Il diverso trattamento cautelare riservato ad altri coimputati nel medesimo reato associativo

In tema di revoca o modifica della misura cautelare, il provvedimento favorevole emesso nei confronti di un coindagato può costituire fatto nuovo sopravvenuto, del quale tener conto per la rivalutazione del quadro indiziario, ma non delle esigenze cautelari.

L’imputato ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza del Tribunale del riesame che respingeva l’appello cautelare, ex art. 310 c.p.p., avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale in primo grado di rigetto della richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. Il Tribunale innanzitutto rilevava la riconosciuta pericolosità del soggetto poi riteneva inconferente il diverso trattamento cautelare riservato ad altri computati nel medesimo reato associativo. Secondo il ricorrente, l’analogo provvedimento emesso nei confronti di un coimputato può costituire un fatto nuovo sopravvenuto che il giudice deve valutare nella decisione sull’istanza di sostituzione della misura. Al riguardo, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in tema di revoca o modifica della misura cautelare, il provvedimento favorevole emesso nei confronti di un coindagato può costituire fatto nuovo sopravvenuto, del quale tener conto per la rivalutazione del quadro indiziario, ma non delle esigenze cautelari , che devono essere vagliate con riferimento a ciascun indagato. Ma nel caso in esame, il ricorrente richeide una rivalutazione del quadro cautelare per effetto della diversa qualificazione giuridica del reato associativo e dei singoli reati scopo, operata nei confronti di altri coimputati, ma omette di dire che egli risulta sottoposto a misura cautelare, non solo per il reato associativo, ma anche per il reato di tentata estorsione aggravata dal cosiddetto metodo mafioso, sicché il richiamo ai principi giurisprudenziali in tema finisce per non essere pertinente nella fattispecie concreta. Da qui il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 giugno – 6 luglio 2020, n. 20011 Presidente Lapalorcia – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. L.G. ricorre per cassazione impugnando l’ordinanza, emessa in data 31 ottobre 2019, del Tribunale del riesame di Caltanissetta che ha respinto l’appello cautelare, ex art. 310 c.p.p., avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Gela di rigetto della richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, anche con le forme di controllo di cui all’art. 275 bis c.p.p., avanzata dal medesimo ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 4. 1.1. Il Tribunale cautelare, in primo luogo, ha condiviso il giudizio espresso dal Tribunale di Gela in ordine al rilievo assoluto della riconosciuta pericolosità sociale del L. rispetto alla quale la situazione famigliare era ritenuta recessiva. In tale ambito ha ritenuto che era irrilevante appurare se l’impedimento della nonna paterna e della nonna materna fosse assoluto, mentre ha stimato che lo svolgimento di attività lavorativa da parte della convivente del L. non integrava l’impossibilità assoluta di prestare congrua assistenza alla figlia di età inferiore a sei anni. Ha ritenuto che il tempo trascorso dall’applicazione della misura, di oltre due anni, di per ciò solo non assumeva efficacia dimostrativa della cessazione o attenuazione delle esigenze cautelari a fronte di specifici precedenti penali. Infine, ha ritenuto inconferente il diverso trattamento cautelare riservato ad altri computati nel medesimo reato associativo D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74 . 2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza il difensore del L. deduce due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e in relazione alla mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla esclusione del rilievo del diverso trattamento riservato a coimputati nel medesimo reato associativo. Secondo il ricorrente, l’analogo provvedimento emesso nei confronti di un coimputato può costituire un fatto nuovo sopravvenuto che il giudice deve valutare nella decisione sull’istanza di sostituzione della misura. Ciò premesso, il tribunale cautelare non avrebbe valutato la circostanza che, in esito a giudizio abbreviato nei confronti di C.M.T. e Cr.Sa. , l’originaria contestazione, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74 era riqualificata ai sensi del comma 6 e i singoli fatti di violazione di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1 erano stati ricondotti nella ipotesi di cui al comma 5. In presenza di sovrapponibilità della posizione dei coimputati alla posizione del ricorrente il tribunale avrebbe illogicamente respinto l’istanza non ritenendo che la sentenza pronunciata nei confronti degli altri coimputati fosse elemento nuovo . 2.2. Con il secondo motivo la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e in relazione all’art. 275 c.p.p., comma 4 e il vizio di motivazione. Sotto un primo profilo, non avrebbe indicato le ragioni per le quali non sarebbe adeguata la sostituzione con la misura degli arresti domiciliari, anche con le forme di controllo del c.d. braccialetto elettronico, posto che, secondo il dictum delle Sezioni Unite, invertendosi il rapporto tra regola/eccezione, la regola è rappresentata dagli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, mentre la custodia cautelare in carcere l’eccezione S.U. n. 20769/2016 . Non avrebbe dato rilievo al tempo trascorso dall’applicazione della misura in un contesto nel quale non vi era stata condanna e in assenza di precedenti penali specifici rispetto al reato associativo. Sotto altro profilo deduce la violazione dell’art. 275 c.p.p., comma 4 e vizio di motivazione. L’ordinanza impugnata avrebbe illogicamente motivato l’impossibilità della di lui convivente a prendersi cura della figlia minore, nonché le esigenze cautelari di eccezionale gravità, dovendosi escludere ogni automatismo collegato al titolo di reato per il quale la custodia è disposta. 3. Il Procuratore generale ha chiesto, in udienza, il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso non è fondato e va, pertanto, rigettato. Deve, preliminarmente, darsi atto che nei confronti di L.G. è in corso di applicazione la misura cautelare della custodia in carcere per avere fatto parte di una associazione, ai sensi del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74 finalizzata al narco traffico e per i collegati reati scopo, nonché per il reato di cui agli artt. 56 e 629 c.p. aggravato dalla L. n. 203 del 1991, art. 7 ora art. 416 bis 1. c.p. . Fatta questa premessa, il primo motivo di ricorso non è fondato. Secondo l’orientamento di legittimità, anche richiamato dal ricorrente, in tema di valutazione dell’istanza di sostituzione della misura cautelare, l’analogo provvedimento emesso nei confronti di un coimputato può costituire un fatto nuovo sopravvenuto del quale tener conto senza, peraltro, comportare alcun automatismo dell’effetto che induce la estensione della valutazione favorevole al coindagato Sez. 2, n. 20281 del 18/02/2016, Ficicchia, Rv. 266889 - 01 Sez. 5, n. 21344 del 23/04/2002, De Biase, Rv. 221925 - 01 Sez. 1, n. 16635 del 07/03/2001, Ndoja, Rv. 218983 - 01 . Sempre la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in tema di revoca o modifica della misura cautelare, il provvedimento favorevole emesso nei confronti di un coindagato può costituire fatto nuovo sopravvenuto, del quale tener conto ai fini della rivalutazione del quadro indiziario, ma non delle esigenze cautelari, che devono essere vagliate con riferimento a ciascun indagato Sez. 2, n. 20281 del 18/02/2016, Ficicchia, Rv. 266889 - 01 . Nel caso in esame, il ricorrente sollecita una rivalutazione del quadro cautelare per effetto della diversa qualificazione giuridica del reato associativo e dei singoli reati scopo, operata nei confronti di altri coimputati, ma omette di dire che il L. risulta sottoposto a misura cautelare, oltre che per il reato associativo, anche per il reato di tentata estorsione aggravata dal c.d. metodo mafioso, sicché il richiamo ai principi giurisprudenziali in tema finisce per non essere pertinente nel caso in esame. In ogni caso il provvedimento impugnato, nel ricordare il carattere strettamente personale del trattamento riservato ai coimputati, ha, peraltro, rilevato la genericità della doglianza. 5. Quanto al secondo e articolato motivo di ricorso deve osservarsi, in primo luogo, che, come ha ricordato il Tribunale, il mero decorso del tempo costituisce elemento neutro. Peraltro, deve rammentarsi che per i reati per cui è in corso di esecuzione la misura vige la presunzione, pur relativa, di adeguatezza ex art. 275 c.p.p., comma 3, non superata da allegazioni di segno contrario. Anche la motivazione sulla permanenza del pericolo concreto di recidiva, ancorata alla personalità del ricorrente gravi e specifici precedenti penali e carichi pendenti , è congrua. Ma non solo, il tribunale cautelare ha condiviso il giudizio di sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza in presenza delle quali, ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 4, è consentita l’applicazione e il mantenimento della misura della custodia cautelare in carcere. Il provvedimento impugnato a pag. 2, nel condividere la sussistenza di esigenze cautelari già poste a base del provvedimento di rigetto, le ha ritenute di eccezionale rilevanza ed ha, conseguentemente, argomentato l’irrilevanza di appurare se il prospettato impedimento della nonna materna e nonna paterna ad accudire la figlia minore del L. , in presenza di impedimento della madre in ragione dell’attività lavorativa, fosse assoluto. In altri termini, l’ordinanza impugnata ha riconosciuto il carattere di eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari, come argomentato dal Tribunale di Gela, fondato sui gravi e specifici precedenti penali, in un contesto, si rammenta, di misura applicata per uno dei delitti di cui all’art. 275 c.p., comma 3, per i quali vi è presunzione, seppur relativa, di sussistenza e adeguatezza della misura, presunzione non superata con allegazioni di segno contrario, e, del tutto correttamente, ha ritenuto irrilevante l’accertamento del carattere assoluto dell’impedimento ad accudire la minore sia da parte della madre, in ragione dello svolgimento di attività lavorativa, sia delle nonne di costei. 6. La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 4, che esclude l’applicabilità della custodia in carcere nei confronti di determinate persone che versino in particolari condizioni salvo che ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, prevale rispetto alla presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere di cui al comma 3 del medesimo articolo prevista ove si proceda per determinati reati Sez. 2, n. 11714 del 16/03/2012, Ruoppolo, Rv. 252534 Sez. 1, n. 15911 del 19/03/2015 - dep. 16/04/2015, Caporrimo, Rv. 26308801 . Dunque, in via generale, non può escludersi l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 4 solo perché la custodia in carcere sia stata disposta in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 rilevando in tale ipotesi la valutazione concreta e non presuntiva delle esigenze cautelari, che se ritenute di eccezionale rilevanza consentono il mantenimento della custodia in carcere, viceversa le esigenze cautelari cederanno il passo alla cura della prole. Come chiarito dalla pronuncia della Corte Cost. n. 17 del 2017 e nello stesso senso dalla giurisprudenza della Corte di cassazione Sez. 2, n. 11714 del 30/04/2014 Sez. 1, n. 5840 del 15/01/2008 , si è in presenza di una deroga, sia pur soggetta a condizioni e limiti, alla presunzione legale stabilita all’art. 275 c.p.p., comma 3. Ciò non di meno, deve rammentarsi che la disposizione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 4 introduce una eccezione al divieto di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nel caso in cui ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza in presenza delle quali è consentita l’applicazione e il mantenimento della misura di massimo rigore. Dunque, ne deriva che il riconoscimento della sussistenza delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza è sufficiente a superare, pur in presenza di una situazione di assoluta impossibilità, come delineato dall’art. 275 c.p.p., comma 4 della madre o del padre ad accudire la prole inferiore a sei anni, il divieto, previsto dal citato comma 4, al mantenimento della custodia cautelare in carcere. L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi ermeneutici sopra richiamati e con motivazione logica ed adeguata ha risposto alle censure difensive che sono risultate infondate. Resta, infine, da rilevare che, contrariamente all’assunto difensive,le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza non discendono quale conseguenza automatica dal mero titolo di reato, ma dalla circostanza che il L. è soggetto che vanta precedenti penali specifici e gravi ed è attinto di misura per un reato associativo rispetto al quale è rimasta indimostrato il superamento della pur relativa presunzione di pericolosità e adeguatezza, mentre il richiamo all’art. 284 c.p.p., comma 5 bis non è, pertinente nel caso concreto. In ogni caso, l’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, derivante dalla prognosi negativa fondata sui precedenti penali specifici, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’art. 275-bis c.p.p. Sez. 2, n. 43402 del 25/09/2019, Marsili, Rv. 277762 - 01 Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017, Caterino, Rv. 270463 - 01 . 7. Il ricorso del L. va pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. 8. La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.