La valutazione della meritevolezza del beneficio della liberazione anticipata

Scopo principale del beneficio della liberazione anticipata è quello di consentire un più efficace reinserimento del condannato nella società, qualora abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione.

Sul tema torna ad esprimersi la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 10518/20, depositata il 23 marzo. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza, decidendo sul reclamo proposto dall’imputato avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza aveva rigettato la sua istanza di liberazione anticipata in relazione alla pena inflittagli per i reati commessi, concedeva al ricorrente il suddetto beneficio per alcuni semestri, confermando invece il rigetto dell’istanza per gli altri periodi. L’imputato così ricorre in Cassazione chiedendo l’annullamento della decisione del Tribunale di sorveglianza per aver questo erroneamente fondato l’esclusione totale del beneficio sulla presunzione di permanenza dei collegamenti con la compagine associativa di appartenenza. Liberazione anticipata. Scopo principale del beneficio della liberazione anticipata è quello di consentire un più efficace reinserimento del condannato nella società, qualora abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione, senza la necessità di dimostrare ulteriori ravvedimenti per l’accesso alle più incisive misure extramurarie. La valutazione della meritevolezza del beneficio è rimessa al giudice del merito. E nel caso in esame l’illazione che nel periodo analizzato il ricorrente avesse mantenuto contatti con la criminalità organizzata è sostenuta solo dalla ritenuta vicinanza temporale tra la commissione dei reati e il periodo iniziale della restrizione. Inadeguata dunque la motivazione del provvedimento impugnato con riguardo al diniego del beneficio per tutto il periodo e a ciò consegue l’annullamento di ecco con rinvio al Tribunale di sorveglianza per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 aprile 2019 – 23 marzo 2020, n. 10518 Presidente Iasillo – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Lecce, decidendo sul reclamo proposto da G.G. avverso il provvedimento con cui il 13.7.2017 il Magistrato di sorveglianza aveva rigettato la sua richiesta di liberazione anticipata in relazione alla pena in espiazione inflittagli con sentenza 30.5.2014 dalla Corte di appello di Lecce per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73, commessi sino all’anno 2007, ha concesso al ricorrente il beneficio richiesto per i semestri dal 18.10.2010 al 18.4.2013 e dal 18.10.2013 al 18.4.2016 ha confermato invece il rigetto dell’istanza per il periodo dall’1.1.2008 all’1.7.2010 e dal 18.4.2013 al 18.10.2013. 1.1 A ragione ha osservato che dalla comunicazione della D.D.A. inviata ai sensi della L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, u.c., dal titolo in espiazione, dalla sentenza della Corte di appello di Lecce in data 30.1.2017 che aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione dei reati ex artt. 416, 353 e 629 c.p., commessi sino al 2007 dalla sentenza della Corte di appello di Lecce in data 6.3.2018, che pure aveva assolto il G. dai reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74, 73 e 80, art. 629 c.p., L. n. 203 del 1991, art. 7, ma aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione in relazione ad altre ipotesi delittuose commesse sino all’anno 2007, non era possibile escludere l’attualità dei collegamenti del detenuto con i circuiti del crimine organizzato quanto ai semestri sofferti dall’1.1.2008 all’1.7.2010, stante la contiguità temporale tra la data di commissione dei reati oggetto dei procedimenti richiamati, oltre che di quello oggetto del titolo in esecuzione, e i semestri in relazione ai quali si invocava l’applicazione del beneficio. Con riferimento al semestre dal 18.4.2013 al 18.10.2013 la concessione del beneficio era preclusa dall’infrazione disciplinare commessa il 10.10.2013, per la quale il detenuto aveva riportato la sanzione dell’esclusione dalle attività ricreative e sportive per giorni due. 2. Ricorre l’interessato a mezzo del suo difensore, che chiede l’annullamento del provvedimento. Denunzia violazione di legge e vizi di motivazione osservando che il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente fondato l’esclusione del beneficio sulla presunzione di permanenza dei collegamenti con la compagine associativa di appartenenza attesa la vicinanza temporale tra il primo periodo di espiazione della pena e i fatti per i quali era intervenuta condanna. Omettendo con ciò di fornire congrua giustificazione degli elementi da cui effettivamente risultava l’attualità di tali collegamenti. Contrariamente a quanto apoditticamente ritenuto dai giudici di merito il detenuto aveva dato prova di aver reciso definitivamente qualsiasi contatto con l’originaria compagine associativa sin dall’inizio della sua carcerazione, serbando la stessa irreprensibile condotta intramuraria positivamente apprezzata per i semestri successivi. Parimenti illegittima si appalesava poi la scelta di negare il beneficio per il semestre 18.4.2013/18.10.2013 a ragione della sola sanzione disciplinare inflitta, senza alcuna precisazione sul contesto in cui era stata consumata l’infrazione, senza neppure descrivere brevemente il fatto nè valutare se la condotta tenuta fosse realmente sintomatica di una mancata adesione al percorso di rieducazione intrapreso, complessivamente contraddistinto da costante correttezza e puntualità. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato. 2. La finalità principale del beneficio della liberazione anticipata, come noto, è quella di consentire un più efficace reinserimento nella società del condannato che abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione, senza che occorra anche la dimostrazione di quel ravvedimento che si richiede invece, probabile o sicuro, per l’accesso alle più incisive misure extramurarie. La valutazione di meritevolezza del beneficio, sotto l’esclusivo aspetto richiesto dalla norma la partecipazione del condannato all’opera rieducativa e ritenuto di per sé solo sintomatico di un percorso che va incoraggiato e premiato, è ovviamente rimessa al giudice del merito, tenuto ad accertare se nel comportamento serbato siano o meni rinvenibili sintomi di evoluzione della personalità. Ed è proprio la natura di incentivo del beneficio, come ben rileva il ricorrente, a dare ragione del fatto che esso non è precluso per nessun titolo di reato. L’unica condizione negativa prevista è quella contemplata dall’art. 4 bis ord. pen., comma 3 bis, il quale prevede che l’assegnazione al lavoro esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione di cui al capo VI della legge penitenziaria non possono essere concessi ai detenuti o internati per delitti non colposi quando il procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d’iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. La norma si riferisce, quindi, alla esistenza di elementi riferiti da fonti qualificate, idonei a far ritenere perduranti, in costanza di detenzione, i detti collegamenti e, per l’evidente contrapposizione sistematica a quanto diversamente previsto dai commi precedenti del citato art. 4 bis, non consente presunzioni di collegamenti perduranti comma 1 bis , nè ipotizza dimostrazioni al negativo di elementi atti ad escludere detta presunzione comma 1 ter , ma richiede l’esistenza di dati positivi e concreti. Questa Corte ha ripetutamente osservato che non avrebbe nessun senso l’interpretazione che consente di includere tra i benefici cui si riferisce il comma 3 bis la liberazione anticipata, che è invece specificamente esclusa, ai sensi del comma 1, dal novero delle misure alternative la cui applicazione è impedita per certi tipi di reato allorché non sono acquisiti elementi tali da escludere l’attualità di detti collegamenti. 2.1 Il ragionamento seguito dal provvedimento impugnato non appare pertanto corretto giacché, prescindendo del tutto dalla condotta tenuta dal G. nel primo periodo di detenzione e trascurando completamente di verificare il livello della sua effettiva partecipazione al trattamento, s’è affidato alla presunzione fatta discendere dalla sua appartenenza, ancorché con ruolo qualificato, alla consorteria L.S. ex art. 74 e alla vicinanza temporale del periodo 1.1.2008-1.7.2010 alla commissione dei fatti, per affermare che non fosse possibile escludere l’attualità dei collegamenti del detenuto con il circuito criminale organizzato, senza però giustificare la consistenza dell’ipotizzata attualità alla luce di emergenze concrete di cui nemmeno v’era cenno nella nota della D.D.A. . L’illazione che nel periodo in esame il ricorrente avesse mantenuto contatti con la criminalità organizzata è insomma sostenuta solo dalla ritenuta vicinanza temporale tra la commissione degli illeciti e il periodo iniziale della restrizione, avendo il Tribunale presunto che dalla data di commissione dei fatti-reato protrattasi sino al 2007 sino all’inizio della detenzione e per il primo periodo dal gennaio 2008 al luglio 2010 e cioè per oltre due anni, i contatti non fossero cessati, pur non rappresentando dati obiettivi sintomatici in tal senso e senza peraltro indicare in base a quali altri elementi concreti, in disparte la maggiore distanza temporale dalla consumazione degli illeciti, detti collegamenti dovessero ritenersi cessati a far data dall’ottobre 2010. Così opinando è, dunque, venuto meno all’obbligo di fornire adeguata e coerente giustificazione delle ragioni per le quali ha ritenuto che effettivamente sussisteva la condizione ostativa indicata dalla L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, comma 3 bis, per l’intero periodo per il quale il beneficio non è stato riconosciuto. 3. La inadeguatezza della motivazione affligge il provvedimento anche con riguardo al diniego del beneficio per il semestre di pena espiata dall’aprile all’ottobre 2013, del tutto insufficiente apparendo il riferimento all’infrazione disciplinare sanzionata in data 10.10.2013, dato acquisito dall’esame dell’elenco infrazioni della casa circondariale di Lecce. Il Tribunale non indica a quale comportamento in concreto tenuto durante la detenzione si riferisse la sanzione di sospensione per due giorni dalle attività ricreative e sportive e, soprattutto, non mostra di avere valutato la consistenza e l’effettiva gravità di detto comportamento. Non è sufficiente, infatti, per negare il beneficio l’accertamento formale di una singola violazione, ma occorre che di questa sia data una valutazione contenutistica, in termini di incompatibilità con l’atteggiamento partecipativo, che non può prescindere dall’esame, da un lato, delle relazioni comportamentali relative all’intero periodo e dalla valutazione, dall’altro, di tutti gli aspetti del singolo fatto in tesi ostativo. Non risponde dunque a tali principi il provvedimento impugnato laddove, senza verificare in alcun modo la correttezza del comportamento tenuto dal condannato per l’intero arco del semestre e il livello della sua effettiva partecipazione al trattamento, s’è affidato soltanto all’esistenza di un’infrazione sanzionata. 4. Conclusivamente l’ordinanza impugnata non può che essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Lecce che procederà a nuovo esame attenendosi ai principi sopra enunciati, colmando le carenze evidenziate. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Lecce.