L’obbligo di procedere alla rinnovazione delle prove dichiarative per il giudice d’appello

Il giudice d’appello che riformi, ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa decisiva, è obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale in forza dei poteri officiosi che gli competono ai sensi dell’articolo 603, comma 3, c.p.p., il cui esercizio non è vincolato alla richiesta in tal senso proposta dalla parte civile nell’atto di appello, trovando, piuttosto, la sua giustificazione in un’assoluta necessità probatoria.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 12482/20, depositata il 20 aprile u.s., si è espressa in tema di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in sede di giudizio di secondo grado. Il fatto. Il Tribunale Monocratico di Catania, in funzione di giudice d’appello, decideva di riformare la sentenza di assoluzione emessa dal Giudice di Pace in sede e condannava l’imputato al risarcimento dei danni n favore delle costituite parti civili per i reati di lesioni e minaccia. Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione il prevenuto, per mezzo del proprio difensore, deducendo un unico motivo fondato sulla violazione della legge processuale da parte del giudice di seconde cure, per aver omesso la rinnovazione delle prove dichiarative decisive, in violazione dell’articolo 606, comma 3- bis , c.p.p. e dei principi convenzionali dettati in materia. In sede di trattazione anche il Procuratore Generale chiedeva l’annullamento della sentenza con rinvio. Il ricorso è fondato. I Giudici di Legittimità della V Sezione, con la sentenza in commento, colgono l’occasione per ribadire principi già granitici, frutto di un’evoluzione giurisprudenziale nazionale e sovranazionale. Nella decisione, infatti, si ripercorrono le tappe decisive del percorso che ha condotto ad affermare il principio all’esito enunciato. In proposito – osservano gli Ermellini – già le Sezioni Unite Mannino del 2005 richiedevano, ai fini del ribaltamento di un giudizio assolutorio in secondo grado, la c.d. motivazione rafforzata da parte del giudice. Altresì, la valenza sub-costituzionale delle norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la portata ermeneutica dei principi enucleati nel diritto consolidato convenzionale hanno segnato un ulteriore passo in tale direzione, soprattutto a seguito della sentenza Dan c. Moldavia del 2011 della Corte EDU, sulla scorta della quale le Sezioni Unite, con la sentenza Dasgupta del 2016, hanno affermato l’assoluta necessità della rinnovazione istruttoria – attivata anche d’ufficio - ogni qual volta il giudice d’appello, dinanzi all’impugnazione proposta dal pubblico ministero, decida di ribaltare il giudizio di assoluzione sulla scorta di una rivalutazione delle prove dichiarative. Sulla scia di tali insegnamenti, la riforma Orlando L.103/2017 ha introdotto il comma 3 bis nell’articolo 603 c.p.p., nel quale, come è noto, è stato positivizzato il principio di diritto enunciato nella sentenza Dasgupta. Con riferimento all’impugnazione proposta dalla parte civile, si è posto il problema di ritenere estensibile o meno il dovere di rinnovazione dibattimentale in siffatta ipotesi. La Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento, ribadisce quanto evidenziato dai precedenti arresti sebbene non tutti conformi , affermando la portata generale della doverosa riassunzione delle prove ex officio ai sensi dell’articolo 603, comma 3, c.p.p. dinanzi all’impugnazione agli effetti civili che si affianca a quella codificata oggi nell’articolo 603, comma 3 bis, c.p.p., ogni qual volta ciò sia necessario ai fini della rivalutazione del materiale probatorio per la decisione del caso. Alla stregua di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore per nuovo esame della questione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 febbraio – 20 aprile 2020, n, 12482 Presidente Palla – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19 febbraio 2019, il Tribunale di Catania ha, in parziale riforma della decisione assolutoria del Giudice di pace di Mascalucia in data 24 maggio 2018 ed in accoglimento del ricorso delle parti civili, condannato L.S. al risarcimento del danno ed alla rifusione delle spese processuali in favore delle parti civili in relazione ai delitti di lesioni e di minaccia in danno di P.G. e B.N. , confermando nel resto. 2. Avverso la sentenza del Tribunale di Catania ha proposto ricorso l’imputato, con atto a firma dell’Avv. Sebastiano Bordonaro, deducendo, con unico motivo, violazione della legge processuale per avere il giudice d’appello riformato la pronuncia liberatoria del Giudice di pace, omettendo la rinnovazione delle prove dichiarative decisive, in violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 3-bis e dei principi convenzionali. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. La questione che il ricorso, essenzialmente, propone, investe la modalità processuale con la quale si deve garantire il diritto di difesa e del contraddittorio nell’ipotesi in cui l’imputato - assolto in primo grado sulla base di una prova dichiarativa ritenuta decisiva - sia condannato in appello, su impugnazione della parte civile, sulla base del medesimo materiale probatorio, agli effetti civili. Alla risoluzione della questione consegue l’ulteriore profilo d’indagine, relativo alle forme di deduzione della relativa violazione nei casi - quale quello in esame - in cui il ricorso per cassazione sia consentito solo per violazione di legge ex art. 606 c.p.p., comma 2-bis. 1.1. Alla base di ogni considerazione in tema di progressione processuale sfavorevole, si pone il dato della ontologica contraddittorietà della decisione sulla colpevolezza dell’imputato, derivante da due sentenze dal contenuto antitetico, pur essendo entrambe fondate sulle medesime prove in correlazione con il principio dell’”oltre ogni ragionevole dubbio . Entro siffatti parametri si è articolato l’intenso dibattito giurisprudenziale, orientato dai principi convenzionali e costituzionali di riferimento, sfociato in diverse pronunce di questa Corte regolatrice, riunita nella sua più autorevole composizione. 1.1.1. Già nel 2005 le Sezioni Unite sono giunte ad affermare che la sentenza che riformi totalmente, in senso assolutorio o di condanna, la decisione di primo grado deve delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato e, in caso di omissione, l’imputato può dedurre con ricorso per cassazione la relativa mancanza di motivazione Sez. U., n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231674, che, sul punto, ha ribadito quanto già statuito da Sez. U., n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226093 V. Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, Rastegar, Rv. 254638 . Si correla a tale principio quello della c.d. motivazione rafforzata, secondo il quale il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato Sez. U., Mannino, Rv. 231679 . La combinazione degli enunciati principi ha consentito alla giurisprudenza di questa Corte di ritenere che le fondamentali garanzie di cui all’art. 24 Cost., comma 2 e art. 111 Cost. attinenti al pieno esercizio delle facoltà difensive, anche per i profili della formazione della prova nel contraddittorio fra le parti e dell’obbligo di valutazione della stessa nel rispetto dei canoni di legalità e razionalità, siano riconosciute ed assicurate nel giudizio di appello instaurato a seguito dell’impugnazione del pubblico ministero contro la sentenza assolutoria di primo grado Sez. U, Mannino, ibidem . 1.1.2. Il riconoscimento del rango sub-costituzionale delle norme della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e della portata ermeneutica del diritto consolidato convenzionale Corte Cost. nn. 348-349 del 22/10/2007 e n. 49 del 14/01/2015 ha impresso un ulteriore e decisivo passo nella definizione dei canoni a cui deve ispirarsi la progressione processuale sfavorevole in seguito alla sentenza Dan c. Moldavia del 5 luglio 2011, con la quale la Corte EDU ha ribadito il seguente consolidato principio Se una Corte d’Appello è chiamata ad esaminare un caso in fatto e in diritto e a compiere una valutazione completa della questione della colpevolezza o dell’innocenza del ricorrente, essa non può, per una questione di equo processo, determinare correttamente tali questioni senza una valutazione diretta delle prove La Corte ritiene che coloro che hanno la responsabilità di decidere la colpevolezza o l’innocenza di un imputato dovrebbero, in linea di massima, poter udire i testimoni personalmente e valutare la loro attendibilità. La valutazione dell’attendibilità di un testimone è un compito complesso che generalmente non può essere eseguito mediante una semplice lettura delle sue parole verbalizzate . In linea con il suddetto principio di diritto, si è posta la sentenza delle Sezioni Unite n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, che, dopo avere fatto propria la motivazione della Corte EDU in merito ai principi di contraddittorio , oralità ed immediatezza e valorizzato, altresì, da una parte, il principio della motivazione rafforzata e, dall’altra, quello dell’ al di là di ogni ragionevole dubbio , ha concluso affermando che il giudice di appello, investito dalla impugnazione del pubblico ministero che si dolga dell’esito assolutorio di primo grado adducendo una erronea valutazione sulla concludenza delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell’affermazione della responsabilità penale dell’imputato senza avere proceduto, anche d’ufficio, a norma dell’art. 603 c.p.p., comma 3, a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado , dandosi altrimenti luogo ad un vizio di motivazione rilevante ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e regula iuris ritenuta dalle Sezioni Unite necessitata anche dal canone di giudizio al di là di ogni ragionevole dubbio , codificato dall’art. 533 c.p.p., comma 1, e dai principi del contraddittorio , oralità , immediatezza nella formazione della prova e motivazione del giudice di merito che regolano il processo ibidem, Rv. 267492 . Nella stessa pronuncia, il più ampio consesso della Corte ha precisato come la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, anche d’ufficio, delle prove dichiarative ritenute decisive costituisca una scelta obbligata anche in caso di riforma in appello della sentenza assolutoria di primo grado ai soli fini civili, allorché fondata - appunto - su un diverso apprezzamento della prova dichiarativa ibidem, Rv. 267489 analogamente, nel caso di giudizio abbreviato, cfr. Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 26978701 ancora, sull’overturning ai soli effetti civili, Sez. 6, n. 52544 del 07/10/2016, Morii, Rv. 268579 . 1.2. L’elaborazione giurisprudenziale accennata ha costituito la traccia dell’intervento riformatore introdotto con L. n. 103 del 2017 che, con l’art. 1, comma 58, ha, con decorrenza dal 3 agosto 2017, introdotto all’art. 603 c.p.p. il comma 3-bis, a norma del quale Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale . Dalla lettura dei lavori parlamentari e della Relazione governativa, si desume come il legislatore abbia inteso recepire, normandolo, il consolidato principio di diritto enunciato dalla Corte EDU con la sentenza Dan c. Moldavia, alla quale hanno fatto seguito le citate Sezioni Unite Dasgupta e Patalano. Si è, quindi, data soluzione, a livello legislativo, al tema relativo alla modalità con la quale si deve tutelare il contraddittorio nell’ipotesi in cui sia appellata una sentenza di assoluzione, essendosi stabilito che, relativamente a questa ristretta ipotesi, il contraddittorio dev’essere implementato con il principio dell’oralità anche in appello, perché è questo il metodo epistemologico più corretto ed idoneo a superare l’intrinseca contraddittorietà fra due sentenze che, pur sulla base dello stesso materiale probatorio, giungano ad opposte conclusioni. La ratio legis, va rinvenuta, pertanto, nella tutela del contraddittorio posto che dal lato dell’imputato assolto in primo grado, la mancata rinnovazione della prova dichiarativa precedentemente assunta sacrifica un’efficace confutazione delle argomentazioni svolte nell’appello del pubblico ministero che possa trarre argomenti dall’interlocuzione diretta con la fonte le cui affermazioni siano poste a sostegno della tesi di accusa Sez. U. Dasgupta . 1.3. La formulazione dell’art. 603 c.p.p., comma 3-bis declina, tuttavia, la regula iuris enunciata limitatamente all’impugnazione del pubblico ministero. Si è osservato, in tal senso, che il Legislatore ha operato una chiara scelta di fondo, circoscrivendo l’obbligo di rinnovazione - sanzionato a pena di nullità - alla sola riforma della sentenza assolutoria agli effetti penali. Opzione, peraltro, non in contrasto con la giurisprudenza convenzionale, che non annovera orientamenti consolidati in riferimento alla riforma della condanna agli effetti civili, nè con il sistema processuale civile, che non impone al giudice d’appello la rinnovazione della prova dichiarativa nella prospettiva della riforma della sentenza di primo grado. Al riguardo, anche le Sezioni Unite Pavan n. 14426 del 28/01/2019, in motivazione hanno, incidentalmente, precisato come la norma - di stretta interpretazione - abbia sì introdotto una nuova ipotesi di ammissione d’ufficio delle prove art. 190 c.p.p., comma 2 , ma l’ha disciplinata limitando l’obbligo dispone di rinnovazione dell’istruttoria alle seguenti condizioni a che il soggetto impugnante sia il pubblico ministero non, quindi, la parte civile b che oggetto dell’impugnazione sia una sentenza di condanna che il giudice di appello riformi in pelus e non viceversa in terminis, Sez. U. Troise c che i motivi di appello siano attinenti alla valutazione della prova dichiarativa , desumendo da siffatti predicati la regola implicita secondo la quale il giudice di appello ha l’obbligo di rinnovare l’istruttoria solo nel caso in cui sciolga l’alternativa decisoria in senso sfavorevole all’imputato basandosi esclusivamente su una diversa valutazione - rispetto a quella effettuata dal primo giudice - della prova dichiarativa che abbia carattere di decisività. Nella delineata prospettiva, può dunque affermarsi come - fermo il principio della motivazione rafforzata - si sia gradualmente passati dalla soluzione prospettata dalle Sez. U. Andreotti e Mannino, fondata sull’interpretazione evolutiva del diritto interno, a quella delle Sez. U. Dasgupta, basata sul diritto convenzionale, a quella, infine, sancita da una espressa norma di legge, che ha recepito il consolidato principio di diritto enunciato dalla Corte EDU nella sentenza Dan c. Moldavia. 1.4. Quanto alle modalità di deduzione del relativo vizio, nel caso in cui la decisione impugnata sia stata emessa successivamente all’entrata in vigore del novellato art. 603 c.p.p., comma 3-bis, in violazione dell’obbligo, per il giudice di appello, di rinnovare l’istruttoria dibattimentale, si è sottolineato come la relativa violazione determini una lesione sostanziale del diritto al contraddittorio e, quindi, del diritto di difesa, sanzionata dalla nullità di ordine generale non assoluta, prevista dal combinato disposto dell’art. 178 c.p.p., lett. c e art. 180 c.p.p Di conseguenza, il ricorrente deve impugnare la sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c per inosservanza di una norma processuale stabilita a pena di nullità Sez. U. n. 14426 del 2019, ibidem . 2. Nel quadro così delineato, si pone la definizione dell’ambito di tutela dell’imputato nel caso in cui l’alternativa decisoria sia stata risolta in senso sfavorevole, agli effetti civili, alla stregua della rivalutazione cartolare della prova dichiarativa decisiva. 2.1. Sul punto, questa Corte ha già avuto modo di affermare che la questione di nullità può essere proposta dall’imputato solo in caso di ribaltamento agli effetti penali, dovendosi escludere l’obbligo di rinnovazione delle prove dichiarative in caso di conferma della sentenza assolutoria di primo grado, appellata dalla parte civile Sez. 5, n. 19730 del 16/04/2019, P., Rv. 275997, in motivazione . Siffatta conclusione è stata tratta dalla sentenza Troise, richiamando sempre il fondamento ideologico dell’obbligo di rinnovazione istruttoria, in ipotesi di reformatio in peius, ravvisato nella necessità di evitare il rischio di una condanna ingiusta nel giudizio di appello, sotto il profilo della violazione dei canoni epistemologici di accertamento della verità a seguito di una sentenza di assoluzione che ha reso concreta, e per certi versi stabilizzato, la presunzione di innocenza dell’imputato art. 27 Cost., comma 2 . Da siffatta impostazione, si è tratta la conseguenza che, in caso di ribaltamento agli effetti civili, l’imputato potrà dedurre la questione sub specie di vizio della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e ibidem, n. 19730 del 2019, Sez. 4, n. 22209 del 27 febbraio 2019, Mottini, non massimata . 2.2. Non si è mancato, d’altra parte, di rilevare come i principi declinati da Sezioni Unite Dasgupta mantengano validità anche all’esito dell’entrata in vigore dell’art. 603 c.p.p., comma 3 bis con cui il legislatore ha codificato soltanto il primo principio di diritto affermato dalla Sezioni Unite nella sentenza citata. Si è, a tal fine, rilevato come il disposto dell’art. 603 c.p.p., comma 3-bis, nel fissare la disciplina per il caso di riforma della decisione di primo grado su appello del P.M., non detti una regola diversa per la situazione in cui la riforma discenda dall’impugnazione proposta dalla sola parte civile, nè si pone in antitesi rispetto al principio sancito dalle Sezioni Unite sul punto, e pertanto di per sé non osta alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in caso di ribaltamento in appello della sentenza assolutoria di primo grado ad esclusivi fini civili. Dall’altro lato, la disposizione recepisce nell’articolato del codice di rito una regola che non può non avere carattere generale, avendo riguardo all’acquisizione ed alla valutazione della prova da parte del giudice di secondo grado che capovolga in peius la decisione del primo giudice. È stato, pertanto, precisato come siffatta soluzione ermeneutica si appalesi l’unica coerente sia con il dato sistematico - nella parte in cui prevede uno statuto probatorio unitario per l’accertamento, nel processo penale, della responsabilità penale e civile derivante da reato - sia, e soprattutto, con il diritto di difesa presidiato dalla Carta Fondamentale e dal diritto convenzionale, che non può declinarsi in modo differenziato, con un conseguente diverso grado di tutela, a seconda che vengano in rilievo profili penali o meramente civili. A tale proposito, è stata richiamata l’argomentazione delle Sezioni Unite nella già ricordata sentenza Dasgupta, là dove questa hanno rilevato come anche in caso di rovesciamento della pronuncia di assoluzione di primo grado sollecitata nella prospettiva degli interessi civili, a seguito di impugnazione della sola parte civile, entri in gioco la garanzia del giusto processo a favore dell’imputato coinvolto in un procedimento penale, dove i meccanismi e le regole sulla formazione della prova non subiscono distinzioni a seconda degli interessi in gioco, pur se di natura esclusivamente civilistica v. Sez. U. Dasgupta, in motivazione . Si è, pertanto, ritenuto che il giudice d’appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale, anche d’ufficio Sez. 6, n. 12215 del 12/02/2019, Caprara, Rv. 275167 V. Sez. 5, n. 32854 del 15/04/2019, Gatto, Rv. 277000, Sez. 5, n. 38082 del 04/04/2019, Clemente, Rv. 276933 . 2.3. In altra decisione di questa sezione Sez. 5, n. 12811 del 20/02/2019, Atzeni, non massimata si è, invece, richiamata la violazione dell’art. 603 c.p.p., comma 3. Pur ritenendo che la limitazione dell’obbligo di rinnovazione istruttoria in ogni caso di appello del pubblico ministero anche in ipotesi di omessa indicazione di prove decisive delle quali, infatti, non si fa menzione, nella formulazione della disposizione di cui all’art. 603, comma 2-bis - trovi spiegazione nelle conseguenze assai più sfavorevoli che derivano per l’imputato dal ribaltamento in peius della sentenza di assoluzione di primo grado agli effetti penali con ciò fugandosi i dubbi di legittimità costituzionale avanzati quanto alla norma di cui all’art. 603 c.p.p., comma 3-bis, - si è osservato che, ove l’appello della parte civile indichi puntualmente le ragioni, in diritto ed in fatto, per le quali le prove dichiarative poste a fondamento della impugnata assoluzione siano da diversamente valutare in funzione della condanna dell’imputato, sia pure ai soli effetti civili, il giudice di appello, sempre che le ritenga decisive, ne debba disporre la riassunzione in forza dei poteri officiosi ex art. 603 c.p.p., comma 3, tanto essendo assolutamente necessario ai fini del decidere. Se ne è tratta la conseguenza per cui Il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa, ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale in forza dei poteri officiosi che gli competono ai sensi dell’art. 603 c.p.p., comma 3, il cui esercizio prescinde da una corrispondente richiesta, in tal senso avanzata dalla parte civile nell’atto di appello, ai sensi dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c , trovando, piuttosto, la sua giustificazione in un’assoluta necessità probatoria . 2.3. Ritiene il Collegio che siffatta opzione interpretativa debba essere condivisa, con conseguente deducibilità della questione sub specie di violazione di legge. Oltre ai persuasivi argomenti rassegnati nell’orientamento da ultimo citato, devesi rilevare come la sentenza Dasgupta, nell’enucleare la questione - nel previgente sistema ordinamentale sguarnito di apposita prescrizione - non esclude, nel suo tenore argomentativo v. § 11.1. la rilevanza del vizio di violazione di legge ai sensi dell’art. 603 c.p.p., comma 3, soffermandosi, invece, sul difetto di motivazione, anche in logica consequenzialità con lo standard giustificativo rafforzato. Di guisa che, decontestualizzata dal panorama normativo in cui è intervenuta, la sentenza indicata non esclude - ma anzi afferma con ampia latitudine l’obbligatorietà della rinnovazione della prova dichiarativa decisiva anche in caso di ribaltamento agli effetti civili e, dunque, la deducibilità della relativa inosservanza ex art. 606 c.p.p., lett. c . 2.4. Ulteriori argomenti a sostegno della generalizzante portata dell’obbligo di rinnovazione si rinvengono anche nella già citata Sez. U., n. 18620 del 19/01/2017, ric. Patalano. Occupandosi proprio della riforma, ai soli fini civili, della sentenza assolutoria di primo grado Sez. U. Patalano, ibidem, Rv. 269787 , il ragionamento svolto dalle Sezioni Unite in tale ultimo arresto ha preso le mosse dalla costituzionalizzazione del giusto processo e, quindi, dal canone di giudizio dell’ oltre ogni ragionevole dubbio , elaborato dalla giurisprudenza di legittimità già prima della sua codificazione nell’art. 533 c.p.p., comma 1, ad opera della L. 20 febbraio 2006, n. 46 , in quanto criterio generalissimo del processo penale, direttamente collegato alla presunzione d’innocenza. Si è dunque sottolineato come la ri valutazione meramente cartolare del materiale probatorio già valutato dal primo giudice non potrebbe non risultare distonica rispetto al canone dell’art. 533, comma 1, essendo insito nell’avvenuta adozione di decisioni contrastanti il dubbio ragionevole . In risposta all’osservazione della Sezione remittente, le Sezioni Unite hanno rimarcato che la revisione del giudizio liberatorio espresso in primo grado, implicando il superamento di ogni dubbio sull’innocenza dell’imputato, postula il ricorso al metodo migliore per la formazione della prova , id est all’oralità ed all’immediatezza mediante l’esame diretto delle fonti dichiarative. In altri termini, il principio secondo il quale il ribaltamento del giudizio assolutorio impone il metodo orale nella formazione della prova purché decisiva assume valenza generale, in quanto corollario della regola di giudizio dell’ al di là di ogni ragionevole dubbio , espressione dei valori costituzionali del giusto processo e della presunzione d’innocenza, affermandone la necessaria attuazione anche nel caso in cui la decisione da ribaltare sia stata resa all’esito del giudizio negoziale , a prova contratta . 2.5. Del resto, il tentativo di sperimentare una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente conforme dell’art. 603 c.p.p., commi 3 e 3-bis, si impone nei casi - come quello in disamina - in cui all’imputato sia preclusa la deduzione del vizio di motivazione, quando l’opzione ermeneutica prescelta sia in linea con i canoni sopra indicati, a maggior ragione quando quella, pur a fronte di un testo che lascia aperte più soluzioni, sia l’unica plausibile e, dunque, il frutto di uno sforzo che si rende necessario per giungere ad un risultato costituzionalmente adeguato. Donde un’interpretazione convenzionalmente orientata degli artt. 603 c.p.p., commi 3 e comma 3-bis induce ad affermare il principio di diritto per cui costituisce violazione di legge ed è, dunque, deducibile ex art. 606 c.p.p., lett. c con il ricorso avverso la sentenza d’appello pronunciata per reati di competenza del Giudice di pace, la riforma, agli effetti civili, della sentenza assolutoria di primo grado, sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, non preceduta in appello dalla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, anche d’ufficio. 3. Va, ulteriormente, rilevato come la rinnovazione cartolare della prova orale decisiva, in ipotesi di progressione sfavorevole agli effetti civili, possa refluire nel vizio di violazione di legge ai sensi dell’art. 125 c.p.p., ove la motivazione sia mancante o apparente rispetto alla necessaria riconsiderazione degli elementi dimostrativi fondanti la responsabilità. 3.1. Ai due profili evidenziati, inerenti tanto la generalizzata portata dell’obbligo di rinnovazione della prova che la necessaria motivazione su ogni punto involgente l’affermazione di responsabilità, consegue che la riforma sfavorevole della pronuncia liberatoria, agli effetti civili, possa essere sindacata, in sede di legittimità, nei procedimenti per reati di competenza del Giudice di pace entro i limiti declinati dall’art. 606 c.p.p., comma 2-bis. 3.2. Ai sensi dell’art. 606, comma 2-bis e del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 39-bis così come introdotti dal D.Lgs. n. 11 del 2018, entrato in vigore il 6 marzo 2018 , contro le sentenze di appello pronunziate per reati di competenza del Giudice di pace non può essere proposto ricorso per cassazione per motivi diversi da quelli previsti dal citato art. 606 c.p.p., lett. a , b e c rimanendo dunque inibita la prospettazione di meri vizi della motivazione Sez. 5, n. 22854 del 29/04/2019, De Bilio, Rv. 275557 . Ed invero, qualora il ricorso per cassazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge, mentre va esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità, è possibile denunciare il vizio della motivazione mancante o apparente, atteso che in tal caso si prospetta la violazione dell’art. 125 c.p.p., che impone l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. 4. La sentenza impugnata non si è conformata ai principi enunciati. 4.1. Nel ribaltare la pronuncia liberatoria, agli effetti civili, sulla base di un diverso apprezzamento delle prove dichiarative dei testimoni d’accusa, ritenute decisive, il Tribunale ne ha svolto una riconsiderazione meramente cartolare, omettendo di rinnovarne la riassunzione, in violazione dei principi di oralità ed immediatezza. Dal testo della sentenza impugnata emerge, all’evidenza e già dal tenore semantico dell’argomentazione, la diversa ri valutazione d’attendibilità della persona offesa, oltre alla disamina delle dichiarazioni rese dai testi P.G. , M.C. e L.R.E. prove dichiarative alle quali il giudice d’appello ha assegnato valore determinante del proprio convincimento, in riforma della sentenza assolutoria fondata sulle medesime prove, impugnata dalla parte civile. In altri termini, la sentenza d’appello non si è limitata ad attribuire diversa valenza giuridica ai fatti riferiti, qualificandoli nei termini di cui alla contestazione, ma ha compiuto una riedizione, statica e cartolare, delle prove orali, postulandone l’attendibilità pur senza procedere alla diretta escussione. Siffatta valutazione s’appalesa imprescindibile ai fini della compiuta ricostruzione della causa di giustificazione della legittima difesa, prospettata dall’imputato e respinta proprio valorizzando le dichiarazioni testimoniali a carico. Donde la fondatezza del ricorso. 5. Sulla scorta delle considerazioni sopra svolte - che assorbono, senza precluderne l’esame, la valutazione della scriminante della legittima difesa - la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata agli effetti civili, con rinvio alla Corte d’appello civile a norma ai sensi dell’art. 622 c.p.p. per nuovo giudizio sulle statuizioni civili. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado d’appello.