Sull’esercizio della giurisdizione da parte dello Stato che ottenga l’estradizione di un suo cittadino

Il principio di specialità di cui all’art. 14 della convenzione europea di estradizione non preclude in modo assoluto l’esercizio della giurisdizione da parte dello Stato che ottenga, per altri reati, l’estradizione di un suo cittadino, ma pone solo delle limitazioni al fine di impedire che si tragga occasione dalla presenza fisica nel territorio nazionale dell’estradato per sottoporlo a provvedimenti restrittivi della libertà personale diversi da quelli per i quali l’estradizione è stata concessa e anteriori alla consegna.

Il fatto. Il Tribunale del riesame revocava il beneficio della liberazione anticipata concesso ad un condannato, per aver commesso altri reati quando si trovava in regime di semilibertà. Essendo evaso, il condannato veniva fermato e poi detenuto in Australia per un anno, fino a quando le autorità australiane concedevano l’estradizione. Avverso l’ordinanza del Tribunale propone ricorso il condannato a mezzo del suo difensore lamentando che il Tribunale, nell’escludere che il principio di specialità precluda la valutazione della revoca della liberazione anticipata per i periodi e le porzioni di pena espiati prima della consegna, non ha considerato che gli arresti disposti nei suoi confronti avevano ad oggetto la revoca di benefici di disposta per fatto risolutivo successivo alla consegna dell’estradato, mentre nel caso specifico è pacifico che il fatto in relazione al quale era stato revocato il beneficio era precedente alla concessione dell’estradizione. Giurisdizione. La Cassazione osserva che il Tribunale ha ritenuto che il fatto che, all’epoca della consegna, in relazione al titolo di condanna definitivo per i reati contemplati nell’ordine di estradizione, dovesse essere espiata soltanto una porzione della pena complessivamente inflitta, non comportava affatto, in ossequio al principio di specialità, l’intangibilità del periodo di pena già espiata riferibile allo stesso titolo, né tantomeno dei benefici penitenziari concessi in relazione a tale periodo. A tal proposito, il provvedimento impugnato ha richiamato una precedente pronuncia secondo cui il principio di specialità di cui all’art. 14 della convenzione Europea di estradizione non preclude in modo assoluto l’esercizio della giurisdizione da parte dello Stato che ottenga, per altri reati, l’estradizione di un suo cittadino, ma pone solo delle limitazioni collegate con l’evidente necessità di impedire che si tragga occasione dalla presenza fisica nel territorio nazionale dell’estradato, per sottoporlo a provvedimenti restrittivi della libertà personale diversi da quelli per i quali l’estradizione è stata concessa e anteriori alla consegna . Inoltre, i Giudici ribadiscono che ai fini della revoca della liberazione anticipata per delitto non colposo commesso dal condannato nel corso dell’esecuzione della pena, spettano al Tribunale di sorveglianza la valutazione della incidenza del reato sull’opera di rieducazione intrapresa e del grado di recupero fino a quel momento manifestato, e la verifica di ascrivibilità del fatto criminoso al fallimento dell’opera rieducativa o a una occasionale manifestazione di devianza, tanto perché la revoca non attiene al fatto in sé dell’intervenuta condanna, ma alla ritenuta incompatibilità della concreta condotta tenuta dal soggetto in relazione alla condanna subita con il mantenimento del beneficio . Nel caso di specie il Tribunale ha legittimamente ritenuto i nuovi reati idonei a fondare un giudizio negativo circa la regolarità della condotta tenuta dal condannato e circa la sua effettiva partecipazione all’opera di rieducazione. Chiarito questo, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 aprile 2019 – 23 marzo 2020, n. 10519 Presidente Iasillo – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha revocato nei confronti del condannato F.G. il beneficio della liberazione anticipata accordatogli in riferimento a 23 semestri di pena, intercorsi tra l’8.11.1982 e l’8.5.1994, per complessivi giorni 1.035, in ragione dell’accertata responsabilità in ordine - al delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione commesso in danno dell’imprenditore S.G. , permanente dal 17 giugno 1997 al 9 febbraio 1998, per il quale F. ha riportato condanna alla pena di anni 28 mesi 6 di reclusione, inflitta con sentenza pronunziata il 29 marzo 2001 dalla Corte di assise di Roma, irr. il 15.12.2003 - ai delitti di sequestro di persona, commesso sino al omissis ai danni di M.A.C. , e di lesioni gravi continuate in danno del S. , per i quali ha riportato condanna alla pena di anni 12 di reclusione, inflitta con sentenza della Corte di assise di Roma emessa in data 14.12.2005, irr. l’8.10.2008. Reati commessi, dopo la concessione del beneficio, nel corso dell’esecuzione della pena di 27 anni di reclusione, inflitta con sentenza in data 14.10.1986 della Corte di appello di Firenze per i reati di duplice sequestro di persona a scopo di estorsione, furto aggravato e detenzione e porto illegali di armi, allorché, ammesso al regime di semilibertà, il omissis evadeva restando latitante sino al omissis , data in cui veniva fermato e poi detenuto in Australia per importazione illegale di 75.000 dollari U.S.A. facenti parte del riscatto del sequestro S. . Il 24.12.1999 le autorità australiane concedevano l’estradizione per il reato ex art. 630 c.p., in danno del S. e per i fatti-reato per i quali il F. aveva già riportato sentenza irrevocabile di condanna in data 20.5.2002 interveniva la dichiarazione di assenso all’estensione dell’estradizione alle imputazioni di sequestro di persona e di lesioni gravi di cui alla sentenza del 14.12.2005. 1.1 A ragione della decisione il Tribunale osservava che - del tutto infondatamente la difesa aveva opinato l’illegittimità dell’eventuale revoca della liberazione anticipata concessa sui semestri di pena espiati prima della consegna, muovendo dal presupposto che in relazione alla condanna inflitta con la sentenza del 14.10.1984 l’estradizione fosse stata concessa limitatamente alla residua pena eseguibile di anni otto di reclusione e che pertanto la porzione di pena espiata e i relativi benefici concessi dovessero considerarsi intangibili per il principio di specialità, alla cui applicazione il F. non aveva rinunciato - dall’esame del provvedimento del 24.12.1999, di cui era stata disposta l’acquisizione per le opportune verifiche, emergeva al contrario che l’estradizione era stata concessa per i fatti-reato per i quali F. era stato condannato e per quelli per i quali era imputato senza alcun riferimento o limitazione ad un quantum di pena per la cui espiazione la consegna poteva avvenire - nessun elemento a sostegno della tesi dell’intangibilità dei benefici concessi sulla pena espiata prima della consegna del condannato poteva essere evinto dalla sentenza della Corte di cassazione in data 9.1.2015 di annullamento dell’ordinanza di rigetto dell’incidente di esecuzione promosso avverso il provvedimento di cumulo che, in applicazione dell’art. 73 c.p., comma 2, aveva determinato nell’ergastolo la pena da espiare, concorrendo due delitti per ciascuno dei quali era stata inflitta la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni in quella sede era stato affermato che solo la residua pena di anni otto e non l’intero di anni 27 inflitto con la sentenza di condanna per i reati per i quali l’estradizione era stata richiesta ed ottenuta risultava eseguibile in Italia e solo essa era suscettibile di essere legittimamente cumulata - l’invocato principio di specialità non comportava, ex adverso, l’asserita intangibilità della pena già espiata e dei giorni di liberazione anticipata concessi prima dell’estradizione, peraltro computati e portati in detrazione sulla pena unica di anni trenta di reclusione recata dal provvedimento di unificazione delle pene concorrenti inflitte con le indicate sentenze del 16.10.1986, del 29.3.2001 e del 14.12.2005 - la condotta tenuta dal F. nel corso dell’esecuzione della pena, quale estrinsecatasi nella commissione dei reati per i quali era intervenuta condanna, appariva, infine, affatto incompatibile con il mantenimento del beneficio, alla luce della indubbia gravità dei delitti commessi, dell’importanza del ruolo svolto dal condannato nell’ideazione, promozione e organizzazione del piano criminoso, delle particolari sofferenze inflitte all’ostaggio nel corso della lunga prigionia anche attraverso l’amputazione di una porzione dei padiglioni auricolari, dell’omogeneità dei fatti con i reati di cui al titolo in espiazione, del lungo tempo trascorso in detenzione oltre tredici anni che non aveva costituito nè remora nè freno per il condannato alla violazione delle prescrizioni e a rendersi autore di fatti gravissimi. Tanto dimostrando l’assenza di effettiva adesione al percorso di recupero e all’opera di rieducazione nel periodo di espiazione, sulla cui presunta sussistenza, in uno alla regolarità della condotta intramuraria, si era fondata la valutazione positiva della meritevolezza del beneficio della liberazione anticipata a suo tempo concesso. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del difensore, denunziando con un unico motivo, vizio di violazione di legge in relazione all’art. 721 c.p.p. e art. 54 ord. pen., comma 3. Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza, nell’escludere che il principio di specialità precluda la valutazione della revoca della liberazione anticipata per i periodi e le porzioni di pena espiati precedentemente alla consegna, non ha considerato che gli arresti citati a sostegno della tesi sostenuta Rv. 213294, 260705, 272834 avevano ad oggetto la revoca di benefici disposta per fatto risolutivo successivo alla consegna dell’estradato, mentre nel caso di specie è pacifico che il fatto in relazione al quale era stato revocato il beneficio era precedente alla concessione dell’estradizione parimenti non ha considerato che la Corte di cassazione, nella sentenza del 9.1.2015, aveva escluso la computabilità ai fini esecutivi della porzione di pena per la quale non era stata concessa l’estradizione perché già espiata dal condannato e che, pertanto, essa, proprio perché fuori dai limiti del provvedimento di consegna, era da ritenersi intangibile, mentre la revoca della liberazione anticipata maturata e concessa in relazione alle porzioni di pena espiata avrebbe comportato la sottoposizione del condannato all’espiazione dell’ulteriore pena di giorni 1.035. Neppure era condivisibile il rilievo che i giorni di liberazione anticipata poi revocati erano stati portati in detrazione sulla pena unica recata dal provvedimento di cumulo in cui erano confluite le pene irrogate con le tre sentenze di condanna, sia perché non si poteva a posteriori sindacare la valutazione di meritevolezza del beneficio già effettuata dal giudice allora competente, sia perché lo scomputo dei giorni di liberazione anticipata maturati e ritualmente concessi sulla porzione di pena già espiata, ove non operato, avrebbe comportato la violazione del principio di specialità. Infine, nel ritenere incompatibile con la condotta del condannato il mantenimento del beneficio a suo tempo concesso, il Tribunale aveva utilizzato non consentiti parametri di giudizio, indebitamente valorizzando in negativo il fatto che il ricorrente continuasse a proclamare la sua estraneità ai fatti per i quali aveva riportato le successive condanne. 2.1 Il 27 marzo 2019 l’avv. Laura Franci ha depositato memoria di replica alla requisitoria del P.G., ribadendo gli argomenti già trattati nel ricorso introduttivo e criticando altresì quelli spesi dal Procuratore generale che aveva ritenuto incensurabile la decisione pur in difetto di un espresso scioglimento del cumulo. Viceversa il Tribunale era tenuto a stabilire con esattezza quale fosse la condanna in esecuzione al momento della commissione del delitto, per procedere alla revoca del beneficio in riferimento alle pene in esecuzione al momento della condotta delittuosa, escludendo quelle la cui espiazione si era conclusa prima e quelle la cui esecuzione era iniziata successivamente. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. L’art. 721 c.p.p. intitolato principio di specialità , il cui contenuto precettivo fondamentale non è mutato per effetto della riscrittura operata dal D.Lgs. 3 ottobre 2017, n. 149, art. 5, comma 1, lett. b , vieta di assoggettare la persona già estradata a procedimento penale, a pena detentiva o altrimenti a privazione della libertà per fatti anteriori alla consegna, diversi da quelli per cui l’estradizione originaria è stata concessa. La questione sollevata con l’impugnazione verte sulla pretesa violazione di detto principio, verificatasi con la disposta revoca del beneficio della liberazione anticipata concessa sulla pena espiata dal 1989 al 1994 in forza della condanna inflitta con sentenza 14.10.1986 della Corte di appello di Firenze. Sul presupposto che, in relazione al tale condanna, l’estradizione sarebbe stata concessa limitatamente alla pena di anni otto di reclusione e non per l’intero di anni 27 tanto risultando altresì dalla sentenza 9.1.2015 della Corte di cassazione che aveva affermato la computabilità ai fini esecutivi della sola porzione di pena che risultava eseguibile e per la cui esecuzione era stata richiesta e concessa l’estradizione , il ricorrente ha inteso sostenere l’intangibilità del beneficio concesso sui semestri di espiazione maturati prima della consegna del condannato alle autorità italiane, trattandosi di beneficio incidente su porzioni di pena non imputabili a tale residuo, donde l’illegittimità della revoca disposta in relazione a fatto anteriore la porzione di sanzione già espiata e per la quale non sarebbe stata concessa l’estradizione in violazione del principio di specialità, essa comportando la sottoposizione del condannato all’ulteriore pena di giorni 1.035. 1.1 La tesi, già vagliata e disattesa con inappuntabili argomenti dal provvedimento impugnato, è all’evidenza destituita di fondamento. Onde verificare la fondatezza dell’allegazione difensiva, il Tribunale ha dato corso all’istruttoria officiosa, acquisendo copia dell’ordine di estradizione emesso il 24.12.1999 dal Ministero della Giustizia e delle Dogane australiano, così accertando e della correttezza della disamina espletata v’è oggettivo riscontro in atti che l’estradizione era stata concessa oltre che per il fatto di sequestro in danno del S. per due fatti di sequestro di persona a scopo di estorsione, per furto, per lesioni personali, per detenzione e porto illegale di armi, ossia per tutte le imputazioni giudicate con la sentenza del 14.10.1986 di condanna alla pena di anni 27 di reclusione, senza alcun riferimento o limitazione ad un quantum di pena per la cui espiazione la consegna poteva avvenire. Sull’esito dell’esame testuale dell’ordine di estradizione segnatamente sulla riscontrata assenza nell’indicato provvedimento di qualsivoglia riferimento all’espiazione di una pena residua determinata nel quantum il ricorso tace, nè reitera le obiezioni contenute nella memoria depositata all’esito dell’integrazione istruttoria, nella quale era stata esclusivamente e meramente addotta l’incompletezza della documentazione acquisita e la scarsa intelligibilità dell’ordine di estradizione per il riferimento ad imputazioni generiche e non a condotte di reato sufficientemente specificate nelle loro connotazioni spaziali e temporali, ma non era stato replicato l’assunto, non riscontrato dall’esame del provvedimento, secondo il quale, con riferimento al titolo di condanna definitiva, l’estradizione era stata concessa limitatamente all’esecuzione della pena di anni otto di reclusione. Ineccepibilmente, pertanto, il Tribunale ha osservato che il fatto che, all’epoca della consegna, in relazione al titolo di condanna definitivo per i reati contemplati nell’ordine di estradizione, dovesse essere espiata soltanto una porzione della pena complessivamente inflitta, non comportava affatto, in ossequio al principio di specialità, l’intangibilità del periodo di pena già espiata riferibile allo stesso titolo, nè tantomeno dei benefici penitenziari concessi in relazione a tale periodo. 1.2 Pertinentemente, poi, il provvedimento impugnato ha richiamato Cass. Sez. 1, n. 1975 del 11/03/1999, Cinquegranella, Rv. 213294, che già si era pronunciata in termini, stabilendo che il principio di specialità di cui all’art. 14 della convenzione Europea di estradizione non preclude in modo assoluto l’esercizio della giurisdizione da parte dello Stato che ottenga, per altri reati, l’estradizione di un suo cittadino, ma pone solo delle limitazioni collegate con l’evidente necessità di impedire che si tragga occasione dalla presenza fisica nel territorio nazionale dell’estradato, per sottoporlo a provvedimenti restrittivi della libertà personale diversi da quelli per i quali l’estradizione è stata concessa e anteriori alla consegna. Nel caso scrutinato dall’anzidetta decisione, il Tribunale di sorveglianza aveva revocato la liberazione anticipata concessa al condannato per i periodi e porzioni di pena espiati prima dell’evasione e della successiva estradizione per i fatti-reato di cui al titolo già in espiazione, ritenendo di dovere prendere atto, ai fini della revoca, del reato di evasione per il quale era stata esercitata l’azione penale e inflitta condanna, sia pure non eseguita mancando l’estradizione. La Corte di cassazione ha respinto il ricorso dell’interessato, osservando la revoca della liberazione anticipata avrebbe potuto essere disposta ricorrendone i postulati normativi anche a prescindere dalla presenza in Italia dell’estradato il provvedimento di revoca non può considerarsi come restrittivo della libertà personale per fatti estranei all’estradizione, dal momento che esso incide sull’esecuzione della pena residua inflitta in ordine a reati per i quali estradizione vi è stata. Deve dunque concludersi che non ricorre violazione del principio di specialità . In forza del ricordato e condiviso principio, la pena da espiare in virtù della revoca del beneficio precedentemente concesso, non può considerarsi, come asserito dalla difesa, una pena ulteriore rispetto a quella per cui fu disposta l’estradizione, dal momento che il provvedimento di revoca incide sull’esecuzione della pena residua inflitta per il fatto incluso nel provvedimento di estradizione. 2. Manifestamente infondate sono pure le residue doglianze. 2.1. Giova ricordare, in diritto, che ai sensi dell’art. 54 ord. pen., comma 3, la revoca della liberazione anticipata è ammissibile con riferimento ai benefici concessi in relazione ad esecuzioni che siano in corso al momento della commissione del nuovo delitto comportante la revoca la lettera della legge non prevede alcun limite temporale alla possibilità di procedere alla revoca del beneficio, richiedendo, fra i presupposti per la revoca stessa, soltanto l’intervento di una condanna definitiva per un delitto non colposo commesso nel corso della esecuzione, successivamente alla concessione della liberazione anticipata, ed è pertanto chiaro che sia il passaggio in giudicato della condanna sia l’ordinanza di revoca possono intervenire anche dopo che l’esecuzione della pena sia cessata. Le condizioni richieste dalla legge per la revoca del beneficio sono, dunque, le seguenti la commissione di un delitto non colposo nel corso dell’esecuzione della pena o delle pene concorrenti eventualmente unificate in un provvedimento di cumulo, ossia in pendenza del rapporto esecutivo che sussiste indipendentemente da una sua temporanea sospensione o dal suo svolgimento in forme alternative alla detenzione o dalla volontaria sottrazione del condannato all’esecuzione b l’intervento del nuovo delitto successivamente alla concessione del beneficio da revocare c l’accertamento della responsabilità del condannato per tale nuovo delitto con sentenza passata in giudicato, anche se intervenuta dopo la scadenza della pena, mentre ai fini della collocazione temporale dell’evento comportante la revoca che deve essere successivo alla concessione del beneficio , si deve avere riguardo alla data di commissione del nuovo delitto e non alla data di passaggio in giudicato della sentenza. Se al momento della commissione del reato sia in corso l’esecuzione di più condanne, per delitto colposo commesso nel corso della esecuzione deve intendersi esclusivamente quello commesso nel corso della esecuzione della condanna o delle condanne cui è riferito il beneficio concesso se esso sia stato concesso indistintamente in relazione a tutte le pene cumulate, allo stesso modo la revoca opera quando il nuovo delitto venga commesso mentre è in corso la loro esecuzione essa avrà ad oggetto la complessiva riduzione di pena precedentemente accordata con uno o più provvedimenti relativi all’intero arco temporale di espiazione della pena cumulata, con esclusione dei periodi di liberazione anticipata concessi in relazione a semestri successivi alla data di commissione del nuovo delitto. Ove, poi, il rapporto esecutivo si sia esaurito per intervenuta espiazione della pena, occorre procedere allo scioglimento del cumulo per verificare quale condanna fosse in esecuzione al momento della commissione del nuovo delitto, dal momento che la revoca della liberazione anticipata non può incidere negativamente su benefici concessi in relazione a pene diverse da quelle nel corso della cui esecuzione è stata posta in essere la condotta criminosa che la comporta. 2.2 Di tali principi, correttamente interpretati, il provvedimento impugnato ha fatto esatta applicazione. Alla luce dei medesimi il principio di scissione del cumulo materiale non è stato invocato a proposito della difesa. Risulta e il dato è incontroverso che il F. ha commesso i delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione, sequestro di persona, lesioni, considerati quale causa di revoca della liberazione anticipata, dal 17.6.1997 al 9.2.1998, ossia in un momento storico nel quale stava espiando la pena inflitta con la sentenza 14.10.1986 in regime di semilibertà, dopo che in relazione alla stessa pena il condannato aveva fruito dei tre provvedimenti che gli avevano accordato il beneficio revocato, emessi rispettivamente in data 26.1.1989, 3.2.1993 e 10.5.1994. Pena quella in corso di esecuzione al momento della commissione dei nuovi reati poi unificata con quelle inflitte con le sentenze del 29.3.2001 e del 14.12.2005 dal provvedimento di cumulo che ha determinato, in applicazione del criterio moderatore ex art. 78 c.p., la pena complessiva da espiare in anni trenta di reclusione con decorrenza dal 30.9.1998 tenuto conto della carcerazione subita all’estero e con scadenza fissata al 23.6.2021, tenuto conto di 2655 giorni di liberazione anticipata, comprensivi dei 1.035 giorni accordati con le ordinanze sopra indicate. La revoca ha correttamente riguardato la complessiva riduzione di pena giorni 1.035 concessa prima della commissione dei nuovi reati, con esclusione dei 1.620 giorni di liberazione anticipata concessi in relazione ai semestri successivi alla data di commissione dei nuovi delitti. Tali rilievi convincono della correttezza della decisione avversata e della superfluità di procedere allo scioglimento del cumulo materiale, dal momento che risulta chiaramente individuata la condanna in esecuzione al momento della commissione dei delitti, ritenuti causa della revoca del beneficio accordato al ricorrente, la cui pena all’epoca era ancora in espiazione. 3. Generica e manifestamente infondata è, infine, la doglianza relativa alle ragioni della revoca del beneficio. Questa Corte ha più volte affermato che, ai fini della revoca della liberazione anticipata per delitto non colposo commesso dal condannato nel corso dell’esecuzione della pena, spettano al tribunale di sorveglianza la valutazione della incidenza del reato sull’opera di rieducazione intrapresa e del grado di recupero fino a quel momento manifestato, e la verifica di ascrivibilità del fatto criminoso al fallimento dell’opera rieducativa o a una occasionale manifestazione di devianza, tanto perché la revoca non attiene al fatto in sé dell’intervenuta condanna, ma alla ritenuta incompatibilità della concreta condotta tenuta dal soggetto in relazione alla condanna subita con il mantenimento del beneficio. Anche sotto tale profilo il provvedimento impugnato, correttamente applicando gli indicati condivisi principi di diritto e con motivazione rigorosa e puntuale, ha legittimamente ritenuto i nuovi reati idonei a fondare un giudizio negativo circa la regolarità della condotta tenuta dal condannato e circa la sua effettiva partecipazione all’opera di rieducazione. Nel suo percorso argomentativo il Tribunale ha valorizzato l’estrema gravità dei fatti, cui ha attribuito valenza negativa retroattiva, il ruolo rilevante svolto dal condannato nella loro programmazione ed esecuzione, le atroci sofferenze inflitte all’ostaggio, la omogeneità della condotta extramuraria a quella pregressa per la quale aveva riportato la condanna in esecuzione. Ha, dunque, inappuntabilmente svolto lo scrutinio che gli competeva, valutando concretamente l’incidenza dei fatti criminosi sull’opera di rieducazione intrapresa riguardante l’intero arco temporale di espiazione già effettuata ha espresso un apprezzamento ragionevole e adeguato circa i fatti di reato e ha disposto la revoca del beneficio per una motivata ragione di incompatibilità del suo mantenimento, rispetto alla condotta che, estrinsecatasi nella commissione di fatti di elevatissima gravità, assumeva una valenza straordinariamente negativa, rinnegandosi in tal modo gli esiti partecipativi al trattamento di risocializzazione. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso, manifestamente infondato in ogni sua deduzione, va dichiarato inammissibile e alla inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e - per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione C. Cost. n. 186 del 2000 - di una somma in favore della Cassa delle Ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 3.000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sperse processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.