L’arco temporale della pericolosità sociale limita i beni confiscabili

I beni acquistati fuori dal periodo di manifestazione della pericolosità sociale possono essere oggetto di confisca di prevenzione solo se sono individuati, con adeguata motivazione capace di illustrarne la consistenza, i dati di fatto rivelatori di una diretta provenienza di quei beni dalla illecita ricchezza formatasi in precedenza.

La Corte di Cassazione con la pronuncia in commento delinea ulteriormente i confini della confisca di prevenzione, circoscrivendo non solo l’arco temporale, ma anche i requisiti per individuare i beni suscettibili di essere colpiti dal provvedimento ablativo. Ampio ricorso alle misure patrimoniali. Da diversi anni, ormai, la lotta alla criminalità ha scoperto un nuovo strumento di straordinaria efficacia. Il ricorso alle misure ablative patrimoniali ha trovato, negli ultimi tempi, sempre più spazio nel diritto penale per fronteggiare non solo la criminalità organizzata, ma anche i delitti contro la pubblica amministrazione, l’evasione fiscale, il riciclaggio, il traffico di sostanze stupefacenti, i delitti contro il patrimonio. Il progressivo ampliamento dei delitti presupposto ha trovato fondamento anche nell’altrettanto progressivo dilatarsi delle differenti forme di confisca che hanno reso ormai obsoleta e quasi residuale la c.d. protoconfisca prevista dall’art. 240 c.p Fra di esse, un ruolo sicuramente di primo piano riveste da diverso tempo la confisca di prevenzione, che senza dubbio, da un lato, si è rivelata strumento assai efficace nella lotta alla criminalità organizzata, ma dall’altro lato, per la sua invasività e per il sempre maggiore campo di applicazione, ha suscitato non poche perplessità, anche per effetto di una interpretazione giurisprudenziale che, in molte occasioni, ha ulteriormente dilatato i confini di applicazione della fattispecie. In tale contesto normativo e giurisprudenziale, si inserisce la pronuncia in commento che trae la mosse da un consolidato orientamento, secondo il quale, in tema di confisca di prevenzione disposta nei confronti di soggetto indiziato di appartenere ad una associazione mafiosa, anche nel caso in cui la fattispecie concreta consenta di determinare il momento iniziale e finale della pericolosità qualificata, è legittimo disporre la misura ablativa su beni acquisiti in periodo successivo a quello di cessazione della pericolosità sociale ex pluribus Cassazione penale sez. V, 13/11/2019, n. 49479. La presunzione di illecita provenienza dei beni - pur ricondotta dalle Sezioni Unite Cassazione penale Sez. Un., 26/06/2014, n. 4880 nel parametro delle garanzie costituzionali e dei principi dell’ordinamento sovranazionale, nella misura in cui viene riconosciuta al soggetto inciso la facoltà di prova contraria, che rende la presunzione de qua meramente relativa ” – costituisce senza dubbio una dei parametri di maggior criticità della disciplina della confisca di prevenzione. In tale contesto, quindi, la perimetrazione sia temporale che logico motivazionale dei beni suscettibili di confisca è tema assolutamente rilevante, che risponde all’esigenza di mantenere una misura senza dubbio efficace nell’alveo delle ineluttabili garanzie costituzionali. La questione in esame. La vicenda sottoposta alla attenzione degli Ermellini concerne un provvedimento di confisca assai ampio adottato dal Tribunale di Roma e poi confermato dalla Corte d’Appello sempre della città capitolina, sulla base di un giudizio di pericolosità dei proposti che si definiva in un arco temporale ben preciso, circoscritto agli anni dal 2000 al 2005. La gran parte dei beni, soprattutto immobili, oggetto del provvedimento ablativo erano per contro stati acquistati in anni successivi. La Corte d’Appello aveva ritenuto che l’illecita ricchezza prodotta negli anni per cui era risultata provata la pericolosità sociale fosse poi stata successivamente impiegata per l’acquisto degli immobili, che in conseguenza erano stati confiscati. È principalmente sotto tale profilo che il provvedimento dei giudici di merito incorre nelle doglianze dei ricorrenti, che evidenziano il difetto di correlazione temporale tra l’epoca della ritenuta pericolosità sociale e quello di acquisto dei beni. La decisione degli Ermellini. Osservano preliminarmente i Giudici della Cassazione come, secondo giurisprudenza anche delle Sezioni Unite, la pericolosità sociale sia non solo il presupposto ineludibile della confisca, ma anche la misura temporale della stessa, per cui, di regola, solo i beni acquistati in costanza della stessa sono suscettibili di ablazione. Pertanto, la sola sproporzione di valori, in relazione a bene acquistati al di fuori del predetto arco temporale, non legittima la confisca di prevenzione. Vero è, osserva la Cassazione, che detto principio correrebbe il rischio di agevolare manovre elusive, che procrastino l’utilizzo del denaro illecitamente accumulato ad un periodo successivo alla cessazione delle condotte illecite che ne hanno permesso il guadagno. Tuttavia, ricordano gli Ermellini, tale dato è ben noto alla giurisprudenza di legittimità che ha, da tempo, introdotto un correttivo a tale principio, osservando che anche nel caso in cui la fattispecie concreta consenta di determinare il momento inziale e finale della pericolosità qualificata, è legittimo disporre la misura ablativa su beni acquistati in periodo successivo a quello di cessazione della condotta permanente, ove ricorra una pluralità di indici fattuali altamente dimostrativi della diretta derivazione causale delle acquisizioni patrimoniali dalla provvista formatasi nel periodo di compimento dell’attività delittuosa Cassazione penale sez. II, 13/03/2018, n. 14165 . Da tale importante principio, osserva la Corte, si sono discostati i giudici capitolini che, pur dando atto della circostanza che detti beni erano stato acquistati al di fuori del ben definito perimetro temporale in cui era stata accertata la pericolosità sociale, non hanno individuato precisi elementi di fatto da cui inferire la diretta provenienza dei beni oggetto del provvedimento ablativo dalla ricchezza accumulata durante il periodo in cui venivano tenute le condotte illecite, senza alcuna presunzione in malam partem. Il decreto oggetto di ricorso viene pertanto annullato con rinvio al collegio, in diversa composizione, per nuova decisione che dovrà tenere conto del principio di diritto che la pronuncia in esame riafferma con forza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 febbraio – 16 aprile 2020, n. 12329 Presidente Tardio – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Roma ha confermato, salvo che per due autoveicoli, il decreto con cui il Tribunale della stessa città ha disposto la confisca di prevenzione dei beni nella disponibilità di T.A.M. , di M.W. e di M.F. , consistenti in beni immobili, polizze assicurative, conti correnti bancari, denaro contante e orologi di lusso, previo accertamento della pericolosità sociale, non più attuale, di M.F. , per il periodo dagli anni ‘80 al 2005, e della moglie T.A.M. , per il periodo dal 2000 al 2005, in riferimento alle attività di occultamento di considerevoli risorse economiche riconducibili alla OMISSIS s.r.l., società poi dichiarata fallita, con reiterati trasferimento di denaro in favore di altre società e poi da loro negoziati. Ha poi respinto l’appello proposto da S.F. , coniuge di M.W. in ordine alla confisca del contro corrente n. OMISSIS , intestato alla stessa e al coniuge. 2. La Corte di appello ha rilevato che la categoria di pericolosità applicata a M.F. e T.A.M. , di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b è adeguata e sostenuta da compiuta e coerente motivazione. Costoro commisero abitualmente condotte di rilievo penale per un significativo periodo di tempo, con imponenti movimentazioni di denaro che consentirono la formazione di una consistente base patrimoniale, con cui hanno poi operato gli acquisti e acceso i rapporti finanziari. Non è dunque rilevante, nel caso di specie, l’intervenuta pronuncia di incostituzionalità della previsione dell’altra categoria di pericolosità, conseguente all’essere dediti a traffici delittuosi, che non ha inciso su quella su cui il decreto del Tribunale ha argomentato. 3. Per quanto concerne la posizione di T.A.M. , in nessuno degli anni successivi alla cessazione del periodo di pericolosità e fino a quello dell’acquisto degli immobili, il 2010, il reddito prodotto fu tale da giustificare l’operazione. La conclusione è che l’acquisto fu il frutto del reimpiego dei profitti illeciti derivati dalle pregresse attività delittuose, che consentirono la formazione di una consistente provvista patrimoniale, utilizzata poi per molteplici acquisti di beni. 4. Circa la posizione di M.W. , negli anni successivi al 2005 il saldo dei conti correnti bancari fu, ad eccezione che per il 2012, sempre negativo, dovendosi così trarre la conclusione dell’impossibilità per lo stesso di eseguire gli incrementi patrimoniali di detti rapporti finanziari con somme di denaro che non costituissero il reimpiego di quelle originatesi dalle illecite attività di M.F. e T.A.M. . M.W. , ancora, non ha giustificato l’esistenza di rilevanti somme di denaro custodite nelle cassette di sicurezza e la provenienza con propri redditi delle provviste di cui ai conti correnti bancari, data la modesta entità dei redditi dichiarati. A fronte della riconosciuta gestione da parte del padre, M.F. , dei conti correnti dei figli, Walter e Flaminia, si sarebbe dovuto dare giustificazione della provenienza delle somme di denaro utilizzate anche per l’acquisto dei beni immobili, peraltro uno avvenuto nel 2005 e quindi entro il periodo di pericolosità accertata di M.F. e T.A.M. in assenza di tale dimostrazione, è confermata la conclusione che l’acquisto avvenne mediante il reimpiego dei profitti illeciti derivati dai delitti commessi dai genitori. 5. In riguardo alla posizione di M.F. valgono le stesse argomentazioni svolte per M.W. . L’acquisto dell’immobile operato nel 2002 si avvalse di provvista finanziaria in alcun modo giustificata nella sua provenienza e sproporzionata alla capacità reddituale. Deve allora concludersi che essa provenne dalla attività illecite dei genitori. 6. Quanto infine alla posizione di S.F. , la Corte di appello ha esteso i rilievi fatti a proposito della posizione del coniuge, M.W. , osservando che la stessa, sì come il marito, negli anni a seguire dal 2005 produsse un reddito netto non idoneo a giustificare l’attivo presente sul conto corrente al momento del sequestro. è stata così accertata una costante sproporzione, che ha toccato punte di diverse centinaia di migliaia di Euro, ad esempio negli anni 2009 e 2011. 7. Avverso il decreto hanno proposto ricorso i difensori di T.A.M. , M.W. e M.F. , articolando più motivi. 7.1. Con il primo motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge. La Corte di appello, dato che nelle more del giudizio di primo grado la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. a , avrebbe dovuto esaminare approfonditamente la questione se il decreto di confisca emesso dal Tribunale potesse reggere con il riferimento soltanto alla categoria di pericolosità di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b . Ciò ha fatto in modo del tutto assertivo e apodittico, omettendo di spiegare in cosa consistano specificamente, nel caso in esame, i requisiti delle cd. attività delittuose, dell’abitualità, degli elementi di fatto da cui desumere che i proposti vivessero abitualmente dei proventi delle attività delittuose. 7.2. Con il secondo motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge per difetto di correlazione temporale tra l’epoca della ritenuta pericolosità sociale di M.F. e T.A.M. e quello di acquisto dei beni mobili e immobili riconducibili ai tre proposti. In riferimento ad T.A.M. il periodo di pericolosità sociale è stato individuato negli anni dal 2000 al 2005. Gli immobili confiscati furono però acquistati nell’anno 2010 e quindi fuori dalla finestra temporale di pericolosità. L’acquisto deve ritenersi di provenienza lecita e sarebbe stato compito del pubblico ministero e quindi del giudice della confisca dare conto del fatto che il bene fu invece acquisito con provvista di provenienza illecita, perché derivante proprio da quelle attività delittuose che sono state considerate ai fini della ritenuta pericolosità sociale Non è invece sufficiente, ai fini della confisca, quanto affermato nel decreto impugnato, ossia che al tempo dell’acquisto T.A.M. avesse presentato dichiarazione dei redditi ritenute non in linea con l’acquisizione degli immobili in questione. Di contro avrebbe dovuto fornirsi la certezza che la provvista utilizzata fosse proprio quella derivante dall’asserito accumulo di ricchezza proveniente dalli cd. pregresse attività delittuose. In riguardo a M.W. i giudici di merito hanno escluso, in senso assoluto, la pericolosità sociale. I giudici hanno quindi ancora una volta violato il principio di cd. correlazione temporale presumendo che la provvista utilizzata da M.W. per l’acquisto del bene poi confiscato fosse di provenienza illecita perché derivante, ancora una volta, dalla commissione di quelle attività delittuose valutate in riferimento alla pericolosità sociale di T.A.M. e M.F. . Ciò vale anche per la giacenza sul condo corrente Unicredit, formatasi tra l’anno 2011 e l’anno 2017, come da consulenza tecnica depositata nel giudizio di appello - ct Dott. Mo. - e non esaminata dalla Corte di appello, così consumandosi una ulteriore violazione per omessa valutazione di un punto decisivo della controversia. Lo stesso è a dirsi per la posizione di M.F. , a cui sono state confiscate polizze costituite nell’anno 2012. Da un lato è stata esclusa la pericolosità sociale e dall’altro si è ritenuto che i beni alla stessa intestati fossero riferibili ai suoi genitori sia in riferimento ai conti correnti bancari che agli strumenti finanziari, ivi comprese le polizze vita, che ai beni immobili. Le polizze vita furono costituite nell’anno 2012 e quindi fuori dalla finestra di correlazione temporale di cui si è già detto. 7.3. Con il terzo motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge nella parte in cui M.W. e M.F. sono stati ritenuti intestatari fittizi per conto di M.F. e T.A.M. . I beni immobili confiscati a M.W. e M.F. furono acquistati prima che fosse erogato dal Ministero dei Beni culturali il finanziamento in favore della OMISSIS s.r.l. le cui vicende sono individuate come fondamento delle attività delittuose riferibili ai coniugi M.F. e T.A.M. . È allora evidente che non possono essere ritenuto oggetto di intestazione fittizia. 7.4. Con il quarto motivo hanno dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione nella parte in cui la Corte di appello, in modo apodittico, ha affermato che i beni confiscati ad T.A.M. , M.W. e M.F. siano di provenienza illecita, ignorando i numerosi elementi di fatto addotti dalle difese da cui si trae la dimostrazione della loro lecita provenienza. È poi affetta da difetto di motivazione la decisione con cui la Corte di appello ha rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria per l’espletamento di una perizia in merito all’asserita discrasia tra risorse disponibili e cespiti riconducibili ai ricorrenti. 8. Il difensore di S.F. ha proposto ricorso articolando più motivi. 8.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge. La Corte di appello ha disatteso immotivatamente quanto affermato dal Tribunale in ordine alla sproporzione reddituale, motivatamente esclusa in primo grado. La Corte di appello ha fondato le sue valutazioni su un presupposto errato, omettendo di considerare i risultati dell’informativa della Guardia di Finanza successiva a quella richiamata. Peraltro era stato evidenziato come i versamenti della ricorrente sul conto fosse costituiti da operazioni di giroconto eseguire dal suo conto corrente personale, circostanza questa che emergeva incontestabilmente dall’esame degli estratti conto. 9. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. Considerato in diritto 1. I ricorsi meritano accoglimento per le ragioni di seguito esposte. 2. La ragione prevalente, sostanzialmente esclusiva, in forza della quale è stato confermato il provvedimento di confisca nei confronti di M.W. , M.F. e S.F. , è individuata dal provvedimento impugnato nel giudizio di sproporzione tra la ricchezza a costoro intestata e la loro personale capacità di produzione di redditi leciti in un periodo assai più ampio e diverso da quello interessato dal giudizio di pericolosità sociale di M.F. e T.A.M. . Per quest’ultima, raggiunta direttamente dall’apprezzamento di pericolosità, il relativo periodo è stato definito entro ben precisi confini, dal 2000 al 2005, ma l’indagine diretta alla rilevazione di una ricchezza ingiustificata, che si è espressa anche nell’acquisto di immobili oggetto di confisca, ha riguardato soprattutto gli anni successivi all’ambito temporale cosi espressamente delineato. 3. La Corte di appello ha ritenuto che l’illecita ricchezza prodotta negli anni precedenti sia stata successivamente impiegata per gli acquisti per i quali è intervenuto il provvedimento di confisca confermato. Ha così ritenuto implausibile ogni altra prospettazione circa la possibilità che la provvista e la ricchezza impiegata potesse provenire da altre fonti diverse da quelle attività illecite che hanno qualificato il periodo di pericolosità sociale definito per M.F. e T.A.M. . 4. Con questo modulo operativo la Corte di appello si è significativamente discostata dal principio di diritto stabilito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, secondo cui la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche misura temporale del suo ambito applicativo ne consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale - Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, S. ed altro, Rv. 262605. È stato a tal proposito ulteriormente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità che, in difetto della correlazione temporale, la sproporzione di valori non dovrebbe nemmeno essere apprezzata in riferimento a beni la cui acquisizione non ricada nel periodo di pericolosità, posto che quest’ultima non può tener luogo della previa verifica della pericolosità soggettiva nel periodo preso in esame - Sez. 1, n. 13375 del 20/09/2017, dep. 2018, Brussolo e altri, Rv. 272703. 5. Non sfugge che muovendo da questa premessa possa corrersi il rischio di non poter incidere su manovre sostanzialmente elusive dei divieti di legge per quanti abbiano l’accortezza di sapientemente occultare la ricchezza illecitamente prodotta nel periodo di manifestazione della pericolosità sociale per poi, atteso il tempo necessario al disperdersi di tale connotato tipizzante, utilizzare quanto al tempo accumulato. La questione è stata presa in esame della giurisprudenza di legittimità, che ha precisato quali siano le condizioni in presenza delle quali il nesso di derivazione diretta tra manifestazione della pericolosità sociale e acquisiti aggredibili con il provvedimento ablatorio non viene meno seppure la cd. finestra temporale di pericolosità appaia formalmente chiusa. Ciò è stato fatto in un caso di pericolosità cd. qualificata, ma il principio è mutuabile anche sul terreno della pericolosità generica, perché quel che importa è che vi sia, come è per la vicenda in esame, una definizione netta e compiuta del termine iniziale e di quello finale della pericolosità. Il principio di diritto affermato è che in tema di confisca di prevenzione disposta nei confronti di soggetto indiziato di appartenere ad una associazione mafiosa, anche nel caso in cui la fattispecie concreta consenta di determinare il momento iniziale e finale della pericolosità qualificata, è legittimo disporre la misura ablativa su beni acquisiti in periodo successivo a quello di cessazione della condotta permanente, ove ricorra una pluralità di indici fattuali altamente dimostrativi della diretta derivazione causale delle acquisizioni patrimoniali dalla provvista formatasi nel periodo di compimento dell’attività delittuosa - Sez. 2, n. 14165 del 13/03/2018, Alma e altro, Rv. 272377. Non si contraddice così l’assunto, che va ribadito, della necessità della correlazione temporale ma si introduce un criterio operativo che consente di tradurne il significato di garanzia senza esporlo al rischio di letture formalistiche. 6. Occorre allora che, per quanto attiene ai beni acquistati fuori del periodo di manifestazione della pericolosità sociale siano individuati, con adeguata motivazione capace di illustrarne la consistenza, i dati di fatto rivelatori di una diretta provenienza di quei beni dalla illecita ricchezza formatasi in precedenza. Per questa ragione il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Roma, che dovrà decidere in diversa composizione di collegio, secondo quanto statuito da Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, Gattuso, Rv. 271512, secondo cui la natura di decreto non permette il rinvio a diversa sezione, a mente del disposto di cui all’art. 623 c.p.p., comma 1, lett. a per contro, la natura decisoria dell’atto impone che il collegio chiamato alla nuova valutazione sia composto diversamente, stante l’incompatibilità dei componenti che hanno partecipato alla decisione oggetto di impugnazione . 7. All’annullamento nei termini appena indicati segue l’assorbimento degli altri motivi, senza il verificarsi di alcuna preclusione per un successivo eventuale esame. Va invece dichiarata l’infondatezza della doglianza di cui al primo motivo dei ricorsi di T.A.M. , M.W. e M.F. . La Corte di appello ha infatti dato adeguatamente conto delle ragioni di rilevanza della categoria di pericolosità di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b , e della ascrivibilità ad essa di M.F. e T.A.M. , ponendo in evidenza, con compiuta motivazione, che costoro per un significativo lasso temporale vissero dei proventi di attività delittuose fl 14-16 del decreto impugnato . Vale allora il principio secondo cui la Corte di cassazione, qualora sia investita del ricorso avverso un provvedimento applicativo di misura che, prima della dichiarazione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 1, comma 1, lett. a , ad opera della sentenza della Corte Cost. n. 24 del 2019, abbia inquadrato la pericolosità sociale del proposto nelle fattispecie di cui al citato art. 1, lett. a e b , non è tenuta a disporre l’annullamento con rinvio di tale provvedimento per una nuova valutazione del materiale probatorio, in quanto lo stesso è già stato delibato nel contraddittorio delle parti e ritenuto sufficiente a ricavarne la ricorrenza dei presupposti delle misure di prevenzione, per essere il proposto annoverabile anche nella categoria criminologica di cui alla citata lett. b dell’art. 1 -Sez. 6, n. 38077 del 9/5/2019, Falasca, Rv. 276711. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Roma.