Avvocato condannato per patrocinio infedele anche per la mera perdita di chances dell’assistito

Il reato di patrocinio infedele richiede, quale elemento costitutivo oggettivo, un comportamento del patrocinante irrispettoso dei doveri professionali previsti a suo carico ed un conseguente nocumento per la parte assistita. Tale ultimo aspetto, potendo assumere diverse variabili in virtù delle mutevoli peculiarità di ogni vicenda processuale, deve essere valutato sulla base del caso concreto.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8617/20, depositata il 3 marzo. Il caso. Il Tribunale di Torino accoglieva l’appello del PM e riformava l’ordinanza di rigetto emessa dal GIP disponendo l’applicazione della misura interdittiva del divieto di esercitare la professione per un anno nei confronti di un avvocato per il reato di cui al capo a dell’art. 380 c.p L’avvocato era infatti accusato di aver formato un atto di precetto recante la falsa sottoscrizione della propria assistita, con autentica attestata da sé stesso, recandole nocumento in quanto il Tribunale aveva dichiarato l’inefficacia di tale atto di precetto accogliendo l’opposizione all’esecuzione proposta dal debitore. La pronuncia è stata impugnata con ricorso in Cassazione. Secondo il ricorrente, ferma restando la qualificazione del reato di patrocinio infedele quale reato di evento, il termine di prescrizione dovrebbe decorrere dal nocumento consistente nello spirare del termine previsto dalle norme procedurale per l’opposizione all’atto di precetto. Nel caso di specie dunque, il reato sarebbe prescritto. Reato di patrocinio infedele. La Corte coglie l’occasione per ribadire che il delitto in parola è un reato che si perfeziona con una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita e con un evento che implichi un nocumento agli interessi di questa. Tale evento deve essere identificato con il nocumento arrecato al patrocinato, anche in termini di mancato conseguimento di vantaggi oggetto di decisione del giudice in fasi intermedie o incidentali della procedura, ed è da questo momento che il reato è consumato con conseguente decorrenza del termine di prescrizione. Precisa inoltre la pronuncia che, in considerazione dell’ambito del rapporto professionale, durante lo svolgimento dello stesso potrebbero verificarsi eventi pregiudizievoli anche indipendenti dall’esito favorevole o meno del giudizio, quale ad esempio il ritardo nella definizione del procedimento, una preclusione processuale conseguente alla scadenza di un termine o anche la c.d. perdita di chances”. Applicando tali principi al caso di specie, risulta escluso ogni dubbio sul fatto che la falsa sottoscrizione dell’atto di precetto si sia rivelata dannosa per l’assistito con la dichiarazione di inefficacia del precetto. Non assume dunque alcuna rilevanza in termini di nocumento il successivo pregiudizio derivato dalla mera proposizione dell’atto di opposizione al precetto, in quanto evento fisiologico in tale dinamica processuale e indipendente dal comportamento del ricorrente. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 gennaio – 3 marzo 2020, n. 8617 Presidente Costanzo – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Torino, sezione del riesame, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero, ha riformato l’ordinanza di rigetto emessa dal Gip dello stesso Tribunale in data 4/06/2019 e disposto l’applicazione della misura interdittiva del divieto di esercitare la professione per un anno nei confronti di B.G. per il reato ascrittogli al capo A di cui all’art. 380 c.p., perché quale patrocinatore di A.A.M. aveva formato un atto di precetto recante la falsa sottoscrizione della predetta persona da lui assistita e rappresentata, con autentica attestata dallo stesso avvocato, arrecandole nocumento in quanto il Tribunale di Torino con la sentenza n. 2922/16 emessa il 21/05/2016 aveva dichiarato l’inefficacia del suddetto atto di precetto, accogliendo sul punto l’opposizione all’esecuzione proposta dal debitore, M.P. . Il Tribunale, discostandosi dalla diversa valutazione operata dal Gip, ha ritenuto non maturato il termine di prescrizione del reato, avendo individuato come dies a quo la data del 21 maggio 2016 della pronuncia della sentenza che ha dichiarato l’inefficacia del precetto per difetto della sottoscrizione della procura, e non quella più remota del 27/12/2012 in cui l’atto di precetto, recante la falsa sottoscrizione della parte, era stato notificato al debitore opponente. In particolare, ad avviso del Tribunale, essendo il reato di cui all’art. 380 c.p. un reato di evento, il tempo di commissione del delitto, da cui far decorrere il termine di prescrizione, coincide con il momento in cui si è verificato il nocumento per la parte difesa ed assistita dall’imputato, e quindi con l’emissione della sentenza che ha dichiarato l’inefficacia del precetto ed impedito la prosecuzione della procedura per l’esecuzione forzata del credito. Al contrario di quanto affermato dal Gip che aveva rigettato la richiesta l’applicazione della richiesta della misura interdittiva per prescrizione del reato, avendo individuato il dies a quo alla data del 27/12/2012 in cui è avvenuta la notificazione del precetto. 2. Tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso B.G. articolando un unico motivo per violazione di legge in ordine alla prescrizione del reato. In particolare si deduce che, sebbene sia corretta la qualificazione del reato di patrocinio infedele come reato di evento, il nocumento da cui far decorrere il termine di prescrizione deve essere individuato allo spirare del termine previsto dal codice di procedura civile per l’opposizione all’atto di precetto, ovvero per il caso di specie nel giorno 6 gennaio 2013. Si rileva al riguardo che con la presentazione dell’opposizione è stato arrecato il nocumento al creditore istante, considerato che, per come emerge dalla motivazione della sentenza del giudice civile che ha accolto l’opposizione, l’unica ragione che poteva giustificarne la proposizione era costituita dal vizio formale di validità del titolo esecutivo. Quindi, il danno penalmente rilevante coinciderebbe con l’ostacolo frapposto alla prosecuzione della procedura esecutiva per effetto della presentazione dell’atto di opposizione, che ha trovato giustificazione unicamente nella condotta infedele del patrocinatore contraria agli interessi dell’assistita. Dovendosi ritenere erroneo il riferimento alla pronuncia della sentenza, che essendo un evento incerto anche quanto al tempo di emissione non potrebbe essere individuato come momento consumativo del reato, potendo in ipotesi anche essere riformata in grado di appello. Secondo il ricorrente il nocumento rilevante per la consumazione del reato deve, pertanto, essere individuato o allo spirare del termine per proporre opposizione al precetto o in alternativa con l’opposizione stessa, quale primo atto in cui si produce il danno correlato all’inizio del procedimento civile che la parte assistita è stata costretta a subire a causa della condotta posta in essere dal proprio patrocinatore, ancora prima della sentenza che costituisce al più il momento nella quale la parte ha avuto conoscenza del reato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Prima di passare alla valutazione del caso in esame appaiono opportune alcune preliminari considerazioni sulla struttura del reato di patrocinio infedele, per come descritto dall’art. 380 c.p. e secondo l’interpretazione datane da questa Corte di Cassazione. Innanzitutto, sebbene costituisca un principio non controverso, è bene ribadire che il delitto di cui all’art. 380 c.p., comma 1, è un reato che richiede per il suo perfezionamento, in primo luogo, una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doversi professionali stabiliti per fini di giustizia a tutela della parte assistita ed, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest’ultimo. Pertanto, poiché l’evento del reato di patrocinio infedele va identificato con il nocumento arrecato al patrocinato, è da questa data che il reato può ritenersi consumato ed è quindi da questo momento che inizia a decorrere il termine di prescrizione vedi, Sez. 2, 14/02/2019, Rv. 275383 . In merito alla nozione di nocumento, è già stato osservato da parte della giurisprudenza di legittimità come possa essere costituito anche dal mancato conseguimento di vantaggi formanti oggetto di decisione assunte dal giudice nelle fasi intermedie o incidentali di una procedura. Sez. 6, n. 2689 del 19/12/1995, P.M. in proc. Forti, Rv. 20450901 . Per quanto interessa nel caso in esame, è bene rimarcare anche che il nocumento per poter assumere rilevanza deve essere conseguente alla violazione dei doveri professionali, non potendo evidentemente essere presi in considerazione effetti pregiudizievoli derivanti da ragioni diverse, eziologicamente non dipendenti dalle suddette violazioni deontologiche. D’altra parte, si deve anche rilevare che la struttura del reato, prevedendo quale elemento necessario della fattispecie il nocumento, pone evidentemente una relazione di causa ed effetto tra l’infedeltà ai doveri professionali ed il nocumento, senza imporre che la violazione di tali doveri costituisca l’unica causa, esclusiva del nocumento, potendo evidentemente concorrere anche altre concause, indipendenti ed autonome tra loro, alla determinazione del pregiudizio subito dalla parte. Si deve, inoltre, considerare che nell’ambito del rapporto professionale e durante lo svolgimento del procedimento giudiziario, tenuto conto delle diverse fasi in cui esso si articola, si possono individuare eventi pregiudizievoli per la parte assistita anche indipendenti dall’esito favorevole o sfavorevole del giudizio, potendo rilevare anche il mero ritardo della definizione del procedimento, o anche una semplice preclusione processuale conseguente alla scadenza di un termine che abbia reso impossibile per la parte allegare una prova a suo favore o comunque di esercitare una facoltà spettante alla stessa quale parte processuale, e potendo rientrare nella nozione di nocumento anche la c.d. perdita di chances , consistente nella perdita di una concreta occasione favorevole al conseguimento di un bene determinato o di un risultato positivo. In ogni caso, proprio per la struttura del reato che prevede quale elemento necessario della fattispecie il nocumento ed a causa delle mutevoli variabili proprie di qualunque vicenda processuale, l’individuazione del nocumento presuppone una valutazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che non si prestano ad una schematica rappresentazione astratta, ben potendo una medesima condotta del patrocinatore assumere rilievo o meno a seconda degli effetti che in concreto ne siano derivati nella specifica vicenda processuale, assumendo rilevanza anche la linea difensiva adottata, e nè dovendosi confondere l’infedeltà con attività difensive discutibili o colposamente erronee. Infine, è bene considerare che non essendo l’esercizio dell’azione penale condizionato dalla definizione del procedimento giudiziario cui si riferisce, non vi è dubbio che nel corso di un medesimo procedimento anche una stessa condotta infedele possa produrre plurimi esiti giudiziari sfavorevoli, in relazione alla progressione processuale e rispetto alle decisioni che possono intervenire nelle diverse fasi e gradi del giudizio, come nel caso in cui al rigetto di una istanza istruttoria non depositata per tardività segua poi una sentenza sfavorevole alla parte, confermata nei successivi gradi, con la conseguente rilevanza di detti esiti giudiziari anche ai fini della valutazione unitaria e conclusiva del nocumento, che potrebbe essere integrato dal complesso di tutte le decisioni sfavorevoli alla parte che ne siano derivate. 2. Tanto ciò premesso, nel caso si specie, essendo indubbio che la falsa sottoscrizione dell’atto di precetto ha prodotto come sua conseguenza certa, pregiudizievole per la parte assistita dall’imputato, la dichiarazione di inefficacia del precetto, non può assumere rilevanza come nocumento conseguente alla medesima condotta di infedeltà professionale anche il pregiudizio derivato dalla mera proposizione dell’atto di opposizione al precetto, trattandosi di un evento del tutto fisiologico nella dinamica processuale, che non può ritenersi dipendente dalla suddetta violazione, dato che la relativa iniziativa è rimessa all’esercizio discrezionale delle facoltà che la legge riconosce alla parte destinataria dell’atto di precetto. Pertanto, seppure vi sia una indubbia relazione tra la violazione professionale, consistita nella autenticazione della falsa sottoscrizione della parte assistita, e la proposizione dell’atto di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. su iniziativa del debitore, avendo costituito la ragione posta a fondamento della decisione di accoglimento dell’opposizione, ciò non consente di individuare nella presentazione dell’opposizione all’esecuzione il nocumento penalmente rilevante agli effetti della fattispecie prevista dall’art. 380 c.p., trattandosi di un atto che - per come dedotto dallo stesso ricorrente - risulta essere stato proposto per motivi diversi non unicamente rivolti a denunciare il vizio della carente sottoscrizione dell’atto di precetto, e, soprattutto, perché privo di effetti pregiudizievoli immediati sulla procedura esecutiva in corso in assenza di provvedimenti cautelari di sospensione che competono solo al giudice. D’altra parte, per quanto sopra osservato, anche nel caso di pluralità di eventi sfavorevoli verificatisi nel corso delle diverse fasi di un medesimo procedimento civile o penale per effetto della stessa condotta infedele, la valutazione del nocumento deve essere operata in modo complessivo, concorrendo ognuno di essi ad integrarne la consistenza, e ciò non può non rilevare anche ai fini della individuazione del momento consumativo del reato agli effetti della prescrizione. Nè ha pregio l’osservazione del carattere non definitivo della sentenza, essendo la valutazione della vicenda processuale necessariamente ancorata alla fase processuale in corso, senza che possano assumere rilevanza i suoi sviluppi futuri, poiché le decisioni giudiziarie sono condizionate da molteplici variabili che possono essere oggetto solo di astratte previsioni prive di rilevanza ai fini della valutazione del nocumento, che si ripete può essere integrato dai pregiudizi più svariati arrecati alla parte nel corso anche delle fasi iniziali ed intermedie del procedimento, indipendentemente dal suo esito finale favorevole o sfavorevole. Nel caso in esame il Tribunale ha fatto corretta applicazione di detti principi, avendo operato una valutazione del nocumento rilevante agli effetti penali assolutamente coerente alle specificità della posizione processuale della parte processuale pregiudicata dalla violazione dei doveri professionali descritta nell’imputazione, così da doversi escludere che la consumazione del reato sia avvenuta in data anteriore a quella contestata, con la conseguente infondatezza dell’eccezione di prescrizione del reato. 3. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, al pagamento delle spese del procedimento. La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p