Figli minorenni, domiciliari concessi alla madre: nessuna sanzione per il giro da Ikea

Cade definitivamente l’accusa di evasione. Respinta la tesi accusatoria proposta in Cassazione dalla Procura. Decisivo il richiamo al provvedimento del Tribunale di sorveglianza, che concedeva alla donna una fascia oraria – 7-18, per la precisione – per uscire di casa per provvedere alle esigenze proprie e della prole.

La presenza di figli minorenni consente alla madre di ottenere la detenzione domiciliare, con tanto di fascia oraria – 7-18, per la precisione – prevista per uscite legittime dalla casa per provvedere alle esigenze di vita proprie e della prole”. E quest’ultima concessione può includere anche un giro da Ikea Esclusa, di conseguenza, la condanna di una donna, finita sotto accusa per evasione dai domiciliari” Cassazione, sentenza n. 5228/20, sez. VI Penale, depositata oggi . Uscita. Ricostruito l’episodio incriminato, si è potuto appurare che la donna sotto processo aveva ottenuto la detenzione domiciliare” grazie alla presenza dei figli minorenni, con tanto di uscite consentite nella fascia oraria 7-18, e poi era stata beccata dalle forze dell’ordine mentre era impegnata in un giro potenzialmente dedicato allo shopping in una grossa struttura commerciale, più precisamente ‘Ikea’. Il quadro probatorio viene ritenuto sufficiente in Tribunale per arrivare a una condanna, ma esso viene invece letto in maniera opposta in Appello, laddove i giudici ritengono la donna non colpevole. Ciò alla luce della amplissima autorizzazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza” che riconosceva alla donna il diritto di allontanarsi dalla abitazione in una fascia oraria che andava dalle ore 7 alle ore 18” per provvedere alle esigenze di vita proprie e della prole, nonché per urgenti motivi sanitari”, e, rilevano i giudici di secondo grado, la necessità del preavviso ai carabinieri” era limitata alle sole uscite per motivi sanitari”. Esigenze. La decisione della Corte d’appello viene contestata dalla Procura, che ricorre in Cassazione, evidenziando la gravità della violazione compiuta dalla donna, sorpresa mentre era all’interno di un centro ‘Ikea’, senza che tale spostamento fosse stato comunicato ai carabinieri, competenti ai controlli della misura detentiva domiciliare”. Sempre secondo la Procura, poi, non si può ignorare che la presenza all’interno di un centro commerciale non è conforme all’autorizzazione che consentiva alla donna di allontanarsi dalla abitazione solo per provvedere ad esigenze di vita proprie e della prole” e non certo per lo shopping voluttuario”. Le obiezioni della Procura non convincono però i magistrati della Cassazione, che ritengono invece corretta la lettura fornita dai giudici d’Appello. Decisivo il richiamo al provvedimento emesso dal Tribunale di Sorveglianza, provvedimento con cui è stato concesso il regime di detenzione domiciliare”, consentendo alla donna, madre di minorenni, anche la possibilità di allontanarsi dal domicilio, dalle ore 7 alle ore 18, per provvedere alle esigenze di vita proprie e della prole, nonché per urgenti motivi sanitari propri o dei figli , con l’obbligo di seguire la via più breve, senza fermate intermedie, previo avviso ai carabinieri preposti alla vigilanza in merito agli orari di uscita e di rientro e di successiva esibizione di certificazione comprovante gli esami e le visite”. In sostanza, il necessario previo avviso ai carabinieri” si riferisce alle sole esigenze di natura sanitaria”, chiariscono i giudici della Cassazione, e non certo alle uscite connesse ai bisogni di vita propri e della prole”, incluse le compere. Per chiudere il cerchio, poi, i magistrati respingono anche l’idea proposta dalla Procura secondo cui non vi sarebbe alcun collegamento tra la presenza della donna all’interno di ‘Ikea’ e la necessità di provvedere alle esigenze di vita personale e dei figli minori”.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 novembre 2019 – 7 febbraio 2020, n. 5228 Presidente Fidelbo – Relatore Costantini Ritenuto ini fatto 1. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Genova che, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale dello stesso capoluogo/ha assolto Om. Ni. in ordine al delitto di evasione perché il fatto non sussiste. Om. Ni., in particolare, era accusata di essersi allontanata dalla propria abitazione, ove era sottoposta al regine della detenzione domiciliare in forza di provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di Genova, senza aver fornito l'avviso prescritto ai Carabinieri preposti alla vigilanza, venendo rintracciata, pur in orario autorizzato, mentire effettuava degli acquisti presso un centro commerciale, fatti avvenuti in Genova il 19 ottobre 2014. La Corte di appello, su gravame della Om., aveva assolto l'imputata ritenendo che a cagione dell'amplissima autorizzazione concessa da parte del Tribunale di Sorveglianza, che autorizzava la medesima ad allontanarsi dalla abitazione in una fascia oraria che andava dalle ore 7 alle ore 18, onde provvedere alle esigenze di vita proprie e della prole, nonché per urgenti motivi sanitari, aveva ritenuto che la necessità di effettuare il preavviso ai Carabinieri preposti al controllo fossero limitati ai soli motivi sanitari. 2. Il Procuratore ricorrente deduce vizi di motivazione ed erronea applicazione dell'art. 385, comma 3, cod. proc. pen. Il ricorrente premette che l'imputata, sottoposta a detenzione domiciliare, veniva sorpresa mentre era all'interno di un centro commerciale Ikea senza che tale spostamento fosse stato comunicato ai Carabinieri competenti ai controlli della misura detentiva domiciliare, avviso che sarebbe stato necessario per ogni allontanamento dall'abitazione, rilevando invece l'illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui riteneva che l'obbligo di comunicazione fosse previsto solo per motivi sanitari essendo in tal senso esplicito il provvedimento. Escludeva, altresì, il ricorrente che l'imputata potesse essere incorsa in errore determinato dal non preciso contenuto del provvedimento del Giudice di sorveglianza in quanto sarebbe stato evidente, oltre a detta violazione dell'obbligo di comunicazione, che la presenza della Om. sorpresa mentre si trovava all'interno di un centro commerciale, non sarebbe stato conforme all'autorizzazione che consentiva di allontanarsi dalla abitazione solo per provvedere ad esigenze di vita propria e della prole, ipotesi esclusa nell'occasione in cui la motivazione era connessa a - testualmente - shopping voluttuario del tutto estraneo alle esigenze di vita personale e dei figli minori. 3. Con memoria in data 2 settembre 2019 nell'interesse di Om. Ni., il difensore osserva come corretta risulti la motivazione della sentenza della Corte di appello di Genova facendo rilevare che l'art. 47-sexies della legge n. 354/1975 prevede che la madre di figli minorenni possa uscire senza giustificato motivo per dodici ore. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Il ricorrente censura la motivazione della Corte territoriale che ha ritenuto, da un canto, che non fosse necessario il previo avviso ai Carabinieri deputati al controllo della misura detentiva in occasione di spostamenti connessi alle esigenze di vita proprie e dei figli minori secondo quanto emergente dal provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Genova, mentre, sotto altro profilo, ha ritenuto che la condotta della Om. che si era recata presso un centro commerciale Ikea , rientrasse in tale ampia previsione necessitando di detta comunicazione. Deve osservarsi che, nonostante il ricorrente rilevi vizi di motivazioni in ordine all'interpretazione data dalla Corte territoriale circa l'ampiezza della autorizzazione del Tribunale di Sorveglianza, fermo restando l'insussistenza di concreti rilievi giuridici in ordine all'integrazione della fattispecie di evasione, la sentenza, nella parte in cui ritiene che nessun obbligo di avviso preventivo si potesse desumere da detto provvedimento, non risulta per nulla illogico. Sulla base della sentenza che riproduce in forma testuale il contenuto del provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Genova con cui era stato concesso il differimento dell'esecuzione della pena in regime di detenzione domiciliare nei confronti di Om. Ni., si osserva come fosse prevista l'autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio dalle 7,00 alle 18,00 per provvedere alle esigenze di vita proprie e della prole nonché per urgenti motivi sanitari proprie o dei figli con obbligo di seguire la via più breve senza fermate intermedie, previo avviso dei C.C. preposti alla vigilanza in merito agli orari di uscita e di rientro al domicilio e di successiva esibizione di certificazione comprovanti gli esami e le visite effettuate . Niente affatto illogica, pertanto, si palesa la motivazione della Corte di appello che ha inteso ritenere che il riferimento al necessario previo avviso fosse riferito alle sole esigenze di natura sanitaria, in tal senso deponendo la significativa successiva necessità di esibire la certificazione comprovante gli esami e le visite effettuate onere sussistente in capo alla Om. che, qualora si fosse inteso assegnare una limitazione della libertà della detenuta più stringente, sarebbe dovuto essere diversamente e chiaramente esplicitato non potendosi esso ricavare dalla preliminare generalizzata autorizzazione evincibile dalla parte del provvedimento che autorizza la donna ad allontanarsi dal domicilio dalle 7,00 alle 18,00 per provvedere alle esigenze di vita proprie e della prole . Priva di pregio risulta, inoltre, la generica deduzione secondo cui non vi sarebbe alcun collegamento tra la presenza della Om. all'interno del centro commerciale Ikea e la necessità di provvedere alle esigenze di vita personale e dei figli minori, non fornendo il ricorrente alcuna concreta motivazione in ordine al perché ciò sarebbe connesso a precluso shopping voluttuario , affermazione meramente apodittica che non trova alcun conforto nel ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso.