Il Giudice della cautela ai fini della convalida d’arresto deve operare un giudizio ex ante

Ai fini della decisione circa la convalida dell’arresto il giudice deve procedere ad una valutazione effettuata ex ante riguardo alla situazione in cui ha provveduto la polizia giudiziaria, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili dalla stessa che siano successivamente emersi.

Ciò posto, deve osservarsi che in tema di armi, nel caso di detenzione di una collezione trasferita per successione mortis causa , dinanzi alla denuncia e alla richiesta di licenza a proprio nome da parte del nuovo detentore, sulla scia della licenza regolare tenuta del de cuius , la detenzione delle armi è legittima e regolare. La conoscenza di siffatta circostanza al momento del sequestro, pertanto, non legittima l’arresto del detentore. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 25803/20, depositata il 10 settembre. Il fatto. Il GIP presso il Tribunale di Lagonegro convalidava l’arresto posto in essere nei confronti di un soggetto accusato dei reati di cui agli articolo 23 l. numero 110/1975 e articolo 10 l. numero 497/1974, a seguito del sequestro di numerose armi ricevute dal padre che, sebbene custodite in una cassaforte chiusa con chiave di sicurezza all’interno di un garage, erano state spostate in luogo diverso senza preventiva autorizzazione. L’indagato, tra l’altro, aveva avanzato richiesta alla Pubblica Autorità per il rilascio di licenza per armi comuni da sparo relativamente al diverso luogo di custodia, ma il provvedimento autorizzativo non era stato ancora rilasciato. Di talché, la polizia giudiziaria procedente, in assenza di valida e specifica licenza, arrestava in flagranza di reato il soggetto in questione. Il PM di turno, tuttavia, chiedeva la liberazione dell’indagato, avanzando però richiesta di convalida d’arresto al GIP per la detenzione di quattro fucili recanti matricola abrasa e qualificabili come armi clandestine. Il Giudice della cautela, invece, decideva di convalidare l’arresto per entrambe le contestazioni, cioè sia per la detenzione delle armi comuni da sparo che di quelle qualificate come clandestine, ritenendo sussistente ogni presupposto della flagranza di reato. Avverso tale provvedimento ricorre il difensore del prevenuto, lumeggiando, in primis, la non clandestinità delle armi rinvenute si tratterebbe, nella specie, di tre armi antiche precedenti il 1920 e la quarta, ad aria compressa, da non potersi considerare tale. In secundis , la difesa evidenzia la non sussistenza del reato di detenzione illegale di armi comuni da sparo, poiché l’indagato avrebbe inoltrato, in maniera più che diligente, subito dopo la morte del padre la denuncia delle armi e la comunicazione di spostamento delle medesime denunciate, tra l’altro, alla Stazione dei Carabinieri del luogo di trasferimento . Il ricorso coglie nel segno. I Giudici di Legittimità della Prima Sezione accolgono le doglianze difensive. Gli Ermellini, in particolare, affermano che in tema di armi, nel caso di detenzione di una collezione trasferita per successione mortis causa , dinanzi alla denuncia e alla richiesta di licenza a proprio nome da parte del nuovo detentore, sulla scia della licenza regolare tenuta del de cuius , la detenzione delle armi deve considerarsi legittima e regolare. La conoscenza di siffatta circostanza al momento del sequestro, pertanto, non legittima l’arresto del detentore. In particolare, con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione afferma che ai fini della decisione circa la convalida dell’arresto il giudice deve procedere ad una valutazione effettuata ex ante riguardo alla situazione in cui ha provveduto la polizia giudiziaria, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili dalla stessa che siano successivamente emersi. Nel caso di specie, invece, la polizia giudiziaria era al corrente della denuncia effettuata dall’indagato, ma tale circostanza è stata erroneamente non ritenuta idonea a fondare la legittimità della detenzione. Alla stregua di tanto, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 luglio – 10 settembre 2020, n. 25803 Presidente Casa – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lagonegro convalidava l'arresto operato nei confronti di F.G. in relazione ai delitti di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 23 nonchè L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 14. A F. erano state sequestrate numerose armi ricevute in eredità dal padre D., custodite in una cassaforte chiusa con una chiave di sicurezza e posta all'interno di un garage della cui saracinesca l'indagato possedeva le chiavi. Le armi erano state spostate in un luogo diverso senza alcuna comunicazione o autorizzazione. Il padre era titolare di una licenza per collezione di armi antiche, artistiche e rare, con esclusione di quelle da guerra era, altresì, titolare di porto d'armi. A suo tempo, le armi erano state denunciate al Comando Stazione Carabinieri di omissis . F.G. aveva presentato istanza per il rilascio di licenza per armi comuni da sparo relativamente al diverso luogo di custodia che, peraltro, non era stata ancora rilasciata. Di conseguenza, la polizia giudiziaria aveva arrestato l'indagato per la detenzione delle armi in assenza di qualsiasi autorizzazione. Per di più, in precedenza, un parente era stato trovato in possesso di tre fucili e non tutte le armi sequestrate corrispondevano a quelle per le quali il defunto F.D. aveva ottenuto la licenza di collezionista. Il P.M. aveva disposto la liberazione dell'arrestato e aveva chiesto al G.I.P. la convalida dell'arresto limitatamente al delitto di detenzione di quattro fucili recanti matricola abrasa, da ritenersi armi clandestine. Il G.I.P. riteneva sussistente la flagranza per entrambi i capi di imputazione contestati l'indagato era in possesso di una enorme quantità di armi, di cui quattro senza matricola, senza avere titolo per la detenzione. Tenuto conto dei limiti di accertamento richiesti per la convalida dell'arresto, il cui giudizio deve essere ancorato agli elementi di cui la polizia giudiziaria era in possesso al momento dell'arresto, essendo richiesto soltanto il collegamento materiale tra l'arrestato e la condotta costituente reato, anche in mancanza di elementi riguardanti la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, non erano rilevanti gli approfondimenti operati successivamente al sequestro sul pessimo stato di conservazione di alcune armi e sulla possibilità che, sotto lo strato di ruggine di quelli ritenuti clandestini, fosse reperibile la matricola era sufficiente considerare che, al momento dell'intervento della polizia giudiziaria, i fucili non risultavano avere la matricola e che l'arrestato non possedeva un valido titolo di detenzione. Gli ulteriori elementi sarebbero stati approfonditi nel corso del procedimento. L'arresto per la detenzione delle armi clandestine era obbligatorio, mentre quello per la detenzione delle armi era facoltativo, ma giustificato dalla gravità del fatto, attesa la mole delle armi rinvenute. Il G.I.P. osservava che il P.M., avendo disposto la liberazione dell'arrestato ai sensi dell'art. 121 disp. att. c.p.p., non aveva il potere di delimitare il perimetro valutativo del G.I.P. che, quindi, comprendeva anche il reato di detenzione di armi da fuoco. Sussisteva la flagranza e i termini per la richiesta di convalida erano stati rispettati. 2. Ricorre per cassazione il difensore di F.G. sottolineando che le quattro armi ritenute clandestine tali non erano tre erano armi antiche antecedenti al 1920 e la quarta, ad aria compressa, non poteva essere considerata arma esse erano, comunque, munite degli elementi identificativi, come provato dalla CTP trasmessa al G.I.P. all'udienza di convalida dell'arresto non sussisteva, inoltre, il delitto di detenzione illegale di armi comuni da sparo, atteso che la denuncia era stata presentata fin dal mese di giugno 2013, dopo la morte del padre del ricorrente, unitamente alla richiesta di voltura delle licenze per collezione intestate al genitore defunto. In un primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge penale e processuale, in particolare delle norme incriminatrici nonchè degli artt. 380 e 381 c.p.p. e art. 391 c.p.p., comma 4. L'arresto non poteva essere eseguito perchè le armi in sequestro erano state regolarmente denunciate ai Carabinieri di Senise, che avevano trasmesso le denunce alla Questura di Potenza e al Comando provinciale Carabinieri unitamente alla richiesta di rilascio della licenza per la collezione. I Carabinieri che avevano operato il sequestro e il successivo arresto avevano scoperto le armi denunciate nel 2013. La denuncia comprendeva anche la comunicazione del trasferimento a omissis . Inoltre, le quattro armi oggetto della separata imputazione erano antiche, macroscopicamente inefficienti e provviste di segni identificativi. La richiesta di voltura della licenza per collezione non era stata affatto rigettata dal Questore di Potenza che, al momento, non aveva provveduto. In un secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge processuale. Il Giudice non poteva decidere sulla convalida dell'arresto con riferimento al delitto di detenzione delle armi da sparo, per il quale il P.M. non aveva chiesto la convalida si trattava di provvedimento adottato ultra petita e, quindi, nullo. In un terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d con riferimento alla mancata valutazione delle prove agli atti e di quelle offerte dalla difesa, decisive ai fini della sussistenza del fumus commissi delicti. Il Giudice non aveva preso in considerazione gli atti, da cui era desumibile l'insussistenza dei delitti denunciati. In un quarto motivo il ricorrente denuncia travisamento dei fatti e illogicità della motivazione in relazione alla mancata valutazione del verbale di arresto e delle denunce delle armi. Dagli stessi atti risultava la presenza delle matricole dei fucili ritenuti clandestini inoltre il Giudice aveva ritenuto erroneamente che l'istanza di licenza per la collezione fosse stata rigettata. Viene poi denunciata la violazione degli artt. 13 e 111 Cost La convalida dell'arresto avvenuto in assenza dei presupposti di legge anche per l'ipotesi di arresto facoltativo aveva violato la libertà personale del ricorrente, nonchè la sua dignità personale e la sua immagine. Il diritto di difesa era stato violato, avendo il Giudice ritenuto inutile l'attività difensiva svolta. Il ricorrente sottolinea che le valutazioni di merito non sono estranee al giudizio di convalida dell'arresto il giudice deve apprezzare tutti gli elementi a disposizione, anche quelli acquisiti durante l'udienza, e può verificare l'elemento soggettivo del reato ipotizzato qualora esso difetti ictu oculi. Del resto, anche la polizia giudiziaria deve indicare le ragioni che l'hanno indotta all'arresto facoltativo. Il ricorrente conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. 3. Il Procuratore generale, Dott.ssa Giuseppina Casella, nella requisitoria scritta conclude per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata limitatamente alla convalida dell'arresto pronunciata nei confronti dell'imputato per il reato di cui al capo b dell'imputazione e per il rigetto del ricorso nel resto. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e determina l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata. 1. Il secondo motivo di ricorso è infondato. Correttamente il giudice ha ritenuto di provvedere sulla convalida dell'arresto con riferimento ad entrambe le ipotesi di reato ipotizzate. Da una parte, l'art. 390 c.p.p. prevede che il P.M. presenti la richiesta di convalida qualora non debba ordinare l'immediata liberazione dell'arrestato , in forza dell'art. 389 c.p.p. cioè quando risulta evidente che l'arresto è stato eseguito fuori dei casi previsti dalla legge , non distinguendo, quindi, in questa primissima fase, tra le varie possibili imputazioni formulate dall'altra la ratio della convalida dell'arresto è quella indicata dall'art. 13 Cost., comma 3, vale a dire la valutazione della condotta della polizia giudiziaria, che non può che essere globale. Del resto, nel richiedere la convalida dell'arresto, il Pm non è tenuto nè a formulare l'imputazione nè a motivare in ordine alle ragioni su cui la richiesta si fonda, essendo la convalida esclusivamente strumento di verifica della regolarità della condotta della polizia giudiziaria. La formulazione dell'incolpazione e la motivazione sono invece indispensabili per l'ulteriore richiesta di emissione di misura cautelare Sez. 6, n. 631 del 14/02/1997 - dep. 15/05/1997, Pm in proc. Messi Abderramane, Rv. 208121 . 2. Ciò che emerge chiaramente dagli atti è che i Carabinieri di omissis , al momento dell'accesso nel garage e dell'apertura della cassaforte in esso contenuta, non avevano rinvenuto nessuna arma che non fosse compresa nell'elenco delle armi e degli oggetti allegato all'istanza presentata da F.G. con riferimento alla collezione delle armi ereditate dal padre D. alcune di esse mancavano del resto, l'attività della polizia giudiziaria derivava dal sequestro operato nei confronti di S.J., trovato in possesso di tre fucili a suo tempo compresi nell'elenco , ma l'inventario non aveva portato ad evidenziare armi non denunciate . Tale constatazione è ovviamente decisiva con riferimento alle ipotesi di reato per le quali era stato operato l'arresto nel caso contrario, F.G. sarebbe stato trovato nella detenzione di armi non denunciate e, quindi, sicuramente illegali. 3. L'illegale detenzione di armi viene dedotta dal Giudice per le indagini preliminari dal mancato rilascio a F. di una licenza di collezione di armi. Il Giudice argomenta, infatti, che l'istanza presentata per ottenere la licenza da collezionista per detenere le armi sopra indicate di proprietà del padre deceduto . non andava a buon fine la Questura di Potenza, infatti, aveva chiesto di implementare la richiesta con i calibri di ogni singola arma, nonchè di installare impianto di allarme presso il luogo di detenzione quello dell'avvenuto sequestro , ma F. non aveva ottemperato e, quindi, la licenza richiesta non era stata rilasciata. Si tratta di prospettazione erronea sotto il profilo giuridico. Come è noto, la detenzione di armi o parti di esse comporta l'obbligo, ai sensi dell'art. 38 T.U.L.P.S., di farne denuncia all'Ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando questa manchi, al locale Comando dell'Arma dei Carabinieri. La illegale detenzione delle armi, sanzionata della L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7, è quindi la detenzione di armi senza la tempestiva presentazione della denuncia. Come è noto, la denuncia permette all'Autorità di Pubblica sicurezza di avere conoscenza del luogo dove sono custodite le armi e della persona che le detiene, così da rendere possibili verifiche di controllo e di prescrivere misure cautelari tale denuncia è il presupposto per il provvedimento del Prefetto di divieto di detenzione delle armi provvedimento che può portare all'immediato ritiro da parte dell'autorità di pubblica sicurezza nel caso di urgenza oppure all'ordine di cessione delle armi entro un termine di 150 giorni, il cui mancato rispetto è sanzionato con la confisca art. 39 TULPS . Per ragioni di ordine pubblico, inoltre, il Prefetto può ordinare la consegna delle armi e delle munizioni la trasgressione all'ordine di consegna è sanzionato dall'art. 698 c.p. e L. n. 895 del 1967, art. 3. Le collezioni di armi sono, invece, regolate dalla L. n. 110 del 1975, art. 10, dall'art. 28 TULPS e dal D.M. 14 aprile 1982. Nel caso di specie, come risulta chiaramente dagli atti, il padre di F.G., F.D., era in possesso della licenza per la collezioni di armi, rilasciata nel 1981 le armi erano state, quindi, trasferite per successione a causa di morte. In base alla L. n. 110 del 1975, art. 10, comma 2, l'erede era obbligato a dare immediato avviso delle armi a lui trasferite per successione e a chiedere il rilascio di apposita autorizzazione. F.G. - è ancora una volta pacifico - aveva provveduto alla denuncia e alla richiesta di licenza per la collezione in ogni caso, il mancato avviso sarebbe stato sanzionato ai sensi della L. n. 110 del 1975, art. 10, comma 4 con un'ammenda . Il D.M. 14 aprile 1982, art. 8 descrive in dettaglio il contenuto dell'obbligo di chiedere la licenza di collezione al Questore della Provincia ai sensi dell'art. 31, comma 2 TULPS l'art. 9 descrive, invece, l'iter amministrativo conseguente alla presentazione della richiesta in particolare, è previsto che il Questore possa esprimere il rifiuto della licenza di collezione in questo caso, entro trenta giorni dalla comunicazione del diniego, l'interessato deve indicare il soggetto cui le armi vengono cedute se la cessione non avviene, il Questore provvede all'affidamento in custodia delle armi ad enti pubblici. Ai sensi dell'art. 12 del D.M. cit., la licenza di collezione può anche essere revocata anche in questo caso le armi devono essere trasferite dall'interessato entro un certo termine e, in caso di inottemperanza, devono essere depositate presso un ente pubblico. L'apparato sanzionatorio collegato a questa disciplina contempla uno specifico delitto previsto dalla L. n. 110 del 1975, art. 10, u.c., che sanziona con la reclusione da uno a quattro anni e on la multa da 1.500 Euro a 10.000 Euro la violazione degli obblighi e dei divieti di cui al sesto, ottavo e comma 9 dello stesso articolo in particolare viene così sanzionata la detenzione di armi per fini diversi da quelli descritti dall'art. 31 TULPS tra cui quello di collezione in numero superiore a tre inoltre, come già anticipato, l'art. 698 c.p. e L. n. 110 del 1975, art. 3 sanzionano la trasgressione all'ordine legalmente dato di consegnare le armi legittimamente detenute. 4. In definitiva, il delitto di cui alla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7 è strettamente connesso alla mancata tempestiva denuncia della detenzione delle armi. In caso di detenzione di una collezione di armi trasferite per successione mortis causa e per la quale il de cuius era in possesso di regolare licenza, il nuovo detentore ha l'obbligo di denuncia della detenzione delle armi e di richiesta di rilascio a proprio nome di una licenza per la collezione. Ciò che occorre rimarcare è che, adempiuti questi obblighi, il soggetto detiene legalmente le armi ricevute in successione la detenzione diviene illegale se, in base alla normativa del TULPS, l'Autorità di pubblica sicurezza dispone il divieto di detenzione delle armi o ne ordina la consegna ovvero se, in base al citato D.M. 14 aprile 1982, il Questore rigetta la richiesta di licenza per collezione avanzata dal detentore che ha ricevuto le armi per successione o revoca la licenza in precedenza rilasciata. In tutti questi casi, tuttavia, la detenzione delle armi non è sanzionata dalla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7, ma dalle specifiche ipotesi di reato di cui si è già fatto cenno per di più, l'autorità di pubblica sicurezza può provvedere coattivamente al prelievo delle armi e, in determinati casi, la mancata cessione nonostante l'ordine dato ne comporta la confisca. 5. Nel caso in esame, F.G. aveva adempiuto agli obblighi di denuncia di detenzione delle armi e di richiesta di licenza per la collezione delle armi ricevute in eredità dal padre, con l'atto inviato al Comando Stazione Carabinieri di omissis l'11/6/2013 e da questo trasmesso alla Questura di Potenza, competente per il rilascio della licenza per collezione. Il Questore di Potenza, per di più, non aveva mai rigettato la richiesta di licenza per collezione avanzata da F.G. piuttosto, con una nota di pochi mesi successivi alla presentazione della richiesta, aveva inviato una nota interlocutoria con cui chiedeva che F. specificasse i calibri delle armi indicate nell'elenco e segnalava che il luogo di custodia non era munito di idoneo sistema di allarme la mancanza di contenuto decisorio di tale atto è palese il Questore avvertiva il richiedente e segnalava una circostanza . In definitiva, la detenzione delle armi da parte dell'arrestato era legittima, non essendo richiesto, per tale legittimità, il rilascio della licenza di collezione e non avendo la Questura di Potenza rigettato la richiesta di licenza. Tale conclusione è valida, ovviamente, anche per le armi prive di matricola, per le quali l'arresto è stato effettuato con riferimento all'ipotesi di reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 23, in quanto ritenute clandestine poichè anche tali armi facevano parte della collezione per la quale il defunto F.D. era titolare di licenza e, quindi, erano pervenute per successione mortis causa a F.G., che le aveva indicate nell'elenco trasmesso alla Stazione Carabinieri di OMISSIS e alla Questura di Potenza, la loro detenzione era legittima al pari delle altre. 6. Le circostanza fin qui riassunte erano note anche alla polizia giudiziaria, che ne aveva riferito negli atti concernenti l'arresto e il sequestro delle armi in essi, non a caso, giungeva alla conclusione giuridicamente errata secondo cui F.G., non godendo di licenza di collezione di armi, era risultato privo di qualsiasi permesso alla detenzione delle armi . Di conseguenza, la convalida dell'arresto non poteva essere pronunciata, dovendo il giudice operare con giudizio ex ante, avendo riguardo alla situazione in cui la polizia giudiziaria ha provveduto, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili della stessa, che siano successivamente emersi Sez. 6, n. 18196 del 13/04/2016 - dep. 02/05/2016, P.M. in proc. Barnaba, Rv. 266930 Sez. 3, n. 37861 del 17/06/2014 - dep. 16/09/2014, P.M. in proc. Pasceri, Rv. 260084 . P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.