Il rinvio al giudice civile a seguito di annullamento sottende la consumazione dell’accertamento della penale responsabilità

L’azione civile assume carattere accessorio e subordinato rispetto all’azione penale, tanto da doverne subire le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale, inserendosi all’interno del suo statuto. In questa cornice, la deviazione da tale paradigma nel caso di giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della Corte di ultima istanza trova fondamento nella consumazione dell’accertamento circa la responsabilità penale dell’imputato, a seguito della quale il rinvio al giudice civile atterrà, esclusivamente, al profilo risarcitorio e restitutorio della vicenda.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 14229/20, depositata l’11 maggio u.s., si pronuncia in tema di impugnazioni, con particolare riguardo al profilo civilistico connesso al giudizio di rinvio conseguente all’annullamento della Corte di Cassazione. Il fatto. La Corte d’Appello di Brescia, a fronte dell’impugnazione proposta dalla parte civile, riformava parzialmente la sentenza di assoluzione emessa dal Giudice di primo grado nei riguardi di uno straniero accusato di reati in materia di violenza sessuale, condannandolo al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede oltre che al pagamento di una provvisionale. Avverso tale pronuncia propone appello l’imputato, con precipua censura in ordine alla mancata, illogica e contraddittoria motivazione in relazione ai principi dettati dall’articolo 6, par.3 CEDU e dall’articolo 603 c.p.p. la Corte territoriale, osserva la difesa, avrebbe ribaltato il giudizio di secondo grado mediante la rivalutazione di prove decisive quali la deposizione della persona offesa e di due educatori, senza procedere alla riassunzione delle medesime. Il ricorso merita accoglimento. I Giudici di Legittimità della Terza Sezione accolgono la doglianza rappresentata dalla difesa dell’imputato. In via del tutto preliminare, gli Ermellini rappresentano la graniticità del principio, ormai codificato, secondo cui ai fini del mutamento del giudizio assolutorio non può prescindersi dalla rinnovazione dell’istruttoria , allorquando il cambio di rotta decisorio sia dovuto alla rivalutazione di prove decisive. L’argomento di rilievo della sentenza in disamina, tuttavia, è da rinvenirsi nel rapporto tra azione civile e azione penale , con precipua attenzione agli effetti del potenziale annullamento della sentenza sull’individuazione del giudice del rinvio. Invero, la sede penale e quella civile osservano regole procedimentali e probatorie ben diverse. Come è noto, l’articolo 622 c.p.p. afferma che fermi gli effetti penale della sentenza, la corte di cassazione, se ne annulla solamente le disposizioni o i capi relativi all’azione civile o se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato, rinvia quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l’annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile . Ebbene, di recente anche il Giudice delle Leggi, con sentenza n. 176/19 , ha chiarito che l’ azione civile assume carattere accessorio e subordinato rispetto all’azione penale, tanto da doverne subire le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale, inserendosi all’interno del suo statuto. In questa cornice, la deviazione da tale paradigma nel caso di giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della Corte di ultima istanza trova fondamento nella consumazione” dell’accertamento circa la responsabilità penale dell’imputato, a seguito della quale il rinvio al giudice civile atterrà, esclusivamente, al profilo risarcitorio e restitutorio della vicenda. Alla stregua di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale Civile competente per grado.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 gennaio – 11 maggio 2020, n. 14229 Presidente Andreazza – Relatore Noviello Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23 aprile 2019, la corte di appello di Brescia, a fronte dell'appello proposto dalla parte civile, riformava parzialmente la sentenza del tribunale della medesima città, con cui H.N. era stato assolto dal reato di cui all'art. 609 ter e art. 609 quater c.p., condannando H.N. al risarcimento del danno in favore dell'appellante, da liquidarsi in separato giudizio civile, oltre che al pagamento di una provvisionale. 2. Avverso la pronuncia della Corte di appello sopra indicata propone ricorso per cassazione H.N. mediante il proprio difensore, deducendo due motivi di impugnazione. 3. Deduce con il primo il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata dichiarazione di inammissibilità dell'impugnazione proposta dalla parte civile, per avere la medesima chiesto la condanna dell'imputato a pena di giustizia, sebbene tale istanza potesse essere proposta solo dal P.M 4. Con il secondo motivo, prospetta il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 6 par. 3 lett. d della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo ed all'art. 603 c.p.p La Corte di appello, nel pervenire alla decisione impugnata, avrebbe rivalutato le testimonianze della p.o. e di due educatori senza rinnovare l'istruttoria dibattimentale, procedendo in violazione del citato art. 6 paragrafi 1 e 3. Si contesta come nell'incertezza sulla data di svolgimento del primo episodio si sarebbe dovuto optare per una soluzione più favorevole al reo, ritenendo così che il fatto sarebbe accaduto dopo il compimento dell'età rilevante ai sensi dell'art. 609 quater c.p., come stabilito dal primo giudice e diversamente da quanto erroneamente stabilito dai giudici di appello. Inoltre, la corte di appello, valutando diversamente non solo il portato della perizia ma anche il contenuto delle tre testimonianze già citate avrebbe, difformemente dal primo giudice, stabilito che l'imputato usò la forza per imporre alla persona offesa il proprio volere sulla base di una motivazione non rafforzata , oltre che senza rinnovare l'istruttoria dibattimentale. Considerato in diritto 1. Manifestamente infondato è il primo motivo di impugnazione, atteso che la formulazione, ad opera della parte civile appellante, di un'istanza ulteriore quale quella della condanna dell'imputato anche sul piano penale - rispetto a quella rientrante nelle proprie facoltà e specificamente espressa ai sensi dell'art. 576 c.p.p. pen., come del resto incontestato dal ricorrente, non preclude la legittimità del gravame così correttamente formulato. Tanto più che l'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando - diversamente dal caso in esame - non contenga l'espressa indicazione che l'atto è proposto ai soli effetti civili cfr. Sez. U, n. 6509 del 20/12/2012, dep. 2013 Colucci, Rv. 254130 - 01 . Nè il dedotto vizio, ove sussistente, può assumere la veste prospettata sub specie di un vizio di motivazione, potendo piuttosto astrattamente ascriversi solo a quello di violazione di legge. 2. Fondato è invece il secondo motivo dedotto. Rilevano, al riguardo, i recenti e noti arresti di questa Corte di legittimità, secondo cui la riforma in appello del giudizio assolutorio di primo grado impone al giudice del gravame il rispetto di due regole l'elaborazione di una motivazione c.d. rafforzata e, qualora essa scaturisca da un diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il ricorso alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, al fine di assicurare che il giudizio di colpevolezza sia conforme al parametro dell' al di là di ogni ragionevole dubbio e agli indirizzi espressi dalla giurisprudenza della Corte Edu in tema di interpretazione dei principi contenuti nella convenzione Europea dei diritti dell'Uomo e segnatamente dall'art. 6 par. 3 lett d della Convenzione Europea dei diritto dell'Uomo. 2.1. L'elaborazione giurisprudenziale del principio della motivazione rafforzata , secondo cui .nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, che sia caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio da ultimo, Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, Banchero, Rv. 272082 , si è progressivamente ricollegata, in forme sempre più esplicite, a quello della rinnovazione in appello della prova dichiarativa ritenuta decisiva, assumendolo come indefettibile presupposto. Mentre con le prime pronunzie sul punto si era sottolineato solo il particolare dovere di motivazione che si impone al giudice d'appello allorquando affermi la responsabilità dell'imputato già prosciolto in primo grado Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003 Rv. 226093 Andreotti Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005 Rv. 231679 Mannino , le successive decisioni di questa Corte, ispirate da un proficuo confronto con la giurisprudenza di Strasburgo in tema di ribaltamento di precedenti decisioni, si sono espresse chiaramente nel senso che la sentenza di condanna adottata in riforma di quella assolutoria di primo grado non può essere fondata esclusivamente o in maniera determinante su una diversa valutazione delle fonti dichiarative che non siano state nuovamente assunte, anche d'ufficio, a norma dell'art. 603 c.p.p., comma 3 cfr. in motivazione, Sez. U, n. 11 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486 Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone e altri, Rv. 265879 Sez. 5, n. 6403 del 16/09/2014, Prete, Rv. 262674 Sez. 5, n. 52208 del 30/09/2014, Marino, Rv. 262115 Sez. 5, n. 25475 del 24/02/2015, Prestanicola e altri, Rv. 263903 . 2.2. Quest'ultimo risultato ermeneutico ha imposto anche l'opportuna specificazione, da parte delle sopra citate Sezioni Unite di questa Corte, del concetto di prova decisiva , in prospettiva della sua rinnovazione in appello nei termini sopra illustrati. E' stato infatti precisato che tale nozione non rimanda a quella considerata dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al caso di ricorso ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d , per cui tale sarebbe la prova che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia cfr. per tutte Sez. 4 n. 6783 del 23/01/2014, Di Meglio, Rv. 259323 ciò in quanto vengono in rilievo pronunzie aventi ad oggetto il peculiare e diverso tema, circoscritto ad una fase in cui il dibattimento è alle battute iniziali, del rigetto di una richiesta di assunzione di prova avanzata dalla difesa nel quadro dell'art. 495 c.p.p., comma 2. La nozione in esame, piuttosto, si inquadra nel diverso contesto in cui il giudice prende in considerazione non prove negate bensì da riassumere , già esaminate con la decisione assolutoria impugnata, che le ha assunte a proprio fondamento. Da tale connotazione discende che ai fini in esame devono ritenersi decisive le prove che sulla base della sentenza di primo grado abbiano determinato o anche solo contribuito a determinare un esito liberatorio e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso del materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull'esito del giudizio di appello nell'alternativa proscioglimento - condanna Non solo. Devono ritenersi egualmente decisive anche quelle prove che, quand'anche ritenute di scarso o nullo valore probatorio dal primo giudice, siano, nella prospettiva dell'appellante, rilevanti ai fini dell'esito di condanna, sia che vengano considerate da sole sia insieme ad altri elementi di prova cfr. Sez. U, n. 11 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486 . 2.3. La predetta nozione, di converso, consente di ribadire quegli approdi giurisprudenziali con cui è stata esclusa la decisività della prova dichiarativa e la sua rinnovazione in appello ove si tratti di una prova che non sia oggetto di diverse valutazioni tra primo e secondo grado e che solo da una rivalutazione del restante compendio probatorio tragga un significato risolutivo ai fini dell'affermazione di responsabilità da parte del giudice di appello cfr. Sez. 5, n. 33272 del 28/03/2017, Carosella, Rv. 270471 ovvero non ne venga in rilievo il contenuto probatorio ma solo la relativa qualificazione giuridica Sez. 6, n. 12397 del 27/02/2018, Gagliano, Rv. 272545 Sez. 5, n. 47833 del 21/06/2017, Terry e altro, Rv. 273553 Sez. 5, n. 54296 del 28/06/2017, Pesce, Rv. 272088 Sez. 3 n. 44006 del 24/09/2015, B., Rv. 265124 o, ancora, la valutazione della dichiarazione operata dal giudice di primo grado sia inficiata dalla erronea percezione di un dato probatorio, che ricorre nel caso in cui se ne afferma l'insussistenza sebbene in realtà esista Sez. 1, n. 26390 del 14/11/2017, Amato e altri, Rv. 273360 . In quest'ultima evenienza, il contenuto dichiarativo resta immutato e il giudice di primo grado incorre in mero travisamento del dato obiettivo, suscettibile di dar luogo a un cd. errore revocatorio , per cui la lettura della prova è inficiata da un errore per omissione, invenzione o falsificazione la verifica della prova si traduce in un esame parziale della stessa, che non viene considerata dal giudice di merito nella sua interezza, pur risultando integralmente in atti. Cosicchè, anche in tal caso, non emerge l'esigenza di disporre una rinnovazione istruttoria, poichè non si tratta di rivalutare alcuna narrazione. 2.4. Discende, in via generale ed in sintesi, che non è decisiva, ai fini della rinnovazione dibattimentale in appello per la riforma in peius della sentenza di proscioglimento, quella prova dichiarativa la cui valutazione contenutistica rimanga inalterata nel giudizio di primo e secondo grado. In tal senso si pone la recente interpolazione dell'art. 603 c.p.p., come modificato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 58, laddove con il comma 3 bis si è stabilito che nel caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza di proscioglimento, l'obbligo di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ricorra solo per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa. 2.5. Dai suddetti principi, estensibili anche al caso in cui si proponga appello ad opera della parte civile cfr. Sez. U., n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489-01 Sez. 5, n. 32854 del 15/04/2019, Gatto, Rv. 277000 - 01 , discende la fondatezza del motivo in esame. Posto che per individuare le fonti dichiarative di cui disporre la rinnovazione, nel quadro giuridico sopra esposto, è necessario sviluppare una valutazione che consideri esclusivamente il portato liberatorio o accusatorio del narrato, come emerso dalla sentenza assolutoria ovvero prospettato dall'appellante, in funzione di un giudizio prognostico circa l'idoneità a determinare, in via esclusiva od in concorso con altre fonti probatorie, la decisione di proscioglimento o di condanna, deve rilevarsi come erroneamente la corte di appello si sia limitata ad una mera rivalutazione del compendio probatorio già raccolto, senza procedere, come emerge dalla sentenza impugnata, ad alcuna rinnovazione dibattimentale, pur formulando, alfine, un giudizio ricostruttivo della responsabilità del ricorrente, seppure ai soli effetti civili, che si connota per una significativa rivalutazione e interpretazione di fonti probatorie dichiarative. A partire dalla persona offesa, con particolare riguardo alla ricostruzione - attraverso le sue progressive dichiarazioni e la considerazione dell'attitudine nel fissare i momenti spazio - temporali -, dell'epoca del primo abuso sessuale contestato - rilevante ai fini della configurabilità o meno del reato ex art. 609 quater c.p. -, come anche dei profili di sussistenza o meno di condotte violente, strumentali agli abusi, mediante l'esame dello svolgimento degli incontri e del comportamento dell'imputato come descritto dalla vittima. Altrettanto considerevole, rispetto ai profili immediatamente prima indicati, appare la valutazione del teste D., che per primo raccolse le confidenze del minore e l'indicazione da parte del medesimo del momento temporale del primo episodio contestato. Come anche di quei testi, da individuare eventualmente da parte dei giudici di secondo grado, alla luce del principi prima esposti, che possano apparire particolarmente significativi e determinanti in senso accusatorio o assolutorio. Consegue, come anticipato, il fondamento del motivo dedotto, in concreto involgente anche il vizio di violazione di legge rispetto alla accertata omessa rinnovazione, atteso che nel caso in esame il giudice è obbligato a rinnovare, anche d'ufficio, l'istruzione dibattimentale, venendo in rilievo la garanzia del giusto processo a favore dell'imputato coinvolto nel procedimento penale, dove i meccanismi e le regole di formazione della prova non conoscono distinzioni a seconda degli interessi in gioco, pur se di natura esclusivamente civilistica cfr. Sez. 5, n. 32854 del 15/04/2019, cit. . L'omessa rinnovazione assorbe l'ulteriore profilo inerente la mancata formulazione di una motivazione rafforzata . 3.Queste ultime considerazioni, implicando l'annullamento della sentenza impugnata, determinano, come immediato e conseguenziale portato, la questione della individuazione del giudice del rinvio. Il tema involge scelte di sistema attinenti ai rapporti tra azione civile ed azione penale nell'attuale assetto codicistico al contempo, comporta ricadute immediate sull'ampiezza della tutela riconosciuta tanto alla parte civile che all'imputato, attese le diverse forme del giudizio di rinvio, a seconda che esso sia disposto verso il giudice civile ovvero verso il giudice penale, con le conseguenziali diverse regole procedimentali e probatorie. Viene così in rilievo l'interpretazione dell'art. 622 c.p.p. ai sensi del quale fermi gli effetti penali della sentenza, la corte di cassazione, se ne annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato, rinvia quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile . 3.1. Si tratta allora, innanzitutto, di delineare la cornice entro cui l'interprete deve muoversi nell'affrontare e risolvere le predette questioni. 3.2. Va premesso che, come anche di recente sottolineato dal giudice delle leggi cfr. Corte Cost. n. 176 del 12 luglio 2019 , nel processo penale l'azione civile assume carattere accessorio e subordinato rispetto all'azione penale, sicchè è destinata a subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale, cioè dalle esigenze, di interesse pubblico, connesse all'accertamento dei reati e alla rapida definizione dei processi ex plurimis, sentenza Corte Cost. n. 12 del 2016 In tale quadro, la Corte costituzionale, procedendo alla disamina delle disposizioni a tal fine rilevanti, siccome disciplinanti l'esercizio dell'azione civile in sede penale, ha avuto cura comunque di sottolineare come attraverso l'impianto complessivo del regime dell'impugnazione della parte civile, il legislatore, anche con l'art. 576 c.p.p. non abbia derogato al criterio per cui, essendo stata la sentenza di primo grado pronunciata da un giudice penale con il rispetto delle regole processualpenalistiche, anche il giudizio d'appello è devoluto a un giudice penale quello dell'impugnazione secondo le norme dello stesso codice di rito. E infatti, il giudice dell'impugnazione, lungi dall'essere distolto da quella che è la finalità tipica e coessenziale dell'esercizio della sua giurisdizione penale, è innanzi tutto chiamato proprio a riesaminare il profilo della responsabilità penale dell'imputato, confermando o riformando, seppur solo agli effetti civili, la sentenza di proscioglimento pronunciata in primo grado. E' quindi del tutto coerente con l'impianto del codice di rito che, una volta esercitata l'azione civile nel processo penale, la pronuncia sulle pretese restitutorie o risarcitorie della parte civile avvenga in quella sede pertanto, anche quando l'unica impugnazione proposta sia quella della parte civile, non è irragionevole che il giudice d'appello sia quello penale con la conseguenza che le regole di rito siano quelle del processo penale. La deviazione da questo paradigma nel caso del giudizio di rinvio a seguito dell'annullamento, pronunciato dalla Corte di cassazione, della sentenza ai soli effetti civili, secondo il disposto dell'art. 622 c.p.p., trova la sua giustificazione nella particolarità della fase processuale collocata all'esito del giudizio di cassazione, dopo i gradi o l'unico grado di merito . 3.3.Da parte sua, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto che la ratio ispiratrice della norma ex art. 622 c.p.p., che prevede in dati casi l'annullamento con rinvio dinnanzi al giudice civile, deve rinvenirsi in esigenze di economicità, che operano comunque solo allorquando non vi sia più nulla da accertare agli effetti penali cfr. tra le altre, Sez. 3, n. 46476 del 13/07/2017, Ostuni, Rv. 271147 - 01 . 3.4. Rispetto a tale quadro, di accessorietà dell'azione civile rispetto al processo penale il quale, con le sue peculiarità discendenti dalle garanzie costituzionali del cd. giusto processo , incide legittimamente sugli spazi di operatività della pretesa risarcitoria e nel contempo comunque accoglie, seppur con talune precisazioni cfr. artt. 538,576 e 578 c.p.p. , in tutti i suoi gradi di giudizio, l'azione civile, viene naturalmente in rilievo l'ulteriore profilo, anch'esso di interesse per la questione ermeneutica emersa, della rilevanza della portata delle garanzie difensive assicurate all'imputato, anche rispetto ai diritti azionati dalla parte civile. 3.5. A tale ultimo riguardo, non può che sottolinearsi la scelta legislativa di assicurare costantemente, e quindi tendenzialmente in tutti i gradi di giudizio, il regime processuale e probatorio penale una volta che l'azione civile sia stata proposta in sede penale. In tal senso depongono non solo le disposizioni che consentono alla parte civile di formulare e poter far valere efficacemente le proprie pretese sia nel quadro della regola generale dell'avvenuta adozione di una sentenza di condanna art. 538 c.p.p. sia attraverso eccezioni a tale regola art. 576 c.p.p., comma 1, primo periodo u.p. e art. 578 c.p.p., riguardanti casi in cui i profili civilistici possono venire in rilievo pur in assenza di una pronunzia penale di condanna , bensì anche l'espressa previsione che disciplina le facoltà difensive dell'imputato stesso rispetto alle pretese attivate nei suoi confronti sul piano civile. Si fa riferimento, in particolare, all'art. 574 c.p.p., ai sensi del quale l'impugnazione dell'imputato contro i profili civilistici della sentenza è proposta col mezzo previsto per le disposizioni penali della sentenza . Tanto del resto in piena congruenza e conferma della previsione, di portata generale, per cui l'impugnazione per i soli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale cfr. art. 573 c.p.p. . Ed in linea con la corrispondente disposizione disciplinante l'impugnazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria cfr. art. 575 c.p.p. . Cosicchè, trova positiva conferma il già sopra citato rilievo della Corte Costituzionale secondo cui, appunto, il legislatore non ha derogato al criterio per cui, essendo stata la sentenza di primo grado pronunciata da un giudice penale con il rispetto delle regole processualpenalistiche, anche il giudizio d'appello è devoluto a un giudice penale quello dell'impugnazione secondo le norme dello stesso codice di rito. 3.6. La sottolineata persistenza del regime processuale e penale rispetto all'azione civile attivata ex art. 74 c.p.p., e ss., tanto rispetto alla posizione della parte civile quanto rispetto a quella dell'imputato, evidenzia, conseguentemente, il permanente rilievo, anche su tale piano, dei principi fondamentali disciplinanti l'accertamento della responsabilità penale, ovvero dello statuto garantistico dell'imputato, alla luce del quale le contrapposte parti attivano rispettivamente le proprie pretese e le proprie difese. A tale ultimo proposito è indubbio come l'imputato articoli la propria strategia, secondo il regime penale sostanziale e processuale, non soltanto rispetto all'accusa penale, ma anche in relazione alle pretese risarcitorie e restitutorie di stampo civilistico. Con la conseguenza per cui le garanzie assicurate dall'ordinamento a colui nei cui confronti è formulata la contestazione penale trovano un ampliamento della propria portata, a fronte dell'opzione processuale esercitata ex art. 74 c.p.p., così da riguardare l'accertamento del fatto-reato sotto tutti i suoi profili di rilevanza giuridica e giurisdizionale. E si traducono nel principio, costituzionalmente assicurato attraverso le indicazioni innanzitutto dell'art. 111 Cost., secondo cui pur in presenza di un giudicato assolutorio irrevocabile, la decisione formulata sul piano civile deve esaminare tutti gli aspetti della vicenda secondo i canoni interpretativi e le regole processuali proprie del diritto penale, come ab origine introdotte. In altri termini, la proposizione dell'azione civile in sede penale, la rilevanza rispetto alla stessa delle peculiarità del processo penale, il suo esercizio e sviluppo, per tutte le parti processuali, nella prospettiva delle relative regole, implicano la configurazione di un complesso thema decidendum, rispetto al quale sussiste la necessità, presidiata innanzitutto dallo statuto difensivo e costituzionalmente garantito dell'imputato, non privo di risvolti favorevoli anche per la parte civile si pensi alla facoltà di testimoniare della persona offesa , per cui la decisione finale, anche sul piano civilistico, debba fare applicazione delle norme che regolano il processo penale, assicurando un processo giusto secondo la legge penale e i suoi principi consolidati che sovrintendono l'accertamento dei fatti senza distinzione tra le ipotesi in cui sia ancora esistente, nonostante l'assoluzione in primo grado, la questione penalistica e i casi in cui sia ormai irrevocabile - in senso favorevole all'imputato - la decisione su quest'ultimo profilo. In questo quadro è significativo, del resto, che il principio la cui violazione giustifica l'annullamento della sentenza impugnata nel caso di specie, ovvero quello della rinnovazione, anche d'ufficio, dell'istruzione dibattimentale rispetto a fonti dichiarative, espressivo di una garanzia del giusto processo a favore dell'imputato coinvolto nel procedimento penale, non conosca distinzioni a seconda degli interessi in gioco, pur se di natura esclusivamente civilistica cfr. Sez. 5, n. 32854 del 15/04/2019 cit. . Consegue, in sintesi, che sussiste e permane l'interesse penalistico alla vicenda - sotto il profilo della necessaria applicazione del giusto processo di rilievo costituzionale, come declinato sul piano penale -, anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della stessa interesse espressamente delineato in sede di impugnazione della sentenza di primo grado con la relativa esplicita disciplina di cui all'art. 573 c.p.p. e ss. , nonchè rinvenibile anche in sede di rinvio a seguito di annullamento del giudice di legittimità. 4.Le considerazioni da ultimo formulate, consentono di interpretare nella maniera più adeguata la disposizione di cui all'art. 622 c.p.p., con particolare riguardo alla formulazione di interesse in questa sede, secondo cui fermi gli effetti penali della sentenza, la corte di cassazione, se ne annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile . rinvia quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile . In proposito, appare consolidato l'orientamento che, nel ricondurre la ratio della norma ad un'esigenza di economicità processuale, rinviene il presupposto di operatività della stessa nella circostanza dell'intervenuto venir meno di ogni interesse penalistico correlato alla vicenda insorta, giustificativo, come tale, della dissoluzione di ogni collegamento tra la pretesa risarcitoria del privato e l'accertamento del fatto - reato come svolto nel processo penale cfr. tra le altre Sez. 3, n. 46476 del 13/07/2017 dep. 10/10/2017 Ostuni, Rv. 271147 - 01 . Cosicchè, tenendo conto della prospettiva delineata nel paragrafo che precede, allorquando permanga - anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della vicenda - l'interesse penalistico alla stessa, sub specie della necessaria applicazione del giusto processo , di rilievo costituzionale e come declinato sul piano penale ed illustrato nei termini sopra esposti con riguardo ai casi di reformatio in peius della sentenza di assoluzione, non si innesca la definitiva recisione tra la pretesa civilistica e l'accertamento del fatto - reato, e quindi non opera la disposizione suindicata. Depone del resto, in tal senso, la stessa lettera del citato articolo, laddove l'annullamento con rinvio al giudice civile opera solamente allorquando la Suprema corte annulli le disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile , nel cui ambito deve ritenersi non rientrino le questioni ancora connotate, alla luce di quanto sinora esposto, dalla necessità di verificare la ricostruibilità del fatto-reato secondo le regole proprie del processo penale quale inevitabile conseguenza, del resto, con particolare riferimento al caso di specie, dell'intervenuto accoglimento delle doglianze involgenti essenziali garanzie difensive, formulate dall'accusato in sede di legittimità. La ravvisata interpretazione si inserisce coerentemente nel quadro della scelta legislativa evidenziata dal giudice delle leggi cfr. Corte Cost. cit. , per cui, una volta esercitata l'azione civile nel processo penale, la pronuncia sulle pretese restitutorie o risarcitorie della parte civile tende a permanere in quella sede, cosicchè la deviazione da questo paradigma, nel caso del giudizio di rinvio a seguito dell'annullamento, pronunciato dalla Corte di cassazione, della sentenza, ai soli effetti civili, secondo il disposto dell'art. 622 c.p.p., trova la sua giustificazione solo nella particolarità della fase processuale, collocata all'esito del giudizio di cassazione. Con l'inevitabile corollario per cui la portata di questa norma, di carattere eccezionale, dunque, nel suesposto contesto normativo, non può che essere oggetto di un'interpretazione restrittiva, circoscritta a quei soli casi in cui l'accertamento del fatto-reato possa dirsi definitivamente concluso davanti al giudice penale, in ragione del venir meno della persistenza dello statuto garantistico dell'imputato rispetto alla vicenda da esaminare. Nè la prospettata soluzione contrasta con quanto disposto dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con la sentenza del 18 luglio 2013, n. 40109, Sciortino Rv. 256087 , la quale, esaminando una questione diversa da quella attuale, ha ritenuto che, una volta rilevata e dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione, non possa residuare alcuno spazio per ulteriori pronunce del giudice penale e non si giustifichi più la speciale competenza promiscua attribuita al giudice penale a seguito della costituzione di parte civile, venendo meno quell'interesse penalistico alla vicenda che giustifica il permanere della questione in sede penale. In virtù del principio di economia processuale, quindi, la decisione sugli aspetti civili - si è detto - va rimessa al giudice civile, competente a pronunciarsi sia sull'an che sul quantum della pretesa del danneggiato dal reato. Invero, la predetta sentenza si muove, come già accennato, in un'area diversa da quella in esame, legittimamente governata, quindi, da regole diverse. Infatti, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata, atteso che il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva cfr. Sez. U, n. 35490 del 2009, Tettamanti, cit., Rv. 244275 . Con la conseguenza per cui non potrà rinvenirsi quella espansione dello statuto dell'imputato che giustifica il permanere della cognizione del fatto-reato davanti al giudice penale, stante il suo obbligo di verificare solo l'evidenza della insussistenza del fatto o della sua non riconducibilità all'imputato e, per il giudice di legittimità, la non manifesta infondatezza del motivo che ha consentito la corretta instaurazione del contraddittorio in quella sede. In ciò si rinviene la diversità del caso oggetto del contrasto composto dalle Sezioni Unite Sciortino rispetto a quello di specie. Nel caso della prescrizione, infatti, la regola di giudizio applicabile, salvo il caso di rinuncia dell'imputato ad avvalersene, è indicata dall'art. 129 c.p.p., secondo cui il giudice ha l'obbligo dell'immediata declaratoria della causa estintiva, salvo che constati una causa di proscioglimento nel merito. Tale riconoscimento, tuttavia, non è il frutto di un accertamento del fatto-reato, ma della rilevazione negativa della esistenza di una delle cause di proscioglimento nel merito consegue che il diritto dell'imputato ad ottenere un accertamento all'esito di un giusto processo - in assenza della possibile rilevanza delle regole di accertamento del fatto - reato e quindi della forza espansiva dello statuto difensivo dell'imputato anche in relazione alle questioni civili - cede inevitabilmente il passo a ragioni di economia processuale direttamente correlate al venir meno dell'interesse dello Stato ad accertare la fondatezza dell'accusa. In definitiva, la ricostruzione ermeneutica qui accolta, da una parte tende ad evitare possibili distonie al sistema delle impugnazioni cfr. di recente sul punto, sia pure in un caso di annullamento senza rinvio anche agli effetti penali, per estinzione del reato per prescrizione, Sez. 6 n. 31921 del 06/06/2019, De Angelis, Rv. 277285 , evitando che la regola processuale penale violata sia imposta al giudice civile di rinvio secondo il prevalente indirizzo di legittimità della cassazione penale cfr. da ultimo, Sez. 4, n. 5901 del 18/01/2019, Oliva, Rv. 275122 - 01 Sez. 4, n. 5898 del 17/01/2019, Borsi, Rv. 275266 - 03 ovvero sia dallo stesso trascurata, in ossequio a diversi canoni probatori civilistici, come sostenuto anche di recente dalla Cassazione civile dall'altra, consente di stemperare profili problematici nei rapporti tra giudizio penale e giudizio civile a seguito dell'applicazione dell'art. 622 c.p.p., rispetto ai quali il nodo preliminare - che in questa sede non viene in rilievo per quanto sinora rilevato - è quello dei rapporti - se di autonomia o di indipendenza - del giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. rispetto al giudizio penale conclusosi con la sentenza di annullamento cfr. sul punto, nel senso della affermazione dell'autonomia del giudizio civile, con ricadute anche sulla natura civilistica dei canoni probatori applicabili, da ultimo, Cass. Civ., sez. 3, n. 22520 del 18/04/2019 . 5. Consegue l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia per nuovo esame, previa rinnovazione dibattimentale alla luce dei principi sopra esposti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Brescia. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge. Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell'estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a .