Operatività dell’effetto estintivo: il limite di due anni si riferisce alla pena complessivamente irrogata

In caso di più reati legati dal vincolo della continuazione, il limite di due anni di pena detentiva entro il quale, in caso di pena patteggiata, opera l’effetto estintivo previsto dall’art. 445, comma 2, c.p.p. deve intendersi riferito alla pena unica finale complessivamente applicata.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 13754/20 depositata il 6 maggio. Il caso. L’interessato propone ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione della legge penale processuale in relazione all’art. 445 c.p.p In particolare, secondo il ricorrente, ai fini dell’operatività dell’effetto estintivo, per verificare se ricorre il presupposto del rispetto del limite di due anni relativo alla pena patteggiata, è necessario fare riferimento alla pena concordata per ciascuna violazione e non alla pena complessivamente irrogata. Pena complessivamente irrogata. Nell’esaminare la questione, la Corte afferma che, nell’ipotesi di reati unificati sotto il vincolo della continuazione, per pena irrogata ai sensi dell’art. 445 c.p.p. deve intendersi quella complessivamente applicata all’esito dell’accordo sanzionatorio intervenuto tra le parti e ratificato dal giudice e, dunque, il termine pena irrogata” corrisponde al dato conclusivo che, come segno della gravità del reato, costituisce proprio il discrimen ai fini degli effetti riconnessi alla sentenza di patteggiamento. A tal proposito, i Giudici di legittimità ritengono di dover chiarire la questione affermando il principio di diritto secondo cui il limite di due anni di pena detentiva entro il quale, in caso di pena patteggiata, opera l’effetto estintivo previsto dall’art. 445 c.p.p., comma 2, deve intendersi riferito, in caso di più reati legati dal vincolo della continuazione, alla pena unica finale complessivamente applicata .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 gennaio – 6 maggio 2020, n. 13754 Presidente Di Tomassi – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ferrara, in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva la domanda proposta da F.A. , volta ad ottenere la declaratoria di estinzione del reato di cui all’art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 per il quale gli era stata applicata la pena di anni tre di reclusione ed Euro 3.000 di multa con sentenza del 30 settembre 2013, irrevocabile il 31 ottobre 2013. A ragione osservava che con la richiamata pronunzia era stato riconosciuto il vincolo della continuazione sia tra i fatti-reato contestati nell’ambito di quel procedimento, sia tra i medesimi e analogo reato giudicato con sentenza resa, all’esito di rito abbreviato, in data 22 ottobre 2010, irrevocabile il 15 novembre 2011 che la pena finale applicata era stata determinata, ponendo a base del calcolo quella di 2 anni 6 mesi di reclusione ed Euro 3.000 di multa, aumentata ex art. 81 cpv. c.p. di complessivi 2 anni di reclusione ed Euro 1.500 di multa, di cui mesi 3 di reclusione e 375 Euro di multa per il fatto già giudicato. Sicché la pena complessivamente irrogata, anche a voler scomputare la frazione di pena apportata in continuazione per il reato già giudicato con il rito abbreviato, era eccedente i due anni di reclusione, con la conseguente inoperatività dell’effetto estintivo per superamento del limite di pena detentiva previsto dall’art. 445 c.p.p., comma 2. 2. Avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso l’interessato per il tramite del difensore di fiducia, avvocato Carlo Bergamasco, deducendo inosservanza o erronea applicazione di legge penale processuale in relazione all’art. 445 c.p.p Ai fini dell’operatività dell’effetto estintivo, per verificare se ricorra il presupposto del rispetto del limite di due anni relativo alla pena patteggiata, è necessario fare riferimento non alla pena complessivamente irrogata, ma a quella concordata per ciascuna violazione. Tanto in linea con il principio della autonomia ontologica delle singole fattispecie unificate per la continuazione e con le sue applicazioni in materia di prescrizione ovvero di sopravvivenza del complessivo accordo sulla pena anche quando uno dei reati satellite venga meno per qualsiasi causa, con conseguente eliminazione della sola frazione di pena per esso irrogata. Considerato in diritto 1. Il denunziato vizio di violazione di legge è destituito di giuridico pregio. 2. Per pena irrogata , ai sensi dell’art. 445 c.p.p., deve intendersi, nell’ipotesi di reati unificati sotto il vincolo della continuazione, quella complessivamente applicata all’esito dell’accordo sanzionatorio intervenuto tra le parti e ratificato dal giudice, ossia la pena unica finale complessivamente applicata ed eseguibile per effetto del cumulo giuridico delle sanzioni relative ai singoli reati è a tale pena unitaria che deve aversi riguardo per rilevare l’entità della pena detentiva dalla cui misura discendono gli effetti contemplati dalla citata disposizione normativa, ivi compreso quello estintivo del reato. Il paradigma concettuale della pena irrogata corrisponde al dato conclusivo, ossia alla pena complessiva applicata che, come segno della gravità del fatto-reato, costituisce, per chiara e insindacabile scelta legislativa, il discrimen ai fini dell’applicazione degli effetti riconnessi alla sentenza di patteggiamento dall’art. 445 citato in funzione della ratio di premialità che ispira il rito del patteggiamento e al fine di incentivarne l’opzione, il legislatore ha previsto che, fino ad un determinato limite di riferimento, discrezionalmente fissato in misura non superiore a due anni di pena detentiva, l’imputato patteggiante è esentato dall’obbligo del pagamento delle spese del procedimento, è interdetta l’applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza e opera l’effetto estintivo del reato nel concorso delle altre condizioni di legge. E la pena complessivamente irrogata costituisce anche misura della gravità dei reati unificati dal vincolo della continuazione e detta gravità corrisponde alla ragione per cui l’art. 445 c.p.p. stabilisce un diverso trattamento, riconnettendo determinati effetti alla entità della pena finale pena unica finale complessivamente applicata che non è più scindibile in relazione alle singole componenti, salvo il caso in cui vengano meno, per effetto del successivo proscioglimento dell’imputato, da qualsiasi causa determinato, alcune delle fattispecie criminose che costituiscono il reato continuato, il cui effetto qualificante resta pur sempre quello di accorpare distinte entità giuridiche espressione di una medesima risoluzione criminosa, trattate unitariamente ai fini del regime sanzionatorio. 3. Tale opzione ermeneutica -conforme agli insegnamenti di questa Corte in tema di operatività del limite di due anni di pena detentiva con riferimento alle pene accessorie Sez. 5, n. 35148 del 07/07/2010, Cangemi, Rv. 248162 o con riferimento alla statuizione in materia di spese del procedimento Sez. 6, n. 32406 del 20/02/2008, Noschese, Rv. 240689 - è imposta dal tenore letterale dell’art. 445 c.p.p., chiaramente riferito alla pena in concreto irrogata, cui vanno ricondotti gli effetti ivi contemplati, e dalla ratio ispiratrice della disciplina normativa che resterebbe elusa laddove, ai fini dell’applicabilità dell’effetto estintivo, la verifica del rispetto del limite di due anni di pena detentiva fosse condotta non già con riferimento alla pena complessivamente irrogata, ma alle quantità di pena eventualmente indicate per i singoli reati unificati per la continuazione, quale che sia la misura della pena finale, purché non superiore ai cinque anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria. Va, dunque, affermato il seguente principio il limite di due anni di pena detentiva entro il quale, in caso di pena patteggiata, opera l’effetto estintivo previsto dall’art. 445 c.p.p., comma 2, deve intendersi riferito, in caso di più reati legati dal vincolo della continuazione, alla pena unica finale complessivamente applicata. 3. Per quanto precede, il ricorso va rigettato con le consequenziali statuizioni di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si dà atto che il presente provvedimento, redatto dal Consigliere Relatore Dr. Saraceno Rosa Anna, è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento alla firma dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a .