“L’atto è abnorme ma non fa danno”: il processo prosegue in assenza di una significativa lesione ai diritti della difesa

Ad esempio l’abnorme revoca del provvedimento ammissivo del rito abbreviato oltre i casi consentiti dagli artt. 441-bis e 458 c.p.p può essere riparata nel prosieguo processuale al Giudice dibattimentale nulla osta diminuire comunque di un terzo la pena ai sensi dell’art. 442 c.p.p. Per la Cassazione meglio ripristinare i diritti lesi che sanzionare l’atto e far regredire il processo alle precedenti fasi.

Così la Cassazione, quinta sez. penale, sentenza n. 15691/20, depositata il 21 maggio. La vicenda processuale. A seguito di decreto di giudizio immediato ex art. 458 c.p.p. l’imputato chiedeva il rito abbreviato c.d. secco” – non condizionato - ai sensi dell’art. 438 c.p.p. all’udienza in camera di consiglio il difensore depositava una relazione tecnica sui fatti oggetto di contestazione – di omicidio preterintenzionale ex art. 584 c.p. – ed il GIP – reputando integrata la distinta richiesta di abbreviato c.d. condizionato” e dopo aver sentito in udienza l’imputato – riteneva insussistenti – per non necessarietà della prova ai fini della decisione – i requisiti per procedere al rito alternativo richiesto di seguito disponeva la continuazione del processo nelle forme del rito immediato. Il difensore contestava sia l’irritualità della procedura decisionale sia l’ abnormità del provvedimento di revoca del decreto di ammissione al rito abbreviato, siccome formulato oltre le ipotesi specificamente previste dagli artt. 441- bis e 458, comma 2, c.p.p. Ritenuta palese l’invalidità dell’atto, il difensore chiedeva la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari. La Cassazione ha rigettato. La premessa maggiore. Quando l’atto è abnorme. Come noto, l’abnormità strutturale si realizza quando l’atto è strano e singolare” tale da risultare avulso dall’intero ordinamento processuale ovvero quando l’atto è emesso oltre le ipotesi consentite al di là di ogni ragionevole limite extra ordinem invece l’abnormità c.d. funzionale si realizza quando l’atto, pur non essendo estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. La premessa minore. Il GIP aveva infatti errato il deposito di consulenza tecnica sui fatti non muta il carattere della richiesta del rito – da secco a condizionato -. Male il Giudice, la consulenza tecnica è memoria di parte producibile in ogni stato e grado del procedimento ex artt. 121 e 233 c.p.p. e non possiede una specifica qualità investigativa integrante condizione” del rito ai sensi dell’art. 438, comma 5, c.p.p L’atto non è in realtà abnorme il processo consente di recuperare l’errore giudiziale e non si verifica alcuna stasi processuale. La Cassazione avvalora un criterio di valore ordinamentale evitare quanto possibile la regressione del processo e preferire l’applicazione di rimedi ripristinatori a quelli sanzionatori della patologia dell’atto. In specie, l’errore giudiziale – cioè l’aver revocato il provvedimento di ammissione del rito abbreviato al di là dei tassativi casi fissati dagli artt. 441- bis e 458, comma 2, c.p.p. – può essere sanato in itinere iudicii dal giudice dibattimentale al quale è consentito comunque applicare la diminuente ex art. 442 c.p.p. nel caso abbia ritenuta illegittima quella revoca cit. In ogni caso il difensore potrà ulteriormente usufruire degli ordinari gravami. La ragione della Cassazione preferire sempre il prosieguo del processo e riparare il torto. La Cassazione argomenta ai sensi dei tempi ragionevoli di durata del processo ” ex art. 111 della Costituzione purchè l’erronea sequela processuale non abbia determinato significative lesioni al diritto di difesa dell’imputato ex art. 24 della Costituzione. Nel caso in commento l’imputato potrà usufruire di ampie memorie tecniche nel corso del processo, tra l’altro non costituendo la competenza della Corte d’assise – investita dell’accertamento penale a seguito della revoca dell’ammissione al rito abbreviato – natura funzionale inderogabile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 – 21 maggio 2020, n. 15691 Presidente Sabeone – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con decreto del 9 dicembre 2019 il Giudice per le Indagini preliminari di Latina ha per quanto di interesse in questa sede disposto nuovamente il giudizio immediato dinanzi alla Corte di Assise di Latina nei confronti T.G. , imputato del reato di cui all’art. 584 c.p Il suddetto decreto è stato emesso all’esito di udienza in camera di consiglio, fissata ex art. 458 c.p.p., comma 2, per decidere sulla richiesta di giudizio abbreviato non condizionato o secco , presentata dal suddetto imputato in seguito a precedente decreto di giudizio immediato. In tale udienza la difesa dell’imputato ha chiesto l’acquisizione di una consulenza tecnica di parte indicata come memoria tecnica e il Giudice, ritenendo che tale istanza fosse espressione della volontà di condizionare la richiesta di abbreviato, ha emesso una ordinanza con la quale ha rigettato l’istanza di rito abbreviato subordinato ritenuta l’integrazione probatoria indicata non necessaria ai fini della decisione . Dopo tale decisione, nonostante la difesa avesse precisato che la richiesta di acquisizione della consulenza tecnica non mutasse l’istanza di definizione del processo con il rito abbreviato, il Giudice ha interpellato l’imputato, presente in udienza, in ordine alle sue intenzioni circa le forme di prosecuzione del giudizio. Dopo il rigetto di una istanza di rinvio formulata dal T. , quest’ultimo ha dichiarato di rinunciare al giudizio abbreviato semplice . 2. Avverso i suddetti provvedimenti propongono ricorso per cassazione i difensori del T. , denunziando vizi di abnormità con un unico articolato motivo. Si deduce che, disponendo la fissazione dell’udienza dinanzi alla Corte di Assise, il Giudice per le indagini preliminari ha disatteso il principio in base al quale l’ordinanza di revoca del provvedimento di ammissione dell’imputato al rito abbreviato, pronunciata al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 441 bis c.p.p., è provvedimento abnorme. In proposito si richiama la giurisprudenza in materia di irrevocabilità della provvedimento di ammissione del rito abbreviato, che nel giudizio immediato è costituito dal decreto di fissazione dell’udienza prevista dall’art. 458 c.p.p., comma 2. Si evidenzia, inoltre, l’abnormità di tutta la sequenza procedimentale che nella specie ha caratterizzato l’udienza in particolare, il fatto che il Giudice, dopo aver rigettato la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, abbia interpellato l’imputato in ordine alla volontà di proseguire con le forme del rito richiesto, rappresenta secondo i deducenti fonte di abnormità anche della scelta effettuata dal predetto, giacché questi è stato invitato ad avvalersi di una facoltà che la normativa non contempla e, quindi, è tamquam non esset. 3. Con requisitoria depositata in data 9 marzo 2020, il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Si sostiene che nonostante la irritualità del provvedimento di revoca del giudice per le indagini preliminari, la sua nullità non può essere riscontrata dal giudice dibattimentale, cui difetta il potere di sindacare le scelte operate in riferimento all’introduzione o meno del rito abbreviato e, tanto meno, all’ammissione del giudizio immediato . Si aggiunge che l’ordinamento contempla, quale rimedio, non già la riapertura postuma di una fase processuale già conclusa, ma un meccanismo ripristinatorio a tutela dei diritti dell’imputato che sia stato illegittimamente privato della possibilità di essere giudicato col rito alternativo . Si conclude, quindi, per il rigetto del ricorso, evidenziando che l’imputato ha la possibilità di reiterare la richiesta di abbreviato dinanzi al giudice dibattimentale e di impugnare l’eventuale provvedimento con il quale viene disattesa la sua richiesta. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Invero, sebbene la sequenza procedimentale dell’udienza fissata dal Giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 458 c.p.p., comma 2, sia caratterizzata da una serie di irregolarità, non si apprezzano i profili di abnormità denunziati dalla difesa dell’imputato, alla stregua dei criteri fissati da tempo dalla giurisprudenza di questa Corte. 1.1. Come è noto, la categoria concettuale della abnormità genetica o strutturale nasce per porre rimedio a comportamenti procedimentali posti in essere dall’organo giudicante da cui derivino atti non altrimenti impugnabili e al contempo espressivi, in concreto, di uno sviamento della funzione giurisdizionale, non più rispondente al modello previsto dalla legge. La lunga ed articolata elaborazione ermeneutica sul tema è stata segnata dall’arresto giurisprudenziale di cui alla sentenza n. 25957 del 26/03/2009 P.M. in proc. Toni e altro Rv. 243590 delle Sezioni Unite di questa Corte. Si è affermato, sotto un primo profilo, che è affetto da vizio di abnormità il provvedimento che, per singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ovvero quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite. Sotto altro profilo, si è detto che l’abnormità può discendere da ragioni di struttura, allorché l’atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale ovvero può riguardare l’aspetto funzionale, nel senso che l’atto stesso, pur non essendo estraneo al sistema normativo, determini la stasi del procedimento e, quindi, l’impossibilità di proseguirlo. 1.2. Le Sezioni Unite di questa Corte, nella medesima suindicata pronuncia, hanno altresì affermato che se l’atto del giudice è espressione di un potere riconosciutogli dall’ordinamento, si è in presenza di un regresso consentito , anche se i presupposti che ne legittimano l’emanazione siano stati ritenuti sussistenti in modo errato. Non importa che il potere sia stato male esercitato, giacché in tal caso esso sfocia in atto illegittimo, ma non in un atto abnorme. Si può concludere, quindi, che la regressione, sia pure indebita, di per sé non costituisce motivo di abnormità dell’atto e che il discrimine risieda piuttosto nelle conseguenze ad essa ricollegabili, trattandosi di valutare, appunto, l’abnormità dell’atto e non la sua illegittimità. 1.3. Ciò che rileva, al fine di qualificare un atto abnorme , risulta essere, in primo luogo, il confronto tra l’atto posto in essere dal giudice ed il modello legale di riferimento, nel senso che nel caso in cui l’atto sia astrattamente espressivo di un potere conferito dalla legge, pur se erroneamente applicato, non può essere l’atto stesso qualificato abnorme” se non quando la copertura del modello legale risulti, in realtà, solo apparente, essendo stato emesso al di fuori dei casi consentiti e al di là di ogni ragionevole limite. In secondo luogo, è rilevante l’analisi delle conseguenze dell’atto, da qualificarsi abnorme solo ove imponga il compimento di una ulteriore attività viziata, e dunque ponga in pericolo l’equilibrio funzionale del procedimento si veda in tal senso la già citata Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590 e, ex multis, Sez. 5, n. 569 del 04/11/2016, P.M. in proc. Cheptanaru, Rv. 268598 , ovvero implichi l’indebita regressione dello stesso procedimento si veda Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, Battistella, Rv. 238239 nonché, ex multis, Sez. 5, n. 10531 del 20/02/2018, Lazzarini, Rv. 272593 Sez. 3, n. 14012 del 14/12/2017 Castaldi, Rv. 273651 . 2. Precisati i suesposti principi, va detto che nel caso in esame non si è di fronte ad atti affetti da abnormità. 2.1. In proposito è bene evidenziare che fondate sono le deduzioni difensive in ordine alla irregolarità dei provvedimenti emessi dal Giudice per le indagini preliminari nella udienza fissata ai sensi dell’art. 458 c.p.p., comma 2. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale la richiesta di rito abbreviato sia revocabile nella sola ipotesi in cui non abbia ancora spiegato i suoi effetti ovvero sino a quando non sia stata adottata l’ordinanza dispositiva del rito. Si è quindi affermato che la richiesta di giudizio abbreviato è revocabile fino all’adozione del provvedimento del Giudice che dispone il rito quando è proposta ai sensi dell’art. 438 c.p.p., mentre, laddove sia presentata a seguito di decreto di giudizio immediato, può essere revocata fino al momento della fissazione dell’udienza per l’ammissione del procedimento speciale Sez. 6, n. 33908 del 07/06/2017, Medina e altri, Rv. 27056301 si è precisato, infatti, che il vaglio preliminare da parte del Giudice circa l’insussistenza di cause di inammissibilità della richiesta e la successiva attivazione della procedura disciplinata dall’art. 458 c.p.p., comma 2 costituiscono effetti giuridici della richiesta di giudizio abbreviato che, ove già realizzatisi, la rendono irrevocabile Sez. 6, n. 20803 del 29/03/2017, Hotova e altri, Rv. 26989201 si veda anche Sez. 5, n. 21568 del 19/03/2015, Neculaes e altro, Rv. 26370801 . Sotto altro profilo, va pure considerato come le Sezioni Unite di questa Corte abbiano da tempo affermato che l’ordinanza di ammissione del giudizio abbreviato non può essere revocata salvo che nell’ipotesi espressamente disciplinata dall’art. 441 bis c.p.p. Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 25321201 . Si è così ritenuta abnorme la revoca dell’ordinanza di ammissione del giudizio abbreviato, al di fuori dei casi eccezionalmente previsti dall’art. 441 bis c.p.p. Sez. 6, n. 17716 del 17/04/2014, Russello e altro, Rv. 25934401, in un caso nel quale è stata ritenuta l’abnormità dell’ordinanza con cui il giudice dell’udienza preliminare aveva revocato il provvedimento di ammissione del giudizio abbreviato condizionato sia perché emesso da altro giudice persona fisica, sia perché la fase di assunzione degli ulteriori elementi di prova si era a suo avviso risolta in un’ampia istruttoria orale e una massiccia istruttoria dibattimentale si veda pure nello stesso senso, Sez. 6, n. 22480 del 08/05/2013, P.M. in proc. Bujor, Rv. 25664501 . 2.2. Passando all’esame specifico del caso in esame, va premesso che, se alla richiesta di giudizio immediato faccia seguito quella di abbreviato non condizionato , il provvedimento adottato ai sensi dell’art. 458 c.p.p., comma 2 assume natura di atto complesso, giacché con esso il Giudice valuta l’ammissibilità del rito richiesto e, accertata la sussistenza dei presupposti positivi e fissata l’udienza per la trattazione, dispone che si proceda nelle forme del rito alternativo. Pertanto, nei casi come quello di specie nei quali sia stato pronunziato il provvedimento relativo alla richiesta di procedersi nelle forme dell’abbreviato non condizionato alla acquisizione di prove, il giudizio può dirsi definitivamente instaurato, con la conseguenza dell’irrevocabilità del rito speciale, anche se l’imputato manifesti la volontà di rinunciarvi. Va ulteriormente premesso, con specifico riferimento a quanto accaduto nella specie, che erroneamente il Giudice ha ritenuto che la richiesta di acquisizione di una consulenza tecnica di parte fosse espressione della volontà di mutare le forme del rito richiesto. È incontroverso, infatti, che la consulenza di parte, avendo natura di memoria di contenuto tecnico, non integri l’esito di un’attività di indagine Sez. 5, n. 20802 del 07/03/2019, Pmt c/ Damiano Beatrice, Rv. 27663002 e, a norma degli artt. 233 e 121 c.p.p., possa essere prodotta in ogni stato e grado del procedimento, anche se vi è già stata l’ammissione del rito abbreviato Sez. 6, n. 44419 del 22/10/2015, C, Rv. 26504001 . Ha errato dunque il Giudice a rigettare la richiesta di acquisizione della consulenza di parte e ha ulteriormente errato ad emettere l’ordinanza con la quale ha statuito, respingendola, su una istanza mai formulata di definizione nelle forme del rito abbreviato condizionato. L’errore è insito anche nella considerazione, contenuta nella stessa ordinanza, secondo la quale l’art. 438 c.p.p., commi 5 e 5 bis prevedono il contrario e cioè la possibilità che in caso di rigetto di rito abbreviato condizionato possa essere richiesta la definizione nelle forme del rito abbreviato semplice e non il contrario come nel caso che ci occupa . Tale considerazione, infatti, non può che scaturire dalla circostanza che l’udienza ex art. 458 c.p.p., comma 2, era stata fissata in seguito ad una richiesta di rito abbreviato non condizionato e, quindi, il relativo provvedimento come si è detto non era revocabile, se non nei casi tassativi espressamente previsti dall’art. 441 bis c.p., pacificamente non ricorrenti nella specie, trovando il loro esclusivo presupposto in una diversa determinazione dell’imputato a fronte dell’intervenuta nuova contestazione ex art. 423 c.p.p Ha, quindi, ancora una volta errato il Giudice, pur a fronte della precisazione della difesa di riportarsi all’istanza di rito abbreviato semplice si veda il verbale di udienza , a richiedere all’imputato di pronunziarsi sull’intenzione di proseguire con il rito abbreviato e a consentire la rinunzia al rito, per poi emettere il decreto dispositivo di giudizio immediato. 2.3. Evidenziati tutti i profili di irregolarità che hanno caratterizzato la sequenza procedimentale in esame, rileva questo Collegio che non può dichiararsi l’abnormità dei citati provvedimenti, perché non ricorrono i criteri individuati dalla giurisprudenza di questa Corte per ritenere sussistente l’abnormità. In particolare, va rilevato che gli irrituali provvedimenti emessi dal Giudice per le indagini preliminari, che hanno portato all’instaurazione del giudizio immediato dinanzi alla Corte di Assise, non possono determinare la stasi del processo il Giudice del dibattimento non può far regredire il processo dinanzi al Giudice per le indagini preliminari, giacché il sistema normativo prevede dei rimedi ripristinatori dei diritti dell’imputato che sia stato come nella specie-illegittimamente privato della possibilità di essere giudicato con il rito alternativo. Sarebbe, infatti, abnorme il provvedimento del Giudice del dibattimento che, investito del giudizio immediato, disponesse la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari, dichiarando la nullità del provvedimento emesso da quest’ultimo di revoca del rito speciale precedentemente ammesso, trattandosi di una decisione non prevista dalla legge e che determinerebbe un’indebita regressione del procedimento si veda in tal senso, tra le più recenti, Sez. 1, n. 36070 del 10/07/2019, GIP Tribunale di Agrigento, Rv. 27686401 in senso conforme, n. 47960 del 2012 Rv. 254018 n. 47021 del 2008 Rv. 242059 n. 35069 del 2002 Rv. 222361 in senso parzialmente difforme si veda in motivazione Sez. 1, n. 21439 del 03/04/2019, Gip del Tribunale di Napoli, Rv. 27581202 . In effetti, l’ordinamento processuale non contempla la riapertura postuma di una fase processale già conclusa, mentre assicura un meccanismo ripristinatorio a tutela dei diritti dell’imputato, il quale, in caso di rigetto dell’istanza riproposta al Giudice dibattimentale, può, per conseguire la riduzione della pena inflittagli, dolersene con gli ordinari mezzi d’impugnazione, devolvendola prima al Giudice di appello e poi a quello di legittimità. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno più volte statuito sul meccanismo ripristinatorio di cui si è detto. È incontroverso, infatti, che, nel caso di rigetto o dichiarazione d’inammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato non subordinata a integrazioni istruttorie deliberati illegittimamente, consegue il diritto dell’imputato, che abbia vanamente rinnovato la richiesta del rito prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, di recuperare lo sconto sanzionatorio all’esito del giudizio Sez. U, n. 20214 del 27/03/2014, Frija, Rv. 25907801 . E da tempo, a seguito della pronuncia additiva n. 203 del 2003 della Corte costituzionale riguardante la denegata ammissione al rito abbreviato condizionato ad approfondimenti istruttori , si è pure affermato che il rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata dall’imputato all’assunzione di prove integrative, quando deliberato sull’erroneo presupposto che si tratti di prove non necessarie ai fini della decisione, inficia la legalità del procedimento di quantificazione della pena da infliggere qualora si pervenga, in esito al dibattimento, ad una sentenza di condanna. Ne consegue che nei casi in cui l’interesse dell’imputato alla riduzione della pena non abbia potuto trovare tutela attraverso il meccanismo di rinnovazione della richiesta avanti al giudice dibattimentale, il giudice procedente, su esplicita sollecitazione dell’interessato, quando ritiene che il giudizio abbreviato si sarebbe dovuto invece celebrare, è tenuto ad applicare la diminuente di cui all’art. 442 c.p.p. Sez. U, n. 44711 del 27/10/2004, Wajib, Rv. 22917401 . 2.4. Si deve dunque escludere nella specie che il processo non possa proseguire in seguito al decreto di giudizio immediato emesso dopo le errate decisioni del Giudice per le indagini preliminari. L’esistenza di un meccanismo ripristinatorio del diritto dell’imputato ad accedere al rito abbreviato non può consentire di ricondurre nell’area della abnormità il provvedimento dispositivo del giudizio immediato, illegittimamente adottato dal Giudice all’esito di una irregolare sequenza procedimentale, ma non tale da compromettere irreversibilmente la difesa. D’altronde nel nostro ordinamento processuale deve riconoscersi sempre natura sussidiaria al rimedio repressivo-sanzionatorio che può causare la regressione del procedimento rispetto a quello ripristinatorio, che assicura la tutela dei diritti delle parti senza incidere sulla ragionevole durata del processo, tenuto conto anche dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, che ha sottolineato come il sistema sia complessivamente improntato, per esigenze di speditezza e di economia, al principio di non regressione del procedimento si veda Corte Costit. ord. 22 giugno 2005, n. 236 . Insomma, diventa rilevante nella specie l’analisi delle conseguenze dell’irregolarità della sequenza procedimentale cui è conseguito il decreto dispositivo del giudizio immediato certamente non può ritenersi che tale decreto abbia imposto il compimento di una ulteriore attività viziata, mettendo in pericolo l’equilibrio funzionale del procedimento, come serie ordinata di atti tendenti alla stabilità della sua conclusione. Non si è verificata certamente una indebita regressione del procedimento e non può sostenersi che la sua progressione pregiudichi irrimediabilmente i diritti della difesa dell’imputato, proprio in ragione di quel meccanismo ripristinatorio sopra delineato. Nè può sostenersi che i diritti dell’imputato siano stati compromessi dalla circostanza di essere giudicato dalla Corte di Assise invece che dal Giudice competente ai sensi dell’art. 458 c.p.p. invero, questa Corte ha già avuto modo di evidenziare come tale competenza non sia funzionale e inderogabile così, Sez. 6, n. 11807 del 03/02/2017, Muhammad, Rv. 27037401, secondo la quale, in una fattispecie in cui il tribunale aveva ordinato la rinnovazione della notifica del decreto di giudizio immediato, a seguito della quale l’imputato aveva chiesto ed ottenuto l’ammissione al giudizio abbreviato dinanzi al tribunale, dopo che analoga richiesta avanzata al giudice delle indagini preliminari era stata da questi dichiarata inammissibile . 3. Il ricorso va dunque rigettato e il T. va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali