Gelosia folle: esclusa la premeditazione per l’omicidio del rivale in amore

Confermata la condanna per un uomo che ha ucciso il presunto amante della moglie. Pena fissata in dieci anni e otto mesi di reclusione. Inutile il ricorso della Procura legittimo il riconoscimento del vizio parziale di mente, connesso a un vero e proprio delirio di gelosia, e legittima l’esclusione della premeditazione e dei futili motivi.

Esclusa la premeditazione ed escluso il motivo abietto se l’uccisione a colpi di pistola del – presunto – rivale in amore è frutto di un delirio di gelosia”, sufficiente, secondo i giudici, per parlare di vizio parziale di mente. Cassazione, sentenza n. 20487/20, sezione prima penale, depositata il 9 luglio . Premessa della vicenda giudiziaria è un drammatico fatto di cronaca un uomo – Bruno, nome di fantasia – raggiunge quello che ritiene essere un rivale in amore – Gerardo, nome di fantasia, presunto amante della moglie –, e, a pochi metri dalla sua abitazione, tira fuori una ‘Beretta’ e lo uccide a colpi di pistola. Il processo è centrato non solo sulla ricostruzione dei dettagli dell’omicidio, ma anche sul raptus di gelosia che avrebbe, secondo la difesa, colpito Bruno. Per il GUP non ci sono dubbi Bruno è responsabile di omicidio volontario . Però la pena, fissata in dieci anni e otto mesi di reclusione, è non pesantissima, poiché viene concessa l’attenuante del vizio parziale di mente , connesso al delirio di gelosia che ha colpito Bruno, secondo il giudice, mentre vengono escluse le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti . Secondo la visione del GUP, Bruno si è recato sotto l’abitazione di Gerardo, che riteneva avere una relazione con la moglie per ribadirgli di lasciarla stare, e, dopo averlo affiancato con l’auto, h esploso contro di lui numerosi colpi di arma da fuoco, cagionandone la morte , ma l’azione da lui compiuta è valutabile come frutto di un disturbo delirante di gelosia, con pregresso disturbo depressivo maggiore e possibile disturbo bipolare . In sostanza, quando Bruno ha raggiunto Gerardo e lo ha ucciso, la sua capacità di intendere e di volere era grandemente scemata poiché egli era totalmente obnubilato da un delirio di gelosia . Consequenziale, secondo il GUP, affermare che l’omicidio era collegato a una patologia preesistente che è esplosa in un delirio di gelosia . E perciò va esclusa, sempre secondo il GUP, l’aggravante della premeditazione , essendo essa incompatibile con l’accertato vizio parziale di mente di Bruno. Tirando le somme, per il GUP l’idea ossessiva che la povera vittima avesse una relazione con la moglie di Bruno aveva indotto quest’ultimo a meditare lungamente una reazione, tornando e ritornando su di una idea fissa e ricorrente, immaginando fatti inesistenti, distorcendo la realtà sino a coltivare un delirio che, facendogli perdere i contatti col reale, lo induceva a liberarsi del rivale scaricandogli contro un intero caricatore e non desistendo nel proposito neanche quando Gerardo era già in terra, gravemente ferito . A contestare la valutazione compiuta dal GUP è la Procura , che decide di proporre ricorso in Cassazione, chiedendo una pena più severa per Bruno e sostenendo che sia illogico, in questa vicenda, escludere la premeditazione dell’omicidio , poiché proprio la lunga meditazione di una reazione con il tornare e ritornare sull’idea fissa e ricorrente, rappresenta l’essenza dell’aggravante della premeditazione e la dimostrazione di un fermo e costante radicamento nella psiche dell’imputato e per un tempo consistente del proposito criminoso . Allo stesso tempo, la Procura osserva anche che il disturbo diagnosticato a Bruno non è incompatibile con l’ aggravante della premeditazione, poiché proprio il GUP ha affermato che la condizione psicopatologica in cui versava l’imputato era una condizione delirante nella quale può accadere che il soggetto perda momentaneamente i contatti con la realtà che lo circonda . Alle osservazioni proposte dalla Procura, però, risponde negativamente la Cassazione, confermando in pieno le valutazioni e la decisione del GUP. Corretto, in sostanza, in Tribunale il richiamo alle conclusioni peritali che hanno evidenziato come Bruno, affetto da disturbo delirante di gelosia e persecutorio con pregresso disturbo depressivo maggiore, aveva sviluppato un delirio di gelosia che si era già manifestato con la prima moglie, anche se in forma meno strutturata, e sempre in relazione alla vittima . Evidente, quindi, che al momento del fatto l’imputato era completamente ossessionato . Difatti, la manifestazione morbosa di gelosia era incentrata sull’idea che la moglie avesse una relazione con la vittima e attorno a questa idea ossessiva si erano sviluppate vistose distorsioni della realtà, spinte fino a indurre Bruno a coltivare un delirio che, facendogli perdere i contatti col reale, lo induceva a liberarsi del rivale . Logico, quindi, ritenere, osservano dalla Cassazione , che il processo volitivo caratterizzante l’aggravante della premeditazione fosse stato concretamente influenzato dagli evidenziati aspetti patologici correlati alla formazione e alla persistenza della volontà criminosa . Applicabile perciò il principio secondo cui, nell’ipotesi di accertato grave disturbo della personalità, funzionalmente collegato all’agire e tale da incidere, facendola scemare grandemente, sulla capacità di volere , la premeditazione può risultare incompatibile con il vizio parziale di mente concretizzato in una manifestazione dell’infermità psichica da cui è affetto l’imputato , nel senso che il proposito coincida con un’idea fissa ossessiva facente parte del quadro sintomatologico di quella determinata infermità .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 giugno – 9 luglio 2020, n. 20487 Presidente Mazzei – Relatore Talerico Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dell'11 gennaio 2019, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Potenza riconosceva Ca. Al. responsabile dell'omicidio volontario di Gi. Re. Fe. Ra. nonché del reato di porto in luogo pubblico di una pistola Beretta calibro 7,65, con caricatore inserito, utilizzata nell'occasione e, conseguentemente, lo condannava, unificati gli stessi sotto il vincolo della continuazione, concessa l'attenuante del vizio parziale di mente, esclusa la ricorrenza delle aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti o futili, operata la riduzione per la scelta del rito, alla pena di anni dieci, mesi otto di reclusione, nonché al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede e al pagamento di una provvisionale determinata nella misura di Euro. 20.000.00 per ciascuna di esse applicava, altresì, le pene accessorie di legge e la misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia per anni tre. Secondo la pronuncia di merito, il Ca. il 13 agosto 2017 si era recato sotto l'abitazione del Giuliano, che riteneva avere una relazione con la moglie per ribadirgli di lasciarla stare, posto che in altra occasione egli lo aveva affrontato, e, dopo averlo affiancato con l'auto, aveva esploso contro di questi, numerosi colpi di arma da fuoco con la pistola Beretta calibro 7,65, regolarmente detenuta, cagionandone la morte. Alla stregua dei risultati peritali - che avevano accertato che il Ca. è affetto da disturbo delirante di gelosia e persecutorio con pregresso disturbo depressivo maggiore e possibile disturbo bipolare e che al momento del fatto la capacità di intendere e di volere del predetto era grandemente scemata poiché era totalmente obnubilato da un delirio di gelosia - il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Potenza, valutate le concrete modalità degli accadimenti, riteneva che il fatto commesso era collegato a una patologia preesistente che è esplosa in un delirio di gelosia e in un atto gravissimo nel quale detto delirio si è clamorosamente palesato . Per quanto rileva in questa sede, il giudicante reputava che l'aggravante della premeditazione era incompatibile con l'accertato vizio parziale di mente del Ca. alla luce della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’ apparentemente ferma e irrevocabile risoluzione criminosa che connota la premeditazione diviene essa stessa il portato necessitato di processi patologici caratterizzati da deliri e idee ossessive . Spiegava che proprio ciò era avvenuto nel caso di specie in cui l'idea ossessiva che la povera vittima avesse una relazione con la Lace ndr. la moglie dell'imputato e addirittura con la prima moglie, induceva il Ca. a meditare lungamente una reazione, tornando e ritornando su di una idea fissa e ricorrente, immaginando fatti inesistenti, distorcendo la realtà sino a coltivare un delirio che, facendogli perdere i contatti col reale, lo induceva a liberarsi del rivale [ ] scaricandogli contro un intero caricatore e non desistendo nel proposito neanche quando il Giuliano era già in terra, gravemente ferito . Quanto al trattamento sanzionatorio, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Potenza riteneva di determinarlo nella misura indicata, fissando quale pena base per l'omicidio quella di anni ventitré di reclusione in ragione della incensuratezza del Ca. ma anche, nel contempo, della efferatezza del delitto ripetuti colpi di pistola di cui alcuni esplosi quando la vittima era già in terra . 2. Avverso detta sentenza il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Potenza ha proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi di impugnazione. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione con riferimento al disconoscimento della circostanza aggravante della premeditazione . Ha, al riguardo, evidenziato che proprio la lunga meditazione di una reazione con il tornare e ritornare sull'idea fissa e ricorrente , evocata nella sentenza impugnata, rappresenta l'essenza dell'aggravante della premeditazione e la dimostrazione di un fermo e costante radicamento nella psiche dell'imputato e per un tempo consistente del proposito criminoso che, inoltre, doveva escludersi una concreta incompatibilità tra l'aggravante della premeditazione e il disturbo diagnosticato all'imputato, come si evinceva dal passaggio motivazionale della sentenza in cui si afferma che la condizione psicopatologica in cui versava l'imputato era una condizione delirante nella quale può accadere che il soggetto perda momentaneamente i contatti con la realtà che lo circonda che i riferimenti contenuti nella sentenza in relazione alle dichiarazioni rese dalla moglie dell'imputato, alle conclusioni peritali in merito all'esclusione del vizio totale di mente, alle artificiose dichiarazioni del Ca. sulla reale dinamica dei fatti, volte a depistare le indagini nell'immediatezza, erano tutte circostanze dalle quali emergeva come il proposito criminoso fosse stato meditato nel tempo e il suo radicamento rimasto fermo e costante. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha denunciato contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio e alle coordinate normative dettate dagli artt. 132 e 133 cod. pen. . Secondo il ricorrente nell'iter logico - argomentativo della sentenza impugnata relativo al trattamento sanzionatorio il giudicante ha omesso di considerare il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione, così come pure la capacità a delinquere per come desumibile dal contegno dell'imputato susseguente al reato il Ca. la mattina del 13.8.2017 aveva cercato ossessivamente la vittima, invano, sul luogo di lavoro, per poi rintracciarla sotto casa e ucciderla con numerosi colpi di pistola, esplodendo l'ultimo colpo dinnanzi ai familiari della vittima e, quindi, fuggire successivamente la condotta dell'imputato era stata connotata da una volontà di alterare la reale verificazione dei fatti. Conseguentemente, sempre secondo il ricorrente, era stata inflitta una pena non adeguata ai parametri previsti dall'art. 133 cod. pen. e che si colloca a ridosso del minimo edittale . 3. In data 10 settembre 2019, l'avvocata Francesca Sassano, nella qualità di difensore di fiducia e procuratore speciale delle costituite parti civili, ha depositato memoria, con la quale ha svolto una serie di argomentazioni a sostegno della fondatezza del ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Potenza. 4. Dopo un preliminare rinvio, è stata disposta la trattazione scritta del processo per l'udienza odierna, ai sensi dell'art. 83 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, convertito dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020. Quindi, il Procuratore generale di questa Corte, dott. Mario Pinelli, ha concluso per iscritto chiedendo il rigetto del ricorso in data 11 giugno 2020, sono pervenute le conclusioni del difensore delle parti civili, con allegata nota spese, e il successivo 17 giugno quelle dei difensori dell'imputato, avvocati Pa. Ca. e Do. Cl., che hanno chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondati. E, in vero, la sentenza impugnata è conforme alle risultanze peritali e ai principi di diritto più volte affermati da questa Corte sia in tema di incompatibilità tra vizio parziale di mente e aggravante della premeditazione, sia in tema di trattamento sanzionatorio. 2. Quanto al primo motivo di ricorso - con il quale si è dedotta la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione con riferimento al disconoscimento della circostanza aggravante della premeditazione - giova evidenziare che il difetto di motivazione valutabile in cassazione può consistere solo in una mancanza o in una manifesta illogicità della motivazione stessa il che significa che deve mancare del tutto la presa in considerazione del punto sottoposto all'analisi del giudice e che non può costituire vizio che comporti controllo di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente, più adeguata, valutazione delle risultanze procedimentali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di legittimità quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, potendo e dovendo, invece, la Corte accertare se quest'ultimo abbia dato adeguatamente conto, attraverso l'iter argomentativo seguito, delle ragioni che l'hanno indotto a emettere il provvedimento. 3. Ebbene, non sembra che le argomentazioni della sentenza impugnata, in precedenza riportate e alle quali ci si richiama al fine di evitare inutili ripetizioni, possano dirsi manifestamente illogiche. La decisione impugnata, infatti, con motivazione esente da vizi logici, ha tenuto conto delle conclusioni peritali, che avevano evidenziato come il Ca., affetto da disturbo delirante di gelosia e persecutorio con pregresso disturbo depressivo maggiore , aveva sviluppato un delirio di gelosia che si era già manifestato con la prima moglie, anche se in forma meno strutturata, ma sempre in relazione alla vittima e che da ultimo, al delirio di gelosia si è aggiunto un delirio di veneficio , sicché, al momento del fatto, l'imputato era completamente ossessionato. Ha, altresì, messo in evidenza che tale manifestazione morbosa di gelosia era incentrata sull'idea che la moglie avesse una relazione con la vittima e che attorno a questa idea ossessiva si fossero sviluppate vistose distorsioni della realtà che si erano spinte fino a indurre il Ca. a coltivare un delirio che, facendogli perdere i contatti col reale, lo induceva a liberarsi del rivale . E sulla base di tali evenienze, ha congruamente ritenuto che il processo volitivo caratterizzante l'aggravante della premeditazione fosse stato concretamente influenzato dagli evidenziati aspetti patologici correlati alla formazione e alla persistenza della volontà criminosa. 4. Tale argomentare è, a giudizio del Collegio, perfettamente conforme ai principi di diritto fissati da questa Corte in tema di incompatibilità tra il vizio parziale di mente e l'aggravante in parola. Più specificatamente, è stato affermato che nell'ipotesi di accertato grave disturbo della personalità, funzionalmente collegato all'agire e tale da incidere, facendola scemare grandemente, sulla capacità di volere, l'accertamento della circostanza aggravante della premeditazione richiede un approfondito esame delle emergenze processuali che porti ad escludere, con assoluta certezza, che la persistenza del proposito criminoso sia stata concretamente influenzata da uno degli aspetti patologici correlati alla formazione od alla persistenza della volontà criminosa Cass. Sez. 1, n. 17606 del 08/03/2016, Rv. 267714 conformi, tra le tante, Cass. Sez. 1 n. 25608 del 21/05/2013, Rv. 255917, secondo cui la premeditazione può risultare incompatibile con il vizio parziale di mente nella sola ipotesi in cui consista in una manifestazione dell'infermità psichica da cui è affetto l'imputato, nel senso che il proposito coincida con un'idea fissa ossessiva facente parte del quadro sintomatologico di quella determinata infermità Cass. Sez. 1, n. 9015 del 04/02/2009, Rv. 242878 . 5. A fronte di ciò, le censure del ricorrente, in buona sostanza, riproducono profili già adeguatamente vagliati dal giudice di merito con corretta e adeguata motivazione, e le stesse finiscono con il prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità. 6. Quanto al secondo motivo di ricorso, lo stesso è inammissibile perché afferente al trattamento sanzionatorio benché sorretto da sufficiente e non illogico argomentare. E invero, il giudice di merito, nel procedere alla determinazione della pena base per l'omicidio peraltro, individuata in misura quasi pari al massimo edittale di anni ventiquattro di reclusione , ha preso in considerazione i criteri tutti di cui all'art. 133 cod. pen., in particolare le modalità del fatto, definito efferato , che lo hanno indotto anche a ritenere il Ca. non meritevole della concessione delle circostanze attenuanti generiche. Anche con riguardo a tale aspetto, quindi, il ricorso è meramente confutativo. 7. Nulla deve essere disposto in favore delle costituite parti civili, essendo stato il ricorso proposto dalla parte pubblica. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.