La scelta del rito abbreviato da parte dell’imputato non può fondare l’esclusione della recidiva

L’esclusione della recidiva non si può fondare sulla scelta da parte dell’imputato di procedere con rito abbreviato, che già implica ex lege l’applicazione di una predeterminata riduzione premiale della pena in caso contrario, la medesima circostanza comporterebbe irrazionalmente, ed in contrasto con l’art. 442 c.p.p., comma 2, due distinte determinazioni favorevoli all’imputato .

Questo il principio affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 13364/20, depositata il 30 aprile. Il fatto. Il Tribunale condannava l’imputato alla pena di giustizia per rapina, ricettazione, con la recidiva ex art. 99, c.4, c.p Essendo la decisione confermata anche dalla Corte d’Appello, egli propone ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, la violazione dell’art. 99 c.p. poiché non era stata esclusa la recidiva, non essendo stati valorizzati la confessione reda e l’accesso al rito abbreviato. Principio. In proposito, la Cassazione afferma il principio di diritto secondo cui l’esclusione della recidiva non si può fondare sulla scelta da parte dell’imputato di procedere con rito abbreviato, che già implica ex lege l’applicazione di una predeterminata riduzione premiale della pena in caso contrario, la medesima circostanza comporterebbe irrazionalmente, ed in contrasto con l’art. 442 c.p.p., comma 2, due distinte determinazioni favorevoli all’imputato . Chiarito questo, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 gennaio – 30 aprile 2020, n. 13364 Presidente Gallo – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto B.S. ha proposto, tempestivamente e nei modi di rito, ricorso contro la sentenza indicata in epigrafe integralmente confermativa della sentenza con la quale il Tribunale di Roma, in data 12/06/2018, aveva dichiarato l’imputato colpevole di rapina, ricettazione ed altro, con la recidiva ex art. 99 c.p., comma 4, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia . All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, le parti presenti hanno concluso come indicato in epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Con i primi quattro motivi, il ricorrente lamenta violazione di leggi penali sostanziali e plurimi vizi di motivazione quanto alle affermazioni di responsabilità - quanto alla rapina, per difetto di autonoma motivazione, difetto di attendibilità della p.o. in considerazione della contraddittorietà delle sue dichiarazioni , non decisività del certificato medico valorizzato dai giudici del merito perché stilato due giorni dopo la presunta rapina - quanto alla ricettazione, perché le targhe de quibus sarebbero oggetto di una mera denunzia di smarrimento, e non sarebbero, inoltre, state considerate le dichiarazioni confessorie dell’imputato - quanto al reato di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9, perché la carta in contestazione non sarebbe mai stata utilizzata dal B. o da terzi essendone stata unicamente richiesta ex novo dalla p.o. l’emissione, e non avendo costituito oggetto di falsificazione o di alterazione - quanto al falso, perché non corrisponderebbe al vero che l’imputato abbia confessato di avere falsificato la patente di cui ai capi C e D . 1.1. I motivi riguardanti l’affermazione di responsabilità sono privi della necessaria specificità, risultando i rilievi critici formulati rispetto alle ragioni di fatto e/o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, meramente reiterativi delle censure costituenti oggetto dei corrispondenti motivi di gravame, già ineccepibilmente disattese dalla Corte di appello con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede, con le quali il ricorrente non si confronta adeguatamente. 1.2. La Corte di appello ha, in particolare, valorizzato f. 4 s. della sentenza impugnata - a fondamento dell’affermazione. di responsabilità in ordine al reato di rapina, le dichiarazioni della p.o., motivatamente ritenute attendibili e riscontrate dal certificato attestante le lesioni riportare che la p.o. aveva immediatamente riferito di avere riportato sin dal momento in cui aveva sporto denuncia, facendo riserva di recarsi in ospedale, cosa che aveva inizialmente ritenuto di potere evitare - a riprova del fatto che non costituiva sua preoccupazione quella di procurarsi un riscontro alle dichiarazioni rese in denuncia -, salvo prendere atto, dopo due giorni, della sopravventa ingravescenza del dolore alla spalla ed al gomito - a fondamento dell’affermazione di responsabilità in ordine al reato di ricettazione, il fatto che non fosse configurabile una mera appropriazione di cosa smarrita avente ad oggetto una res che conservava chiari ed intatti segni dell’altrui possesso, come le targhe de quibus, certamente registrate al PRA Sez. 2, sentenza n. 46991 del 08/11/2013, Rv. 257432 , e la fondatamente ritenuta non credibilità delle sue dichiarazioni confessorie l’imputato ha dichiarato di avere trovato nel 2016 le targhe in oggetto, smarrite ad aprile 2017 - a fondamento dell’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9, il fatto che l’imputato si sia procurato il possesso della carta de qua, sostituendosi al legittimo intestatario, all’evidenza a fini di profitto configurabile anche in presenza della mera indebita acquisizione della carta , risultando, di conseguenza, la carta di illecita provenienza, perché richiesta da soggetto diverso dal legittimato a richiederla ovvero da colui che, unicamente, avrebbe potuto essere destinatario del suo rilascio - a fondamento dell’affermazione di responsabilità in ordine al reato di falso, le pacifiche dichiarazioni confessorie da parte del B. in ordine alla contraffazione ed alla falsificazione dei documenti precisato ai capi C e D della rubrica, recanti, altresì, l’effigie fotografica dell’imputato, di tal che, quand’anche volesse ritenersi che terzi avessero materialmente realizzato tali documenti falsi, ciò non poteva prescindere dal concreto contributo materiale del B. , quale fornitore delle proprie effigi riprodotte sui documenti . 2. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 99 c.p. plurimi vizi di motivazione quanto alla mancata esclusione della recidiva, non essendo stati valorizzati la confessione resa e l’accesso al rito abbreviato. 2.1. Anche la doglianza riguardante la mancata esclusione della recidiva è del tutto priva della necessaria specificità, in difetto del compiuto riferimento alle argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede in virtù delle quali la Corte di appello ha disatteso il corrispondente motivo di gravame, legittimamente valorizzando la premessa gravità dei fatti e la valenza criminogena della contestata recidiva, in presenza della nuova commissione di plurimi reati contro il patrimonio e la persona, e di un articolato disegno criminoso, che ha peraltro ritenuto equivalente alle attenuanti concorrenti, nel complesso comunque pervenendo all’irrogazione di una pena estremamente mite, perché ben lontana dai possibili limiti edittali massimi, ed anzi prossima a quelli minimi. 2.2. Del tutto privo di base legale appare, infine, il riferimento alla mancata valorizzazione, ai fini dell’esclusione della recidiva, dell’accesso al rito abbreviato. 2.2.1. Invero, come già chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte sentenza n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Rv. 251690, Marcianò , sul giudice del merito incombe uno specifico dovere di motivazione sia quando ritiene sia quando esclude la rilevanza della recidiva, scaturendo ciò dai condivisibili principi affermati nelle appena ricordate sentenze della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite. Infatti, esclusi i casi di recidiva c.d. obbligatoria, di cui all’art. 99 c.p., comma 5, il giudice può attribuire effetti alla recidiva unicamente quando la ritenga effettivamente idonea ad influire, di per sé, sul trattamento sanzionatorio del fatto per cui si procede . Egli è, pertanto, tenuto a verificare se il nuovo episodio criminoso sia concretamente significativo - in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti ed avuto riguardo ai parametri indicati dall’art. 133 c.p. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo Corte Cost., sent. n. 192 del 2007 . In altri termini, costituisce precipuo compito del giudice del merito verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità, tenendo conto della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali Sez. U, sentenza n. 35738 del 27/05/2010, Rv. 247838, Calibè . 2.2.2. Gli elementi valorizzabili ai fini della predetta esclusione sono tendenzialmente quelli indicati dall’art. 133 c.p Al contrario, non potrebbe attribuirsi rilievo, ai fini de quibus, all’accesso al rito abbreviato, poiché la determinazione di avvalersi del predetto rito è già premiata con la speciale e rilevante diminuzione di pena prevista ad hoc dalla legge, e non può quindi essere nuovamente presa in considerazione per i fini in questione, poiché la reiterata valutazione di un’unica, specifica circostanza di fatto, per legittimare due distinte determinazioni favorevoli all’imputato risulterebbe, oltre che contra legem in difetto di un riferimento normativo che legittimi l’assunto , all’evidenza irrazionale. 2.2.3. Va, in proposito, affermato il seguente principio di diritto L’esclusione della recidiva non può fondare sulla scelta da parte dell’imputato di procedere con rito abbreviato, che già implica ex lege l’applicazione di una predeterminata riduzione premiale della pena in caso contrario, la medesima circostanza comporterebbe irrazionalmente, ed in contrasto con l’art. 442 c.p.p., comma 2, due distinte determinazioni favorevoli all’imputato . 2.2.4. Il motivo, come premesso assolutamente privo di base legale, è, pertanto, manifestamente infondato. 3. La declaratoria d’inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa d’inammissibilità per colpa Corte Cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186 e tenuto conto dell’entità di detta colpa, desumibile dal tenore della rilevata causa d’inammissibilità - della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Sentenza con motivazione semplificata.