Sequestro preventivo finalizzato a confisca: non è possibile sostituire le somme di denaro con un immobile

Le somme di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, che costituiscono il profitto del reato oppure un valore ad esso equivalente, non possono essere sostituite con beni mobili od immobili di identico valore.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 15308/20, depositata il 19 maggio. Il Tribunale, accogliendo parzialmente la richiesta di riesame proposta dall’indagato nel procedimento e quale legale rappresentante di una s.r.l., disponeva che il sequestro preventivo , finalizzato alla confisca, diretta e per equivalente, del profitto del reato di cui all’art. 10- ter, d.lgs. n. 74/2000, eseguito su somme depositate sui conti correnti intestati alla predetta società, beneficiaria del reato, fosse trasferito su un immobile alla stessa appartenente. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica, sostenendo che l’ordinanza impugnata aveva trasferito il vincolo posto in relazione al profitto diretto del reato su un bene immobile che costituirebbe invece profitto per equivalente. Per i Giudici di legittimità il ricorso è fondato. Va infatti ricordato che le somme di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, che costituiscono il profitto del reato oppure un valore ad esso equivalente, non possono essere sostituite con beni mobili od immobili di identico valore , perché tale operazione comporta la permuta di un bene di immediata escussione con un diritto di proprietà non immediatamente convertibile in un valore corrispondente al profitto del reato . Non è, infatti, ammissibile - neanche qualora vi sia il consenso del soggetto interessato - sottoporre a vincolo un bene immobile di proprietà del soggetto che si è avvantaggiato del reato ma che, a quanto risulta, non costituisce profitto, nemmeno indiretto, dell’illecito.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 marzo – 19 maggio 2020, n. 15308 Presidente Rosi – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 22 settembre 2019, il Tribunale di Rieti, accogliendo parzialmente la richiesta di riesame proposta da A.M. - quale indagato nel procedimento e quale legale rappresentante della F.lli A. Srl per quanto qui interessa, ha disposto che il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, diretta e per equivalente, del profitto del reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 ter, eseguito su somme depositate sui conti correnti intestati alla predetta società, beneficiaria del reato, fosse trasferito su un immobile alla stessa appartenente. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica, deducendo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , la violazione della legge penale. Si lamenta, in primo luogo, che, in violazione di quanto prescritto nel provvedimento genetico e stabilito nell’art. 322-ter c.p., comma 1, l’ordinanza impugnata aveva trasferito il vincolo posto in relazione al profitto diretto del reato tale dovendo ritenersi il denaro contante in possesso della società che aveva omesso il versamento dell’IVA su un bene immobile che costituirebbe invece profitto per equivalente. In secondo luogo, si evidenzia che la decisione era stata assunta anche in violazione del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 19, posto che la citata disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti da reato è inapplicabile ai reati fiscali. Da ultimo, si lamenta che era stata omessa una verifica oggettiva del valore dell’immobile, essendosi il Tribunale fondato soltanto su una perizia di parte, neppure considerando che sullo stesso erano state iscritte due ipoteche giudiziali - come pure era ipotecato il terreno sul quale il medesimo insiste - senza che la documentazione prodotta dall’impugnante fosse sufficiente a dimostrare l’avvenuto pagamento dei debiti in tal modo garantiti. 3. Con memoria datata 28 febbraio u.s., la difesa di A.M. ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per difetto di specificità - non confrontandosi il ricorrente con il contenuto dell’ordinanza impugnata e lamentandosi la violazione del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19, non citato nè applicato dal Tribunale - o, comunque, la sua infondatezza sul rilievo che il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis, non vieta espressamente di sottoporre a confisca beni che, pur non costituendo profitto del reato, appartengano a persona a questo non estranea che manifesti al proposito il proprio consenso, o addirittura lo richieda, come nella specie avvenuto da parte della società. Si rileva, inoltre, come il valore dell’immobile sia almeno doppio rispetto all’importo del disposto sequestro. Considerato in diritto 1. Con riguardo al primo dei segnalati profili di doglianza, il ricorso è ammissibile e fondato, restando assorbiti gli ulteriori motivi. 1.1. Ed invero, pur formalmente lamentando la violazione dell’art. 322 ter c.p., comma 1, - nella parte in cui dispone che la confisca per equivalente e, dunque, il sequestro preventivo ad essa finalizzato possa essere disposta soltanto laddove sia impossibile l’acquisizione diretta del profitto - è evidente che la doglianza deve intendersi riferita alla corrispondente disposizione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis, comma 1, introdotto dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, ed applicabile nel caso di specie ratione temporis. Il ricorrente ha semplicemente errato nell’indicare la previgente fattispecie prevista dall’art. 322-ter c.p., richiamato dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 143 e abrogata dal citato D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 14, ma questa Corte ha già affermato che le due disposizioni hanno identico contenuto e che tra le stesse vi è continuità normativa v. Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016, Lombardo, Rv. 268386 . Le ragioni in fatto e diritto della doglianza, dunque, sono chiare. 1.2. Le stesse sono anche fondate. In primo luogo, va rammentato che le somme di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, che costituiscono il profitto del reato oppure un valore ad esso equivalente, non possono essere sostituite con beni mobili od immobili di identico valore, perché tale operazione comporta la permuta di un bene di immediata escussione con un diritto di proprietà non immediatamente convertibile in un valore corrispondente al profitto del reato Sez. 3, n. 37660 del 17/05/2019, Colosso, Rv. 277833 cfr. anche Sez. 3, n. 12245 del 17/01/2014, Collu, Rv. 261496 e Sez. 3, n. 33587 del 19/06/2012, Paulin, Rv. 253135 . In disparte quel rilievo, contrariamente a quanto allega la difesa dell’indagato e della società nella memoria presentata, va nella specie affermato che non è ammissibile - neppure qualora vi sia il consenso del soggetto interessato - sottoporre a vincolo un bene immobile di proprietà del soggetto che si è avvantaggiato del reato ma che, a quanto pacificamente risulta, non costituisce profitto, nemmeno indiretto, dell’illecito. Si tratterebbe di un vincolo preordinato ad una confisca per equivalente del profitto che la legge non prevede in capo al soggetto che si è avvantaggiato del reato, essendo la stessa prevista e solo in caso di impossibilità della confisca del profitto del reato - nei riguardi dell’autore dello stesso. Nonostante il consenso del soggetto interessato al trasferimento del sequestro dal denaro all’immobile - a quanto consta, peraltro, neppure espresso con formalità idonee a vincolare giuridicàmente la società in vista di un futuro atto ablatorio, qualora questo dovesse ritenersi ammissibile l’eventuale sentenza di condanna non potrebbe mai disporre la confisca di quel bene, non prevista nè consentita dalla legge, sicché il provvedimento cautelare si rivelerebbe privo degli effetti che gli sono propri. Le disposizioni sulla confisca, di fatti, rivestono carattere di stretta interpretazione e, avendo spiccata natura pubblicistica, il loro contenuto ed i loro effetti non possono formare oggetto di pattuizioni che si muovono nell’ambito dell’autonomia negoziale cfr. Sez. 1, n. 46559 del 15/09/2016, Menozzi, Rv. 268137, che ha affermato il principio secondo cui, in tema di confisca, il giudice dell’esecuzione non può disporre, su istanza del terzo rimasto estraneo al processo, la sostituzione del bene confiscato al condannato con una somma di denaro corrispondente al valore del bene stesso la motivazione della sentenza precisa inoltre che, in tal modo, nella specie si sarebbe dato luogo ad una non consentita confisca per equivalente in sostituzione di quella diretta, del prodotto o profitto del reato . Va peraltro osservato che - veri i presupposti allegati nella memoria difensiva vale a dire che l’immobile in questione avrebbe valore doppio rispetto all’importo oggetto di confisca e sarebbe libero da iscrizioni ipotecarie - la società non incontrerà difficoltà ad ottenere un prestito per importo equivalente a quello sequestrato, dando in garanzia l’immobile stesso, così conseguendo il risultato auspicato senza necessità di ricorrere ad interpretazioni delle disposizioni in materia di confisca che certamente sono contra legem. 3. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata limitatamente alla sostituzione della res sottoposta a vincolo cautelare reale sui conti correnti intestati alla società F.lli A. Srl con l’immobile di O missis catastalmente individuato nel provvedimento impugnato. L’annullamento può avvenire senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l , non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto e ferma restando l’esecuzione del provvedimento genetico giusta le disposizioni in esso contenute, sì che la cancelleria provvederà a norma dell’art. 28 reg. esec. c.p.p P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla sostituzione della res sottoposta a vincolo cautelare reale sui conti correnti intestati alla - società F.lli A. Srl con l’immobile sito in omissis , individuato catastalmente nel provvedimento impugnato. Manda alla cancelleria per gli adempimenti ex art. 28 reg. esec. c.p.p Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a .