Pioggia intensa e strada bagnata: non moderare la velocità è colpa grave

Confermata la condanna per omicidio colposo per l’automobilista, colpevole di avere causato l’incidente che ha provocato la morte del passeggero seduto al suo fianco. Decisivo il dato della eccessiva velocità, quasi 30 chilometri orari sopra il limite previsto, nonostante la pioggia intensa e l’asfalto bagnato.

Pioggia intensa e manto stradale viscido rendono assai grave la condotta dell’automobilista che tiene una velocità eccessiva, non prudente e nettamente superiore a quella prevista dal limite – 90 chilometri orari – presente su quel tratto di strada. Ciò rende logica la condanna per il drammatico incidente che provoca alla fine il decesso del passeggero seduto di fianco al guidatore. Cassazione, sentenza n. 13857, sez. IV Penale, depositata il 7 maggio . Scarpata. Scenario del fattaccio è una strada della Capitale. Una notte del gennaio 2006 una vettura percorre a quasi 120 chilometri orari un tratto rettilineo dove la velocità massima consentita è di 90 chilometri orari a rendere la situazione ancora più complicata, poi, anche le pessime condizioni atmosferiche, con pioggia intensa e manto stradale bagnato e la mancanza di illuminazione . A spingere il conducente – affiancato da un passeggero – a premere il piede sull’acceleratore anche lo scarso traffico. L’eccessiva velocità si rivela però fatale l’automobilista perde il controllo della sua autovettura e va a collidere con il guard-rail posto alla sua destra, scavalcandolo e così il veicolo prosegue la sua marcia nella scarpata adiacente la strada, terminando la sua corsa, dopo circa venti metri, contro un albero . Le conseguenze peggiori sono per il passeggero che perde la vita nel violentissimo urto . Per il conducente scatta il processo per omicidio colposo, processo che si conclude con una condanna sia in primo che in secondo grado per i giudici di merito egli ha cagionato la morte del passeggero a seguito della violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, la morte di Angelo Cecconi. Decisivo il dato relativo alla velocità – 118 chilometri orari – del veicolo. Evidente, di conseguenza, secondo i giudici, la responsabilità del conducente per l’imprudenza di non avere moderato l’andatura, nonostante le pessime condizioni ambientali, superando, invece, il limite di velocità massimo – 90 chilometri orari – previsto in quel tratto di strada . Imprudenza. Inutili in Cassazione le obiezioni proposte dal difensore dell’automobilista. Inutili le contestazioni sul dato della eccessiva velocità. Inutile l’ipotesi di un presunto guasto tecnico che avrebbe provocato la perdita del controllo da parte del conducente. Inutile, infine, il richiamo alla cattiva manutenzione del guard-rail posto alla destra della sede stradale e che risultato già flesso verso il basso e quindi avente l’effetto di fungere da rampa per lo scavalcamento e la caduta nella scarpata avrebbe, secondo il legale, causato il drammatico incidente. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, invece, è emerso in modo chiaro che il conducente, viste le pessime condizioni ambientali, avrebbe comunque dovuto tenere una velocità molto moderata, ben al di sotto del limite massimo di 90 chilometri orari . Invece, nonostante pioggia intensa e asfalto bagnato, egli ha tenuto una condotta imprudente che ha causato la perdita di controllo del mezzo , dando il ‘la’ all’incidente che ha portato alla morte del passeggero. Per quanto concerne, infine, la asserita inidoneità del guard-rail, frutto di cattiva manutenzione , ci si trova di fronte a un elemento che, secondo i giudici, può avere avuto al massimo una incidenza concausale , non sufficiente a cancellare il nesso tra la condotta di guida dell’automobilista e la dinamica dell’incidente.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 febbraio – 7 maggio 2020, n. 13857 Presidente Bricchetti – Relatore Ranaldi Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena nei confronti di An. Me. e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità del medesimo in ordine al reato di cui all'art. 589 cod. pen., per avere cagionato, per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, la morte di An. Ce 1.1. Secondo quanto accertato in sede di merito, alle ore 00.10 del 18.1.2006, lungo la strada Pontina, in direzione Roma, all'altezza del Km 30,50, l'imputato guidava l'autovettura Honda con a fianco An. Ce. il tratto di strada percorso al momento dell'incidente stradale era rettilineo, la velocità massima consentita di Km/h 90 le condizioni atmosferiche erano pessime, pioveva ed il manto stradale era, quindi, bagnato, la strada non era illuminata ed il traffico scarso il Me. perdeva il controllo della sua autovettura ed andava a collidere con il guard-rail posto alla sua destra, scavalcandolo la vettura proseguiva la sua marcia nella scarpata adiacente la strada, terminando la sua corsa, dopo circa venti metri, contro un albero il passeggero Ce. perdeva la vita nel violentissimo urto. 1.2. La Corte territoriale ha accertato in Km/h 118 circa la velocità tenuta dal Me. al momento del sinistro, sulla base della consulenza tecnica espletata dal Pubblico ministero. Ha quindi ritenuto, conformemente al primo giudice, la responsabilità dell'imputato, avendo rinvenuto nella sua condotta profili di colpa, generica e specifica, connotati da elevato grado e causalmente connessi alla morte della vittima. In particolare ed in sintesi l'imprudenza di non avere moderato la velocità, nonostante le pessime condizioni ambientali, superando, di contro, il limite di velocità massimo previsto in quel tratto di strada, con specifica violazione anche dell'art. 141 cod. strada. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando quanto segue. I Estinzione del reato per intervenuta prescrizione, trattandosi di fatto risalente al 18.1.2006. II Vizio di motivazione in punto di responsabilità. Si deduce che la Corte territoriale non ha tenuto conto delle ampie contestazioni contenute nell'atto di appello nei confronti delle conclusioni dell'ing. De An., consulente tecnico dell'accusa. In particolare, si sottolinea che in sede di controesame il consulente ha ammesso di aver calcolato la velocità di 118 Km/h sulla base della forza cinetica dell'impatto tra il tetto dell'autovettura e l'albero contro cui la stessa si schiantò in caduta da una scarpata, senza aver considerato l'accelerazione uniforme che deriva sui corpi dalla caduta, per le leggi applicabili della fisica, per cui non può escludersi che il superamento del limite dei 90 Km/h sia avvenuto per effetto del predetto moto uniforme di accelerazione derivante dalla caduta della vettura fino al punto di impatto, piuttosto che dalla velocità di crociera del mezzo al momento del sinistro. Si contesta che apoditticamente la Corte territoriale ha ritenuto che l'incidente sia stato determinato da una perdita del controllo da parte del conducente, senza nemmeno aver considerato l'ipotesi alternativa del guasto tecnico. Si ritiene non condivisibile l'affermazione che ha escluso l'incidenza, nella fattispecie, della cattiva manutenzione del guard-rail posto alla destra della sede stradale, risultato già flesso verso il basso e quindi avente l'effetto di fungere da rampa per lo scavalcamento e la caduta nella scarpata. III Mancata applicazione delle attenuanti generiche. Omessa pronuncia circa la richiesta di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Si deduce che la Corte di merito avrebbe dovuto considerare il ridotto grado di colpa dell'imputato ai fini del riconoscimento delle invocate attenuanti. Si evidenzia, inoltre, la mancanza di motivazione in ordine al beneficio di legge richiesto. Considerato in diritto 1. Va premesso, quanto alla istanza di liquidazione presentata in udienza dal difensore del ricorrente, che in tema di patrocinio a spese dello Stato, competente a decidere sulla istanza di liquidazione dei compensi relativi all'attività difensiva svolta nel giudizio di legittimità è il giudice di merito che ha emesso il provvedimento impugnato, posto che la Corte di cassazione può accedere agli atti esclusivamente ai fini della rilevazione di eventuali vizi processuali verificatisi nel corso del giudizio e, pertanto, non ha la piena disponibilità materiale e giuridica degli stessi, che devono essere restituiti, con pienezza di accesso, al giudice di merito una volta definito il giudizio di legittimità Sez. 3, n. 41525 del 15/12/2016 - dep. 2017, Amato, Rv. 27133901 . 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. Il reato per cui si procede non è ancora estinto per prescrizione, posto che nella specie trova applicazione il raddoppio dei termini di cui al comma 6 dell'art. 157 cod. pen., per cui il termine massimo di prescrizione è pari a 15 anni e, nella fattispecie, scadrà il 18.1.2021. 3. Il secondo motivo è inammissibile perché in fatto, generico e aspecifico. Esso sostanzialmente reitera le stesse doglianze già sollevate dal ricorrente in sede di appello, prospettando questioni di merito perlopiù indimostrate e, quindi, congetturali. In particolare, quanto alla velocità di crociera dell'autovettura condotta dall'imputato, l'incidenza dell'accelerazione uniforme per la caduta del mezzo è stata prospettata dal ricorrente in maniera generica e senza alcuna documentazione a supporto. Peraltro, si tratta di questione non decisiva, in quanto la Corte territoriale ha adeguatamente spiegato che il conducente, stanti le pessime condizioni ambientali, avrebbe comunque dovuto tenere una velocità molto moderata, ben al di sotto del limite massimo di 90 Km/h. Quanto alla perdita di controllo del mezzo il giudice di merito l'ha logicamente e quindi insindacabilmente desunta dalle circostanze concretamente accertate pioggia, asfalto bagnato, velocità inadeguata e eccessiva né il ricorrente ha addotto elementi a supporto della prospettata ipotesi del guasto tecnico, sempre ammesso che gli stessi siano valutabili in sede di legittimità ai fini del sindacato di manifesta illogicità della motivazione. Quanto alla asserita inidoneità del guard-rail la Corte di merito ha adeguatamente motivato sul punto, rilevando la indubbia causalità della colpa riconducibile alla condotta di guida tenuta dall'imputato, rispetto alla quale la cattiva manutenzione del guard-rail può avere avuto, al massimo, una incidenza concausale, non certamente interruttiva del nesso eziologico. Si tratta di una ponderata e non arbitraria valutazione di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità. 4. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. Con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, i giudici di merito hanno congruamente e logicamente motivato il diniego, rilevando l'elevato grado della colpa e la negativa personalità dell'imputato, gravato da plurime condanne. Con riferimento alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, è appena il caso di rilevare che agli atti risultano due precedenti penali ostativi a carico del ricorrente, avendo costui già usufruito, per ben due volte, del beneficio in questione vedi art. 164, ultimo comma, cod. pen. . 5. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte cost. sent. n. 186/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo consigliere estensore, per impedimento del presidente, ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. a , del d.p.c.m. 8 marzo 2020.