Un gruppo di case sul lato della strada è sufficiente per applicare il limite di velocità per il centro abitato

Confermata la condanna per l’automobilista che, viaggiando a 140 chilometri orari, ha centrato una moto, causando volo e caduta che hanno provocato la morte del centauro. Evidente la gravità della condotta tenuta dall’uomo alla guida della propria vettura, anche tenendo presente la strada percorsa e il relativo limite di velocità.

La presenza di un gruppo di case lungo la strada è sufficiente per parlare di ‘centro abitato’ e per applicare il relativo limite di velocità, cioè 50 chilometri orari. Ciò a prescindere da uno specifico provvedimento dell’ente proprietario della strada. Questa omissione, difatti, non può rendere meno grave la condotta dell’automobilista che percorre quel tratto a ben 140 chilometri orari, impatta violentemente contro una moto, causando volo e caduta che provocano la morte del centauro Cassazione, sentenza n. 12149/20, sez. IV Penale, depositata il 15 aprile . Morte. Ricostruito il drammatico episodio, verificatosi nell’estate del 2011 in Calabria, l’automobilista sotto processo viene condannato, prima in Tribunale e poi in Appello, per omicidio e punito con due anni di reclusione per avere causato la morte di un centauro. A corredo viene anche stabilito il suo obbligo di provvedere al risarcimento dei danni subiti dai familiari della vittima. Nessun dubbio, in sostanza, sulla colpa dell’uomo che, alla guida della propria vettura, ha tenuto un’andatura eccessiva, viaggiando a ben 140 chilometri orari lungo un centro abitato colpendo una moto ferma per effettuare una svolta e causando il volo e la caduta che hanno poi portato alla morte del conducente della ‘due ruote’. Responsabilità. A inchiodare definitivamente l’automobilista alle proprie responsabilità provvede la Cassazione, confermando la condanna pronunciata in Appello. Corretta l’osservazione fatta in secondo grado, laddove si è evidenziato che il tratto di strada statale in cui si è verificato il sinistro attraversava il centro abitato di un piccolo paese. Questo elemento è sufficiente per ritenere applicabile, checché ne dica l’automobilista, il limite dei 50 chilometri orari. E anche in mancanza di uno specifico provvedimento dell’ente proprietario della strada, l’accertamento dell’esistenza di un centro abitato ben può essere effettuato sulla base di elementi concreti e specifici, idonei a connotare come tale un gruppo di case intervallate o site lungo un solo lato della strada , chiariscono i Giudici della Cassazione. Peraltro, la condotta dell’automobilista è stata in ogni caso imprudente , soprattutto tenendo presente lo specifico tratto di strada, che aveva una connotazione curvilinea con visuale non libera, stante anche la presenza di piante di oleandro a margine della carreggiata nonché l’esistenza di un cartello che segnalava un preavviso di intersezione , senza dimenticare la vetustà della autovettura . Tutte queste circostanze avrebbero dovuto indurre l’automobilista a rallentare la velocità, spiegano i Giudici. A rendere ancora più evidente la gravità della condotta tenuta dall’uomo alla guida del proprio veicolo ci sono anche alcuni drammatici dettagli, come la violenza dell’impatto, desunta dai lunghi segni di frenata del veicolo investitore rinvenuti sul posto pari a circa 60 metri lo ‘scarrocciamento’ della motocicletta ii danni subiti dai rispettivi mezzi e, infine, la circostanza che la vittima è stata catapultata, dopo l’impatto con il cofano e il parabrezza dell’autovettura, a 26 metri di distanza dal punto in cui vi è stato lo scontro E per chiudere il cerchio, infine, i giudici tengono a sottolineare che il mancato uso del casco da parte della vittima non avrebbe comunque eliso le responsabilità dell’automobilista .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 novembre 2019 – 15 aprile 2020, n. 12149 Presidente Di Salvo – Relatore Tornesi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3 novembre 2016 il Tribunale di Locri dichiarava Gi. Gi. responsabile del reato di cui all'art. 589, comma 2,cod. pen., e, per l'effetto, lo condannava alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione. L'imputato e il responsabile civile INA Assitalia s.p.a. venivano condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili Pa. Ro. An. e Da. Br., da liquidarsi in separata sede, nonché al pagamento di una provvisionale in loro favore di Euro 20.000, oltre al pagamento delle spese processuali. 1.1. Al predetto imputato era addebitato di essersi scontrato, mentre era alla guida del veicolo Fiat Panda tg. omissis , contro la parte posteriore del motociclo Yamaha Drag Star tg. omissis condotto da Da. Gi. An., mentre entrambi percorrevano la SS 106 in direzione Reggio Calabria cagionandone la morte per colpa in quanto violava l'art. 141, comma 2, cod. strada tenendo una velocità di 104 km./h. laddove il limite era di 90 km./h. In Bovalino il 14 luglio 2011. 2. Con sentenza del 13 dicembre 2018, la Corte di Appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia di primo grado. 3. Gi. Gi., a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la predetta sentenza, elevando tre motivi. 3.1. Con il primo motivo, eccepisce la nullità della sentenza per violazione degli 516 e 522 cod. proc. pen. in quanto, a fronte della originaria imputazione con la quale veniva contestato il limite di velocità di novanta chilometri orari, i giudici di merito gli hanno addebitato la norma che prescrive il limite di 50 km./h. nei centri abitati, così ravvisando un fatto diverso da quello contestato, con conseguente lesione del diritto di difesa. 3.2. Con il secondo motivo, lamenta il vizio motivazionale in relazione alla responsabilità e/o corresponsabilità della vittima nella determinazione dell'evento morte e alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. 3.3. Con il terzo motivo, denuncia il vizio di violazione di legge e il vizio motivazionale in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile sia per genericità che per manifesta infondatezza alla stregua di quanto qui di seguito esposto. 2. Giova rammentare che, secondo i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, i motivi di ricorso per cassazione possono riprodurre totalmente o parzialmente quelli di appello ma solo entro i limiti in cui ciò serva a documentare il vizio enunciato e dedotto, con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione Sez. 6, n. 34521 del 27/06/2013, Rv.256133 . In linea generale si osserva che la funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, che si realizza attraverso la presentazione di motivi i quali, a pena di inammissibilità, devono indicare specificatamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, indefettibilmente il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità. Esso, oltre ad essere conforme all'art. 581, lett. c ,cod. proc. pen., quando attacca le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì, contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall'art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. pen., deducendo altresì le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, si da condurre a una decisione differente Sez. 6, n. 8700 del 21 gennaio 2013, Rv. 254585 . 3. Orbene, nel caso in esame i motivi di ricorso, già proposti con l'atto di appello, sono stati riprodotti pedissequamente in questa sede, in assenza di una censura argomentata alle ragioni contenute nella decisione impugnata. 4. Inoltre i predetti motivi poggiano su considerazioni di mero merito, non scrutinabili in sede di legittimità, a fronte della completezza e della tenuta logica - giuridica dell'apparato argomentativo posto a supporto della sentenza impugnata. Va rammentato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti tra le varie, Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016 . Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le incongruenze logicamente incompatibili con la decisione adottata purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento per tutte, Sez. Un. n. 24 del 24/11/1999, Spina, v. 214794 . 5. Ciò premesso si procede alla disamina dei singoli motivi di ricorso. 6. Quanto al primo motivo, si osserva che la Corte distrettuale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui nei procedimenti per reati colposi la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 cod. proc. pen. e della eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 cod. proc. pen. Sez. 4, n. 18390 del 15/02/2018, Rv. 273265 . 6.1. Nel caso in esame i giudici di merito hanno accertato che il tratto di strada statale in cui si è verificato il sinistro attraversava il centro abitato di Bovalino, ritenendo così applicabili i relativi limiti di velocità massimi. La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui ai fini della valutazione della responsabilità dei conducenti nella causazione di un incidente occorre far riferimento alle condizioni di fatto concretamente esistenti per cui, anche in mancanza di uno specifico provvedimento dell'ente proprietario della strada, l'accertamento dell'esistenza di un centro abitato ben può essere effettuato sulla base di elementi concreti e specifici idonei a connotare come tale un gruppo di case intervallate o site lungo un solo lato della strada Sez. 4, n. 15373 del 15/02/2005 . E' stato altresì evidenziato, con motivazione congrua, che la condotta del Gi. era stata in ogni caso imprudente, in considerazione dello specifico tratto di strada che aveva una connotazione curvilinea con visuale non libera, stante anche la presenza di piante di oleandro a margine della carreggiata nonché l'esistenza di un cartello che segnalava un preavviso di intersezione, oltre alla vetustà della sua autovettura circostanze queste che avrebbero dovuto indurre l'imputato a rallentare la velocità. 7. Quanto al secondo motivo, si osserva preliminarmente che la Corte distrettuale ha ampiamente motivato il rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. Inoltre il ricorrente tende a riproporre in questa sede una ricostruzione alternativa dei fatti e una diversa valutazione delle prove in termini non consentiti nel giudizio di legittimità sulla base della giurisprudenza pacifica, anche a sezioni unite della Corte Suprema Sez. U. n. 12 del 31/05/2000, Rv. 216260 Sez.U. n. 47289 del 24/09/2003, Rv. 226074 . Per quanto riguarda specificamente i sinistri stradali merita di essere richiamato il principio in base al quale sono sottratti al giudizio di legittimità, se sorretti da adeguata motivazione, gli apprezzamenti di fatto necessari alla ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia, ovvero nella valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, nell'accertamento delle relative responsabilità e nella determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente ex multis Sez. 4, n. 37838 del 01/07/2009, Rv. 245294 . A fronte di quanto precede, la sentenza impugnata ha fatto buon governo del materiale probatorio offrendo una ricostruzione degli eventi inappuntabile sul piano logico nonché congrua e coerente. Quanto alla dinamica del sinistro i giudici di merito hanno infatti evidenziato che il Gi., alla guida della Fiat Panda, stava percorrendo la SS 106 con direzione di marcia Catanzaro - Reggio Calabria in assenza di pioggia e con ottima visibilità quando, in prossimità del km. 87,300, investiva da tergo la motocicletta condotta da Da. Gi. An. mentre quest'ultimo era già intento o comunque in procinto di svoltare a sinistra per imboccare la traversa lato - mare. La violenza dell'impatto è stata desunta dai lunghi segni di frenata del veicolo investitore rinvenuti sul posto pari a circa 60 metri , dallo scarrocciamento della motocicletta, dai danni subiti dai rispettivi mezzi e dalla circostanza che la vittima è stata catapultata, dopo l'impatto con il cofano e il parabrezza dell'autovettura a 26 metri di distanza dal punto in cui vi è stato lo scontro tra i predetti mezzi. Le alternative ipotesi prospettate dalla difesa circa il fatto che il Da. avesse potuto effettuare una manovra di inversione a U sono state ritenute prive di plausibilità logica. E' stato altresì rilevato che il mancato uso del casco da parte della vittima, di cui non è stata acquisita la prova, non avrebbe comunque eliso le responsabilità del Gi. in ordine alla causazione del sinistro. 8. Quanto al terzo motivo, le censure articolate attengono a valutazioni discrezionali attribuite in via esclusiva al giudice di merito, le cui argomentazioni sono sottratte al sindacato di legittimità quando, come nel caso in esame, sono sorrette da motivazioni immuni da vizi logici e giuridici e danno conto, anche richiamandoli, degli elementi tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della decisione Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 . Come è noto, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte ex plurimis, Sez.5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 , ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, ivi compresa la valutazione sulla concedibilità delle attenuanti generiche, non è necessaria una analitica valutazione di tutti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., essendo sufficiente la indicazione degli elementi ritenuti decisivi e rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri il preminente e decisivo rilievo accordato all'elemento considerato implica infatti il superamento di eventuali altri elementi suscettibili di opposta e diversa significazione, i quali restano implicitamente disattesi e superati. 9. Alla stregua di quanto sopra esposto va pronunciata la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, che liquida come segue Euro 2.500,00 in favore di Pa. Ro. An., oltre accessori, come per legge Euro 2.500,00 in favore di Da. Br., oltre accessori, come per legge.