Richiesta di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente: vale il principio della domanda cautelare

In osservanza al principio della domanda cautelare, il giudice non può emettere il provvedimento di sequestro preventivo a fini impeditivi a fronte della domanda, formulata dal PM, di emissione del sequestro funzionale alla confisca per equivalente.

Lo ha stabilito la III sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23491/20, depositata in cancelleria il 3 agosto. Reati tributari e richiesta di emissione del sequestro al GIP. Nel caso di specie, tre uomini sono stati sottoposti a procedimento penale in relazione a diversi reati tributari tra cui omessa dichiarazione IVA art. 5, del D. Lgs. n. 74/2000 , dichiarazione infedele art. 4, cit. e dichiarazione fraudolenta art. 2, cit. . In conseguenza delle imputazioni, la procura ha chiesto il sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca per equivalente dei beni, immobili e mobili, nonché dai saldi attivi risultanti dai rapporti di credito intestati a un gruppo di società e, in subordine i.e. in caso di mancato rinvenimento di beni societari , il sequestro preventivo per equivalente di beni facenti capo ai tre, siccome amministratori delle società in questione. Il GIP ha accordato il sequestro, tempestivamente impugnato dinanzi al Tribunale del Riesame il quale, tuttavia, lo ha confermato. Sequestro diretto impeditivo” e finalizzato alla confisca per equivalente. Alla difesa non è rimasto che rivolgersi, in ultima istanza, alla Suprema Corte, dinanzi alla quale è stata reiterata la richiesta di annullamento del provvedimento negativo. In particolare, tra vari motivi di censura, la difesa ha, da un lato, contestato la competenza del GIP a disporre il sequestro poiché vi era già stata fissazione dell’udienza dinanzi al GUP i.e. incompetenza funzionale dall’altro, ha sostenuto che la richiesta cautelare avrebbe avuto ad oggetto il sequestro per equivalente, senza alcuna considerazione dell’impossibilità di un sequestro di un sequestro diretto. Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto entrambi i motivi generici e, dunque, manifestamente infondati. La competenza funzionale del GUP va provata. In relazione al primo versante di censura, la Corte ha osservato come, pur essendo funzionalmente competente il GUP, la difesa non avesse allegato gli elementi dai quali si potesse desumere che, al momento della decisione, il GIP avesse perso la competenza a provvedere in ragione della intervenuta trasmissione degli atti al GUP medesimo. Insomma, per la Cassazione, si trattava di un fatto processuale, come tale oggetto di prova art. 187, comma 2, c.p.p. , rimasta inespressa. Il principio della domanda cautelare. Quanto al secondo versante, la Corte ha mandato indenne il provvedimento contestato siccome basato su una domanda del PM analiticamente motivata quanto ai presupposti del sequestro immediatamente per equivalente art. 321, comma 2, c.p.p., in combinato con l’art. 12, d.lgs. n. 74/2000 . Sul punto - spiegano i Giudici - vige il principio della domanda cautelare in virtù del quale il giudice, a fronte della richiesta, non può emettere il provvedimento di sequestro preventivo a fini impeditivi in assenza di domanda in tal senso direttamente formulata dal PM. In altri termini, il giudice non può mutare la domanda, laddove il PM abbia motivatamente chiesto , sin da subito, il sequestro funzionale alla confisca per equivalente. In proposito, la Corte ricorda di aver ritenuto illegittima l’ordinanza con cui il Tribunale, in sede di riesame del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, confermi la misura cautelare facendo riferimento alla finalità di impedire il compimento di altri reati di cui all’art. 321, comma 1, cit. Ed infine, i Giudici del Palazzaccio hanno confermato la corretta applicazione, da parte dei tribunale del riesame, della nota massima della sentenza delle Sezioni Unite caso Gubert” , secondo la quale il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto anche quando l’impossibilità del reperimento dei beni , costituenti il profitto del reato, sia meramente transitoria e reversibile – beninteso, se sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura - non essendo necessaria la loro preventiva ricerca generalizzata. La conferma del sequestro. Sul crinale delle considerazioni che precedono la Corte ha dunque confermato il sequestro, riconoscendo la giustezza del provvedimento del tribunale, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 1 luglio – 3 agosto 2020, n. 23491 Presidente Aceto – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza 25.07.2019, il tribunale del riesame di Mantova rigettava le richieste di riesame proposte nell’interesse del Pe. , dell’A. e della P. avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca per equivalente dei beni, immobili e mobili, nonché dei saldi attivi risultanti dai rapporti di credito intestati nei confronti della società Maryplast di P.M.M. , della società Lavorazioni Plastiche s.r.l. e della società Petrolpolimeri s.r.l., per gli importi meglio indicati nel provvedimento impugnato, in subordine disponendo, in caso di mancato o insufficiente rinvenimento di beni societari, il sequestro preventivo per equivalente nei confronti, tra gli altri, degli imputati Pe. , A. e P. attuali ricorrenti , nelle qualità, rispettivamente, il Pe. , di amministratore di diritto della LAVORAZIONI PLASTICHE s.r.l., l’A. , quale amministratore di diritto della PETROPOLIMERI s.r.l., e, la P. , quale titolare di diritto della ditta individuale MARY PLAST sino alla concorrenza delle somme meglio indicate nel decreto di sequestro, in quanto imputati dei reati di cui ai capi c , d , e ed h , ossia 1 P. , per il capo c , delitto di omessa dichiarazione IVA ex D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, relativamente alla società Maryplast c.s. descritta, per gli anni 2009-2010, per importi superiori alle soglie di punibilità indicate per i predetti anni di imposta fatti commessi in data OMISSIS 2 PE. , capo d , delitto di dichiarazione infedele ex D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4, avendo dichiarato in relazione alle dichiarazioni II.DD. ed IVA per l’anno di imposta 2010, elementi passivi fittizi, con imposta evasa superiore a 150.000Euro, ed essendo l’ammontare degli elementi attivi sottratti all’imposizione superiore al 10% di quelli dichiarati fatto commesso in data 30.09.2011 3 PE. , capo e , delitto di omessa dichiarazione II.DD. ed IVA ex D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, relativamente alla società Lavorazioni Plastiche c.s. descritta, per gli anni 2011-2014, per importi superiori alle soglie di punibilità indicate per i predetti anni di imposta fatti commessi in data OMISSIS 4 A. , capo h , delitto di dichiarazione fraudolenta commessa mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti ex D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, per aver indicato, al fine di evadere le II.DD. e IVA o comunque al fine di conseguire un indebito rimborso, in relazione alla società Petrolpolimeri c.s. descritta, nelle dichiarazioni annuali relative a dette imposte per gli anni di imposta 2009-2014, elementi passivi fittizi, avvalendosi di ff.oo.ii. oggettivamente emesse dalle società Lavorazioni Plastiche, Maryplast e Italcommercio, per un ammontare meglio descritto nell’art. 2 dell’avviso ex art. 415 bis, c.p.p. fatti commessi nelle date di presentazione delle dichiarazioni di imposta, ossia 23.06.2010, 7.09.2010, 29.07.2011, 27.02.2012, 18.09.2012, 26.02.2013, 23.09.2013, 24.02.2014, 17.09.2014, 3.04.2015, 21.09.2015 . 2. Hanno proposto ricorso per cassazione il Pe. , l’A. e la P. , a mezzo dei rispettivi difensori fiduciari cassazionisti, ciascuno con distinto atto di impugnazione, deducendo due distinti ed identici motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Deducono, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 178, comma 1, lett. a , in relazione all’art. 179 c.p.p., comma 1 e art. 321 c.p.p. ed D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis. Premesso che il PM ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio in data 6.05.2019 per i reati di cui sopra e che, con decreto depositato 10.05.2019 il GUP/tribunale ha fissato l’udienza preliminare per il 3.12.2019, provvedimenti ambedue notificati all’imputato ed al difensore, si sostiene la violazione delle regole processuali in tema di competenza funzionale, atteso che, al momento in cui il GIP/tribunale aveva emesso il decreto di sequestro preventivo 4.07.2019 era già stato emesso da mesi il decreto di fissazione dell’udienza preliminare. Erroneamente il tribunale del riesame avrebbe affermato che il PM avesse proposto la richiesta di emissione del decreto di sequestro preventivo al GUP anziché al GIP, essendo stato assunto il decreto dal giudice con funzioni di GIP e non di GUP, non rilevando il provvedimento di assegnazione reso dal coordinatore dell’ufficio GIP/GUP, non potendo ad esso attribuita la valenza di atto idoneo ad individuare la competenza funzionale del giudice assegnatario, in quanto atto interno. Richiamata giurisprudenza di questa Corte, si precisa che la mancanza di competenza funzionale renderebbe il decreto non conforme ai parametri normativi di riferimento, risolvendosi in un atto viziato da nullità assoluta sotto il profilo funzionale ed impugnabile per abnormità nonostante la mancanza di uno specifico mezzo di impugnazione, nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado del processo. Il GIP/tribunale, infatti, avrebbe disposto il sequestro preventivo per equivalente quando la sua competenza funzionale era esaurita, con conseguente invalidità assoluta del decreto e degli atti successivamente e direttamente connessi ex art. 185 c.p.p Con l’emissione del decreto di fissazione dell’udienza preliminare, infatti, si verifica la transiatio iudicii con il definitivo radicamento di ogni potere dispositivo nel processo in capo al GUP, sicché solo quest’ultimo avrebbe potuto, dopo gli adempimenti di rito, emettere il decreto in questione, in quanto dalla data di emissione del decreto di fissazione dell’udienza preliminare e del suo deposito in cancelleria, il GUP conserva il possesso materiale degli atti ed è investito della competenza esclusiva all’adozione di provvedimenti cautelari, personali o reali. Nè vi era alcuna ragione che giustificasse un intervento del GIP/tribunale, non versandosi in ipotesi di atti urgenti, tenuto conto che l’iscrizione della notizia di reato risaliva al 2012 r.g.n. r. 2604/2012 . 2.2. Deducono, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 321 c.p.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis. Premesso che il decreto di sequestro preventivo ha ad oggetto il profitto dei reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 4 e 5, si censura il provvedimento per mancanza assoluta della motivazione in relazione all’impossibilità, anche transitoria e reversibile, di disporre il sequestro preventivo diretto, dolendosi del fatto che il GIP/tribunale non si sarebbe conformato alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sarebbe legittimo solo quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato sia impossibile, seppure transitoriamente, ovvero quando detti beni non siano aggredibili per qualsiasi ragione. Non sarebbe stata infatti accertata l’impossibilità, e nessun accenno motivazionale risulta essere stato rivolto alla verifica in ordine all’impossibilità, anche transitoria e reversibile, di poter apprendere il profitto diretto. Il provvedimento di sequestro avrebbe implicitamente dato atto della non necessità della previa richiesta ed adozione di un sequestro preventivo diretto del profitto del reato, e, in caso di esito negativo della ricerca, la richiesta ed adozione di un sequestro per equivalente dei beni del legale rappresentante dell’ente, essendo onere dell’indagato provare la concreta esistenza di beni nella disponibilità della società su cui disporre la confisca diretta per evitare quella per equivalente. Richiamate una serie di massime giurisprudenziali di questa Corte, si ribadisce che la richiesta cautelare avrebbe avuto ad oggetto il sequestro per equivalente, senza alcuna considerazione dell’impossibilità di un sequestro diretto, donde l’accoglimento della censura comporterebbe l’annullamento del decreto. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono inammissibili per genericità e manifesta infondatezza. 2. Sono anzitutto affetti da genericità per aspecificità, in quanto non si confrontano con le argomentazioni svolte nella ordinanza impugnata che confutano in maniera puntuale e con considerazioni del tutto immuni dai denunciati vizi di violazione di legge le identiche doglianze difensive svolte nei singoli motivi di impugnazione dinanzi ai giudici del riesame che, vengono, per così dire replicate in questa sede di legittimità senza alcun apprezzabile elemento di novità critica , esponendosi quindi al giudizio di inammissibilità. Ed invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione v., tra le tante Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 - dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849 . 3. Gli stessi sono inoltre da ritenersi manifestamente infondati, atteso che il tribunale del riesame ha, con motivazione adeguata e del tutto immune dai denunciati vizi, spiegato le ragioni per le quali ha disatteso le identiche doglianze difensive esposte nei motivi di gravame. 4. Ed invero, quanto al primo motivo - che deve essere esaminato in via necessariamente preliminare, attesa la natura prodromica della questione posta, considerato che, ove fosse accolta la censura di incompetenza funzionale del GIP nell’emissione del decreto, la doglianza residua resterebbe conseguentemente assorbita - va segnalato in premessa come la misura cautelare reale genetica sia stata adottata per reati D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, 4 e 5 attribuiti alla competenza del tribunale in composizione monocratica e per i quali è prevista l’udienza preliminare. L’art. 554 c.p.p., rubricato atti urgenti e collocato tra le disposizioni che regolano il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, dispone che il giudice per le indagini preliminari . provvede sulle misure cautelari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo per il dibattimento, non è trasmesso al giudice a norma dell’art. 553, comma 1 . Il libro VIII del codice di procedura penale, al cui interno è collocata la precedente disposizione, è stato sostituito dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 44. Come è noto, l’impianto originario del codice era strutturato, per la materia penale e fatte salve le attribuzioni della Corte d’assise, su una ripartizione della competenza per materia assegnata ad organi giudiziari diversi Tribunale e Pretura . Con la L. 19 febbraio 1998, n. 51, istitutiva del giudice unico di primo grado e con la conseguente soppressione delle Preture, escluse le innovative disposizioni dell’art. 33 bis c.p.p. e ss. inserite nel capo 6 del libro 1 del codice e dirette a regolare la competenza tra il tribunale in composizione collegiale e quello in composizione monocratica, il libro 8 del codice di procedura penale fu novellato con un intervento di semplice coordinamento secondo il mutato assetto dell’organizzazione giudiziaria, lasciando inalterate le precedenti disposizioni e sostituendo sostanzialmente la parola pretore , ove presente nelle disposizioni di riferimento, con quella di giudice . Con tale unica correzione rimase in vigore, per quanto qui interessa, l’art. 559 c.p.p., poi abrogato dalla L. n. 479 del 1999, che era formulato negli stessi termini dell’attuale art. 554 c.p.p. ed era strutturato sul presupposto che, per i reati attribuiti alla competenza pretorile, non fosse prevista l’udienza preliminare. Va ricordato infatti che il procedimento pretorile era caratterizzato per essere privo dell’udienza preliminare sul presupposto, come si legge nei lavori preparatori, che l’esclusione di tale udienza fosse coerente con i criteri di massima semplificazione del procedimento pretorile, posto che l’udienza preliminare introduce un momento di controllo e di contraddittorio che, necessario per i reati di maggiore gravità di competenza del tribunale, per i quali le indagini preliminari possono protrarsi a lungo, costituirebbe un inutile appesantimento in relazione ai reati di competenza del pretore . Fu tuttavia immediatamente rilevato come il mutato assetto delle competenze attribuisse alla cognizione del giudice monocratico reati di particolare gravità sottraendosi perciò all’imputato non solo la garanzia della collegialità ma anche quella dell’udienza preliminare persino al cospetto di reati gravi e ad accertamento complesso. La disciplina transitoria ed il differimento sino al 2 gennaio 2000 della riforma nella materia penale permisero di apportare interventi correttivi che furono introdotti con la L. 16 dicembre 1999, n. 479 la quale modificò, tra l’altro, l’impianto del libro VIII del codice nel cui interno fu appunto riproposta la norma sull’adozione degli atti urgenti e delle misure cautelari art. 554 c.p.p. modellata sull’abrogato art. 559 c.p.p. e, dunque, con un difetto di coordinamento perché la disposizione abrogata teneva ovviamente conto solo dei reati a citazione diretta e non anche di quelli con l’udienza preliminare, i quali, secondo la ripartizione delle competenze scaturite a seguito delle L. n. 479 del 1999, avrebbero dovuto partecipare alla medesima disciplina, rientrando i relativi procedimenti nella cognizione del tribunale in composizione monocratica. In precedenza, siccome per i reati rientranti nella cognizione del tribunale il codice, salvo che in materia di sequestro conservativo, non conteneva una disposizione ad hoc quanto all’adozione del sequestro preventivo dopo che fosse stato emesso il decreto che dispone il giudizio, questa Corte ha condivisibilmente affermato che il sequestro conservativo e quello preventivo hanno entrambi natura cautelare e quindi è possibile l’applicazione per analogia della disciplina prevista per il primo al secondo, con la conseguenza che si è ritenuta la competenza del Gip ad emettere il provvedimento di sequestro preventivo successivamente alla richiesta di rinvio a giudizio e prima dell’invio degli atti al Tribunale, secondo quanto previsto dall’art. 317 c.p.p., comma 2, Sez. 6, n. 2620 del 30/05/1994, Milanese, Rv. 199079 . Quest’orientamento, ripreso anche da successive pronunce che hanno investito casistiche diverse, non è più riproponibile a seguito dell’istituzione del giudice unico di primo grado perché, quanto ai reati di competenza del tribunale in composizione monocratica con o senza udienza preliminare, esiste una norma espressa che, sebbene parametrata sui reati a citazione diretta, deve essere applicata sulla base dell’eadem ratio per tutti i casi regolati dall’unico procedimento di cognizione che è quello davanti al tribunale in composizione monocratica. Peraltro è possibile accreditare la discrasia ossia il riferimento nell’art. 554 c.p.p. al solo art. 553 c.p.p. e non anche agli artt. 432 e 457 c.p.p. ad un difetto di coordinamento agevolmente superabile attraverso l’interpretazione estensiva , sia perché alla parola decreto , contenuta nell’art. 554 c.p.p. non può essere attribuito il solo significato - in virtù della succinta ricostruzione storica in precedenza riportata - di decreto di citazione a giudizio ma anche per i reati che richiedono l’udienza preliminare del decreto di fissazione dell’udienza preliminare art. 418 c.p.p. , decreto di giudizio immediato art. 456 c.p.p. e del decreto che dispone il giudizio art. 429 c.p.p. , con la conseguenza che il legislatore del 1999 minus dixit quam voluit, e sia perché le disposizioni che regolano il giudizio immediato e l’udienza preliminare contengono rispettivamente agli artt. 457 e 432 c.p.p. e salvo variazioni lessicali ma a contenuto del tutto equivalente disposizioni analoghe all’art. 553 c.p.p., comma 1, richiamato dall’art. 554 c.p.p. senza che il mancato rinvio debba ritenersi produttivo di conseguenze sul piano dell’uniforme trattamento della disciplina. 5. Orbene, quanto all’eccezione di incompetenza funzionale del Gip nel disporre il sequestro preventivo, sollevata dal ricorrente, osserva la Corte come proprio dal combinato disposto degli artt. 416 e 418 e dall’art. 554 c.p.p. quest’ultimo nella lettura dianzi operata , deriva che la competenza a disporre il sequestro preventivo, una volta che sia stato emesso il decreto di fissazione dell’udienza preliminare, spetti al giudice per l’udienza preliminare sino a quando il decreto, unitamente al fascicolo per il dibattimento, non venga trasmesso al giudice dibattimentale. A ben vedere, si tratta della traduzione di un principio generale, comunque ricavabile dal sistema, secondo il quale è competente ad adottare i provvedimenti cautelari il giudice che procede ma che al tempo stesso sia nella materiale disponibilità degli atti processuali. Ed infatti, le disposizioni processuali che contengono una previsione ad hoc art. 317 c.p.p., comma 2 art. 554 c.p.p. svolgono la funzione di fissare una regola certa nel passaggio da una fase all’altra del processo in presenza di atti urgenti da espletare o di un bisogno cautelare da soddisfare. E che sia competente funzionalmente il GUP a decidere sulle misure cautelari in quanto giudice che ha la materiale disponibilità degli atti processuali, discende chiaramente dalla previsione dell’art. 416, comma 2, c.p.p., che espressamente prevede che, con la richiesta di rinvio a giudizio, è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate, ed i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari . Dunque, nessun dubbio che il GUP, a seguito del deposito della richiesta di rinvio a giudizio, abbia la piena disponibilità di tutti gli atti processuali che consentono al medesimo di provvedere sulle misure cautelari, privando contestualmente il GIP della competenza, fino a quel momento, funzionale a provvedere su tali richieste cautelari. Ciò si desume, peraltro, a contrario da quella giurisprudenza che, occupandosi del tema della competenza funzionale del GUP rispetto a quella del giudice del dibattimento, ha precisato come sussiste la competenza del giudice dell’udienza preliminare ad emettere il decreto di sequestro preventivo, ex art. 321 c.p.p., considerate, da un lato, le profonde modificazioni, intervenute a seguito della L. n. 479 del 1999, che hanno accentuato i poteri di apprezzamento del merito del g.u.p. e, dall’altro e correlativamente, che, prima dell’emissione del decreto che dispone il giudizio, il giudice del dibattimento non può considerarsi competente a pronunciarsi nel merito , dato che l’udienza preliminare può concludersi con la sentenza di non luogo a procedere e che, comunque, sarebbe del tutto irragionevole riconoscere al giudice del dibattimento la competenza a disporre il sequestro preventivo in una fase in cui è il’g.u.p. ad essere investito della cognizione del processo Sez. 5, n. 11677 del 23/02/2005 - dep. 24/03/2005, Cesari ed altro, Rv. 231202 . Ne discende, pertanto, che il GUP è funzionalmente competente ad emettere il provvedimento di sequestro preventivo, nei reati per cui è prevista l’udienza preliminare come nel caso di specie , dal momento dell’intervenuto deposito della richiesta di rinvio a giudizio del PM avendo da quel momento l’integrale disponibilità degli atti ex art. 416 c.p.p., comma 2 sino all’emissione del decreto che dispone il giudizio, fin quando gli atti non vengano trasmessi al giudice del dibattimento. Va dunque ribadito che spetta al Gup - dal momento del deposito della richiesta di rinvio a giudizio del PM e della emissione del conseguente decreto di fissazione dell’udienza preliminare, sino a quando sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio prima che gli atti siano stati trasmessi al giudice competente -, adottare il decreto di sequestro preventivo, ai sensi dell’art. 554 c.p.p. per i reati di competenza del tribunale in composizione monocratica e, ai sensi dell’art. 317 c.p.p., comma 2, per i reati di competenza del tribunale in composizione collegiale. Va infine precisato che il Gup, una volta che abbia formato, ai sensi dell’art. 431 c.p.p., il fascicolo per il dibattimento, lo debba trasmettere senza ritardo , unitamente al decreto ex art. 429 c.p.p. o ad eventuali misure cautelari in corso di esecuzione, alla cancelleria del giudice competente per il giudizio, e ciò implica la sollecita esecuzione dell’adempimento ed implica altresì che può intercorrere un ragionevole, purché breve e comunque processualmente non sanzionabile, lasso di tempo che non preclude l’adozione, ai sensi dell’art. 554 c.p.p., di misure cautelari. Eventuali ritardi nella formazione del fascicolo per il dibattimento e nella sua trasmissione al giudice competente per il giudizio non possono, con tutta evidenza, incidere sulla competenza, essendo l’inerzia suscettibile, se ingiustificata, esclusivamente di rilievi disciplinari. 6. Tanto premesso, nel caso di specie, il motivo - come anticipato - è manifestamente infondato. 6.1. Ed invero, da un lato, la difesa non ha assolto all’onere che sulla stessa incombeva cfr., Sez. 3, n. 47684 del 17/09/2014 - dep. 19/11/2014, Mannino, Rv. 261241 di allegare gli elementi dai quali potersi desumere che, al momento della decisione, il Gip avesse perso la competenza a provvedere in ragione dell’intervenuta trasmissione degli atti al giudice dell’udienza preliminare. Trattandosi di un fatto processuale ed essendo anche tale fatto oggetto di prova art. 187 c.p.p., comma 2 , è infatti onere della parte allegare gli elementi dai quali desumere che, al momento della decisione, il Gip avesse perso la competenza a provvedere sicché, in assenza della completa allegazione in tal senso, la doglianza non potrebbe essere accolta. 6.2. Dall’altro lato, però, assume valenza assorbente quanto argomentato dal giudice del riesame. Si legge, infatti, nell’ordinanza impugnata, che il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato era il giudice assegnatario del procedimento con funzioni di GUP, come desumibile agevolmente dal provvedimento di assegnazione del procedimento del giudice coordinatore della sezione GIP/GUP del tribunale di Mantova, che - avendo svolto nel presente procedimento le funzioni di GIP - designava la Dott.ssa B. , in funzione di supplente del GUP, assente per congedo ordinario, Dott. C. . Non v’è quindi dubbio che, a dispetto della intestazione della richiesta del Pm rivolta al GIP e della qualifica del giudice che ha emesso il provvedimento la dottoressa B. , qualificatasi come GIP, ma che ha provveduto quale GUP, giusta la designazione del giudice coordinatore della sezione GIP/GUP , il giudice che ha emesso il provvedimento era investito delle funzioni di GUP e non GIP, funzioni, queste ultime, che la dottoressa B. non aveva peraltro mai svolto nel procedimento in questione. Del tutto correttamente, dunque, il tribunale del riesame ha richiamato la giurisprudenza di questa Sezione, secondo cui ai fini della determinazione della competenza a decidere sulla richiesta di misura cautelare, tanto personale quanto reale, la figura del giudice che procede o di quello competente a pronunciarsi nel merito va individuata in relazione allo sviluppo del rapporto processuale e all’articolazione di esso nelle varie fasi e nei vari gradi, nel senso che l’attribuzione della competenza funzionale in ordine ai relativi procedimenti dipende dalla disponibilità materiale e giuridica degli atti e viene meno solo con la loro trasmissione ad altro giudice. Ne consegue che l’ormai avvenuta trasmissione del fascicolo alla cancelleria del giudice dell’udienza preliminare, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio, comporta inesorabilmente lo spostamento in favore di quest’ultimo della competenza a decidere anche sulla richiesta di applicazione di misura cautelare, presentata dal pubblico ministero prima dell’azione penale, ma non tempestivamente delibata dal giudice per le indagini preliminari Fattispecie in cui la Corte ha proceduto all’annullamento di ordinanza del riesame che aveva ritenuto la competenza del Gip a decidere su richiesta di sequestro preventivo, nonostante quest’ultimo si fosse pronunciato solo dopo la trasmissione degli atti alla cancelleria del Gup e la avvenuta fissazione dell’udienza preliminare Sez. 3, n. 36532 del 12/05/2015 - dep. 10/09/2015, P.M. in proc. Ciminiello e altri, Rv. 264731 . Lo stesso tribunale, del resto, precisa che ben diverso sarebbe stato l’esito del riesame se il provvedimento impugnato fosse stato emesso dal coordinatore dell’ufficio GIP/GUP, che aveva svolto nel presente procedimento funzioni di GIP, perché in tal caso vi sarebbe stata un’indebita regressione del procedimento, essendo lo stesso in una fase già avanzata, ed una violazione della competenza funzionale, come invocato dalla difesa dei ricorrenti, con conseguente nullità del provvedimento. 7. Manifestamente infondato è - come parimenti anticipato - anche il secondo motivo. 7.1. Ed invero, è lo stesso tribunale del riesame a chiarire che il PM aveva esclusivamente chiesto al giudice il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12, richiamando l’art. 321 c.p.p., comma 2 e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 già nell’intestazione del provvedimento, oltre che nella motivazione e nel dispositivo. A pag. 50 della richiesta del PM, peraltro, era stato evidenziato che, dalle indagini, era emersa la mancanza di risorse patrimoniali in capo alle società interessate, e che l’unica società ad aver presentato il bilancio di esercizio era la Petrolpolimeri s.r.l., ad oggi in liquidazione, per la quale l’ultima annualità disponibile è riferita all’anno 2015. Si precisava altresì nella richiesta del PM, quali singoli beni mobili od immobili risultanti dai registri risultavano essere nella disponibilità degli imputati per l’A. , un bene immobile a OMISSIS per la P. , nulla per il Pe. , una motocicletta . Alla luce di quanto sopra, dunque, il tribunale del riesame ha ritenuto infondato il motivo, avendo il PM presentato specifica richiesta di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente ex art. 321 c.p.p., comma 2 e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12, domanda motivata dalla mancanza di rilevanti beni mobili ed immobili in capo agli imputati ed alle società coinvolte, domanda che aveva tenuto conto della situazione di impossibilità di reperimento dei beni, costituenti il profitto del reato, impossibilità accertata in via transitoria e reversibile, ma sicuramente sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura, due giorni dopo il deposito della richiesta. La valutazione allo stato degli atti, prosegue il tribunale, è stata effettuata dal PM, e il giudice, privo di autonomi poteri, ha esercitato la sua funzione entro i confini del devoluto, non potendosi riconoscere al giudice alcun potere di variazione della domanda, oggetto della richiesta. In altri termini, avendo il PM chiesto esclusivamente il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente del profitto dei reati tributari ipotizzati, correttamente il giudice, puntualizza il tribunale del riesame, ha motivato sulla sussistenza dei requisiti di tale sequestro, non sussistendo nessun onere di motivazione sull’impossibilità di disporre il sequestro preventivo diretto, in relazione ad una richiesta non presentata dal PM neppure in via alternativa. 7.2. Si tratta di motivazione del tutto corretta in diritto, che si sottrae alle generiche censure difensive, che non si confrontano minimamente con la motivazione dell’ordinanza impugnata peraltro, si noti, nemmeno menzionata nel secondo motivo, che attinge esclusivamente il decreto genetico come se l’ordinanza del tribunale del riesame non fosse mai intervenuta , del tutto conforme ai principi affermati da questa Corte in materia. Ed invero, correttamente i giudici del riesame ricordano che in materia vige il principio della domanda cautelare, donde il giudice non. avrebbe potuto emettere il provvedimento di sequestro preventivo a fini impeditivi in assenza di domanda cautelare in tal senso del PM, che aveva invece limitato la richiesta ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 2, ossia chiedendo il sequestro funzionale alla confisca per equivalente. Del resto, questa Corte ha già ritenuto illegittima l’ordinanza con cui il tribunale, in sede di riesame di sequestro preventivo finalizzato alla confisca disposto ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 2, confermi la misura cautelare facendo riferimento alla finalità impeditiva della commissione di nuovi reati, prevista dall’art. 321 c.p.p., comma 1, Sez. 6, n. 53453 del 16/11/2016 - dep. 16/12/2016, Venniro, Rv. 269498 . I giudici del riesame, poi, hanno fatto buongoverno dei principi fissati dalle ormai note Sezioni Unite Gubert, laddove si è affermato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto anche quando l’impossibilità del reperimento dei beni, costituenti il profitto del reato, sia transitoria e reversibile, purché sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura, non essendo necessaria la loro preventiva ricerca generalizzata Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014 - dep. 05/03/2014, Gubert, Rv. 258648 . Nella specie, il PM aveva dato atto nella richiesta rivolta al giudice di emissione del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., comma 2, della mancanza di rilevanti beni mobili ed immobili in capo agli imputati ed alle società coinvolte, richiesta dunque che aveva tenuto conto della situazione di impossibilità di reperimento dei beni, costituenti il profitto del reato, impossibilità accertata in via transitoria e reversibile, ma sicuramente sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura, due giorni dopo il deposito della richiesta. Da qui, dunque, la manifesta infondatezza anche di tale motivo. 8. Alla dichiarazione di inammissibilità di ciascun ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.