Incidente di esecuzione: domanda “meramente reiterativa”, inammissibilità d’ufficio in sede di legittimità

Quando l’inammissibilità della domanda - dichiarata dal giudice dell’esecuzione - costituisce motivo specifico di impugnazione, la Corte di Cassazione, ove ritenga fondato il ricorso, deve annullare - senza rinvio - il provvedimento impugnato in quanto pronunciato in assenza del potere del giudice di provvedere nel merito.

Lo ha stabilito la terza sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9970/20, depositata in cancelleria il 13 marzo. Abuso edilizio sopravvenuto permesso di costruire in sanatoria ed effetti sul giudicato penale. Nel caso concreto, due uomini ischitani sono stati condannati per diversi abusi edilizi, commessi in zona soggetta a vincolo” paesaggistico. A distanza di anni, è sopravvenuto il permesso di costruire in sanatoria, rilasciato dall’amministrazione locale. La difesa ha dunque chiesto al giudice dell’esecuzione l’estinzione delle sanzioni principale e accessorie nonché la revoca dell’ordinanza di demolizione delle opere abusivamente realizzate. In un primo momento il giudice adito ha respinto la richiesta poiché non sarebbe stato possibile accertare, nel caso di specie, il requisito della c.d. doppia conformità” urbanistica dell’opera, imprescindibile ai fini dell’estinzione delle sanzioni. In particolare, secondo il giudice, sarebbe mancata la prova della esistenza della delibera del consiglio comunale - pur non prevista dalla legge - ricognitiva della conformità del manufatto con gli interessi pubblici, urbanistici ambientali. La difesa - in pendenza di ricorso per Cassazione avverso la prima decisione negativa - ha presentato una seconda istanza recante le medesime richieste. Tuttavia, questa volta l’istanza è stata corredata dall’attestazione di conformità delle opere agli strumenti urbanistici vigenti. In relazione alla seconda richiesta, il giudice dell’esecuzione, con propria ordinanza, ha accolto la richiesta dei due, disponendo la revoca dell’odine di demolizione, previa estinzione delle sanzioni. Istanza meramente reiterativa”. La decisione da ultimo adottata non è passata inosservata alla procura generale, la quale ha impugnato l’ordinanza dinanzi alla Corte di cassazione al fine di ottenerne l’annullamento. Secondo la procura, infatti, non vi sarebbe stata alcun elemento di novità tra la prima istanza rigettata e la seconda accolta . Insomma una istanza c.d. meramente reiterativa”, come tale inammissibile. Ebbene, come noto, il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una divenuto formalmente irrevocabile, perché non impugnato o per il rigetto della impugnazione proposta, impedisce una pronuncia sul medesimo petitum , non in termini assoluti e definitivi, ma soltanto allo stato delle questioni trattate. In effetti – si spiega – poiché l’art. 666, comma 2, c.p.p., commina l’inammissibilità della domanda se mera riproposizione di una richiesta basata sui medesimi elementi”, è consentito investire il giudice dell’esecuzione della nuova istanza a condizione che si rappresentino nuove tematiche giuridiche o nuovi dati di fatto, sia sopravvenuti, sia preesistenti, ma non esposti e non presi in considerazione nella decisione antecedente. La Cassazione, beninteso, può rilevare - anche d’ufficio - l’eventuale inammissibilità di una istanza di incidente di esecuzione, se manifestamente infondata, oppure reiterativa di una domanda già esaminata in mancanza di profili originali, con la comunicazione della medesima sanzione d’inammissibilità anche al ricorso per Cassazione proposto avverso la decisione esecutiva, che, errando, l’abbia esaminata nel merito e l’abbia respinta in luogo di dichiarala inammissibile. La pendenza del ricorso in Cassazione sulla prima istanza dichiarata inammissibile. La particolarità della sentenza in commento è data dalla seguente circostanza che si discute della inammissibilità della domanda la seconda, presunta meramente reiterativa” laddove è pendente ricorso in Cassazione in relazione alla prima declaratoria di inammissibilità resa dal giudice di esecuzione. In proposito - con apprezzabile approccio logico-schematico - gli Ermellini, hanno stabilito che 1 la decisione del giudice dell’esecuzione impedisce di presentare nuove domande con identico petitum e basate sui medesimi elementi di fatto e/o di diritto con ciò richiamando indirettamente la piana lettura dell’art. 666, co. 2, sopra citato 2 siffatta preclusione processuale determina la inammissibilità della nuova domanda, insuscettibile di costituire in capo al giudice il potere/dovere di decidere sul petitum 3 la preclusione non si verifica se la nuova domanda si basa su elementi di fatto e di diritto diversi da quella precedente in tal caso, il giudice è tenuto a pronunciare nel merito anche se la precedente domanda è stata impugnata con ricorso per Cassazione 4 se, pur in caso di domanda inammissibile, il giudice dell’esecuzione pronuncia nel merito, il giudice dell’impugnazione può rilevare anche d’ufficio l’inammissibilità della domanda e, nel caso, dichiararla con sentenza 5 se, di contro, l’inammissibilità della domanda costituisce motivo specifico di impugnazione, la Corte di cassazione, ove ritenga fondato il ricorso, deve annullare senza rinvio il provvedimento impugnato in quanto pronunciato in assenza del potere del giudice di provvedere nel merito. Annullamento senza rinvio. Nel caso di specie, la Corte ha infine accolto il ricorso della procura poiché, in assenza di nuovi elementi, si era verificata una preclusione processuale che impediva alla parte di presentare una nuova domanda e, conseguentemente, al giudice di pronunciare nel merito nel merito . Da qui la sentenza di annullamento senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 ottobre 2019 – 13 marzo 2020, n. 9970 Presidente Lapalorcia – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ricorre per l'annullamento dell'ordinanza del 30/11/2018 del Tribunale dello stesso capoluogo - Sez. distaccata di Ischia - che, pronunciando quale giudice dell'esecuzione ed in accoglimento dei ricorsi dei sigg.ri En. Ma. e Le. Ma., ha dichiarato l'estinzione della sanzione principale e di quelle accessorie ed ha revocato l'ordine di demolizione delle opere edilizie abusivamente realizzate disposto con sentenza del 02/07/1999, irrev. il 07/11/1999. 1.1. Con unico motivo deduce che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità della domanda perché ripetitiva degli stessi argomenti dedotti a sostegno di quella già rigettata dal medesimo tribunale con ordinanza del 04/04/2018. Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato. 3. Dalla lettura dell'ordinanza impugnata risulta che la revoca delle sanzioni e dell'ordine di demolizione è stata decisa in conseguenza del rilascio, da parte del Comune di Forio, del permesso di costruire in sanatoria n. 1 dell'8/02/2018 a seguito del rilascio dell'autorizzazione paesaggistica n. 72/17 del 28/12/2017. Con precedente ordinanza del 04/04/2018 il medesimo giudice aveva rigettato un'analoga richiesta di revoca, fondata sugli stessi provvedimenti amministrativi, osservando che non era possibile accertare il requisito della cd. doppia conformità urbanistica sul rilievo della mancanza di prova della esistenza della delibera del consiglio comunale del comune di Ischia ricognitiva della conformità del manufatto con gli interessi pubblici, urbanistici e ambientali. 3.1. Il difensore dei sigg.ri Ma. deduce che, in realtà, la nuova istanza era corredata dall'attestazione di conformità delle opere agli strumenti urbanistici vigenti, il che - afferma - costituiva certamente un novum , rispetto alla prima domanda, positivamente apprezzato con la nuova ordinanza. 3.2. In termini astratti le deduzioni difensive sarebbero fondate. Il sopravvenire di provvedimenti amministrativi che alterano il precedente quadro decisorio, o che comunque impongono una rivisitazione della precedente decisione, costituisce senza alcun dubbio un elemento di novità che consente al giudice dell'esecuzione di esaminare la regiudicanda nel merito. 3.3. E' un dato di fatto, però, che a di tale novità il provvedimento impugnato non fa alcuna menzione, limitandosi a prendere atto, come visto, dell'esistenza degli stessi provvedimenti amministrativi già negativamente scrutinati con il primo provvedimento b il difensore non fornisce alcuna prova documentale delle sue deduzioni circa l'esistenza del novum sicché correttamente il pubblico ministero ricorrente ed il PG nella sua requisitoria scritta lamentano la mancata declaratoria di inammissibilità della seconda istanza che costituiva mera riproposizione di quella precedente. 3.4. Tanto premesso, rileva il Collegio che, avverso l'ordinanza del 04/04/2018, i sigg.ri Ma. avevano anche proposto ricorso per cassazione e che con sentenza n. 36285 del 20/02/2019, dep. il 21/08/2019, la Corte ha annullato l'ordinanza del 04/04/2018 con rinvio al tribunale di Napoli demandando al giudice rescissorio il compito di verificare la legittimità dell'atto concessorio, sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio . Ciò sul rilievo che il Giudice dell'esecuzione [aveva] omesso tale valutazione, rigettando l'istanza sul presupposto dell'assenza di una delibera del Consiglio comunale di Ischia di conformità del manufatto con gli interessi urbanistici - requisito non previsto dalla legge -, e sull'impossibilità di accertare il requisito della doppia conformità urbanistica non evidente nel titolo in sanatoria - circostanza, tuttavia, che il giudice è tenuto a verificare sulla base degli atti a disposizione o che ritiene necessario acquisire ai fini dell'istruzione del fascicolo . 3.5. Dunque, l'ordinanza del 30/11/2018, oggetto di odierno ricorso, è stata adottata in pendenza di impugnazione avverso il primo provvedimento. 3.6. L'art. 666 cod. proc. pen. consente lo scrutinio, nel merito, di una nuova domanda in executivis che, pur identica nel petitum, non sia fondata sulla medesima causa petendi, non sia ripetitiva, cioè, di quella già rigettata e non sia basata sui medesimi elementi, non essendo di ostacolo a tale scrutinio nemmeno l'impugnazione della prima ordinanza. Anche in tal caso, infatti, al giudice dell'esecuzione non è precluso il potere/dovere di esprimersi sulla ammissibilità della nuova domanda se la ritiene ripetitiva della prima dovrà prenderne atto e dichiararne l'inammissibilità, altrimenti potrà/dovrà pronunciarsi nel merito della nuova domanda. Resta da chiedersi se, nonostante la domanda non presenti profili di novità rispetto alla prima già rigettata e impugnata, il giudice decida nel merito, magari adottando - come nel caso di specie - una decisione contraria alla prima. 3.7. La sentenza Sez. U, n. 18288 del 21/01/2010, P.G. in proc. Be., ha ricordato che nel procedimento di esecuzione come in quello di sorveglianza per il richiamo fatto dall'art. 678 c.p.p. alla stessa disciplina , opera il principio della preclusione processuale derivante dal divieto del bis in idem, nel quale, secondo la giurisprudenza di legittimità, s'inquadra la regola dettata dal secondo comma dell'art. 666 c.p.p., che impone al giudice dell'esecuzione di dichiarare inammissibile la richiesta che sia mera riproposizione, in quanto basata sui medesimi elementi , di altra già rigettata . Al riguardo le Sezioni unite ricordano che impropriamente si evoca, in relazione ai provvedimenti adottati dal giudice dell'esecuzione, il concetto di giudicato, così come elaborato con riferimento al processo di cognizione. Vana si rivela la ricerca, nell'ambito del codice di rito di una norma da cui desumere l'efficacia preclusiva delle decisioni adottate dal giudice dell'esecuzione, le quali sono revocabili e, come tali, insuscettibili di passare in giudicato, posto che la competenza cognitiva di detto giudice ha carattere provvisorio La circostanza che nel procedimento di esecuzione non si ha mai un giudizio di merito sul fatto comporta necessariamente una diversa regolamentazione dell'efficacia preclusiva della decisione, nel senso che le richieste del soggetto interessato sono di norma suscettibili di essere riproposte in qualsiasi momento, con il solo limite, previsto dall'art. 666/2. c.p.p., che la nuova istanza non costituisca mera riproposizione di altra già rigettata, basata sui medesimi elementi . Con tale limite si è inteso creare, per arginare richieste meramente dilatorie, un filtro processuale, ritenuto dal legislatore delegato necessario in un'ottica di economia e di efficienza processuale e concepito sull'esempio di quanto già legislativamente previsto in tema di procedimento di sorveglianza art. 71sexies della legge 27/7/1975 n. 354, nel testo modificato dalla legge 12/1/1977 n. 1 . La ratio della richiamata disposizione è resa, peraltro, esplicita dalla relazione al Progetto preliminare del vigente codice di procedura penale, nella quale si sottolinea che i presupposti di operatività della preclusione sono rigorosamente delimitati, al fine di evitare valutazioni sommarie che possano pregiudicare i diritti dell'interessato. Si colloca così in questa prospettiva la nozione di giudicato esecutivo , impiegata non in senso tecnico ma in senso convenzionale, per certificare il limitato effetto autoconservativo di un accertamento rebus sic stantibus. Più correttamente la stabilizzazione giuridica di siffatto accertamento deve essere designata con il termine preclusione , proprio al fine di rimarcarne le differenze con il concetto tradizionale di giudicato. La norma di cui all'art. 666/2. c.p.p. inibisce, quindi, soltanto la reiterazione in executivis di una richiesta basata sui medesimi elementi di altra già rigettata. La verifica del repetita in idem - prosegue la Corte - non può prescindere da una comparazione tra le due richieste, per stabilire se la seconda, pur avendo ad oggetto lo stesso petitum, faccia leva o no su presupposti di fatto e/o su motivi di diritto diversi da quelli in precedenza apprezzati e, nell'affermativa, ritenerla conseguentemente ammissibile e non paralizzata dall'operatività della preclusione nel caso scrutinato dalla Corte i presupposti di fatto erano identici, vertendo la questione sulla possibilità di ritenere elemento diverso il mutamento di giurisprudenza, intervenuto con decisione delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, risolto a favore della novità dell'elemento di diritto . 3.8. Con successiva sentenza Sez. U, n. 40151 del 19/04/2018, Avignone, Rv. 273650, la Corte di cassazione ha affermato il seguente principio di diritto in tema di esecuzione, è rilevabile anche di ufficio dalla Corte di cassazione la preclusione processuale che, ai sensi dell'art. 606, comma secondo, cod. pen., determina la inammissibilità dell'istanza meramente reiterativa di una domanda già esaminata e che si limiti a riproporre identiche questioni in assenza di nuovi elementi, conseguendone anche la inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la decisione esecutiva che l'abbia rigettata nel merito invece di dichiararla inammissibile . Nel caso di specie era stata dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che, omettendo erroneamente di rilevare la preclusione processuale, aveva rigettato nel merito una richiesta di applicazione dell'indulto meramente reiterativa di precedente istanza già respinta con ordinanza avverso la quale il condannato aveva proposto analogo ricorso in cassazione. 3.9. Nel riprendere il filo del discorso avviato con la sentenza Sez. U, Beschi, la Sez. U Avignone ricorda che successivamente a tale pronuncia le singole Sezioni della Corte hanno ulteriormente precisato l'ambito di operatività della preclusione e rilevato che /'/ provvedimento del giudice dell'esecuzione, una volta divenuto formalmente irrevocabile, perché non impugnato o per il rigetto dell'impugnazione proposta, impedisce una nuova pronuncia sul medesimo petitum, non in termini assoluti e definitivi, ma soltanto allo stato delle questioni trattate. Poiché l'art. 666, comma 2, cod. proc. pen. commina l'inammissibilità della domanda se mera riproposizione di una richiesta basata sui medesimi elementi , è consentito investire il giudice dell'esecuzione della nuova istanza a condizione che si rappresentino nuove tematiche giuridiche o nuovi dati di fatto, sia sopravvenuti, sia preesistenti, ma non esposti e non presi in considerazione nella decisione antecedente Sez. 1, n. 9780 del 11/01/2017, Badalamenti, Rv. 269421 Sez. 1, n. 19358 del 05/10/2016, dep. 2017, Crescenza, Rv. 269841 Sez. 3, n. 6051 del 27/09/2016, dep. 2017, Barone, Rv. 268834 Sez. 3, n. 50005 del 01/07/2014, Iacomino e altro, Rv. 261394 Sez. 1, n. 29983 del 31/05/2013, Bellin, Rv. 256406 Sez. 1, n. 36005 del 14/06/2011, Branda, Rv. 250785 Sez. 1, n. 3736 del 15/01/2009, Anello, Rv. 242533 . 3.10. Nel caso, analogo al nostro, che la nuova domanda venga presentata in pendenza di ricorso per cassazione avverso quella precedente, la sentenza precisa che l'effetto preclusivo ricollegabile alla decisione esecutiva non opera esclusivamente quando si sia già formato il giudicato formale, ma è riconoscibile anche al provvedimento, seppur impugnato, nel senso che con la decisione il giudice dell'esecuzione esaurisce il proprio potere cognitivo e la propria funzione, sicché l'istante, per conseguire il risultato denegato, non può nuovamente interpellarlo tramite proposizione di ulteriore incidente di esecuzione per provocarne una nuova valutazione dei medesimi temi in fatto o in diritto, già oggetto di pronuncia allo stato immodificabile, in assenza di spunti innovativi Sez. 1, 1, n. 25345 del 19/03/2014, Nozzolino, Rv. 262135 Sez. 3, n. 10224 del 04/02/2010, Colia, Rv. 246346 Sez. 1, n. 5687 del 18/11/1998, dep. 1999, Marra, Rv. 212793 . La ratio della disposizione, finalizzata a comporre e ad impedire l'insorgenza di contrasti tra decisioni diverse, intervenute sulla medesima questione a fronte di presupposti coincidenti, ne impone un'ampia applicazione poiché l'inconveniente che intende evitare può porsi anche soltanto per effetto della contestuale pendenza di giudizi distinti sullo stesso oggetto in presenza di una immutata situazione di fatto o di identiche questioni di diritto . In questi casi, la Corte di cassazione può rilevare anche d'ufficio l'eventuale inammissibilità di un'istanza di incidente di esecuzione, se manifestamente infondata, oppure reiterativa di una domanda già esaminata in mancanza di profili originali, con la comunicazione della medesima sanzione d'inammissibilità anche al ricorso per cassazione proposto avverso la decisione esecutiva, che, errando, l'abbia esaminata nel merito e l'abbia respinta in luogo di dichiararla inammissibile, come dovuto . 3.11. Il caso in esame si caratterizza per la sua peculiarità perché, diversamente da quanto accaduto nel caso scrutinato dalla Sez. U, Avignone, è il pubblico ministero a denunziare, fondatamente, l'errore nel quale è incorso il giudice dell'esecuzione che, invece di prendere atto di aver esaurito il proprio potere cognitivo e la propria funzione e di dichiarare inammissibile la seconda domanda in quanto basata sui medesimi elementi di fatto, ha provveduto nel merito decidendo in senso immotivatamente contrario a quella precedentemente rigettata. 3.12. In conclusione ed in sintesi a la decisione del giudice dell'esecuzione preclude la possibilità di presentare nuove domande con identico petitum e basate sui medesimi elementi di fatto e/o di diritto b tale preclusione processuale determina la inammissibilità della nuova domanda, insuscettibile di costituire in capo al giudice il potere/dovere di decidere sul petitum c la preclusione non si verifica se la nuova domanda si basa su elementi di fatto e di diritto diversi da quella precedente d in tal caso il giudice è tenuto a pronunciare nel merito anche se la precedente ordinanza è stata impugnata con ricorso per cassazione e se, in caso di domanda inammissibile, il giudice dell'esecuzione pronuncia nel merito, il giudice dell'impugnazione può rilevare anche d'ufficio l'inammissibilità della domanda e, nel caso, dichiararla con sentenza f se invece l'inammissibilità della domanda costituisce motivo specifico di impugnazione, la Corte di cassazione, ove ritenga fondato il ricorso, deve annullare senza rinvio il provvedimento impugnato in quanto pronunciato in assenza del potere del giudice di provvedere nel merito. 3.13. Poiché, come detto, in assenza di nuovi elementi, si era verificata nel caso di specie una preclusione processuale che impediva alla parte di presentare una nuova domanda e al giudice di pronunciare nel merito, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.