Scopre il tradimento della moglie e l’aggredisce: esclusa l’attenuante della provocazione

Confermata la condanna per l’uomo, ritenuto colpevole di maltrattamenti ai danni della consorte. L’ultimo episodio, pur connesso alla scoperta del tradimento subito, non può essere slegato dai comportamenti tenuti per anni dall’uomo, che ha vessato fisicamente e psicologicamente la moglie.

Vita da incubo per una donna, che per anni è sottoposta tra le mura domestiche alle violenze fisiche e psicologiche del coniuge. La goccia che fa traboccare il vaso è l’aggressione più pesante, frutto anche della reazione dell’uomo alla scoperta che la moglie ha una relazione con un altro uomo. Inevitabile la condanna per il marito. E respinta la tesi difensiva mirata a vedere riconosciuta l’attenuante della provocazione, rappresentata, secondo l’uomo, dal tradimento Cassazione, sentenza n. 13562/20, sez. Vi Penale, depositata il 4 maggio . Violenze. Ricostruita la terribile vicenda, i giudici di merito ritengono l’uomo colpevole di maltrattamenti e lesioni aggravate in danno della coniuge . Univoca la lettura data dal GUP prima e dai giudici del Tribunale poi alle condotte tenute dall’uomo, raccontate dalla moglie e confermate anche dai genitori di lei. Per il marito, però, va messa in discussione proprio l’attendibilità della consorte, che, osserva tramite il proprio legale, tardivamente aveva denunciato altri episodi dopo la querela relativa all’ultima, grave aggressione e che era animata da astio e sentimenti di vendetta . E in questa ottica viene messo in discussione anche il valore delle dichiarazioni dei genitori della donna . Secondo l’uomo, comunque, non è stata ricostruita una condotta tale da determinare uno stato di sopraffazione della persona offesa, assistita dal dolo, che caratterizza il delitto di maltrattamenti e gli episodi valutati si sono verificati a distanza di tempo . Peraltro, la donna ha ricollegato l’ultimo episodio alla scoperta da parte del marito di una sua relazione extraconiugale e quindi non è emersa né una condotta abituale né una condizione di soggezione della persona offesa, a fronte del protrarsi del rapporto di coniugio , sostiene il legale. In ultima battuta, poi, il difensore dell’uomo ritiene anche vada riconosciuta l’attenuante della provocazione , almeno per l’ultima aggressione, poiché, spiega, il suo cliente ha agito in stato d’ira, dopo la scoperta del tradimento . Provocazione. Per i giudici della Cassazione, però, il quadro probatorio, come certificato in primo e in secondo grado, è solidissimo, e sufficiente a ritenere configurabile una reiterata serie di condotte vessatorie, aggressive e minacciose, espressione di violenza fisica e morale, tenute dal ricorrente nei confronti della moglie, a partire dal 2009, al di là dell’episodio finale del settembre 2014 . Decisive le dichiarazioni della persona offesa che pressata dalle minacce del marito, aveva sempre omesso di denunciare i fatti, addebitando i suoi accessi al Pronto Soccorso ad eventi accidentali, fino a quando si era verificato l’ultimo grave episodio , dichiarazioni accompagnate da certificazioni mediche riguardanti non solo tale ultimo episodio ma anche episodi occorsi nel 2009 e nel 2013. Rilevanti anche le dichiarazioni dei genitori della vittima, reputate attendibili, che avevano fatto riferimento a liti intercorse tra la figlia e il marito, e aggiunto di aver visto due anni prima la figlia con un occhio nero . Significativa, infine, la consulenza psicologica del settembre 2014 da cui erano emersi il dolore e la paura della donna, a fronte delle aggressioni e delle minacce subite . Logico, quindi, secondo i giudici del ‘Palazzaccio’, catalogare i comportamenti tenuti dall’uomo come una serie abituale di condotte che consente di configurare il delitto di maltrattamenti, assistito anche dal relativo coefficiente psicologico, che non ha un contenuto programmatico ma si risolve nella coscienza e volontà di persistere nell’attività delittuosa, già posta in essere in precedenza . Per quanto concerne, infine, l’ultimo episodio, cioè quello del settembre 2014, è acclarato che esso si verificò subito dopo che l’uomo, attraverso l’esame del cellulare della moglie, aveva scoperto una relazione sentimentale intrattenuta dalla donna con un altro uomo . Tuttavia, va esclusa l’attenuante prevista per l’aver agito in stato d’ira , poiché l’ultima aggressione aveva rappresentato solo l’ultimo segmento di una condotta complessivamente maltrattante, posta in essere da lungo tempo . Peraltro, va precisato che l’attenuante della provocazione postula il fatto ingiusto altrui, lo stato d’ira e un nesso di causalità psicologica tra fatto e reazione, che deve essere peraltro escluso ove ricorra una relazione di mera occasionalità, quale attestata dalla sproporzione tra fatto provocante e reazione provocata . E, comunque, tale attenuante non può reputarsi compatibile con un reato a condotta abituale, quale quello di maltrattamenti, connotato da comportamenti antigiuridici di analoga natura, reiterati nel tempo . Correttamente, quindi, si è inteso inquadrare anche l’ultimo episodio nella serie abituale di condotte violente e vessatorie, cui il marito aveva sottoposto la moglie , concludono dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 5 febbraio – 4 maggio 2020, n. 13562 Presidente Costanzo – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza dell'8/10/2018 la Corte di appello di Roma ha confermato quella del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Roma in data 20/11/2015, con cui Fi. Al. è stato riconosciuto colpevole dei delitti di maltrattamenti e di lesioni aggravate in danno della coniuge. 2. Ha presentato ricorso il Fi. tramite il suo difensore. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione all'art. 572 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione all'attendibilità della vittima e alla valutazione delle prove. Segnala la mancata valutazione dell'attendibilità della vittima, che tardivamente aveva denunciato altri episodi dopo la querela relativa ai fatti del 26/9/2014 e che, inoltre, era animata da astio e sentimenti di vendetta. Indebitamente erano state valorizzate le dichiarazioni dei genitori della vittima. D'altro canto non era stata correttamente ricostruita una condotta tale da determinare uno stato di sopraffazione della persona offesa, assistita dal dolo, che caratterizza il delitto di maltrattamenti. Gli episodi valutati si erano verificati a distanza di tempo e non erano riconducibili a lesioni procurate alla vittima dal ricorrente. Peraltro la denunciante aveva ricollegato l'episodio del settembre 2014 alla scoperta da parte del marito di una sua relazione extraconiugale. Non era dunque emersa né una condotta abituale né una condizione di soggezione della persona offesa, a fronte del protrarsi del rapporto di coniugio. Erronea era anche la valutazione dei messaggi di testo whatsapp scambiati dalle parti dopo gli eventi del settembre 2014, nei quali il ricorrente non aveva formulato minacce. 2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 2 cod. pen. Era ravvisabile l'invocata attenuante avendo il ricorrente agito in stato d'ira dopo la scoperta del tradimento, non potendosi fare riferimento alla circostanza che il ricorrente fosse soggetto violento e maltrattante. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile, perché volto a sollecitare una diversa valutazione di merito, eccedente i limiti del giudizio di legittimità, e comunque manifestamente infondato. La Corte territoriale, anche avvalendosi dell'analisi del primo giudice, ha ampiamente dato conto del quadro probatorio alla cui stregua ha ritenuto che fosse configurabile una reiterata serie di condotte vessatorie, aggressive e minacciose, espressione di violenza fisica e morale, tenute dal ricorrente nei confronti della moglie a partire dal 2009, al di là dell'episodio finale del settembre 2014, culminato nelle lesioni di cui al capo C . In particolare la Corte ha considerato le dichiarazioni della persona offesa, che, pressata dalle minacce del ricorrente, aveva sempre omesso di denunciare i fatti, addebitando i suoi accessi al Pronto soccorso ad eventi accidentali, fino a quando si era verificato l'ultimo grave episodio. Ha inoltre considerato le certificazioni mediche riguardanti non solo tale ultimo episodio ma anche episodi occorsi nel 2009 e nel 2013, le dichiarazioni dei genitori della vittima, reputate attendibili, che avevano fatto riferimento a liti intercorse tra la figlia e il marito e aggiunto di aver visto due anni prima la figlia con un occhio nero, e la consulenza psicologica del settembre 2014 dalla quale erano emersi il dolore e la paura della donna, a fronte delle aggressioni e delle minacce subite. Sulla scorta di tali elementi dunque la Corte ha ritenuto che fosse ravvisabile quella serie abituale di condotte che consente di configurare il delitto di maltrattamenti, assistito anche dal relativo coefficiente psicologico, che non ha un contenuto programmatico, ma si risolve nella coscienza e volontà di persistere nell'attività delittuosa, già posta in essere in precedenza Sez. 6, n. 15146 del 19/3/2014, D'A., Rv. 259677 . Contrariamente a quanto difensivamente dedotto, la Corte ha complessivamente valutato l'attendibilità del racconto e puntualmente esaminato la valenza dei riscontri, mentre le censure esposte nel motivo di ricorso sono volte 1 a contestare la configurabilità del reato, in realtà correttamente ravvisato, alla luce di plurimi episodi, non limitati a quelli risultanti da certificazioni mediche 2 a formulare alternative ipotesi ricostruttive, in relazione al protrarsi del menage matrimoniale e alla valutazione delle certificazioni mediche riguardanti episodi pregressi, elementi che la Corte ha sottoposto invero ad attenta analisi, formulando sul punto non illogiche valutazioni di diretta conducenza probatoria 3 a sminuire il significato delle dichiarazioni dei genitori della vittima, che la Corte ha coerentemente inteso, inserendole nel complessivo mosaico probatorio. Altrettando deve dirsi per i messaggi di testo whatsapp che i coniugi si erano scambiati dopo l'episodio del settembre 2014, avendo il ricorrente contrapposto sul punto solo assertive e generiche contestazioni alla valutazione della Corte in ordine al contenuto parimenti minaccioso e ingiurioso di quei messaggi, inviati dal ricorrente. 2. Il secondo motivo è infondato. Non è dubbio, in quanto posto in evidenza nell'immediatezza dalla persona offesa, che l'episodio di lesioni del settembre 2014 si verificò subito dopo che il ricorrente, attraverso l'esame del cellulare della moglie, aveva scoperto una relazione sentimentale intrattenuta dalla donna con un altro uomo. La Corte ha tuttavia escluso che su tali basi potesse ravvisarsi l'attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 2 cod. pen., in quanto il grave episodio del 26 settembre 2014 aveva rappresentato solo l'ultimo segmento di una condotta complessivamente maltrattante, posta in essere da lungo tempo. Deve al riguardo osservarsi che l'attenuante della provocazione postula il fatto ingiusto altrui, lo stato d'ira e un nesso di causalità psicologica tra fatto e reazione, che deve essere peraltro escluso ove ricorra una relazione di mera occasionalità, quale attestata dalla sproporzione tra fatto provocante e reazione provocata sul punto Sez. 1, n. 3334 del 17/10/1979, dep. 1980, Stanco, Rv. 144612 . Tale attenuante non può comunque reputarsi compatibile con un reato a condotta abituale, quale quello di maltrattamenti, connotato da comportamenti antigiuridici di analoga natura, reiterati nel tempo Sez. 6, n. 12307 del 27/10/2000, Nuara, Rv., 217901 . Orbene, nel caso in esame la Corte ha inteso inquadrare anche l'ultimo episodio nella serie abituale di condotte violente e vessatorie, cui il ricorrente aveva sottoposto la moglie. Si tratta di valutazione in linea con i principi suesposti, che impediscono di riconoscere l'attenuante con riferimento a reato abituale. Va d'altro canto rilevato che il giudizio della Corte deve intendersi riferito anche al semplice delitto di lesioni di cui al capo C , nel presupposto che lo stesso, quale frammento di una serie di comportamenti di analoga natura, non possa essere isolatamente valutato, al di fuori del quadro di abitualità descritto tale valutazione, a ben guardare, sottende il corretto assunto che tra la reazione violenta, che si inscriva in un sistema abituale, all'interno di una relazione familiare, e l'eventuale fatto ingiusto, che parimenti si inserisca in quel tipo di relazione, non possa che individuarsi un inconferente nesso di mera occasionalità, finendo per disperdersi in quel sistema abituale la stessa valenza del fatto ingiusto. Di qui l'infondatezza dei rilievi difensivi sul punto. 3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P. Q. M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.