Appropriazione indebita aggravata, con recidiva: rimessione alle Sezioni Unite sulla procedibilità d’ufficio

Le Sezioni Unite sono chiamate a decidere se il riferimento alle aggravanti ad effetto speciale contenuto nell’art. 649-bis, c.p., ai fini della procedibilità d’ufficio, per taluni reati contro il patrimonio debba essere inteso o meno come riguardante anche la recidiva qualificata di cui ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 99 dello stesso codice.

L’invito in tal senso scaturisce dalla ordinanza emessa dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione n. 5555 depositata in cancelleria il 12 febbraio 2020. Appropriazione indebita aggravata, con recidiva. Nel caso di specie, un uomo è stato sottoposto a procedimento penale in relazione al reato di appropriazione indebita art. 646, c.p. , in forma continuata ed aggravata dall'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità art. 61, comma 1, n. 11, c.p. , in aggiunta alla contestata recidiva, specifica ed infraquinquennale. In esito al giudizio di prime cure, il Tribunale ha dichiarato il non doversi procedere in relazione al reato ascritto siccome assunto estinto in conseguenza di remissione della querela. Il Procuratore generale, nondimeno, ha adito la Suprema Corte, dolendosi della - suo dire - erronea applicazione della legge penale da parte del giudice di merito. Secondo il ricorrente, infatti, la remissione della querela non sarebbe stata sufficiente ad estinguere il reato dal momento che la fattispecie criminosa - come contestata nel caso di specie - risultava procedibile d’ufficio e tanto ad onta delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36 recante Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a e b , e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103”. Più precisamente, secondo la Procura, in relazione al reato di appropriazione indebita, ricorrerebbero gli estremi della procedibilità d’ufficio qualora ricorrano aggravanti ad effetto speciale”. L’incertezza sulle modifiche introdotte in punto procedibilità. Come noto, il Decreto n. 36/2018, ha, inter alia, previsto che il reato di appropriazione indebita sia procedibile a querela, mentre prima della riforma si procedeva d’ufficio al ricorrere della circostanza del fatto commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario o una di quelle indicare al già richiamato art. 61, comma 1, n. 11, c.p Tuttavia, il medesimo Decreto, come emendato dalla l. 9 gennaio 2019, n. 3 c.d. legge Spazzacorrotti” , introducendo l’art. 649- bis , c.p., ha previsto altresì che [] per i fatti di cui all'articolo 646, secondo comma, o aggravati dalle circostanze di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11, si procede d'ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero se la persona offesa è incapace per età o per infermità o se il danno arrecato alla persona offesa è di rilevante gravità”. Recidiva e procedibilità. Il punto dolente della questione risiede nella possibilità, già affrontata in passato, di ritenere la recidiva di cui all’art. 99, c.p., quale circostanza ad effetto speciale” idonea a sortire il passaggio” dalla procedibilità a querela a quella d’ufficio. In proposito, anche con riferimento ad altre fattispecie di reato, si è registrato in giurisprudenza non poco contrasto tra ha ritenuto che la recidiva - stante il suo carattere speciale e, tranne eccezioni, ordinariamente facoltativo - non potesse sortire l’anzidetto impatto procedimentale e chi, tutto all’opposto, specie a seguito delle modifiche introdotte dal decreto n. 36/2018, ritiene che la recidiva rechi la procedibilità d’ufficio. Sono evidenti i risvolti dell’adesione all’una ovvero all’altra ricostruzione più precisamente, laddove si aderisse alla seconda lettura sopra sintetizzata, il pubblico ministero dovrebbe esercitare l’azione penale anche in assenza di querela e comunque la eventuale remissione, avvenuta nella fase delle indagini o nel corso del giudizio, non determinerebbe l’estinzione del reato, in quanto – per l’appunto – procedibile d’ufficio. Il quesito posto alle Sezioni Unite. La Sezione Seconda - rilevato il contrasto giurisprudenziale e l’esigenza dell’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite – ha, dunque, formulato il seguente quesito se il riferimento alle aggravanti ad affetto speciale contenuto nell’art. 649- bis , c.p., ai fini della procedibilità d’ufficio, per taluni reati contro il patrimonio art. 640, terzo comma, c.p. art. 640- ter , quarto comma, c.p., fatti di cui all’art. 646, secondo comma, o aggravati dalle circostanze di cui all’art. 61, primo comma, n. 11, c.p. vada inteso come riguardante anche la recidiva qualificata di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’art. 99 dello stesso codice”.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 14 gennaio – 12 febbraio 2020, n. 5555 Presidente Cammino – Relatore D’Agostini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12/3/2019 il Tribunale di Cosenza dichiarava non doversi procedere nei confronti di L.T.A. , imputato del delitto di appropriazione indebita continuata, aggravata ex art. 61 c.p., comma 1, n. 11, e dalla recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, commesso nel febbraio e marzo dell’anno 2013, per essere il reato estinto per remissione della querela. 2. Ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata per violazione della legge penale. Osserva il ricorrente che il D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36, art. 10 ha esteso a tutte le fattispecie di appropriazione indebita il regime di procedibilità a querela e che l’art. 11 dello stesso decreto, però, ha introdotto nell’art. 649 bis c.p., norma che - per quanto qui rileva prevede la procedibilità d’ufficio del reato ex art. 646 c.p., aggravato come nel caso di specie da una delle circostanze previste dall’art. 61 c.p., comma 1, n. 11, qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale , quale va ritenuta la recidiva così come contestata. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni unite di questa Corte, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., comma 1. 2. Il D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36 ha operato significative modifiche in tema di procedibilità per i delitti di truffa art. 640 c.p. , frode informatica 640 ter c.p. e appropriazione indebita art. 646 c.p. , in attuazione della delega contenuta nella L. 23 giugno 2017, n. 103, recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario , nella parte relativa alla modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati. In particolare, con gli artt. 8, 9 e 10 del citato decreto, si è previsto che la truffa sia procedibile a querela, salvo che ricorra una delle circostanze previste dall’art. 640 c.p., comma 2 o quella del danno patrimoniale di rilevante gravità la frode informatica sia procedibile a querela, salvo sussista una delle circostanze di cui all’art. 640 ter c.p., commi 2 e 3, quella della minorata difesa di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 5 solo per le circostanze riguardanti la persona o quella del danno patrimoniale di rilevante gravità l’appropriazione indebita sia sempre procedibile a querela mentre in precedenza si procedeva d’ufficio se ricorreva la circostanza del fatto commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario o una di quelle indicate nell’art. 61 c.p., comma 1, n. 11 . Tuttavia, lo stesso decreto legislativo, con l’art. 11, ha introdotto l’art. 649 bis c.p. unico articolo inserito nel nuovo autonomo capo III bis del titolo XIII, sui delitti contro il patrimonio , secondo il quale, nei casi in cui la truffa e la frode sarebbero procedibili a querela in base alle disposizioni di cui sopra e l’appropriazione indebita sia aggravata dalla circostanza del fatto commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario o da una di quelle indicate nell’art. 61 c.p., comma 1, n. 11, si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero - ipotesi aggiunte dalla L. 9 gennaio 2019, n. 3 - se la persona offesa è incapace per età o infermità o se il danno arrecato alla persona offesa è di rilevante gravità . In ordine alla prima previsione qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale , rilevante nel caso di specie, se ci si fermasse al dato letterale, non vi sarebbero dubbi che, in presenza della contestazione della recidiva qualificata eccetto, dunque, quella semplice ex art. 99 c.p., comma 1, che prevede l’aumento della pena fino ad un terzo , scatterebbe la procedibilità d’ufficio. Infatti, la recidiva qualificata, prevista nelle ipotesi di cui all’art. 99 c.p., commi 2, 3 e 4 aggravata, pluriaggravata e reiterata , è una circostanza aggravante ad effetto speciale, in quanto comporta un aumento della pena superiore ad un terzo art. 63 c.p., comma 3 . La pronuncia delle Sezioni unite Indelicato Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Rv. 249664 , emessa prima della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 23 luglio 2015 - con la quale è stata espunta dall’art. 99 c.p., comma 5, la obbligatorietà della recidiva, prima prevista per i reati rientranti nel catalogo ex art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a , partì proprio da questo presupposto, desumibile dallo stesso tenore delle norme, per ritenere applicabile la disciplina ex art. 63 c.p., comma 4, in caso di concorso della recidiva non semplice con un’altra circostanza aggravante ad effetto speciale. Fu affermato, infatti, il seguente principio di diritto la recidiva, che può determinare un aumento di pena superiore ad un terzo, è una circostanza aggravante ad effetto speciale e, pertanto, soggiace, ove ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale, alla regola dell’applicazione della pena stabilita per la circostanza più grave, con possibilità per il giudice di un ulteriore aumento . 3. La recidiva, nel contempo, al pari di quelle sulla imputabilità, è una circostanza soggettiva inerente alla persona del colpevole art. 70 c.p., comma 1, n. 2 e comma 2 . Sulla base di questo rilievo, le Sezioni unite, in una risalente pronuncia, componendo un contrasto giurisprudenziale, affermarono che la recidiva non è compresa nelle circostanze aggravanti che rendono il reato di truffa perseguibile d’ufficio, in quanto essa, inerendo esclusivamente alla persona del colpevole, non incide sul fatto-reato Sez. U, n. 3152 del 31/01/1987, Paolini, Rv. 175354 . In tale pronuncia venne sottolineato come la ratio del particolare regime di procedibilità prescelto dal legislatore per il delitto di truffa dovesse essere ricercata nella rilevanza degli aspetti civilistici sottesi a tale reato, i quali, però, in presenza di circostanze aggravanti, non possono prevalere sugli interessi pubblicistici. In altre parole, la truffa non è considerata una vicenda eversiva dell’ordine economico, ma piuttosto un fenomeno di valore meramente intersoggettivo, lesivo di un interesse prevalentemente privato. Da qui, anche, la logica dell’avulsione di un’aggravante sui generis, come la recidiva, dal novero di quelle per le quali si giustificherebbe il regime di procedibilità ex officio. Questo principio è stato poi ribadito in due pronunce massimate. Con la prima il Collegio, richiamato l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite, affermò che la recidiva è un’aggravante che inerisce esclusivamente alla persona così qualificata e non può comunicarsi agli altri compartecipi, poiché non incide sul fatto-reato, sulla sua natura e sulla sua gravità oggettiva. Diversamente opinando il reato sarebbe perseguibile a querela o d’ufficio, a seconda della presenza, o meno, tra i coimputati di un recidivo, mentre la regola dell’estensione della querela art. 123 c.p. è correlata al principio dell’unicità del reato concorsuale e non alle qualità personali negative dei concorrenti Sez. 2, n. 1876 del 19/11/1999, dep. 2000, Aliberto, Rv. 215400 . Con la seconda e più recente pronuncia, si è condiviso e ribadito il principio statuito dalle Sezioni unite anche alla luce delle più recenti disposizioni dettate dalla L. n. 251 del 2005, le quali hanno acuito i connotati personalistici della recidiva, rendendone ancor più peculiare il relativo regime. Il richiamo che dunque compare nell’art. 640 c.p., comma 3 alle circostanze aggravanti previste allo stesso articolo o ad altre circostanze aggravanti, non può che essere interpretato - proprio agli effetti della procedibilità - nel senso di escludere da questo novero una circostanza, come la recidiva, senz’altro speciale rispetto a quelle che, ordinariamente”, sono chiamate a qualificare in termini di maggior disvalore il fatto reato, sul che si radica la logica della procedibilità ex officio del delitto di truffa. D’altra parte, il carattere ordinariamente facoltativo che continua a contraddistingue la recidiva salvo le ipotesi eccezionalmente obbligatorie enunciate nell’art. 99 c.p., penultimo comma e che impone al giudice di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul -punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013 - dep. 27/08/2013, p.g. in proc. De Silvio, Rv. 256713 , induce a concludere nel senso che una siffatta circostanza mal si presti a giustificare sul piano non soltanto logico ma anche sistematico la trasformazione della procedibilità in quella officiosa così Sez. 2, n. 26029 del 10/06/2014, Folgori, Rv. 259566 . Detto orientamento è stato seguito in varie altre sentenze, non massimate Sez. 2, n. 29529 del 01/07/2015, Di Stefano Sez. 2, n. 2990 del 01/10/2015, dep. 2016, Saltari Sez. 2, n. 18311 del 28/01/2016, Dicembre Sez. 2, n. 38396 del 29/04/2016, Meocci Sez. 7, n. 42880 del 26/09/2016, Battaglia Sez. 2, n. 1907 del 20/12/2016, dep. 2017, Camozzi Sez. 2, n. 47068 del 21/09/2017, Mininni . 4. Il principio affermato dalle Sezioni unite nella sentenza n. 3152 del 1987, condiviso dalle pronunce richiamate, tutte successive - fatta eccezione per la prima - alle rilevanti modifiche in tema di recidiva apportate dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, risulta pertinente, in quanto riferito al disposto dell’art. 640 c.p., comma 3, nella formulazione previgente alla modifica operata dal D.Lgs. n. 36 del 2018, entrato in vigore il 9 maggio 2018, che prevedeva la procedibilità d’ufficio della truffa anche solo in presenza di una circostanza aggravante , quale indubbiamente è la recidiva. La rilevanza degli aspetti civilistici sottesi al reato di truffa, inoltre, connota anche i delitti di frode informatica e di appropriazione indebita. Nel contempo, però, lo stesso D.Lgs. n. 36 del 2018, all’art. 7, ha inserito una norma analoga all’art. 649 bis c.p., creando un nuovo e finale autonomo capo III bis nel titolo XII delitti contro la persona . Prevede l’art. 623 bis c.p. che, per alcuni dei fatti che lo stesso decreto ha reso procedibili a querela minaccia grave ex art. 612 c.p., comma 2, violazione di domicilio del pubblico ufficiale nel caso dell’art. 615 c.p., comma 2, nonché i delitti contro la inviolabilità dei segreti di cui all’art. 617 ter c.p., comma 1, art. 617 sexies c.p., comma 1, art. 619 c.p., comma 1, e art. 620 c.p. , si procede d’ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale , locuzione identica a quella dell’art. 649 bis c.p Anche questa modifica ha recepito i principi e i criteri direttivi dettati dalla legge delega, all’art. 16, lett. a , secondo la quale i decreti legislativi avrebbero dovuto prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di-cui all’art. 610 c.p., e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni 1 la persona offesa sia incapace per età o per infermità 2 ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’art. 339 c.p. 3 nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità . Le finalità deflattive perseguite dal legislatore della delega mediante l’ampliamento delle ipotesi di procedibilità a querela, per migliorare l’efficienza del sistema penale, sono espressamente ricordate nella relazione illustrativa allo schema del decreto legislativo, nella quale si osserva che la procedibilità a querela costituisce un punto di equilibrio e di mediazione fra due opposte esigenze da un lato, quella di evitare che si determinino meccanismi repressivi automatici in ordine a fatti che non rivestono particolare gravità, tali da ostacolare il buon governo dell’azione penale in riferimento a quelli seriamente offensivi dall’altro, quello di far emergere e valorizzare l’interesse privato alla punizione del colpevole in un ambito di penalità connotato dall’offesa a beni strettamente individuali . Ha evidenziato la stessa relazione che, ampliando l’area della procedibilità a querela, si può ottenere, altresì, l’effetto aggiuntivo, parimenti importante in una logica di riduzione dei carichi processuali, di favorire meccanismi conciliativi, che spesso si concludono proprio nelle fasi preliminari del giudizio, quando si avverte più impellente l’esigenza di evitare l’aggravio e il pericolo del processo, prima ancora che della condanna in particolare, il decreto ha esteso la procedibilità a querela ad alcuni reati contro la persona e contro il patrimonio, in ragione del carattere essenzialmente privato dell’offesa e in virtù del fatto che dalla casistica giurisprudenziale si desume come trovino applicazione per situazioni in concreto di modesto valore offensivo . 5. Occorre chiedersi, dunque, se il principio espresso dalle Sezioni unite nella citata sentenza del 1987 e dalla successiva giurisprudenza in tema di truffa e frode informatica, laddove pure la perseguibilità d’ufficio era prevista in presenza di una circostanza aggravante sia tuttora valido, anche a seguito della entrata in vigore del D.Lgs. n. 36 del 2018, vale a dire se, nei casi in cui i reati di truffa, frode informatica e appropriazione indebita sarebbero divenuti perseguibili a querela, a seguito delle modifiche apportate dal suddetto decreto, fra le circostanze aggravanti ad effetto speciale che rendono detti reati procedibili d’ufficio, ai sensi del nuovo art. 649 bis c.p., debba essere ricompresa la recidiva qualificata. 5.1. Invero, poiché identica previsione - come detto - è contenuta nell’art. 623 ter c.p., la risposta dovrebbe essere la medesima anche in relazione ai reati divenuti perseguibili a querela, indicati nel suddetto articolo. Non sarebbe giustificata, infatti, una diversa interpretazione della identica previsione, contenuta nelle due norme, introdotte dal medesimo decreto, come confermato dal sovrapponibile contenuto degli artt. 7 e 11 della citata relazione illustrativa in accoglimento di una delle condizioni formulate dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e di una delle osservazioni formulate dalla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica - prevede la conservazione della procedibilità d’ufficio per i reati contro la persona art. 7 nell’art. 11 contro il patrimonio oggetto del presente intervento normativo nei casi in cui ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale tra cui, la finalità di terrorismo e di eversione di cui al D.L. n. 625 del 1979, art. 1, di mafia di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 o di discriminazione razziale, etnica e religiosa di cui al D.L. n. 122 del 1993, art. 3 in conformità al criterio di delega di cui alla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 16 , lett. a , n. 2 . Non pare significativo, ai fini della valutazione della voluntas legis, l’omesso richiamo alla recidiva, considerato che fra le tante circostanze aggravanti ad effetto speciale ne sono state indicate solo tre, evidentemente a titolo esemplificativo. L’esigenza di fornire alle due disposizioni una medesima interpretazione può avere un certo rilievo sulla questione inerente alla perdurante validità del principio affermato dalle Sezioni unite nella sentenza del 1987, laddove si aveva riguardo esclusivamente al delitto di truffa come si è già ricordato, per giungere a ritenere irrilevante la recidiva, si era sostenuto che la ratio del particolare regime di procedibilità prescelto dal legislatore andasse ricercata nella rilevanza degli aspetti civilistici sottesi a tale reato. 5.2. In secondo luogo, va evidenziato che anche ora il dato letterale, già contenuto nella legge delega, risulta assai significativo circostanze aggravanti ad effetto speciale , considerato che, alla luce del diritto vivente, non vi è alcun dubbio che la recidiva qualificata costituisca una circostanza aggravante ad effetto speciale. Il legislatore, dunque, avrebbe potuto prevedere espressamente l’irrilevanza della recidiva qualificata ai fini della procedibilità sarebbe stato sufficiente precisare qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale diverse dalla recidiva . Si potrebbe dunque opinare che, se il legislatore ciò non ha fatto, ha ritenuto di dare rilievo alla recidiva qualificata anche ai fini della procedibilità dell’azione penale, ritenendo meritevole di sanzione penale il soggetto recidivo, indipendentemente dalla volontà della persona offesa dal reato. In proposito va ricordato come l’applicazione della recidiva qualificata rilevi a molteplici effetti ai fini del calcolo del tempo necessario a prescrivere ex art. 157 c.p., comma 2, quale circostanza aggravante ad effetto speciale, e sull’entità della proroga di detto tempo, in presenza di atti interruttivi, ex art. 161 c.p., comma 2 ai fini del tempo che determina l’estinzione della pena art. 172 c.p., comma 7 e di quello necessario per ottenere la riabilitazione art. 179 c.p., comma 2 ai fini delle preclusioni in tema di amnistia art. 151 c.p., comma 5 e di indulto art. 174 c.p., comma 3 . La sola recidiva reiterata, poi, rileva ai seguenti fini della impossibilità di considerare determinati criteri nella valutazione inerente al riconoscimento delle attenuanti generiche, per alcuni gravi reati art. 62 bis c.p., comma 2, dichiarato parzialmente illegittimo con la sentenza n. 183 del 2011 della Corte costituzionale del divieto di prevalenza delle attenuanti nel giudizio di comparazione fra circostanze art. 69 c.p., dichiarato parzialmente illegittimo con le sentenze nn. 251 del 2012, 105 e 106 del 2014, 74 del 2016, 205 del 2017 della Corte costituzionale dell’aumento minimo ex art. 81 c.p., comma 4 dell’accesso al patteggiamento allargato art. 444 c.p.p., comma 1-bis per la fase di esecuzione della pena, ai fini dell’entità del periodo di espiazione che permette di fruire dei permessi premio previsti dall’art. 30-ter ord. pen. e della impossibilità di concedere più di una volta l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà art. 58-quater Ord. Pen.,, comma 7-bis . In questa prospettiva, un medesimo fatto-reato sarebbe procedibile d’ufficio se commesso da un soggetto al quale sia stata contestata la recidiva qualificata e a querela in tutti gli altri casi. Anche in caso di reato concorsuale, l’assenza della istanza punitiva non rileverebbe per i recidivi qualificati , che pure non potrebbero giovarsi della remissione della querela. 5.3. È noto come il regime del doppio binario introdotto dal legislatore del 2005 in relazione a molteplici istituti, con la finalità di dare un rilievo fortemente negativo alla ricaduta nel delitto doloso, abbia avuto notevoli temperamenti a seguito dei ripetuti interventi della Corte costituzionale e di questa Corte a Sezioni unite. Tuttavia, dalle pronunce del Giudice delle leggi e della Corte di cassazione non pare emerso, allo stato, un orientamento alla luce del quale si possa affermare che la previsione di un diverso regime di procedibilità per taluni reati, a seconda che siano commessi da recidivi qualificati o meno, urterebbe contro i principi costituzionali. Non potendosi qui approfondire questo aspetto, ci si limita a richiamare una sentenza emessa in tema di prescrizione, secondo la quale è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disciplina della interruzione della prescrizione prevista dall’art. 161 c.p., comma 2, nella parte in cui ricollega, all’applicazione della recidiva od alla dichiarazione di delinquente abituale o professionale, diversi e più lunghi tempi di estinzione del reato, non apparendo la norma in contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto tende ad attuare una forma di prevenzione generale della recidiva, non inasprendo il regime sanzionatorio bensì prevedendo termini più lunghi per la maturazione della prescrizione a ragione di una scelta discrezionale del legislatore di meritevolezza di tutela, in ragione social-preventiva il tutto, trova giustificazione nel maggior allarme sociale provocato dal comportamento del recidivo che, con il suo agire, dimostra un alto e persistente grado di antisocialità mettendo maggiormente a rischio la sicurezza pubblica così Sez. 2, n. 31811 del 02/07/2015, Angileri, Rv. 264653 . Detto principio era già stato affermato in precedenza, essendosi escluso che l’allungamento dei termini prescrizionali per i recidivi qualificati determinasse la violazione dell’art. 3 Cost., non sussistendo uguaglianza di situazioni tra il soggetto incensurato e colui che, invece, abbia riportato precedenti condanne e sia incolpato di un nuovo delitto, e nemmeno quella dell’art. 111 Cost., in quanto non è irragionevole che la durata del processo abbia termini più lunghi per l’imputato recidivo rispetto a quelli previsti per eventuali coimputati non recidivi Sez. 5, n. 22619 del 24/03/2009, Baron, Rv. 244204 . Altre più recenti pronunce, non massimate, hanno ribadito questo orientamento Sez. 5, n. 31064 del 02/11/2016, dep. 2017, Conte Sez. 5, n. 57694 del 05/07/2017, Panza Sez. F, n. 38806 del 27/07/2017, Mari . 6. Nel contempo, va ricordato che, secondo il diritto vivente, nella valutazione della recidiva, il giudice è chiamato ad un esercizio motivato del proprio potere discrezionale, in ragione dei principi da tempo affermati dalla Corte costituzionale sentenza n. 192 del 2007, cui fecero seguito numerose ordinanze d’inammissibilità di analogo tenore n. 409 del 2007, nn. 33, 90, 193 e 257 del 2008, n. 171 del 2009 e dalle Sezioni unite di questa Corte. In particolare, occorre operare una netta distinzione fra tre fasi contestazione della recidiva, obbligatoria per il pubblico ministero Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838 , tenuto a indicare quale ipotesi ricorra fra quelle dell’art. 99 c.p., commi 1, 2, 3 e 4, presupposto per la valutazione da parte del giudice, che non può applicare una forma di recidiva più grave di quella contestata controllo del giudice sulla correttezza della contestazione ad esempio, in caso di riabilitazione, di esito positivo dell’affidamento in prova ai servizi sociali o di declaratoria di estinzione del reato conseguente al decorso dei termini e al verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 c.p.p., l’estinzione del reato e degli effetti penali art. 106 c.p. incide anche sulla recidiva, spesso erroneamente contestata sulla base di condanne che non possono rilevare ai fini di cui si tratta eventuale applicazione, in concreto, della recidiva in ogni caso, venuta meno la recidiva obbligatoria con la sentenza n. 185 del 2015 della Corte costituzionale , alla luce del principio indicato nella sentenza Calibè, secondo il quale, ai fini del riconoscimento della recidiva, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali, occorre valutare se il nuovo delitto sia stato o meno espressione di più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità del reo , in ragione di una serie di criteri specificamente indicati, principio poi ribadito dalle stesse Sezioni unite Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011, Indelicato, Rv. 249664 Sez. U, n. 31669 del 23/06/2016, Filosofi, Rv. 267044 . Inoltre, sull’applicazione o esclusione della recidiva vi è un preciso onere motivazionale del giudice di merito, come rimarcato sempre dalle Sezioni unite Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, Marcianò, Rv. 251690 da ultimo v. Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino, Rv. 275319, in motivazione . Proprio alla luce di questi principi, del tutto consolidati nella giurisprudenza di legittimità, va considerato l’effetto che sortirebbe una interpretazione degli artt. 623 ter e 649 bis c.p. quale quella in precedenza ipotizzata alla luce soprattutto del dato letterale. In presenza di una recidiva qualificata per uno dei reati divenuti procedibili a querela, indicati nei citati articoli, il pubblico ministero dovrebbe esercitare l’azione penale anche in assenza di querela e comunque la eventuale remissione, avvenuta nella fase delle indagini o nel corso del giudizio, non determinerebbe l’estinzione del reato, in quanto procedibile d’ufficio. Tuttavia, il giudice di primo grado o quello di appello, se investito da uno specifico motivo di impugnazione potrebbe, all’esito del giudizio, ritenere che il delitto per cui vi è condanna non sia stato espressione di una più accentuata colpevolezza e pericolosità dell’imputato, cosicché, pur accertando che la recidiva qualificata è stata correttamente contestata, non la riconoscerebbe in concreto, decisione che ex post non potrebbe non rilevare ai fini della improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela ovvero per remissione della stessa, se accettata. Infatti, non vi è dubbio che, qualora la recidiva sia esclusa dal giudice nel senso ora indicato , non solo non ha luogo l’aggravamento della pena, ma non operano neppure tutti gli ulteriori effetti, sopra ricordati, conseguenti all’applicazione della circostanza, come con chiarezza statuito dalle Sezioni unite, a partire dalla sentenza Calibè il principio è massimato come Rv. 247839 . La necessaria valutazione sulla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della recidiva, vincolata ai criteri affermati dalla giurisprudenza ma pur sempre rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, potrebbe comportare, dunque, la pronuncia di una sentenza d’improcedibilità ad esito, quantomeno, di un dibattimento già celebrato, in caso di rito ordinario trattasi di una situazione che evidentemente diverge da quella in cui venga esclusa, perché ab origine insussistente, una circostanza aggravante di diversa natura, ma che per altro verso è in qualche misura assimilabile al caso in cui il giudice di merito, esclusa la recidiva, pure correttamente contestata, dichiari estinto il reato per prescrizione, che invece non sarebbe maturata qualora la stessa aggravante fosse stata riconosciuta. 7. A fronte di questi elementi di valutazione, rileva il Collegio che nella giurisprudenza di legittimità, formatasi successivamente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 36 del 2018, la questione proposta non risulta mai essere stata risolta con una motivazione espressa. In primo luogo, le Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza Salatino Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018 , non hanno affrontato la questione di cui si tratta, in quanto non rilevante nel caso specifico nè connessa a quelle devolute al suo esame, ad esito del quale sono stati enunciati i seguenti principi di diritto In presenza di un ricorso inammissibile non deve darsi alla persona offesa l’avviso previsto dal D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36, art. 12, comma 2, per l’eventuale esercizio del diritto di querela massimato come Rv. 273551 . Nel tempo necessario a dare attuazione alle disposizioni transitorie previste dal D.Lgs. n. 36 del 2018, art. 12, il corso della prescrizione non resta sospeso Rv. 273552 . Le pronunce delle Sezioni semplici nessuna delle quali massimata non hanno richiamato il disposto degli artt. 623 ter e 649 bis c.p., fatta eccezione per quella di cui si dirà per ultima, nè hanno esaminato, almeno espressamente, la questione. In una sentenza Sez. 5, n. 34802 del 24/04/2019, Santoro , si è evocato il principio enunciato dalle Sezioni unite del 1987, con citazione della più recente pronuncia adesiva del 2014, pur essendo stata la recidiva contestata in relazione ad un furto, reato per la procedibilità del quale detta aggravante non ha alcun rilievo. In altra pronuncia è stato richiamato il medesimo principio, in una fattispecie di truffa, ove però - anche se non espressamente specificato - pare fosse stata contestata la recidiva semplice, con la conseguente irrilevanza di quanto disposto dall’art. 649 bis c.p. Sez. 2, n. 37801 del 10/07/2019, Castelletto . Due recenti sentenze, invece, hanno esaminato casi di minaccia grave, posta in essere da soggetti ai quali era stata contestata e applicata la recidiva qualificata. In entrambi i casi, preso atto della nuova formulazione dell’art. 612 c.p., secondo il quale anche la minaccia grave, se non fatta in uno dei modi indicati nell’art. 339 , è procedibile a querela, il Collegio ha dato rilievo alla remissione della querela, intervenuta nel corso del procedimento, annullando senza rinvio la sentenza impugnata - nel secondo caso, solo sul capo relativo alla minaccia - per estinzione del reato Sez. 5, n. 30453 del 01/04/2019, Cabello e Sez. 6, n. 35880 del 11/07/2019, Della Rocca . Nella motivazione - come si è detto - non vi è alcun riferimento al disposto dell’art. 623 ter c.p., che tuttavia, di fatto, non è stato ritenuto preclusivo alla operatività della sopravvenuta procedibilità a querela per la minaccia grave, pur in presenza della recidiva qualificata. Un contrapposto orientamento è stato espresso nell’unica pronuncia che ha richiamato l’art. 649 bis c.p., in un caso in cui, per alcuni delitti di truffa, il difensore di tre imputati ricorrenti aveva chiesto una declaratoria d’improcedibilità per difetto di querela. Il Collegio ha rilevato che detti reati erano e rimanevano procedibili d’ufficio, anche a seguito della modifica dell’art. 640 c.p., per effetto del D.Lgs. n. 36 del 2018, in virtù della contestazione dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 5 che integra gli estremi del reato di cui all’art. 640 c.p., comma 2, n. 2-bis Sez. 2, n. 17281 del 08/01/2019, Delle Cave . Ha poi precisato la sentenza che, in presenza della contestazione della recidiva, i reati de quibus sarebbero comunque procedibili d’ufficio ex art. 649-bis c.p. , con ciò ritenendo che anche la recidiva qualificata, contestata ed applicata nel caso di specie, fosse una circostanza aggravante ad effetto speciale rilevante ai fini della procedibilità d’ufficio della truffa. L’affermazione è stata fatta incidentalmente, in quanto la questione era stata risolta alla luce del rilievo precedente sulla sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, che rende procedibile d’ufficio il reato, in ragione del chiaro disposto dell’art. 640 c.p., comma 2, n. 2-bis e comma 3. 8. Si è già verificato, dunque, un contrasto di decisioni, anche se non sono state svolte argomentazioni a sostegno dell’una o dell’altra tesi e se, invero, nelle sentenze inerenti alla minaccia grave, non è stato considerato espressamente il disposto dell’art. 623 ter c.p. . La questione in esame presenta altresì caratteri di novità e particolare importanza, riguardando la procedibilità dell’azione penale. La rimessione della questione alle Sezioni unite risulta necessaria anche per prevenire possibili contrasti giurisprudenziali e consentire di affermare un principio autorevole che possa guidare in primo luogo i pubblici ministeri nella scelta relativa all’esercizio dell’azione penale, in presenza di reati divenuti procedibili a querela assente o rimessa , commessi però da soggetti con una recidiva qualificata. La risoluzione della questione è decisiva per la valutazione del ricorso in esame, poiché il Tribunale si è limitato a prendere atto della remissione della querela da parte della persona offesa, accettata dall’imputato in udienza, dichiarando estinto il reato ex artt. 81 e 646 c.p. e art. 61 c.p., comma 1, n. 11 per effetto del nuovo regime di procedibilità a querela introdotto dal D.Lgs. n. 36 del 2018 , trascurando il disposto dell’art. 649 bis c.p. e, nel contempo, senza alcuna valutazione sull’applicazione in concreto della recidiva. Nel caso, poi, si ritenesse rilevante la recidiva qualificata, ritenuta ed applicata, occorrerebbe valutare se un giudizio di subvalenza della stessa circostanza muterebbe o meno il regime di procedibilità. Per un verso, infatti, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, la ritenuta prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti, all’esito del giudizio di comparazione, non influendo sulla connotazione giuridica della condotta delittuosa, non rende il reato perseguibile a querela, ove questa sia prevista per l’ipotesi non circostanziata cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 44555 del 28/05/2015, L., Rv. 265083 fra le sentenze non massimate, in senso conforme, da ultimo, v. Sez. 2, n. 37482 del 06/06/2019, Torre Sez. 7, n. 11395 del 05/03/2019, Marcolini Sez. 5, n. 14648 del 12/02/2019, Mercadante Sez. 5, n. 10363 del 06/02/2019, Gennaro per altro verso, con la sentenza Schettino, le Sezioni unite hanno affermato che, ove il giudizio di bilanciamento di cui all’art. 69 c.p. si concluda con una valutazione di subvalenza della recidiva, di questa non può tenersi conto ad alcuno effetto, salvo che nelle ipotesi in cui sia espressamente previsto che deve tenersi conto della recidiva senza avere riguardo al giudizio di bilanciamento , come in quella, assai rilevante, della prescrizione art. 157 c.p., comma 3 . Da ultimo, va evidenziato che, in presenza di una delle circostanze aggravanti previste dall’art. 61 c.p., comma 1, n. 11, il reato di appropriazione indebita, contestato all’imputato, era perseguibile d’ufficio, ai sensi dell’art. 646 c.p., comma 3, abrogato dal D.Lgs. n. 36 del 2018. Pertanto, risulta irrilevante ai fini della decisione l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità sulla natura mista, sostanziale e processuale, della querela, istituto da assimilare a quelli che entrano a comporre il quadro per la determinazione dell’an e del quomodo di applicazione del precetto, ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 4”, dovendosi pervenire alla conclusione della applicazione retroattiva dei soli mutamenti favorevoli sostituzione del regime della procedibilità di ufficio con quello della procedibilità a querela , senza che possa valere la regola della cedevolezza del giudicato così, in motivazione, la già citata sentenza Salatino delle Sezioni unite . Recependo detto principio si è da ultimo statuito che, a seguito della modifica del regime di procedibilità per i delitti di cui agli artt. 640 e 646 c.p., introdotta dal D.Lgs. n. 36 del 2018, nei procedimenti in corso per il delitto di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 c.p., comma 1, n. 11, l’intervenuta remissione della querela comporta l’obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell’art. 129 c.p.p., ove non ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale Sez. 2, n. 225 del 08/11/2018, dep. 2019, Mohammad, Rv. 274734 Sez. 2, n. 21700 del 17/04/2019, Sibio, Rv. 276651 . 9. Alle Sezioni unite, pertanto, viene rimessa la seguente questione se il riferimento alle aggravanti ad effetto speciale contenuto nell’art. 649 bis c.p., ai fini della procedibilità di ufficio per taluni reati contro il patrimonio art. 640 c.p., comma 3 art. 640-ter c.p., comma 4 fatti di cui all’art. 646 c.p., comma 2, o aggravati dalle circostanze di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 11 , vada inteso come riguardante anche la recidiva qualificata di cui all’art. 99 c.p., commi 2, 3 e 4 . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni unite.