Prima della declaratoria di non imputabilità dell’infraquattordicenne, deve essere garantita piena possibilità di difesa

In tema di dichiarazione di non luogo a procedere nei confronti dell’imputato minore di anni 14, dunque non imputabile, è necessario assicurare la più ampia possibilità di difesa al fine di scongiurare qualsiasi effetto pregiudizievole derivante dal suo coinvolgimento in un procedimento penale.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11541/20, depositata il 7 aprile. Il fatto. Il Tribunale per i minorenni di Roma dichiarava il non luogo a procedere ex art. 26 d.P.R. n. 448/1988 per il reato di furto aggravato commesso da due minori di anni 14, quindi non imputabili. Avverso la pronuncia ha proposto ricorso il difensore d’ufficio dei due minori dolendosi per la violazione del diritto di difesa per aver il giudice pronunciato immediata declaratoria di non imputabilità. Il ricorso invoca infatti l’orientamento di legittimità secondo cui la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità presuppone il necessario accertamento dei fatti nonché della responsabilità del minore. Diritto di difesa. Il Tribunale dei minorenni ha provveduto alla dichiarazione di non luogo a procedere in assenza di instaurazione del contraddittorio con i minore tramite fissazione dell’udienza preliminare e avviso all’esercente la potestà genitoriale. Tale sviluppo processuale risulta coerente con l’art. 26 d.P.R. n. 448/1988 che consente al giudice di dichiarare d’ufficio il non luogo a procedere in ogni stato e grado del procedimento allorquando sia accertato che l’imputato sia minore degli anni 14. In tal caso però la sentenza sarebbe pronunciata senza che l’interessato sia neppure informato del contenuto dell’accusa, dovendo subire conseguenze virtualmente pregiudizievoli come l’applicazione di misure di sicurezza ex art. 224 c.p. o anche la mera iscrizione nel casellario giudiziale. Richiamando quindi la giurisprudenza di legittimità e della Corte europea dei diritti dell’uomo, il Collegio afferma che è necessario assicurare al minore infraquattordicenne, dunque non imputabile, la più ampia possibilità di difesa al fine di scongiurare qualsiasi effetto pregiudizievole derivante dal coinvolgimento in un procedimento penale, tenuto conto della possibile ricaduta del proscioglimento per difetto di imputabilità, accompagnato da altre misure, sul pieno ed incondizionato inserimento sociale del minore, nella delicata fase dello sviluppo della personalità . Per questi motivi, la sentenza impugnata viene annullata con rinvio al Tribunale per i minorenni per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 gennaio – 7 aprile 2020, n. 11541 Presidente Di Salvo – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 11 dicembre 2018 il G.I.P. presso il Tribunale per i minorenni di Roma ha dichiarato il non luogo a procedere, D.P.R. n. 448 del 1988, ex art. 26 nei confronti di O.E. e di O.B. , in ordine al reato di furto aggravato in concorso, in quanto di età minore di anni quattordici all’epoca dei fatti, e quindi non imputabili. 2. Avverso la sentenza propone ricorso il difensore d’ufficio di O.E. e di O.B. , formulando un unico motivo di ricorso, con il quale si duole della violazione della legge processuale in relazione al disposto di cui al D.P.R. n. 448 del 1988, art. 26 per avere il giudice pronunciato immediata declaratoria di non imputabilità delle imputate, violandone il diritto di difesa. Assume che l’interpretazione della norma, data dalla decisione, che prescinde dal positivo accertamento della responsabilità per il reato ascritto, implica l’impossibilità per il minorenne di interloquire, in violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 40 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, implicando, tuttavia, il pregiudizio dell’iscrizione nel casellario giudiziale ed ipoteticamente, nei casi più gravi, anche l’adozione di una misura di sicurezza. Sottolinea che la giurisprudenza di legittimità, dopo diversi indirizzi intepretativi, è ormai costante nell’affermare che la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità presuppone il necessario accertamento dei fatti, per i quali si procede, nonché della responsabilità del minore degli anni quattordici. Conclude per l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto. 2. Il provvedimento, con il quale il G.I.P. del Tribunale dei minorenni di Roma ha dichiarato il non luogo a procedere per difetto di imputabilità delle minori infraquattordicenni, è stato pronunciato senza provvedere all’instaurazione del contraddittorio, tramite la fissazione dell’udienza preliminare ed il previo avviso all’esercente la potestà genitoriale, ai sensi dell’art. 31, comma 3 D.P.R. cit Siffatta disposizione, che regola lo svolgimento dell’udienza preliminare nel processo minorile, nondimeno, non contraddice affatto la previsione di cui all’art. 26 medesimo D.P.R., che consente al giudice di dichiarare anche d’ufficio il non luogo a procedere, in ogni stato e grado del procedimento, allorquando sia accertato che l’imputato sia minore degli anni quattordici e come tale persona non imputabile cfr. Sez. 3, n. 45441 del 20/09/2016, M e altri, Rv. 267836 nonché Sez. 5, n. 35189 del 22/06/2011, M., Rv. 251200 . 3. Il diverso orientamento secondo il quale sarebbe consentita una pronuncia de plano posto che La previsione di cui al D.P.R. n. 448 del 1988, art. 26 impone al giudice di dichiarare immediatamente con sentenza, in ogni stato e grado del procedimento, il non luogo a procedere quando accerti che l’imputato sia minore degli anni quattordici, considerato che l’art. 97 c.p. stabilisce una presunzione assoluta di non imputabilità e, quindi, anche di assoluta incapacità processuale che prescinde dall’effettivo riscontro della capacità di intendere e volere in capo al minore infraquattordicenne . Sez. 5, n. 49863 del 25/11/2009 dep. 29/12/2009, Maggini e altro, Rv. 245815 Sez. 1, n. 16118 del 14/02/2019 C, Rv. 275892 , non pare condivisibile. 4. Non solo, infatti, la declaratoria di non luogo a procedere è pronunciata con sentenza, cioè con un provvedimento di contenuto intrinsecamente giurisdizionale, senza che l’interessato sia neppure informato del contenuto dell’accusa, ma comporta conseguenze virtualmente pregiudizievoli, quale l’applicazione di misure di sicurezza ex art. 224 c.p., laddove il minore infraquattordicenne sia ritenuto pericoloso, o anche la semplice iscrizione nel casellario giudiziale D.P.R. 14 novembre del 2002, n. 313, ex art. 3, comma 1, che viene cancellata solo al raggiungimento della maggiore età. 5. Come già efficacemente osservato da questa Corte di legittimità la formula terminativa di cui al D.P.R. n. 448 del 1948, art. 26, non può essere considerata ampiamente liberatoria, alla stessa stregua di quelle di cui all’art. 129 c.p.p Conseguenza ne è la eventuale applicazione dell’art. 224 c.p Si profila, pertanto, una sostanziale incompatibilità tra il dettato del predetto art. 26 e quello del ricordato art. 224 c.p., atteso che il primo pretende che, preso atto della età infraquattordicenne della persona nei cui confronti le indagini sono state promosse o dovrebbero esserlo, il giudice emani sentenza di non luogo a provvedere, omettendo o sospendendo secondo tale lettura qualsiasi eventuale accertamento nel merito, mentre il secondo lascia aperta la possibilità, a seguito della decisione sopra indicata, della applicazione di provvedimenti anche fortemente incisivi sulla libertà personale o, quantomeno, su quella di movimento. E ciò anche dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza 20 gennaio 1971, ha eliminato l’automatismo di cui all’art. 224 c.p., comma 2 anzi, a ben vedere, proprio l’abolizione di tale automatismo rende ancor più problematica la coordinazione tra le due norme, atteso che, da un lato, il giudicante deve immediatamente dichiarare non luogo a provvedere, una volta effettuato il semplice accertamento anagrafico, dall’altro, dovrebbe essere in grado di conoscere il merito e di scandagliare la personalità del minore, allo scopo di valutare la necessità di applicare la misura di sicurezza. Conseguentemente, sembrerebbe permanere nell’ordinamento una irragionevole situazione di contrasto e di stallo, con evidenti implicazioni circa la sospetta costituzionalità dell’una o dell’altra norma o del loro combinato disposto Sez. 1, n. 16769 del 10/04/2015, non massimata . 6. A ciò deve aggiungersi, secondo la medesima pronuncia, che l’orientamento contrario, che consente di dichiarare de plano la non imputabilità del minore di anni quattordici, si pone in contrasto sia con principii di rango costituzionale in particolari con l’art. 3 Cost., art. 10 Cost., art. 24 Cost., comma 2, artt. 76, 111, 112 Cost. , che con norme sovranazionali, quali l’art. 40 della Convenzione di New York e l’art. 6 CEDU, non consentendo la piena esplicazione del diritto di difesa. 7. Depone a fondamento della tesi sostenuta anche quanto affermato con la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in data 11 dicembre 2008, ric. n. 4268/04, Panovits v. Cyprus, che affronta il tema della salvaguardia della condizione di particolare vulnerabilità del minore nel processo penale e della sua incidenza sul contenuto degli obblighi positivi che discendono dalla CEDU, ovvero sulle misure che gli Stati devono adottare per assicurare il pieno godimento dei diritti alle persone di minore età sottoposte alla loro giurisdizione. Così, ad esempio, secondo la Corte EDU, lo Stato è tenuto ad organizzare il processo penale a carico di un minore tenendo conto dell’età, del livello di maturità e del grado di sviluppo delle capacità intellettive ed emotive dell’accusato, in modo da consentirgli di comprendere e partecipare attivamente al procedimento, esercitando pienamente il diritto alla difesa garantito dall’art. 6 CEDU la sent. Panovits v. Cyprus, cit. al par. 67, ha chiarito che Il diritto di un minore accusato alla partecipazione effettiva al suo processo penale richiede che sia trattato con il dovuto rispetto per la sua vulnerabilità e capacità fin dalle prime fasi del suo coinvolgimento in un’indagine penale e che Le autorità devono adottare misure per ridurre il più possibile i propri sentimenti di intimidazione e inibizione e garantire che il minore accusato abbia un’ampia comprensione della natura dell’indagine, di ciò che è in gioco per lui o lei, compreso il significato di qualsiasi sanzione che può essere inflitta, nonché dei suoi diritti di difesa e, in particolare, del suo diritto al silenzio SC v. Regno Unito, n. 60958/00, § 29, CEDU 2004 IV . Significa che lui o lei, se necessario con l’assistenza di, ad esempio, un interprete, un avvocato, un assistente sociale o un amico, dovrebbero essere in grado di comprendere la spinta generale di ciò che viene detto dall’agente di arresto e durante le sue interrogazioni da parte della polizia ibid . . 8. Si tratta di considerazioni che inducono a propendere per la necessità di assicurare al minore, ancorché infraquattordicenne e come tale non imputabile, la più ampia difesa al fine di scongiurare, consentendogli la partecipazione al processo nel pieno contraddittorio, qualsiasi effetto pregiudizievole derivante dal coinvolgimento in un affare penale, ivi compresi – ovviamente effetti diversi dall’applicazione della sanzione penale, quali l’applicazione di una misura di sicurezza o, anche, la semplice annotazione della sentenza di proscioglimento su certificato del casellario penale, tenuto conto della possibile ricaduta del proscioglimento per difetto di imputabilità, accompagnato da dette misure, sul pieno ed incondizionato inserimento sociale del minore, nella delicata fase dello sviluppo della personalità. 9. La sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale per i minorenni di Roma. 10. Va disposto l’oscuramento dei dati personali. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, al Tribunale dei minorenni di Roma. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.