Cannabis detenuta in casa e coltivata in giardino: illegittimo l’arresto

Confermata in Cassazione la decisione adottata dal Tribunale. Respinto il ricorso proposto dalla Procura. Per i giudici le forze dell’ordine si sarebbero dovute limitare a una denuncia a piede libero e a sequestrare le piante in crescita e i prodotti raccolti per espletare un’analisi laboratoristica.

Illegittimo l’arresto in flagranza per la persona beccata a detenere in casa e a coltivare in giardino marijuana. Pur a fronte del corposo quantitativo rinvenuto – 635 grammi di sostanza suddivisa in vari involucri, 135 grammi di inflorescenze e 350 piantine –, i carabinieri si sarebbero dovuti limitare, secondo i Giudici, a una denuncia a piede libero e a sequestrare le piante in crescita e i prodotti raccolti per espletare poi un’analisi laboratoristica ad hoc Cassazione, sentenza n. 17838/20, sez. VI Penale, depositata oggi . Prima tappa della vicenda giudiziaria è la decisione con cui il Tribunale non convalida l’ arresto – operato dai carabinieri – di un uomo indagato per detenzione e coltivazione illecita di marijuana 635 grammi suddivisi in vari involucri 135 grammi di inflorescenze e 350 piantine , destinata, secondo l’ipotesi accusatoria, ad uso non esclusivamente personale . Per il giudice i militari avevano unicamente un sospetto e non la certezza, né un indizio qualificato circa la qualità illecita delle piante e del loro possibile prodotto e hanno proceduto all’arresto postulando l’illiceità della coltivazione, senza considerare che, allo stato e in attesa dei successivi sviluppi delle indagini tecniche, la misura cautelare reale , cioè il sequestro della sostanza, delle infiorescenze e delle piantine, sarebbe stata adeguata e sufficiente . E applicando questa prospettiva viene anche respinta la richiesta di applicazione della misura degli arresti domiciliari . A contestare la decisione è la Procura, che propone ricorso in Cassazione, mirando alla convalida dell’arresto e sostenendo che va considerato come corretto l’operato dei carabinieri con riferimento ai seri e obiettivi elementi di fatto rilevati all’atto della perquisizione e del sequestro dello stupefacente , cioè detenzione in atto di marijuana e coltivazione non autorizzata di piante di cannabis , elementi, questi, che fungono da presupposto per l’arresto obbligatorio . Invece, osservano dalla Procura, in Tribunale si è dato pieno credito a quanto dichiarato dalla persona indagata che ha sostenuto trattarsi di canapa sativa , ma si è omessa l’analisi di elementi di fatto che avrebbero dovuto condurre a una decisione contraria . Peraltro, aggiungono dalla Procura, la contestazione riguarda anche la detenzione di sostanza stupefacente già essiccata e impacchettata nonché inflorescenze che, anche a volerle considerare come diretta derivazione dalle precedenti coltivazioni, ne confermerebbero la complessiva illiceità, attesa la destinazione almeno parziale a terze persone, dimostrata dal frazionamento e dal confezionamento . Anche per i Giudici della Cassazione, però, l’arresto sarebbe stato eccessivo . In premessa viene riconosciuto che la persona indagata coltivasse piante di canapa sativa nel giardino della propria casa e detenesse le foglie essiccate di coltivazioni precedenti , così come non è contestato che la sostanza già essiccata fosse suddivisa in vari contenitori tre sacchetti di plastica, una zuppiera, tre vasetti e un contenitore in cartone . Altrettanto certo, poi, che l’uomo avesse mostrato ai carabinieri i documenti di acquisto delle sementi e le annotazioni che aveva tenuto sullo sviluppo delle piante . Ebbene, gli spunti d’indagine e i documenti di approfondimento offerti dall’indagato non sono stati tenuti in adeguata considerazione dall’organo di accusa , come certificato dal Tribunale. Difatti, se i carabinieri si fossero limitati a denunciare a piede libero l’uomo , sequestrando le piante in crescita e i prodotti raccolti ed espletando nelle more un’analisi laboratoristica, all’esito della quale accertare la disciplina applicabile – se le disposizioni previste per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa o se il testo unico sulla droga – , allora, sanciscono i giudici della Cassazione, il risultato sarebbe stato raggiunto in maniera più coerente e adeguata, non essendovi alcun pericolo, una volta sequestrata tutta la sostanza, di dispersione o di destinazione dello stupefacente a terze persone . Confermata, quindi, la valutazione compiuta in Tribunale. Illegittimo l’arresto della persona indagata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 maggio – 10 giugno 2020, n. 17838 Presidente Fidelbo – Relatore Giorgi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento del 02/07/2019 il Tribunale di Firenze non convalidava l'arresto dell'indagato per i reati di cui agli artt. 73, commi 1 e 4, D.P.R. 309/90 in relazione alla detenzione e coltivazione illecita di sostanza stupefacente del tipo marijuana gr. 635, suddivisa in vari involucri, oltre gr. 135 di infiorescenze e n. 350 piantine , destinate, secondo l'ipotesi l'ipotesi accusatoria, ad uso non esclusivamente personale. Il giudicante riteneva che gli operanti, avendo unicamente un sospetto e non la certezza, né un indizio qualificato circa la qualità illecita delle piante e del loro possibile prodotto, avessero proceduto all'arresto postulando l'illiceità della coltivazione, senza considerare che, allo stato e in attesa dei successivi sviluppi delle indagini tecniche, la misura cautelare reale sarebbe stata adeguata e sufficiente. Con lo stesso provvedimento il giudice rigettava la richiesta di applicazione della misura degli arresti domiciliari. 2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di non convalida dell'arresto e ne ha chiesto l'annullamento, censurando la violazione di legge e il vizio di motivazione poiché il giudizio di prognosi postuma ex ante induce a ritenere giustificato l'operato di p.g. con riferimento ai seri e obiettivi elementi di fatto rilevati all'atto della perquisizione e del sequestro dello stupefacente detenzione in atto di marijuana e coltivazione non autorizzata di piante di cannabis , per cui è previsto l'arresto obbligatorio. Il giudicante avrebbe invece dato pieno credito a quanto dichiarato in sede di convalida dall'indagato, che ha sostenuto trattarsi di canapa sativa, così pretermettendo l'analisi degli elementi di fatto - irrilevanza della documentazione esibita, documentazione manoscritta e fotografie contenute nel cellulare - che avrebbero dovuto condurre a una contraria decisione. La contestazione peraltro riguarda anche la detenzione di sostanza stupefacente già essiccata e impacchettata nonché infiorescenze che, anche a volerle considerare come diretta derivazione dalle precedenti coltivazioni, ne confermerebbero la complessiva illiceità, attesa la destinazione almeno parziale a terzi, dimostrata dal frazionamento e dal confezionamento. Considerato in diritto 1. Il ricorso del P.M. non è fondato. 2. Il fatto che D’Al. coltivasse piante di canapa sativa nel giardino della propria abitazione e detenesse le foglie essiccate di coltivazioni precedenti è pacifico, così come la circostanza che la sostanza già essiccata fosse suddivisa in vari contenitori tre sacchetti di plastica, una zuppiera, tre vasetti e un contenitore in cartone . E' altrettanto certo che egli avesse mostrato ai Carabinieri i documenti di acquisto delle sementi e le annotazioni che aveva tenuto sullo sviluppo delle piante. Ciò posto, il giudicante ha rappresentato che gli spunti d'indagine e i documenti di approfondimento offerti dall'indagato non erano stati tenuti in adeguata considerazione dall'organo di accusa. Se la p.g. si fosse limitata a denunciare a piede libero D’Al., sequestrando le piante in crescita e i prodotti raccolti ed espletando nelle more un'analisi laboratoristica, all'esito della quale accertare se fosse eventualmente applicabile la disciplina di cui all'art. 1 della legge 242/2016 o se, viceversa, il fatto dovesse essere ricondotto al D.P.R. 309/90, il risultato sarebbe stato raggiunto in maniera più coerente e adeguata, non essendovi alcun pericolo atteso il sequestro di tutta la sostanza di dispersione o di destinazione a terzi dello stupefacente. Orbene, secondo costante linea interpretativa della giurisprudenza di legittimità Sez. 6, n. 8341 del 12/02/2015, Ahmad, Rv. 262502 Sez. 6, n. 48471 del 28/11/2013, Scalici, Rv. 258230 , in sede di convalida dell'arresto, il Giudice deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l'eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell'operato della Polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all'ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 c.p.p., in una chiave di lettura che non deve riguardare la gravità indiziaria e le esigenze cautelari valutazione questa riservata all'applicabilità delle misure cautelari coercitive , ne' l'apprezzamento sulla responsabilità riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito . A tale quadro di principii si è uniformata l'ordinanza impugnata, con la quale il Tribunale ha effettuato appunto la verifica di ragionevolezza della legittimità dell'operato della Polizia giudiziaria, tenuto conto della situazione esistente al momento dell'adozione di quella misura pre-cautelare, nei precisi termini emersi - anche - dalle dichiarazioni e dalla documentazione offerta nell'immediatezza dall'indagato, che, per il loro contenuto giustificativo, sollecitavano, anziché l'arresto dello stesso, lo sviluppo delle investigazioni mediante previe ed adeguate indagini di laboratorio della sostanza e puntuali verifiche dei documenti prodotti. 3. Ne deriva, dunque, il rigetto del ricorso del Pubblico Ministero. P. Q. M. Rigetta il ricorso.