Tempi lenti per l’erogazione della prestazione, si sfoga verbalmente nell’ufficio INPS: condannato

Confermati i 20 giorni di reclusione per un uomo, colpevole di avere dato in escandescenza in un ufficio dell’Istituto Previdenziale. Respinta la tesi difensiva secondo cui ci si trova di fronte mere rimostranze mirate a vedere realizzato un diritto. Decisiva la constatazione che l’uomo ha tenuto un comportamento aggressivo nei confronti dei dipendenti dell’ufficio e così ha bloccato anche altre persone in attesa.

Tempi troppo lunghi per ottenere risposte e soldi dall’INPS. Inevitabile la rabbia del cittadino che però si concretizza in un inaccettabile comportamento aggressivo all’interno dell’ufficio, comportamento che blocca le altre persone in fila e mette in discussione, seppur per breve tempo, la funzionalità della struttura. Legittima, di conseguenza, la condanna per interruzione di pubblico servizio” Cassazione, sentenza n. 12986/2020, Sezione Sesta Penale, depositata il 27 aprile . Voce. Scenario della vicenda è un ufficio dell’INPS in Sicilia. Lì si registra il comportamento poco urbano di un uomo che si lamenta ad alta voce e con modi aggressivi nei confronti dei dipendenti dell’istituto previdenziale per la tempistica della liquidazione della sua indennità . L’episodio ha però uno strascico giudiziario, e l’uomo viene processato per aver dato in escandescenza. Per i giudici di merito non ci sono dubbi sulla sua colpevolezza per interruzione di pubblico servizio , con conseguente condanna fissata in 20 giorni di reclusione. Funzionalit à . L’uomo prova però a ridimensionare la propria condotta, spiegando in Cassazione che in realtà egli ha solo causato un trambusto transitorio senza provocare il malfunzionamento del locale ufficio INPS nel suo complesso, né sotto forma di interruzione né di mera turbativa . Peraltro, le rimostranze espresse all’interno della struttura erano volte unicamente a vedere realizzato un diritto e non certo a recare turbativa all’ufficio INPS , aggiunge l’uomo. Questa visione viene però respinta dai giudici del ‘Palazzaccio’, che ritengono invece corretto confermare in toto la condanna così come pronunciata in Appello. A inchiodare l’uomo alle proprie responsabilità c’è la constatazione che il prolungato e assai vocale comportamento aggressivo da lui tenuto nei confronti di plurimi addetti dell’ufficio Inps, succedutisi nello spiegare la tempistica della liquidazione della sua indennità ha provocato una volontaria e apprezzabile alterazione della regolare funzionalità di quel pubblico ufficio, determinando un notevole ritardo nell’erogazione dei servizi della locale sede Inps nei confronti di decine di persone che hanno dovuto attendere, loro malgrado, che l’intervento dei carabinieri riducesse a più miti consigli l’uomo , che, aggiungono i giudici, era consapevole di determinare con la sua condotta un consistente turbamento dell’operatività del servizio .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 marzo – 27 aprile 2020, n. 12986 Presidente Fidelbo – Relatore Mogini Ritenuto in fatto 1. Kh. Mo. ricorre per mezzo del suo difensore avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Palermo ha confermato quella di primo grado, pronunciata dal Tribunale di Marsala in composizione monocratica ad esito di giudizio abbreviato, che lo ha condannato alla pena di giorni venti di reclusione per il reato di interruzione di pubblico servizio a lui contestato al capo 2 dell'imputazione. 2. Il ricorrente deduce i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi soggettivo ed oggettivo del contestato delitto di interruzione di pubblico servizio, posto che la sentenza impugnata non individua l'ufficio o il servizio pubblico interrotto o la condotta del ricorrente che avrebbe concretamente determinato tale interruzione, trattandosi in realtà di un comportamento che ha causato al più un trambusto transeunte che non ha cagionato il malfunzionamento del locale ufficio INPS nel suo complesso, né sotto forma di interruzione né di mera turbativa. Inoltre, le rimostranze del ricorrente erano volte unicamente a vedere realizzato un suo diritto e non certo a recare turbativa all'ufficio INPS cui egli si era rivolto. 2.2. Mancanza di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1. Il primo motivo è aspecifico, poiché non si confronta con la del tutto congrua motivazione della sentenza impugnata, che ha compiutamente giustificato, anche con il richiamo di pertinente giurisprudenza di legittimità, le ragioni per le quali il prolungato e assai vocale comportamento aggressivo del ricorrente nei confronti di plurimi addetti dell'Ufficio INPS di Mazara del Vallo succedutisi nello spiegare la tempistica della liquidazione della sua indennità ha causato una volontaria e apprezzabile alterazione della regolare funzionalità di quel pubblico ufficio, determinando un notevole ritardo nell'erogazione dei servizi della locale sede INPS nei confronti di decine di perone che hanno dovuto attendere, loro malgrado, che l'intervento dei Carabinieri riducesse a più miti consigli l'esagitato ricorrente, del tutto consapevole di determinare con la sua condotta un consistente turbamento dell'operatività del servizio pp. 1-2 della motivazione . 1.2. Il secondo motivo di ricorso è generico, manifestamente infondato e meramente reiterativo di analoga censura di merito alla quale la Corte di appello ha puntualmente e adeguatamente risposto con riferimento alla presenza di plurimi, recenti e gravi precedenti penali a carico del ricorrente che rappresentano indici rivelatori di una tendenza dell'imputato a comportamenti violenti verso le persone e alla mancanza di manifestata resipiscenza p. 2 . 2. All'inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all'art. 616 cod. proc. pen. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.