Perseguita l’ex compagna: due messaggi amichevoli di lei non rendono meno grave la posizione dell’uomo

Confermata l’applicazione della misura degli arresti domiciliari. Precedentemente l’uomo ha violato il divieto di avvicinamento alla donna impostogli in origine. Irrilevante per i Giudici il richiamo difensivo a due messaggi amichevoli inviati dalla donna all’ex compagno.

Lei lo lascia ma lui non accetta la rottura della relazione e comincia a pedinarla e a bombardarla di messaggi e di telefonate. Questi comportamenti mettono paura e ansia alla donna, che denuncia l’ex compagno, indagato per stalking e sottoposto giustamente, secondo i giudici, agli arresti domiciliari . Decisiva la constatazione che l’uomo, a cui era stato imposto il divieto di avvicinamento all’ex compagna, ha violato l’originaria misura cautelare , cercando di contattare nuovamente la donna. Irrilevante, invece, il fatto che ella abbia inviato qualche messaggio all’ex compagno questo elemento non è sufficiente per ipotizzare un temporaneo riavvicinamento della vittima al suo persecutore, e comunque non è idoneo a rendere meno gravi le condotte tenute dall’uomo. Cassazione, sentenza n. 22785/20, sez. V Penale, depositata il 28 luglio . Definita l’ipotesi accusatoria a carico dell’uomo, cioè stalking ai danni dell’ex compagna, gli viene imposto in prima battuta il divieto di avvicinamento . Poi, preso atto che la misura è stata violata dall’uomo, che ha cercato nuovamente di raggiungere la donna, viene applicata la custodia cautelare in carcere . A mitigare questo provvedimento provvede però il Tribunale del riesame, disponendo gli arresti domiciliari nei confronti dell’uomo. Anche i domiciliari sono però ritenuti una misura eccessiva dall’uomo, che tramite il proprio legale propone ricorso in Cassazione , contestando la sussistenza di gravi indizi a sostegno dell’accusa di stalking e sostenendo la tesi della mancanza di credibilità dell’ex compagna che, secondo l’uomo, ha mentito più volte sui comportamenti violenti e minacciosi ai suoi danni . In ottica difensiva, infine, non può essere trascurato un ulteriore dettaglio le presunte condotte persecutorie sono state realizzate fin da novembre 2019, eppure risalgono a gennaio 2020 alcuni messaggi ricevuti dall’uomo e provenienti dall’ex compagna e tutti dal contenuto inequivocabilmente amichevole . Nel contesto della Cassazione vengono ripercorse le tappe della vicenda. In particolare, si osserva che la prima ordinanza cautelare risale al febbraio 2020 , ma le prescrizioni di non avvicinarsi alla persona offesa erano state violate dall’indagato ed il GIP , a seguito di una seconda denunzia proveniente dalla stessa persona offesa e su richiesta del PM , aveva aggravato la misura, disponendo la custodia cautelare in carcere . A quel punto il Tribunale del riesame ha rimodulato la misura più restrittiva, sostituendola con quella degli arresti domiciliari, come richiesto dalla stessa difesa . Ulteriori cambiamenti non sono però possibili, chiariscono dalla Cassazione. Innanzitutto, perché sono emersi chiari elementi indiziari a carico dell’indagato , a conferma delle condotte tenute da quest’ultimo, condotte che avevano determinato l’aggravamento della misura cautelare del divieto di avvicinamento , essendo inadeguata la precedente misura, a causa della personalità dell’uomo, dimostratosi privo di autocontrollo e della razionalità necessaria ad accettare la decisione della donna di interrompere la relazione in precedenza intrecciata . Ecco spiegata la misura degli arresti domiciliari , decisa dal Tribunale del riesame, che aveva così anche dato riscontro positivo alla richiesta avanzata dalla difesa. Per quanto concerne poi i due messaggi inviati dalla persona offesa all’indagato , messaggi che, secondo la difesa, denoterebbero la falsità della denunzia querela presentata nel febbraio 2020 e l’inattendibilità della persona offesa , i magistrati ribattono richiamando la pluralità di messaggi provenienti dall’indagato in quel medesimo periodo, messaggi di contenuto offensivo e minatorio . Peraltro, il temporaneo ed episodico riavvicinamento della vittima al suo persecutore , non interrompe l’abitualità del reato, né inficia la continuità delle condotte sotto accusa, quando sussista, come in questo caso, l’oggettiva e complessiva idoneità delle condotte a generare nella vittima un progressivo accumulo di disagio, che degenera in uno stato di prostrazione psicologica . Tale principio vale soprattutto per i casi di stalking, poiché i precedenti complessi rapporti sentimentali tra le parti giustificano la presenza di relazioni, e quindi comportamenti, ambivalenti in particolare della vittima nei confronti del persecutore .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 giugno – 28 luglio 2020, n. 22785 Presidente Sabeone – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con l'ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Genova, pronunziando ex art. 310 cpp, ha sostituito la misura cautelare della custodia in carcere, disposta per aggravamento della precedente misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa, con quella degli arresti domiciliari nei confronti dell'attuale ricorrente, per il delitto di cui all'art 612 bis cp nei confronti della donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale epoca del fatto da Novembre 2019. 1. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di fiducia dell'indagato, che, col primo motivo, ha dedotto la violazione degli artt. 293/1 ter e comma 3 cpp nonché degli artt. 177 e 178 cpp per il ritardato avviso del deposito dell'ordinanza di aggravamento, emessa il 27 Febbraio ed eseguita il giorno successivo mentre la notifica dell'avviso di deposito era del 16 Marzo 2020, 18 giorni dopo l'esecuzione del provvedimento restrittivo. Il ritardo avrebbe pregiudicato il pieno esercizio del diritto di difesa. 2. Tramite il secondo motivo è stata dedotta la manifesta illogicità della motivazione e la violazione di legge in relazione all'art 612 bis cp per la ritenuta sussistenza dei gravi indizi. Sul punto il ricorrente ha dedotto la mancanza di credibilità della persona offesa e l'assenza di attendibilità delle sue dichiarazioni la prima avrebbe più volte mentito sui comportamenti violenti e minacciosi che l'indagato avrebbe tenuto ai suoi danni e le seconde sarebbero smentite dalle informazioni assunte in sede di indagini difensive dai genitori del ricorrente e da un amico. Inoltre i Giudici della cautela avrebbero mancato di rispondere agli elementi indicati dalla difesa a sostegno delle sue deduzioni. Tramite il terzo motivo ci si è doluti della contraddittorietà della motivazione, che aveva considerato le condotte, in tesi di accusa persecutorie, realizzate fin da Novembre 2019 mentre la difesa aveva prodotto messaggi provenienti dalla persona offesa di Gennaio 2020 dal contenuto inequivocabilmente amichevole nei confronti dell'indagato ed incompatibili con l'ipotesi accolta dai Giudici del merito cautelare. Infine, si è censurata la ritenuta presenza delle esigenze cautelari circa il pericolo di reiterazione di condotte analoghe. All'odierna udienza il PG, dr.ssa Lo., ha concluso per l'inammisibilità. Motivi della decisione Il ricorso è inammissibile, avendo in linea generale proposto censure sul merito del ragionamento decisorio del Tribunale, limitandosi a rappresentare una versione alternativa e favorevole all'indagato degli elementi indiziari presi in considerazione dai Giudici genovesi. Occorre premettere in fatto che la prima ordinanza cautelare ex art 282 ter cpp risale al 10 Febbraio 2020. Le prescrizioni di non avvicinarsi alla persona offesa erano state violate dall'indagato ed il Gip, a seguito di una seconda denunzia proveniente dalla stessa persona offesa e su richiesta del PM aveva aggravato la misura, disponendo la custodia cautelare in carcere. Il Tribunale del riesame, con il provvedimento oggetto di ricorso, ha rimodulato la misura più restrittiva, sostituendola con quella degli arresti domiciliari, come del resto richiesto dalla stessa difesa. 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto - come già osservato dai Giudici genovesi - il ritardo, nella specie sicuramente verificatosi come dedotto dal ricorrente -nell'avvisare il difensore del deposito dell'ordinanza cautelare non determina alcuna violazione, né pregiudizio del diritto di difesa, poiché non incide sulla possibilità di far valere i vizi del provvedimento, ma solo sulla decorrenza dei termini per proporre l'impugnazione, Sez. 6 Sentenza n. 13421 del 05/03/2019 c.c. dep. 27/03/2019 Rv. 275983. La motivazione della pronunzia citata ha chiarito che neppure l'omessa notifica al difensore dell'avviso prima dell'interrogatorio di garanzia - che nel caso in esame neppure vi è stato, essendosi in presenza di un aggravamento di precedente misura - determina una nullità di quest'ultimo, la quale consegue esclusivamente alla mancata disponibilità, per lo stesso difensore, degli atti ordinanza, richiesta del P.M. e documenti su cui la richiesta si fonda nella cancelleria del Giudice che ha emesso l'ordinanza. In proposito SU 26798 del 2005 ha evidenziato che la garanzia del pieno esercizio del diritto di difesa risiede nell'avvertimento ex art 293/1 cpp dell'esecuzione della misura cautelare in quanto il difensore che ne è avvertito ben sa che gli atti sui quali il provvedimento si fonda devono trovarsi nella cancelleria del Giudice ove potrà consultarli ed estrarne copia, essendo legittimato nel caso di omesso deposito a denunziare la situazione in sede di interrogatorio. Nel caso concreto la difesa, avendo avuto acceso agli atti depositati nella Cancelleria del Gip ha - ovviamente - potuto impugnare l'ordinanza di aggravamento nel pieno esercizio delle sue prerogative. 2. Per quanto attiene il merito delle doglianze avanzate nel secondo e terzo motivo del ricorso -come si è anticipato - esse si risolvono in un'inammissibile richiesta di rivisitazione del materiale indiziario scrutinato senza alcuna illogicità né lacuna ricostruttiva dal Tribunale di Genova. Infatti, pur avendo ritenuto che la questione dei gravi indizi non potesse essere proposta in sede di appello avverso l'ordinanza di aggravamento, non essendo stato promossa istanza di riesame, il Collegio - alle pagine 3 e 4 del testo - ha sinteticamente dato atto della presenza degli elementi indiziari a carico dell'indagato e delle condotte di quest'ultimo che avevano determinato l'aggravamento della misura cautelare del divieto di avvicinamento, giudicando inadeguata la precedente misura, a causa della personalità dell'attuale ricorrente, dimostratosi privo di autocontrollo e della razionalità necessaria ad accettare la decisione della donna di interrompere la relazione in precedenza intrecciata e congrua la misura degli arresti domiciliari, che la difesa aveva fatto oggetto di richiesta. 2.1 Del tutto generica, nel senso che non ha relazione con la motivazione che ha inteso censurare, appare anche la lamentela incentrata sull'ipotizzata contraddittorietà del percorso giustificativo quanto all'epoca del commesso reato, che ha preteso di desumere da due messaggi inviati dalla persona offesa all'indagato, che denoterebbero la falsità della denunzia querela presentata il 3 Febbraio 2020 e l'inattendibilità della persona offesa. Tuttavia la doglianza non si è confrontata con la motivazione adeguata resa sul punto dai Giudici del merito cautelare, che hanno sottolineato la pluralità di messaggi provenienti dall'indagato in quel medesimo periodo, di contenuto offensivo e minatorio, correttamente giudicando tali condotte, nel quadro indiziario già chiaramente delineato, alla stregua della norma ex art 612 bis cp. Sul punto il ricorrente in definitiva ha richiesto a questa Corte un'inammissibile interpretazione alternativa dei dati indiziari rispetto a quella in nulla illogica resa dal Tribunale. 2.2 D'altra parte - solo per esigenza di completezza della motivazione - in proposito deve ricordarsi l'orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità - cui il Collegio intende dar seguito - secondo il quale il temporaneo ed episodico riavvicinamento della vittima al suo persecutore, che del resto nel caso in esame è stato solo implicitamente ipotizzato dal ricorrente, non interrompe l'abitualità del reato, né inficia la continuità delle condotte, quando sussista - come i Giudici del riesame hanno congruamente dimostrato - l'oggettiva e complessiva idoneità delle condotte a generare nella vittima un progressivo accumulo di disagio, che degenera in uno stato di prostrazione psicologica in una delle forme descritte dall'art. 612-bis cod. pen. Sez. 5 - , Sentenza n. 46165 del 26/09/2019 Ud. dep. 13/11/2019 Rv. 277321. Il principio è stato affermato in una fattispecie concreta relativa ad atti persecutori commessi dal padre nei confronti della madre non convivente del figlio minore ma può probabilmente estendersi, per fatto notorio sulla base di dati di comune esperienza delle cose, alla pluralità dei casi di delitti di stalking, in cui i precedenti complessi rapporti sentimentali tra le parti giustificano la presenza di relazioni, e quindi comportamenti, ambivalenti in particolare della vittima nei confronti dell'autore del delitto. 3. Genericissima, infine, è la doglianza sulla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari circa il pericolo di recidiva che è limitata ad un'elencazione dei principi elaborati da questa Corte sul giudizio di pericolosità ex art 274 lett. c cpp senza alcun riferimento alla fattispecie concreta. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro tremila in favore della cassa ammende. Va disposto l'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'art 52 D.Lgs. 196/2003. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed la versamento di Euro tremila in favore della cassa ammende. Oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'art 52 D.Lgs. 196/2003.