Prende di mira una coppia e anche i clienti della loro autoscuola: condannata per stalking

Confermata la responsabilità penale per una donna per avere perseguitato una coppia di coniugi, titolari di un’autoscuola. A essere coinvolti anche i clienti durante le lezioni di guida.

Presa di mira da una donna una coppia, moglie e marito, rispettivamente titolare e istruttore di una autoscuola. A subire comportamenti persecutori, però, anche gli aspiranti neopatentati impegnati al volante per imparare a guidare. Logica la condanna per stalking. Irrilevante, checché ne dica la difesa, il fatto che il contesto della vicenda sia in una piccola frazione di un piccolo paesino, e che quindi i contatti – anche in auto – siano difficilmente evitabili Cassazione, sentenza n. 12888/20, sez. III Penale, depositata il 24 aprile . Ostacoli. Ricostruita la delicata vicenda, protrattasi per lungo tempo, i giudici di merito ritengono la donna sotto processo colpevole del reato di stalking e la condannano anche a provvedere a un adeguato risarcimento nei confronti della coppia da lei presa di mira. Inequivocabili, in sostanza, i suoi comportamenti, poiché la donna è stata vista appartarsi ripetutamente vicino all’abitazione delle persone offese, marito e moglie e anche nei pressi della loro ‘autoscuola’, arrivando ad ostacolare ripetutamente le manovre dei clienti durante le esercitazioni alla guida . E peraltro in un’occasione ella ha anche minacciato l’uomo e per due volte è stata vista davanti alla scuola del figlio più piccolo della coppia . Ansia. Preso atto della condanna sia in primo che in secondo grado, la donna decide di presentare ricorso in Cassazione, mirando a ridimensionare le proprie condotte ed escludendo l’ipotesi accusatoria relativa allo stalking. A questo proposito ella osserva che le persone offese hanno sporto querela dopo oltre due anni dal primo episodio persecutorio, e ciò dimostrerebbe l’assenza di un grave stato di ansia e paura . In aggiunta la donna pone in evidenza anche la soluzione di continuità che vi era stata tra i due blocchi di atti persecutori, distanziati gli uni dagli altri di circa un anno e mezzo e sostiene non sia mai stata provata l’idoneità, astratta e concreta, della condotta a lei addebitata a provocare, nelle vittime, uno stato di ansia e di paura . E in questa ottica viene anche evidenziato che l’uomo ha spiegato che lui e la moglie non avevano subito sporto querela sperando in una resipiscenza spontanea della donna e ciò confliggerebbe con il ritenuto stato di ansia e paura che li avrebbe caratterizzati . Sempre a propria discolpa, poi, la donna osserva che ella abita nella stessa piccola frazione in cui ha sede la ‘autoscuola’ delle persone offese, a un chilometro da essa e quindi nella stragrande maggioranza dei casi si trovava ad incrociare per caso le persone offese , anche perché era difficile, sostiene ancora, girare per la frazione senza incrociare l’autovettura della ‘scuola guida’ . Ogni obiezione difensiva si rivela però inutile. Per i giudici della Cassazione, difatti, va confermata la condanna della donna per stalking. Inequivocabili, in sostanza, come già appurato tra primo e secondo grado, le sue condotte, tali da determinare un grave e perdurante stato di ansia e paura in capo alle vittime . Per i giudici del ‘Palazzaccio’, poi, sono plausibili le ragioni del ritardo nella denunzia presentata dalla coppia, che speravano in un pentimento della donna miravano a tutelare la propria e il buon nome della autoscuola .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 gennaio – 24 aprile 2020, numero 12888 Presidente Sabeone – Relatore Mazzitelli Ritenuto in fatto 1. La pronunzia impugnata è stata emessa il 15 novembre 2018 dalla Corte di appello di Firenze, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Pistoia che aveva condannato Da. Gr. alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno per due distinte sequenze di atti persecutori ai danni di Si. Co. e Li. Es., la più recente delle quali posta in essere dopo il rinvio a giudizio per la più risalente sicché vi era stata la riunione tra i due processi giunti alla fase dibattimentale da parte del Tribunale . Gli atti persecutori, per come individuati dalle sentenze di merito, avevano visto l'imputata appartarsi reiteratamente vicino all'abitazione delle persone offese - marito e moglie, rispettivamente istruttore e titolare di un'autoscuola - ed all'esercizio, ostacolare ripetutamente le manovre dei clienti della scuola durante le esercitazioni alla guida ed importunare anche una di esse in un'occasione, la Gr. poi aveva anche minacciato Co. e due volte era stata vista davanti alla scuola del figlio più piccolo della coppia. 2. Ricorre avverso detta sentenza il difensore di fiducia della Gr., che ha affidato l'impugnativa a tre motivi. 2.1. Il primo motivo di ricorso denunzia vizio di motivazione quanto all'evento del reato di stalking, dal momento che le persone offese avevano sporto querela dopo oltre due anni dal primo episodio asseritamente persecutorio, il che dimostrerebbe l'assenza del grave stato di ansia e paura richiesto dalla norma incriminatrice i giudici di merito avevano inoltre trascurato anche la soluzione di continuità che vi era stata tra i due blocchi di atti persecutori, distanziati gli uni dagli altri di circa un anno e mezzo e, comunque, avevano omesso qualsiasi analisi circa l'idoneità, astratta e concreta, della condotta addebitata alla Gr. a provocare, nelle vittime, lo stato di ansia e paura apoditticamente ritenuto sussistente. Quanto alla deposizione della persona offesa Co., questi aveva riferito di circostanze di fatto palesemente immaginate ovvero di mere supposizioni. Riportando un tratto della deposizione del medesimo, in particolare, l'impugnante evidenzia che l'uomo aveva riferito che era stata la moglie a sorprendere, per due volte, la Gr. nei pressi della scuola del figlioletto, mentre la Corte territoriale ha annotato in sentenza che era stato il Co. a scorgere, in dette occasioni, l'imputata presso la scuola del minore, così determinandosi a presentare la querela. L'affermazione del Co secondo cui lui e la moglie non avevano subito sporto querela sperando in una resipiscenza spontanea della Gr., confliggerebbe con il ritenuto stato di ansia e paura che li avrebbe caratterizzati. 2.2. Il secondo argomento di censura deduce vizio di motivazione circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche e violazione di legge quanto alle disposizioni di cui agli artt. 133 e 164 cod. penumero La Gr. - si sostiene nel ricorso - abita nella stessa piccola frazione del Comune di Serravalle Pistoiese in cui ha sede l'autoscuola delle persone offese, a circa un kilometro da essa, sicché, nella stragrande maggioranza dei casi, si trovava ad incrociare per caso le persone offese, come pure ritenuto dalla Corte di merito che poi però, contraddittoriamente, ha negato le attenuanti. Così come sarebbe contraddittoria la reiezione delle circostanze attenuanti generiche a dispetto dell'annotazione, in sentenza, della soluzione di continuità che vi era stata tra le due sequele di atti persecutori. 2.3. Il terzo motivo di ricorso deduce gli stessi vizi, questa volta con riferimento al diniego della sospensione condizionale della pena, che la Corte di appello ha ancorato alle violazioni della misura cautelare del divieto di avvicinamento alle persone offese, trascurando però il dato di fatto della contiguità spaziale tra la casa dell'imputata e l'autoscuola. A sostegno della doglianza, la ricorrente cita varie testimonianze che deporrebbero per la difficoltà di girare per la frazione senza incrociare l'autovettura della scuola guida e circa la necessità della Gr. di uscire di casa per attendere ala cura degli anziani genitori. Errata sarebbe, infine, la notazione della Corte di merito circa la mancata resipiscenza dell'imputata, al contrario evincibile dall'interruzione degli atti persecutori per un anno e mezzo circa. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Il primo motivo di ricorso - che denunzia vizio di motivazione circa l'evento del reato di stalking - è manifestamente infondato ed aspecifico. Ed invero, la ricorrente continua ad insistere su temi già affrontati dal primo Giudice e poi nuovamente vagliati dalla Corte di appello in particolare, il ricorso omette di confrontarsi con gli enunciati della sentenza impugnata che - facendo leva sui plurimi contributi testimoniali raccolti nel corso del dibattimento di primo grado, non solo quelli delle parti lese - avevano concluso nel senso che le condotte attribuite alla Gr. potevano dirsi accertate e, soprattutto, che le medesime erano idonee a determinare un grave e perdurante stato di ansia e paura in capo alle vittime. In questo senso, la Corte territoriale ha razionalmente valutato come plausibili le ragioni del ritardo nella denunzia ed ha altresì neutralizzato il tema difensivo circa la volontà delle persone offese di tutelare non già la propria persona, ma il buon nome dell'autoscuola, evidenziando come quest'ultima fosse solo in parte coinvolta dalle condotte persecutorie dell'imputata. Ebbene, di fronte a questo quadro motivazionale, la ricorrente percorre una propria direttrice critica che pare ignorare il costrutto della Corte di merito in uno a quello del Tribunale, contravvenendo al dovere di specificità che grava su chi propone ricorso per cassazione, dovere ribadito anche da Sez. U, numero 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. Quanto al presunto travisamento della prova concernente la scoperta della Gr. presso la scuola del piccolo di casa Co., la ricorrente non si è avveduta che la proposizione che assume testimoniare il travisamento è non già della Corte di appello, ma del Tribunale ed è stata riportata nella sentenza impugnata all'interno della sezione, appunto, dedicata al riepilogo della pronunzia di prime cure. 2. Il secondo motivo di ricorso - che contesta il diniego delle circostanze attenuanti generiche - è manifestamente infondato. La Corte di appello, infatti, ha adeguatamente motivato sul punto, come evincibile dal complesso della sentenza impugnata laddove è descritta la pervicacia manifestata dalla prevenuta, altresì rimarcando la neutralità - testualmente prevista dall'articolo 62 bis, comma 3, cod. penumero - della sua incensuratezzà. Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando rigetta la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti Sez. 3, numero 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 Sez. 6, numero 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244 . Peraltro, i dati che sosterrebbero la richiesta e che si assumono pretermessi non hanno alcuna idoneità scardinante del ragionamento della Corte territoriale, dal momento che il primo la casualità degli incontri con le persone offese pare mettere nuovamente in discussione la stessa sussistenza degli atti persecutori e il secondo la cesura cronologica tra le due sequenze persecutorie non è affatto una circostanza valutabile in bonam partem laddove, al contrario, essa pare eloquente di una recrudescenza del fenomeno. 3. Il terzo motivo di ricorso - che concerne il diniego della sospensione condizionale della pena - è del pari inammissibile dal momento che trascura la ricca motivazione della Corte di merito sul punto, laddove ha evidenziato come l'incensuratezza non sia l'unico dato da tenere in considerazione, pesando negativamente sulla posizione della prevenuta la protrazione nel tempo delle condotte, l'insensibilità manifestata rispetto agli interventi dei Carabinieri e la reiterata violazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento, che aveva reso necessario l'aggravamento. Di fronte a questo costrutto, la ricorrente insiste sulla possibile natura fortuita degli incontri e sulla soluzione di continuità tra le due sequenze persecutorie, spendendo argomentazioni sorde rispetto alla ratio decidendi della pronunzia avversata e, comunque, inidonee ad evidenziare l'esistenza di vizi logici o di errori di diritto nella sentenza impugnata. Il motivo è, pertanto, manifestamente infondato e aspecifico. 4. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero come modificato ex. I. 23 giugno 2017, numero 103 , al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte cost. 13/6/2000 numero 186 . 5. La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro quattromila in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell'estensore, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lett. a , del d.p.c.m. 8 marzo 2020.