Chat di gruppo: offese a uno dei partecipanti. Niente diffamazione, è solo ingiuria

Salvo l’autore delle offese, poiché il reato è oramai depenalizzato. Ridimensionata in Cassazione la condotta in discussione non più diffamazione, come sancito dai giudici di merito, ma semplice ingiuria, aggravata dalla presenza di più persone.

Non punibile l’offesa rivolta a una persona all’interno di una chat vocale di gruppo. Impossibile parlare di diffamazione, più logico parlare, invece, di ingiuria – aggravata dalla presenza di più persone –, reato che è stato ormai depenalizzato. Cassazione, sentenza n. 10905/20, sez. V Penale, depositata il 31 marzo . Comunicazione. Sotto accusa un uomo per avere offeso un suo conoscente all’interno di una chat che vedeva tra i partecipanti anche altri soggetti. Per i giudici di merito l’episodio è sufficiente per parlare di diffamazione, con relativa condanna dell’autore delle offese a pagare 600 euro di multa. A ribaltare questa valutazione provvedono i giudici della Cassazione, osservando che i fatti, così come ricostruiti, possono solo far emergere il reato di ingiuria. Accolta la tesi proposta dal difensore dell’uomo sotto processo. Il legale pone in evidenza che gli insulti sono stati rivolti alla persona offesa attraverso una chat vocale su una specifica piattaforma digitale non ‘leggibile’ anche da più persone. Per la precisione, in questo caso, il destinatario dei messaggi era solo la persona offesa e la videochat aveva carattere temporaneo , aggiunge il legale, e aveva natura di conversazione vocale , non rilevando che all’ascolto vi fossero altri soggetti . Per i giudici del ‘Palazzaccio’ non si può ignorare ciò che è stato accertato tra primo e secondo grado, cioè che le espressioni offensive sono state pronunciate dall’imputato mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa, ed alla presenza, altresì, di altre persone ‘invitate’ nella chat vocale . Subito dopo va ricordato, aggiungono i giudici, che l’elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell’ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all’offeso, mentre nella diffamazione l’offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l’offensore . Logico, quindi, secondo i giudici, qualificare l’episodio in discussione come ingiuria aggravata dalla presenza di più persone , reato che è stato ormai depenalizzato. Nessuna sanzione, quindi, per l’autore delle espressioni offensive pronunciate in chat.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 febbraio – 31 marzo 2020, n. 10905 Presidente Palla – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 28/03/2019 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza del 31/10/2016, che aveva condannato Sa. Fe. alla pena di Euro 600,00 di multa per il reato di cui all'art. 595 cod. pen., per avere offeso Sa. Ma., pubblicando commenti e giudizi lesivi della sua reputazione su facebook, comunicando con video chat, con modalità accessibili ad un numero indeterminato di persone. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Sa. Fe., Avv. Pa. An. Mu., deducendo due motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Violazione di legge in relazione all'art. 595 cod. pen., per avere ritenuto sussistente il reato di diffamazione, anziché la fattispecie di ingiuria deduce che gli insulti sono stati rivolti attraverso una chat vocale sulla piattaforma Google Hangouts , diversa dalle altre piattaforme chat digitali, che sono leggibili' anche da più persone in tal caso, il destinatario dei messaggi era solo la persona offesa e la video chat aveva carattere temporaneo, sicché non verrebbe in rilievo il precedente di Sez. 5, n. 7904/2019, che riguardava una chat scritta Whatsapp in cui il messaggio offensivo può essere visionato anche da altri utenti nel caso in esame, la chat aveva natura di conversazione vocale, e non rileverebbe che all'ascolto vi fossero altri utenti. 2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla valorizzazione della presenza di terzi ascoltatori i due testi De Ma. e Tr. non hanno partecipato alla conversazione in diretta, ma hanno dichiarato di avere visto il video della chat tramite youtube, condotta per la quale l'imputato è stato assolto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. E', invero, stato accertato che le espressioni offensive sono state pronunciate dall'imputato mediante comunicazione telematica diretta alla persona offesa, ed alla presenza, altresì, di altre persone 'invitate' nella chat vocale. Ciò posto, va rammentato che l'elemento distintivo tra ingiuria e diffamazione è costituito dal fatto che nell'ingiuria la comunicazione, con qualsiasi mezzo realizzata, è diretta all'offeso, mentre nella diffamazione l'offeso resta estraneo alla comunicazione offensiva intercorsa con più persone e non è posto in condizione di interloquire con l'offensore Sez. 5, n. 10313 del 17/01/2019, Vicaretti, Rv. 276502 . 3. Ne consegue che il fatto, come accertato dalla sentenza impugnata, deve essere qualificato come ingiuria aggravata dalla presenza di più persone, ai sensi dell'art. 594, u.c., c.p., che, ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. C , D.Lgs. 15.1.2016 n. 7, è stato depenalizzato la sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio, perché il fatto, così riqualificato, non è più previsto dalla legge come reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché, qualificato il fatto ai sensi dell'art. 594, ultimo comma, c.p., lo stesso non è previsto dalla legge come reato.