Revocata l’ammissione al gratuito patrocinio: il decreto di liquidazione dei compensi già emesso è salvo

La revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito previste dal legislatore, pur avendo efficacia retroattiva, non esplica effetti sul decreto di pagamento emessi a favore del difensore.

Così la Suprema Corte con la sentenza n. 5360/20, depositata il 10 febbraio, decidendo sul ricorso proposto da un avvocato avverso il provvedimento con cui il Presidente della Corte d’Appello di Napoli, facendo seguito alla revoca dell’ammissione dell’assistito al patrocinio a spese dello Stato, aveva revocato il decreto di liquidazione dei compensi già emesso a favore del difensore. Quest’ultimo, nel ricorso di legittimità, ha dedotto l’abnormità del provvedimento. Ricorso in proprio. Il Collegio conferma in primo luogo l’ammissibilità del ricorso proposto personalmente dall’avvocato. Le Sezioni Unite hanno infatti già avuto modo di affermare che in tema di patrocinio a spese dello Stato, il difensore, se iscritto all’albo speciale cassazionisti, è legittimato a proporre personalmente il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di liquidazione delle sue competenze professionali emesso in sede di opposizione, risultando eccezionalmente derogata la regola generale della rappresentanza tecnica nel processo penale a favore dell’avvocato cassazionista. Revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio. Posta tale premessa, il ricorso risulta fondato. La giurisprudenza afferma infatti che la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito previste dal legislatore, pur avendo efficacia retroattiva, non esplica effetti sul decreto di pagamento emessi a favore del difensore. I diritti del difensore alla liquidazione del compenso per l’attività professionale già prestata non vengono dunque travolti. Si tratta infatti di due procedimenti che, pur quanto collegati, restando distinti. Anche la Corte Costituzionale è intervenuta sul tema precisando che il procedimento di liquidazione dei compensi in caso di patrocinio a spese dello Stato presenta carattere giurisdizionale e non si atteggia come una procedura amministrativa nella quale sia ammessa la revoca in autotutela dei provvedimenti considerati illegittimi o infondati, dovendosi invece procedere all’esperimento dei mezzi di impugnazione previsti dalla legge Corte Cost. n. 192/2015 . In conclusione, la Corte annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 – 10 febbraio 2020, n. 5360 Presidente/Relatore Fumu Svolgimento del processo 1. A seguito della revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato dell’imputato T.N. , il Presidente della Corte di Appello di Napoli, Sez. 3, con provvedimento in data 8 luglio 2019 revocava altresì il decreto di liquidazione dei compensi già emesso in favore del difensore. 2. Ricorre per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 2, l’Avv. B.S. , denunciando l’abnormità del decreto Presidenziale. Richiama giurisprudenza di legittimità secondo la quale alla revoca ai sensi dell’art. 112, comma 1, lett. d del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato non consegue altresì la inefficacia del decreto di liquidazione del compenso che l’autorità giudiziaria abbia emesso ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82 in costanza del provvedimento di ammissione, successivamente revocato Sez. 4, n. 17668 del 2019 ed ancora il principio affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 192 del 24/09/2015, richiamato da Sez. 4, n. 21394 del 27/03/2019 non massimata , secondo cui il potere di revoca e di modifica di liquidazione del compenso al difensore o all’ausiliario, oltre a non essere contemplato in nessuna disposizione della disciplina di riferimento se non nell’ambito o all’esito del procedimento oppositivo , risulta del tutto incompatibile con la previsione D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 di un termine perentorio concesso alle parti per opporsi al decreto di pagamento. Deve pertanto riconoscersi la estraneità all’assetto del D.P.R. n. 115 del 2002 del conferimento del generale potere di autotutela, tipico dell’azione amministrativa, all’autorità che ha provveduto, soprattutto allorquando il provvedimento di liquidazione abbia esaurito i propri effetti, come nel caso di specie laddove il decreto mandato in esecuzione non sia stato opposto . 3. Il Procuratore Generale in sede, con requisitoria scritta tempestivamente depositata, ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso, in quanto presentato dalla parte personalmente. Osserva che anche in vigenza della formulazione dell’art. 613 c.p.p. che consentiva il ricorso personale della parte, la Corte Suprema ha sempre escluso la possibilità per il difensore di presentare personalmente ricorso a tutela dei propri interessi civili attinenti alla liquidazione del compenso, richiamando sul punto la sentenza della Sez. 1, n. 37170 dell’8 giugno 2004, Larosa. Motivi della decisione 1. Deve preliminarmente rilevarsi l’ammissibilità del ricorso presentato personalmente dall’Avv. B.S. . Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti affermato che in tema di patrocinio a spese dello Stato, il difensore, purché iscritto all’albo speciale dei patrocinanti davanti alle magistrature superiori, è legittimato a proporre personalmente il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di liquidazione delle sue competenze professionali, emesso in sede di opposizione, in quanto la regola generale della rappresentanza tecnica nel processo penale art. 613 c.p.p. è eccezionalmente derogata, a favore dell’avvocato cassazionista, in virtù del rinvio formale che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 opera, in tema di liquidazione di compensi professionali, alla speciale procedura prevista per gli onorari di avvocato dalla L. n. 794 del 1942, art. 29 e, indirettamente, alle disposizioni degli artt. 86 e 365 c.p.c. S.U., n. 6816 del 30/01/2007, Rv. 235344 e S.U. n. 6817 del 30/01/2007, Mulas, non massimata . Da tale pronuncia - pur se riguardante fattispecie diversa rispetto a quella in esame e nonostante la modifica operata al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, - si trae dunque il principio generale secondo cui l’avvocato cassazionista, agendo nella specie come portatore di un proprio interesse patrimoniale nel processo penale, è abilitato all’autotutela e dunque è legittimato a proporre in proprio il ricorso per cassazione. 2. Ciò posto, il ricorso è fondato. Questa Corte - come correttamente evidenziato dall’odierno ricorrente con precise citazioni - ha più volte recentemente e condivisibilmente affermato che la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito previste dalla legge per fruire del beneficio, pur avendo efficacia retroattiva, non comporta l’inefficacia del decreto di pagamento emesso a favore del difensore prima della revoca del provvedimento di ammissione e quindi non travolge i diritti del difensore medesimo a vedersi liquidato il compenso per l’attività professionale già prestata. Trattasi invero di due procedimenti collegati ma distinti, uno dei quali si conclude con il provvedimento giudiziale di liquidazione del compenso al professionista che per conto dello Stato ha svolto la propria attività in favore dell’assistito, provvedimento sottoposto ad un regime suo proprio di impugnazione. Di conseguenza, una volta che il decreto di liquidazione, in mancanza di opposizione, abbia esaurito i propri effetti e sia mandato in esecuzione, l’autorità che ha provveduto non può più in alcun modo intervenire, essendo il potere di autotutela del tutto estraneo all’assetto normativo del D.P.R. n. 115 del 2002, nel quale anzi espressamente si prevede art. 111 che in caso di revoca dell’ammissione al patrocinio le spese di cui all’art. 107 fra le quali l’onorario e le spese agli avvocati - lett. f sono recuperate nei confronti dell’imputato. Ciò perché, come statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 192/2015, il procedimento di liquidazione dei compensi, in caso di patrocinio a spese dello Stato, presenta carattere giurisdizionale e non si atteggia come una procedura amministrativa nella quale sia ammessa la revoca in autotutela dei provvedimenti considerati illegittimi o infondati, dovendosi invece procedere all’esperimento dei mezzi di impugnazione previsti dalla legge, ed altrimenti prendere atto della formazione di una preclusione processuale salva la eventualità che sia la stessa legge a prevedere la possibilità di revoca. Di qui l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.