Assenti insegnante di sostegno e bidello: colpevole l’”assistente alla persona” per l’incidente subito dall’alunno disabile

Condanna definitiva per una donna, punita con un mese di reclusione. Addebitata a lei la responsabilità per la caduta di un alunno disabile dalla finestra di un’aula. Respinta la tesi difensiva secondo cui alla ‘assistente alla persona’ sono affidati solo compiti materiali.

All’insegnante di sostegno e al bidello si può aggiungere anche la figura della cosiddetta assistente alla persona” come responsabile della sicurezza dell’alunno disabile. A dirlo è la Cassazione, confermando la condanna per una donna, una assistente alla persona”, colpevole di non avere adeguatamente sorvegliato nella sala ludica un ragazzino disabile che è riuscito ad arrivare alla finestra, finendo col cadere giù e riportando diverse lesioni. Cassazione, sentenza n. 9347/20, sez. III Penale, depositata oggi . Caduta. Chiara l’accusa mossa alla assistente alla persona” incaricata di fornire aiuto materiale a un alunno disabile omessa sorveglianza sul minore” che caduto da una finestra di un’aula” ha riportato lesioni personali giudicate guaribili in sette giorni”. Ricostruito l’episodio, i giudici del Tribunale ritengono evidenti le responsabilità della donna, con conseguente sua condanna a un mese di reclusione”, con obbligo di risarcire la parte civile, cioè i genitori del bambino. Il difensore della donna propone però in Cassazione una lettura diversa della vicenda. In particolare, egli precisa che l’alunno aveva 5 anni ed era disabile, che alla sua sorveglianza era preposta l’insegnante di sostegno e che la vigilanza non rientrava nelle mansioni” della sua cliente, che non era tenuta ad essere presente nell’aula ludica”, anche perché il soggetto organico alla scuola responsabile in caso di assenza dell’insegnante era il bidello”. Sempre seguendo la stessa linea, poi, il legale pone in evidenza che l’assistente alla persona non ha obblighi di sorveglianza, ma solo compiti materiali, quali pulizia ed alimentazione”. Per chiudere il cerchio, poi, l’avvocato sostiene che, essendo il minore caduto dalla finestra dell’aula ludica”, non si può imputare alla assistente alla persona” alcuna distrazione, non competendole la vigilanza sul minore, obbligo, questo, gravante invece sull’insegnante”. Garanzia. L’ottica proposta dal legale non convince però i giudici della Cassazione, che ritengono corretta e confermano la decisione presa dal Tribunale. Nessun dubbio, quindi, sulla responsabilità della donna a cui era affidato l’assistenza alla persona” dell’alunno disabile. In premessa viene ricordato che il minore, ipovedente e non autonomo nei movimenti, si era arrampicato su dei cubi di gomma di grandi dimensioni posti sotto la finestra ed era caduto dall’altezza di tre metri”. Ciò significa che le sue condizioni di salute – considerato che camminava carponi – escludevano che avesse compiuto movimenti rapidi ed imprevedibili tali da sfuggire al generico controllo che qualsivoglia adulto avrebbe potuto esercitare nei suoi confronti”. Logico, quindi, affermare che, essendo rimasta da sola in aula con il bambino”, la ‘assistente alla persona’ era l’unico soggetto gravato della posizione di garanzia” e, peraltro, per impedire l’evento verificatosi non occorreva alcuna specifica competenza o abilità”. Priva di fondamento, quindi, la visione difensiva centrata sulla presunta assenza di colpa” e sulla esclusione della posizione di garanzia” della mera ‘assistente alla persona’. Su quest’ultimo punto, in particolare, i giudici della Cassazione tengono a ribadire che la posizione di garanzia può derivare o da un’investitura formale o da una situazione di fatto, come nella specie, in cui il giudice ha affermato che qualsiasi adulto, nelle condizioni in cui si trovava, nell’aula ludica, da solo e con il minore disabile, era chiamato a prestare le cautele del caso per impedire l’evento, tanto più che non era richiesta alcuna specifica competenza”.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 ottobre 2019 – 9 marzo 2020, n. 9347 Presidente Liberati – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 48288 del 26/09/2017, la Sezione 4 della Corte di cassazione, su ricorso del Pubblico ministero presso il Tribunale di Castrovillari, ha annullato con rinvio la sentenza in data 4 novembre 2016 del Giudice di pace di Castrovillari che, tra l'altro, aveva dichiarato di non doversi procedere, ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., nei confronti di Ca. Ce., per il reato dell'art. 590 cod. pen., poiché, in qualità di assistente alla persona, aveva omesso la sorveglianza sul minore disabile, il quale era caduto dalla finestra dell'aula riportando lesioni personali giudicate guaribili in 7 giorni, in Castrovillari il 3.4.2013. Con sentenza in data 13.6.2018 il Tribunale di Castrovillari, in sede di rinvio, in parziale riforma della predetta sentenza del Giudice di pace, ha condannato la Ce. alla pena di mesi 1 di reclusione, oltre spese, con i doppi benefici di legge, oltre al pagamento del risarcimento del danno da liquidarsi dal giudice civile e delle competenze spettanti alla parte civile anche nel giudizio di legittimità. 2. Con il primo motivo di ricorso l'imputata deduce la violazione di legge, di norme processuali ed il vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del reato di lesioni colpose ascrittole. Sostiene che la sentenza impugnata si era basata su due circostanze di fatto errate era sola in aula al momento dell'incidente, mentre l'insegnante di sostegno era giustificatamente assente in quel momento. Precisa che l'alunno aveva cinque anni ed era disabile, che alla sua sorveglianza era preposta l'insegnante di sostegno e che la vigilanza non rientrava nelle sue mansioni. Aggiunge che non era tenuta ad essere presente nell'aula ludica e che il soggetto organico alla scuola, responsabile in caso di assenza dell'insegnante, era il bidello. Deduce che la sentenza aveva creato una singolare causa di giustificazione del reato a favore dell'insegnante. Con il secondo denuncia la carenza dell'elemento psicologico, anche sotto la forma della colpa generica. L'assistente alla persona non aveva obblighi di sorveglianza, ma solo compiti materiali, quali pulizia ed alimentazione dell'assistito. Il minore era caduto dalla finestra dell'aula ludica. Non le si poteva imputare la distrazione, non competendole la vigilanza. Lamenta che l'insegnante di sostegno, su cui gravava invece tale obbligo, era stata assolta, mentre lei era stata condannata. Aggiunge che la parte civile aveva già ottenuto il risarcimento del danno perché aveva transatto la causa civile contro il Ministero dell'Istruzione. Le lesioni erano state lievi e quindi era adeguata l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen. Considerato in diritto 3. Il ricorso è manifestamente infondato perché si risolve in generiche doglianze di fatto, già valutate e disattese con adeguata motivazione dal Giudice di merito. E' stato accertato che il minore, ipovedente e non autonomo nei movimenti, si era arrampicato su dei cubi di gomma di grandi dimensioni posti sotto la finestra ed era caduto dall'altezza di tre metri. Le sue condizioni di salute, considerato che camminava carponi, escludevano che avesse compiuto movimenti rapidi ed imprevedibili tali da sfuggire al generico controllo che qualsivoglia adulto avrebbe potuto esercitare nei suoi confronti. Il Giudice ha quindi spiegato con motivazione logica e razionale che, essendo rimasta da sola in aula con il bambino, la ricorrente era l'unico soggetto gravato della posizione di garanzia e che per impedire l'evento verificatosi non occorreva alcuna specifica competenza o abilità. L'imputata non si è confrontata con tale argomentazione ed ha insistito sull'assenza di colpa non essendo gravata della posizione di garanzia sulla base del mansionario. Sennonché la posizione di garanzia può derivare o da un'investitura formale o da una situazione di fatto, come nella specie, in cui il Giudice ha affermato che qualsiasi adulto, nelle condizioni in cui si trovava, nell'aula ludica, da solo e con il minore disabile, era chiamato a prestare le cautele del caso per impedire l'evento, tanto più che non era richiesta alcuna specifica competenza. La sentenza impugnata è in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità si veda tra le più recenti Cass., Sez. 4, n. 38624 del 19/0672019, B., Rv. 277190 , perché ha accuratamente ricostruito i fatti evidenziando la condotta omissiva, la colpa generica ed il nesso di causalità. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.