Raccolta scommesse senza autorizzazione: evidente la responsabilità dell’uomo beccato dietro il bancone

Confermata la condanna per la persona che, assieme ad un altro soggetto, ha gestito materialmente la struttura. Decisiva la constatazione effettuata dalla polizia giudiziaria. Irrilevante il fatto che il contratto di locazione dell’immobile fosse intestato ad una terza persona. Non decisivo, comunque, neanche il fatto che proprio il gestore abbia chiesto dissequestro e restituzione del locale.

Il contratto di locazione dell’immobile utilizzato come sede per un’agenzia non autorizzata di raccolta scommesse non può mettere in discussione la responsabilità della persona beccata fisicamente all’interno della struttura ad operare dietro il bancone ove era installato uno dei terminali elettronici utilizzati per la trasmissione delle giocate al bookmaker avente sede all’estero. Irrilevante, in sostanza, che il gestore in concreto dell’agenzia non coincida col titolare del contratto di locazione. E questa considerazione non è messa in discussione neanche dalla constatazione che proprio il gestore abbia chiesto dissequestro e restituzione del locale. Cassazione, sentenza n. 23579/20, sez. III Penale, depositata oggi . Concordi i giudici di merito è evidente la responsabilità dell’uomo sotto processo che – assieme ad un altro soggetto – ha in assenza della prescritta autorizzazione gestito un’agenzia per la raccolta di scommesse su eventi sportivi . Conseguenziale la sua condanna. L’uomo contesta, ovviamente, la decisione, e propone ricorso in Cassazione, sottolineando soprattutto la inutilizzabilità degli atti relativi alla procedura di dissequestro dell’immobile ove era gestita l’agenzia . Su questo punto, però, i magistrati ribattono che la documentazione in discussione, ossia la richiesta di dissequestro dell’immobile e di quanto contenuto in esso e il verbale riguardante la consegna dell’immobile, non ha avuto un peso decisivo per sancire la responsabilità penale dell’uomo sotto accusa. Ciò che ha avuto davvero rilievo sono state le dichiarazioni degli agenti della polizia giudiziaria che hanno avuto modo di apprezzare direttamente il fatto che l’uomo si trovava all’interno del locale e più precisamente dietro il bancone ove era installato uno dei terminali elettronici utilizzati per la trasmissione delle scommesse al bookmaker avente sede all’estero . Comunque, il verbale di riconsegna all’uomo dell’immobile e del materiale lì contenuto avrebbe potuto, specificano i giudici, essere fonte di prova atta a rafforzare le dichiarazioni degli agenti di polizia giudiziaria in relazione alle modalità con cui si erano svolte le operazioni di riconsegna, per l’appunto, di quanto in sequestro, trattandosi di documentazione rappresentativa di quanto gli agenti stessi hanno dichiarato essere avvenuto di fronte a loro . Peraltro, il fatto che il contratto di locazione era intestato ad altra persona non è rilevante, poiché la responsabilità penale dell’uomo sotto processo risiede non sulla presunta sua posizione di affittuario dei locali adibiti ad agenzia per scommesse bensì sul dato, oggetto di prova dimostrativa – come certificato dalla polizia giudiziaria –, che lui era, unitamente ad altro soggetto, il gestore dell’agenzia .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 luglio – 5 agosto 2020, n. 23579 Presidente Ramacci – Relatore Gentili Ritenuto in fatto La Corte di appello di Napoli ha, con sentenza del 14 ottobre 2019, integralmente confermato la precedente decisione, assunta dal Tribunale di Napoli il precedente 15 febbraio 2018, con la quale era stata dichiarata la penale responsabilità di Si. Ma., in concorso con tale Fa. Di., che non aveva impugnato la sentenza del giudice di primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 4, commi 1 e 1-ter, della legge n. 401 del 1989, per avere, in assenza della prescritta autorizzazione di cui all'art. 88 del TUPLS, gestito un'agenzia per la raccolta delle scommesse sugli eventi sportivi, ed il Si. era stato condannato, esclusa la concedibilità delle circostanze attenuanti generiche, alla pena ritenuta di giustizia. Avverso la detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il Si., assistito dal suo difensore di fiducia, articolando due motivi di impugnazione. Con il primo lo stesso ha censurato la sentenza impugnata lamentando la inutilizzabilità degli atti riferiti alla richiesta di dissequestro dell'immobile ove era ubicata la agenzia per le scommesse osserva il ricorrente che nel corso della udienza del 15 febbraio 2018 egli espressamente richiese la espunzione dal fascicolo del dibattimento degli atti relativi alla procedura di dissequestro, che, ai sensi dell'art. 431 cod. proc. pen. , non ne possono fare parte ciò non ostante non solo gli atti in questione non sono stati stralciati, ma anzi hanno formato oggetto di valutazione da parte della Corte distrettuale. Con il secondo motivo è censurata la motivazione della sentenza in ordine alla affermazione della responsabilità del Si. che sarebbe stata desunta sulla base di elementi in parte contraddittori ed in parte inutilizzabili. Considerato in diritto Il ricorso proposto è inammissibile. Rileva la Corte, quanto al primo profilo dedotto, che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il documento del quale è stata chiesta la espunzione dal fascicolo del dibattimento - cioè, a quanto è dato arguire dalla lettura del ricorso, la richiesta di dissequestro dell'immobile ove era gestita la agenzia di scommesse sportive e di quanto in esso contenuto nonché il verbale riguardante la riconsegna di quanto sopra - non ha costituito elemento decisivo ai fini della affermazione della penale responsabilità del Si., essendo stata questa argomentata sulla base delle dichiarazioni rese dagli agenti operanti che hanno avuto modo di direttamente apprezzare il fatto che l'odierno imputato si trovava all'interno dei locali in questione, più propriamente al di là del bancone ove si era installato uno dei terminali elettronici utilizzati per la trasmissione delle scommesse al bookmaker avente sede all'estero. In ogni caso, si rileva, la documentazione in esame, cioè in particolare il verbale di riconsegna al Si. di quanto già in sequestro, ben avrebbe potuto essere fonte di prova atta a rafforzare le dichiarazioni degli agenti di Pg in relazione alle modalità secondo le quali sì erano svolte le operazioni appunto di riconsegna di quanto in sequestro, trattandosi di documentazione rappresentativa di quanto gli agenti medesimi hanno dichiarato essere avvenuto di fronte a loro si veda, in tal sènso, in ordine alla valenza probatoria del verbale di sequestro operato dalla Pg, la sentenza della Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 aprile 2020, n. 12659, non mass. . Riguardo al secondo motivo di impugnazione, si tratta di censura inammissibile, posto che la stessa si sostanzia in una allegazione di fatto volta ad attribuire un diverso significato, alternativo a quello individuato dalla Corte di merito, alle risultanze istruttorie acquisite in atti, volto a scagionare il Si. dalla imputazione a lui ascritta. Si tratta di operazione evidentemente inammissibile in questa sede di legittimità la motivazione della sentenza impugnata non presenta alcuna contraddittorietà, essendo anzi espressamente chiarito che la ragione dell'accertamento della penale responsabilità del Si. non risiede sul fatto, insussistente posto che il relativo contratto era intestato ad altra persona, che egli fosse l'affittuario dei locali adibiti ad agenzia per le scommesse, ma sul dato, oggetto, invece, di prova dimostrativa, che egli fosse, unitamente ad altro individuo, il gestore della agenzia in questione. Il ricorso va, perciò, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente, visto l'art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.