura e che all'udienza del 24 gennaio 2020 l'indagato non è comparso per rinuncia cfr. sul tema Sez. 5, n. 50394 del 22/07/2016, Bleve, Rv. 268601 Sez. 1, n. 48423 del 10/05/2017, Mazzarella, Rv. 271417 . 3.6.1. L'unico profilo in astratto idoneo ad assumere rilievo ex art. 178 c.p.p., lett. c , è quello di una potenziale interferenza con il diritto di assistenza in tali termini configura la nullità di ordine generale Sez. 2, n. 19181 del 26/03/2019, Cacciola, cit. . L'art. 45 bis disp. att. c.p.p., comma 2, prevede che la partecipazione a distanza venga notificata dal giudice o dal presidente del collegio unitamente all'avviso di cui all'art. 127, comma 1, del codice. Tale notificazione mira a consentire al difensore di poter decidere, per tempo, se essere presente di persona o tramite sostituto nel luogo dove si trova l'indagato, come prevede l'art. 146 bis disp. att. c.p.p., comma 4. Si tratta di un accorgimento che unitamente alla messa a disposizione di strumenti tecnici idonei , che assicurino la reciproca possibilità di consultarsi riservatamente nel caso in cui il difensore presenzi dinanzi al giudice serve a completare i presidi adottati dal legislatore per consentire l'effettiva esplicazione del diritto di difesa cfr. Corte Cost. sent. n. 342 del 1999, cit. . 3.6.2. Proprio in ragione della ratio della norma, è evidente che occorre porre il difensore in condizione di esercitare la scelta dei luoghi in cui recarsi di persona e/o tramite sostituto per partecipare all'udienza, sicchè la comunicazione della partecipazione a distanza deve avvenire nel tempo strettamente necessario a consentire di effettuare tale scelta compatibilmente con il carattere urgente del procedimento , mentre, in questa ottica, ai fini della validità dell'atto, non occorre nè che la notificazione dell'avviso di partecipazione a distanza sia contestuale all'avviso di fissazione udienza, nè che, per l'avviso di partecipazione a distanza, sia rispettato il termine dilatorio di tre giorni liberi Sez. 6, n. 51019 del 19/11/2019, Cacciola, Rv. 277568 Sez. 1, n. 48423 del 10/05/2017, Mazzarella, Rv. 271417 Sez. 6, n. 4119 del 05/12/2006, dep. 2007, D'Alessandro, Rv. 236563 termine che, a mente dell'art. 309, comma 8, c.p.p., riguarda solo la notificazione dell'avviso di fissazione udienza, dal quale il primo è strutturalmente e funzionalmente distinto. 3.6.3 D'altra parte non va dimenticato che nei reati di mafia la partecipazione a distanza è la regola, quindi, in assenza di motivato provvedimento derogatorio sia l'imputato sia il difensore sanno, anche in difetto di notificazione del relativo avviso, che l'udienza si svolgerà con le modalità di cui all'art. 146-bis disp. att. c.p.p Tale ultima notazione che potrebbe elidere in radice l'effetto invalidante di una eventuale omissione relegandola a mera irregolarità non vale per il caso in rassegna, poichè alle parti era stato notificato il primo provvedimento con il quale veniva ordinata la traduzione del detenuto e non quello successivo che disponeva la videoconferenza, di talchè il difensore avrebbe potuto fare legittimo affidamento su un'udienza in presenza . 3.7. Una volta individuato e circoscritto il profilo di potenziale nullità di ordine generale ex art. 178 c.p.p., lett. c per lesione del diritto di assistenza, lo stesso deve essere esaminato nel caso concreto e posto a raffronto con il regime della deducibilità e delle sanatorie previste per le nullità non assolute dagli artt. 182,183 e 184 c.p.p 3.7.1. La mancata preventiva conoscenza della partecipazione a distanza non si traduce automaticamente, sempre e comunque, in una lesione del diritto di difesa. Come si è visto, secondo la Corte Costituzionale, il diritto di difesa viene garantito da una serie di presidi che rilevano non solo e non tanto per i mezzi processuali o tecnici previsti quanto piuttosto per i risultati in concreto ottenuti attraverso quel livello minimo di garanzie che devono cautelare il diritto dell'imputato di partecipare , e quindi difendersi . In tale ottica incentrata sul realismo partecipativo è fondamentale assicurare il collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza ed il luogo di custodia che deve essere realizzato con modalità tali da rendere effettiva , e dunque concreta e non soltanto virtuale , la possibilità di percepire e comunicare. Svolgono funzione di completamento le modalità che assicurano un contatto diretto e riservato tra difensore e indagato o mediante apposita strumentazione a distanza oppure consentendo al difensore, eventuaimente anche tramite un sostituto, di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato. Allora, se quel che conta è il risultato, se l'intera gamma dei presidi risulta garantita ad eccezione di quello connesso alla possibilità del difensore di recarsi presso il luogo di detenzione quale alternativa al contatto a distanza con il detenuto misura comunque assicurata , discende che la formulazione della eccezione di nullità deve necessariamente accompagnarsi alla prospettazione di una effettiva lesione del diritto di assistenza. Detto in altri termini, proprio perchè si tratta di un aspetto specifico del diritto di assistenza salvaguardato da modalità alternative, quando l'una modalità è assicurata contatto diretto e riservato tramite strumenti tecnici è onere della parte dedurre perchè, nel caso concreto, la garanzia di assistenza non è stata completa nel senso di imporre un onere allegativo cfr. Sez. 5, n. 50394 del 22/07/2016, Bleve, Rv. 268601, richiamata da Sez. 1, n. 48423 del 10/05/2017, Mazzarella, in motivazione . 3.7.2. Questo principio è avversato da una pronuncia della seconda sezione n. 19181 del 26/03/2019, Cacciola, più volte citata che reputa ultroneo -dinanzi alla omessa comunicazione del provvedimento che dispone la videoconferenza, ed alla conseguente oggettiva impossibilità, per il difensore, di optare per taluna delle facoltà riconosciute dalla norma pretendere una specifica indicazione del concreto pregiudizio subito a causa dall'inosservanza dell'adempimento comunicativo essendo evidente il rischio di improprie invasioni in terreni riservati alla ovviamente insindacabile valutazione difensiva in ordine alla condotta da tenere anche nel corso del procedimento camerale quel che infatti deve ritenersi necessario, e sufficiente, è che l'eccezione venga tempestivamente dedotta . A supporto della interpretazione proposta, la sentenza Cacciola richiama le pronuncia delle Sezioni Unite Tuppi n. 58120 del 22/06/2017 la quale nel rispondere al quesito circa l'esistenza o meno di un onere dimostrativo gravante sul difensore che intenda eccepire la nullità della notifica eseguita irregolarmente a sue mani, e l'ampiezza dello stesso, ha affermato che la notificazione della citazione a giudizio mediante consegna al difensore di fiducia ai sensi dell'art. 157 c.p.p., comma 8-bis, anzichè presso il domicilio dichiarato o eletto, dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, che non è sanata dalla mancata allegazione di circostanze impeditive della conoscenza dell'atto da parte dell'imputato . Ciò in quanto assegnando alla parte interessata un onere di allegare, si giungerebbe infatti al risultato paradossale di sterilizzare automaticamente un vizio, che si ammette integrare una nullità di ordine generale a regime intermedio proprio in ragione del rapporto fiduciario , ogniqualvolta la notifica pur irregolare sia compiuta a mani del difensore di fiducia. Con il che si è deve affermare che la sussistenza o meno di un vizio non può farsi dipendere dalla dimostrazione della sua concreta incidenza sulle prerogative difensive, trattandosi di un profilo già vagliato dal legislatore che, in relazione una determinata omissione, prevede la sanzione della nullità . 3.7.3. La conclusione raggiunta sul punto dalla sentenza Cacciola non persuade. Essa invero non sembra tenere conto delle peculiarità dell'istituto ben diverso dalla materia del procedimento notificatorio scrutinato dalle Sezioni Unite Tuppi che, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, si struttura non in forme ma in risultato e che dunque impone necessariamente un confronto con l'effettivo raggiungimento nel caso concreto di quel realismo partecipativo che è l'obiettivo principale della disciplina in rassegna. In questa situazione, l'approccio cd. sostanzialistico è imposto dai caratteri proprio dell'istituto e dalla circostanza che l'avviso sulla partecipazione a distanza si raccorda, a livello normativo, con una serie di altri presidi nel cui complesso va valutato ai fini della configurabilità di una effettiva lesione del diritto di assistenza rilevante ex art. 178 c.p.p., lett. c . 3.7.4. Nel caso in esame il difensore si è limitato a sollevare l'eccezione di nullità senza dedurre, in modo specifico, il concreto pregiudizio alle prerogative difensive in tesi subito. 3.8. Ad ogni conto, anche a volere ritenere integrata, in astratto, la nullità e anche escludendo un onere allegativo a carico del deducente, soccorre comunque la disciplina degli artt. 182,183 e 184 c.p.p Al riguardo va ricordato che il parametro dell'esercizio effettivo dei diritti di difesa come causa della sanatoria del vizio può sempre essere impiegato dal giudice al fine di riscontrare limiti di deducibilità già esistenti o cause di sanatoria delle nullità rilevabili da circostanze obiettive di fatto di cui agli atti del processo così in motivazione Sez. U, n. 58120 del 22/06/2017, Tuppi . In particolare occorre rammentare che la nullità può e deve essere dedotta se l'imputato ha effettivamente interesse all'osservanza della disposizione violata art. 182 c.p.p., comma 1 per tutte Sez. U. n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Palumbo, in motivazione la nullità è sanata se la parte ha accettato gli effetti dell'atto o si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l'atto omesso o nullo è preordinato art. 183, c.p.p. la nullità di un avviso ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni è sanata se la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire art. 184 c.p.p., comma 1 . Nel caso in rassegna il difensore dell'indagato ha appreso della partecipazione a distanza del proprio assistito soltanto all'udienza del 21 gennaio 2020 e, all'udienza stessa, ha sollevato eccezione di nullità. Dando atto che ogni altro presidio previsto dall'art. 146 bis disp. att. c.p.p. è stato garantito, va osservato che non risulta nel caso concreto un effettivo interesse all'osservanza della disposizione violata, poichè l'indagato, al quale è stata data la parola, non ha rilasciato alcuna dichiarazione e non ha chiesto che il difensore partecipasse all'udienza dal luogo di detenzione il difensore non ha dichiarato che intendeva partecipare all'udienza dal luogo di detenzione in proprio o tramite un sostituto, nè ha formulato un'istanza di differimento, eventualmente ad horas, per raggiungere da Catanzaro la vicina casa circondariale di Vibo Valentia ove l'indagato era ristretto la presenza all'udienza ha consentito al difensore di depositare i motivi di riesame che si era riservato in sede di proposizione dell'impugnazione cautelare. Peraltro il Tribunale non ha deciso il riesame all'esito dell'udienza del 21 gennaio 2020, ma nel dichiarato intento di garantire un più ampio esercizio del diritto di difesa e per consentire al detenuto di essere fisicamente presente insieme al proprio difensore ha proceduto alla fissazione di una nuova udienza per la data del 24 gennaio 2020, disponendo la traduzione dell'imputato. Dunque la possibilità di essere fisicamente presente all'udienza facoltà addirittura più ampia rispetto a quella garantita dalla notificazione dell'avviso di partecipazione a distanza è stata assicurata all'indagato mediante il rinvio dell'udienza dal 21 gennaio 2020 al successivo 24 gennaio, possibilità non sfruttata dall'indagato che ha rinunciato a comparire alla nuova udienza, confermando il proprio disinteresse alla assistenza del difensore in presenza fisica art. 182 c.p.p., comma 1 e rivelando, con tale comportamento, la volontà di accettare gli effetti del precedente atto viziato art. 183 c.p.p., lett. a . Inoltre la rinuncia a comparire ha sanato la eventuale nullità dell'avviso ex art. 184 c.p.p., comma 1. Neppure possono trascurarsi gli effetti della dichiarazione di nullità. Nella sostanza il Tribunale ha proceduto, ex art. 185 c.p.p., alla rinnovazione dell'atto nullo, nel senso che, superando l'effetto di qualunque avviso, ha disposto la traduzione dell'indagato detenuto al fine di consentirgli di essere fisicamente presente all'udienza. Facoltà di cui l'indagato non ha inteso avvalersi. Mentre, come già chiarito, è del tutto inconferente il richiamo al rispetto del termine minimo a comparire in relazione alla nuova fissazione di udienza, trattandosi della rinnovazione di un atto in tesi nullo afferente non alla partecipazione dell'indagato all'udienza su tale aspetto incide il termine minimo a comparire ma alla sua assistenza. 4. Il secondo, il terzo e il quarto motivo sono inammissibili nella parte in cui propongono una rivisitazione del fatto, mentre sono infondati nel resto. 4.1 Le doglianze in parola, depurate dagli accenti di mero segno fattuale e dalla sostanziale riproduzione dei motivi di gravame che le permeano, enunciano proposizioni distoniche rispetto alla decisione impugnata, la quale, attraverso un percorso valutativo lineare e giuridicamente corretto, espone in maniera adeguata gli elementi che corroborano il solido quadro indiziario asseverante la partecipazione del ricorrente al clan L.B. B., con il grado di capo bastone giovane . 4.1.1. Come noto, ai fini dell'adozione di misure cautelari personali, le dichiarazioni rese dal coindagato o dal coimputato del medesimo reato o da persona indagata in procedimento connesso o collegato possono costituire grave indizio di colpevolezza, ex art. 273 c.p.p., commi 1 e 1 bis, soltanto se, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, siano sorrette da riscontri esterni individualizzanti, così da assumere idoneità dimostrativa in relazione all'attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario della misura, e la relativa dimostrazione, attesa la fase incidentale in cui è effettuata, deve essere orientata ad acquisire non la certezza ma l'elevata probabilità di colpevolezza del chiamato Sez. F, n. 32779 del 13/08/2012, Lavitola, Rv. 253489 . Il riscontro in parola consiste in qualsiasi elemento o dato probatorio, anche di carattere logico, non autosufficiente perchè, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correità, Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260607 ma autonomo vale a dire proveniente da fonte diversa da quella da riscontrare idoneo a confermare dall'esterno il racconto del dichiarante non solo nella parte concernente la sussistenza del fatto-reato, ma anche in quella relativa alla riferibilità dell'azione delittuosa all'indagato. I riscontri devono essere individualizzanti , tali cioè da attribuire capacità dimostrativa e persuasività probatoria in ordine all'attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario, ferma restando la diversità dell'oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all'acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell'imputato Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Djorjevic, Rv. 269683 Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Scalia, Rv. 264213 . In particolare si è affermato che i riscontri esterni alle chiamate in correità possono essere costituiti, tra l'altro da ulteriori dichiarazioni accusatorie, cd. convergenza del molteplice Sez. 2, n. 13473 del 04/03/2008, Lucchese, Rv. 239744 da relazioni qualificate con altri esponenti della stessa organizzazione criminale, tra cui quelle con soggetti posti in posizione verticistica Sez. 2, n. 31541 del 30/05/2017, Abbamundo, Rv. 270468 Sez. 2, n. 18940 del 14/03/2017, Musacco, Rv. 269659 . 4.1.2. Nella specie, secondo la ricostruzione offerta dai giudici di merito, converge a carico del ricorrente la duplice chiamata in reità dei collaboratori M. e A. che hanno indicato il P. rispettivamente l'uno come affiliato alla cosca Lo Banco B., l'altro più in generale quale partecipe della locale di Vibo Valentia pag. 18 ordinanza impugnata . La risultanza è corroborata a sua volta da la documentata partecipazione del ricorrente, asseverata dai controlli di polizia giudiziaria e dalla relativa intercettazione ambientale, al summit cd. mangiata convocato il 25 gennaio 2018 presso un casale nascosto , di proprietà di un sodale storico, L.B.A. detto OMISSIS all'incontro hanno preso parte quasi tutti i componenti del clan L.B. B. che hanno discusso di alcune linee guida per la consorteria e della attribuzione di nuove doti a tale ultimo riguardo si giustificava la presenza di D.P.M., noto esponente della ‘ndrangheta cosentina le conversazioni intercettate durante le quali l'indagato si confronta con altri componenti della medesima consorteria mafiosa su argomenti interni al gruppo doti, formule rituali, riferimenti iconografici il colloquio nel quale M.D. interroga D.G. circa la carica di capo giovane ricoperta da omissis identificato nell'odierno ricorrente in base all'attività svolta dalla moglie, titolare della cartolibreria omissis la circostanza che il ricorrente rivela al proprio interlocutore tale N. , l'imminente esecuzione dell'operazione omissis . Si tratta di elementi, apprezzati impiegando una metodologia valutativa rispondente ai parametri di cui all'art. 273 c.p.p., che vengono enucleati dal Tribunale del Riesame e che trovano ampio sviluppo nella richiamata ordinanza genetica cfr. pagg. 723 e ss. sulla ricostruzione del summit del 25 gennaio 2018 . 4.2. Il ricorrente contesta che gli elementi accertati a proprio carico siano idonei ad integrare la condotta di partecipazione a una associazione mafiosa, sul rilievo che la mera affiliazione di cui parlano i collaboratori di giustizia non sarebbe sufficiente ad integrare la fattispecie di cui all'art. 416-bis c.p., nè alcun indizio potrebbe trarsi dalla partecipazione a una sola riunione del clan, mentre, al contrario, dovrebbe essere valorizzato il dato della estraneità del P. ai delitti-scopo dell'associazione. 4.2.1. Le Sezioni Unite Mannino n. 33748 del 12/07/2005 , evocate anche in ricorso, definiscono partecipe ai sensi dell'art. 416-bis c.p. colui che, risultando inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa, non solo è ma fa parte della meglio ancora prende parte alla stessa locuzione questa da intendersi non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensì in senso dinamico e funzionalistico, con riferimento all'effettivo ruolo in cui si è immessi e ai compiti che si è vincolati a svolgere perchè l'associazione raggiunga i suoi scopi, restando a disposizione per le attività organizzate della medesima . Le medesime Sezioni Unite evidenziano che il nucleo essenziale della condotta partecipativa è costituito dalla stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio . Su un versante diverso da quello definitorio opera invece la dimensione probatoria o indiziaria della partecipazione, rispetto alla quale rilevano tutti gli indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la condotta partecipativa come sopra enucleata. Sotto tale aspetto le Sezioni Unite parlano di indizi di consistenza diversa in base allo standard probatorio di riferimento dai quali sia lecito dedurre, senza alcun automatismo, la costante permanenza del vincolo nonchè la duratura, e sempre utilizzabile, messa a disposizione della persona per ogni attività del sodalizio criminoso tra detti indicatori le Sezioni Unite annoverano i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di osservazione e prova , l'affiliazione rituale, l'investitura della qualifica di uomo d'onore , la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, variegati e però significativi facta concludentia . Va quindi chiarito che, alla luce dell'insegnamento delle Sezioni Unite Mannino, anche l'affiliazione rituale può essere idonea a provare la partecipazione e che la commissione di delitti-scopo può costituire uno dei sintomi al pari di altri della condotta partecipativa senza ovviamente incidere sulla struttura della fattispecie tipica. 4.2.2 Nel caso di specie, secondo quanto rilevato dai giudici di merito, la posizione del P. non si esaurisce in quella statico-formale di affiliato sulla cui rilevanza ex art. 416-bis. c.p. si registra un contrasto nella giurisprudenza di legittimità ma assume uno status dinamico e funzionalistico corrispondente al grado di capo bastone giovane che, in tale qualità, resta a disposizione per le attività organizzate del clan. P. partecipa a un summit riservato ai componenti della cosca nel quale si discute di questioni legate al clan e al conferimento di dott. P. non è solo presente al summit del 25 gennaio 2018 ma vi prende parte attivamente il ricorrente si rende protagonista di uno scontro con il padrone di casa, L.B.A., componente storico del clan, e si ribella all'ordine impartitogli da questi di andarsene rivendicando che la competenza a una tale decisione spetta al capoclan, B.V., detto omissis , il che dimostra una piena conoscenza della struttura organizzativa della cosca di appartenenza, dei capi e dei relativi poteri P. viene inoltre accusato di aver avuto rapporti con Rosarno e, comunque, fuori locale , per sostenere una promozione nei ranghi dell'organizzazione cfr. ordinanza genetica pag. 723 e ss. , circostanza che conferma l'assunzione di un grado preciso all'interno della consorteria mafiosa e del desiderio di far carriera all'interno della stessa. La partecipazione al summit non è un episodio isolato, ma viene posto in correlazione con altri dati, con i quali il ricorrente evita di misurarsi i plurimi colloqui intrattenuti dall'indagato con i suoi sodali su argomenti interni al gruppo la conversazione tra altri compartecipi nella quale si parla del conferimento al ricorrente della carica di capo giovane . E' quindi corretta la valutazione dei giudici di merito che hanno ritenuto tali emergenze sintomatiche di quella stabile compenetrazione nel tessuto organizzativo del sodalizio nella quale si sostanzia il delitto in rassegna. La conclusione raggiunta è pienamente rispondente ai principi elaborati in tema della giurisprudenza di legittimità secondo cui va considerato comportamento concludente idoneo, sul piano logico, a costituire indizio di intraneità al sodalizio criminale, l'essere a conoscenza dell'organigramma e della struttura organizzativa delle cosche della zona, dell'identità dei loro capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argomenti trattati e l'essere stato ammesso a partecipare a degli incontri in contesti deputati all'inserimento di nuovi sodali Sez. 1, n. 4937 del 19/12/2012, dep. 2013, Modafferi, Rv. 254915 . 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.