Affetto da schizofrenia: occorre accertare se l’imputato è in grado di partecipare coscientemente al processo

In tema di partecipazione dell’imputato al proprio processo e di consapevole difesa, quando vi sia il fumus di una grave malattia capace di incidere sulla suddetta capacità di partecipare e di difendersi, il giudice è tenuto a disporre perizia per accertare tale stato.

Così la Corte di legittimità con la sentenza n. 5091/20 depositata il 6 febbraio. Il caso. L’imputato, condannato per bancarotta fraudolenta documentale, ha proposto ricorso per cassazione lamentando che la corte territoriale non si era pronunciata in merito alla richiesta volta ad ottenere l’espletamento degli accertamenti finalizzati alla verifica della capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al giudizio. Alla Corte d’Appello era stato rappresentato che l’imputato era affetto, dall’età di 16 anni, da schizofrenia di tipo paranoide cronico, allegazione comprovata da documentazione medica nondimeno la Corte non aveva proceduto ai necessari accertamenti peritali. La partecipazione cosciente al procedimento penale. Quando vi sia ragione di ritenere che, a causa di infermità mentale sopravvenuta al fatto, l’imputato non è in grado di partecipare coscientemente al processo, il giudice, se occorre, dispone perizia, anche d’ufficio, salvo che debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. In merito alla locuzione se occorre”, la giurisprudenza ha affermato che il giudice può astenersi dal procedere ad approfondimento specialistico se si convinca autonomamente dello stato di incapacità di converso, sussistendo il fumus di detta incapacità, non può negare l’indagine peritale senza idonea motivazione. Il fumus dell’incapacità consiste nella astratta possibilità che l’imputato sia affetto da una patologia mentale in grado di incidere negativamente sulla sua capacità di partecipare coscientemente al processo e, pertanto, di difendersi nel pieno possesso di tutte le sue facoltà di comprensione e discernimento, meritevole di una verifica concreta sul piano scientifico-fattuale. sussisteva nel caso concreto. Nel caso in esame, era stato rappresentato alla Corte il fumus , comprovato dalla documentazione prodotta e allegata. L’imputato, infatti, era affetto da una grave malattia connotata dall’alterazione dell’esame di realtà con episodiche dispercezioni uditive a sfondo persecutorio, episodiche percezioni deliranti con interpretatività a tipo di influenzamento, stabile corteo sintomatologico di tipo negativo, con abulia, anedonia, ritiro sociale e grave disfunzionamento psicosociale. Tali condizioni avevano determinato un deficit nelle aree della vita lavorativa e sociale e di relazione e le capacità residue erano risultate inferiori agli standard della sua età. Secondo la relazione del medico curante l’imputato era affetto da una patologia con caratteristiche tali da costituire un’infermità cronica che non gli permetteva di svolgere un lavoro proficuo, riducendo notevolmente la capacità di critica e di giudizio e rendendolo anche facile preda di tentativi di circonvenzione. La diagnosi di schizofrenia paranoidea con marcate ripercussioni socio-relazionali veniva formulata altresì dalla Commissione medica per l’accertamento dell’invalidità civile, non essendo l’imputato in grado di compiere atti quotidiani. Se c’è il fumus è necessario un approfondimento. A fronte di un evidente fumus di incapacità debitamente documentato, il giudice di merito avrebbe dovuto nominare un perito per gli opportuni accertamenti oppure avrebbe dovuto dare motivazione del diniego. In altri termini, davanti a una diagnosi che metteva fondatamente in discussione la capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo, in ragione della patologia mentale cronica, tale da incidere sulla sua capacità di critica e di giudizio, la corte d’appello avrebbe dovuto verificare quali fossero le effettive condizioni dell’imputato al momento della presentazione dell’istanza difensiva.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 gennaio – 6 febbraio 2020, n. 5091 Presidente Sabeone – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Ancona confermava la sentenza con cui il tribunale di Ancona, in data 26.3.2014, aveva condannato P.F. , nella sua qualità di amministratore unico della S.r.l. , dichiarata fallita l’8.3.2010, alle pene, principale ed accessorie, ritenute di giustizia, in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale in rubrica ascrittogli. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando 1 vizio di motivazione, per avere la corte territoriale omesso di pronunciarsi in ordine alla richiesta difensiva volta ad ottenere l’espletamento degli accertamenti finalizzati alla verifica della capacità del P. di partecipare coscientemente al giudizio ex art. 70 c.p.p. 2 violazione di legge, in relazione al disposto dell’art. 70 c.p.p., in quanto la corte territoriale alla quale era stato rappresentato, attraverso la produzione di idonea documentazione medica, allegata alla relativa istanza, lo stato di salute mentale del prevenuto, affetto dall’età di 16 anni da schizofrenia di tipo paranoide cronico , ha omesso di procedere ai necessari accertamenti peritali, onde verificare se quest’ultimo fosse in grado di partecipare attivamente al processo e di esercitare il suo diritto di difesa consapevolmente, ovvero di sospendere il procedimento penale, senza ulteriori accertamenti 3 violazione di legge, con riferimento al disposto degli artt. 85 e 88 c.p., posto che, al momento della commissione del fatto per cui si è proceduto nei suoi confronti, il P. non era imputabile, non essendo capace di intendere e di volere, in ragione della sua malattia mentale 4 violazione di legge e vizio di motivazione, con particolare riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in questione, in realtà non configurabile. 3. Il ricorso va accolto, essendo fondati i primi due motivi di impugnazione. 4. Come è noto, secondo il disposto dell’art. 70 c.p.p., comma 1, quando non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e vi è ragione di ritenere che, per infermità mentale sopravvenuta al fatto l’imputato non è in grado di partecipare coscientemente al processo, il giudice, se occorre, dispone anche di ufficio, perizia . Orbene, in sede di interpretazione di tale norma, la giurisprudenza di legittimità, con costante ed uniforme orientamento, ha precisato che, in tema di capacità dell’imputato a stare in giudizio, il giudice - alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’espressione se occorre , contenuta nella previsione dell’art. 70 c.p.p., comma 1, - può non procedere ad approfondimento specialistico se si convinca autonomamente dello stato di incapacità, mentre a fronte di un fumus di incapacità non può negare l’indagine peritale senza rendere idonea e convincente motivazione cfr. Sez. II, 19.4.2019, n. 33098, rv. 276983 Sez. V, 8.4.2008, n. 29906, rv. 240443 Sez. V, 7.12.2007, n. 13088, rv. 240009 . Nel caso in esame il fumus in questione, definibile come astratta possibilità che l’imputato sia affetto da una patologia mentale in grado di incidere negativamente sulla sua capacità di partecipare coscientemente al processo e, dunque, di difendersi nel pieno possesso di tutte le sue facoltà di comprensione e discernimento, meritevole di una verifica concreto sul piano scientifico-fattuale, era stato effettivamente rappresentato alla corte territoriale dalla difesa, come comprovato dalla documentazione prodotta ed allegata al ricorso in omaggio al principio del l’autosufficienza. Ed invero in data 22.11.2016 il difensore di ufficio del P. , avv. Saccomani, aveva depositato innanzi alla corte di appello istanza volta ad ottenere che in via preliminare venisse accertata la capacità dell’imputato a partecipare coscientemente al processo, istanza il cui accoglimento veniva sollecitato dal suddetto difensore nel corso della pubblica udienza del 5.12.2016 cfr. il relativo verbale . Quest’ultimo è risultato affetto da schizofrenia paranoide cronica condizione psicopatologica connotata da alterazione dell’esame di realtà con episodiche dispercezioni uditive a sfondo persecutorio, episodiche percezioni deliranti con interpretatività a tipo di influenzamento, stabile corteo sintomatologico di tipo negativo, con abulia, anedonia, ritiro sociale e grave disfunzionamento psicosociale . Condizioni che hanno determinato un deficit nelle aree della vita lavorativa sociale e di relazione , mentre le capacità residue sono inferiori agli standard della sua età in questi termini si esprimeva la Dott.ssa P. , psichiatra del Centro di Salute Mentale della A.S.L. di nella relazione del 5.3.214 . Il suddetto quadro clinico veniva confermato dal medesimo medico curante in due successive relazioni del 16.4.2015 e del 21.11.2016. Quest’ultima si concludeva con l’affermazione che il P. è affetto da una patologia con caratteristiche tali da costituire un’infermità cronica , che non gli permette di svolgere un lavoro proficuo, ha ridotto notevolmente la capacità di critica e di giudizio e lo rende anche facile preda di tentativi di circonvenzione . La diagnosi di schizofrenia paranoidea con marcate ripercussioni socio-relazionali , infine, veniva del pari formulata il 9.6.2014 dalla Commissione medica per l’accertamento dell’invalidità civile, in sede di riconoscimento della qualità di invalido, con permanente inabilità lavorativa nella misura del 100% e con necessità di assistenza continua, non essendo in grado il P. di compiere gli atti quotidiani. La corte territoriale, a fronte di un evidente fumus di incapacità debitamente documentato, portato alla sua attenzione anteriormente alla decisione da prendere, avrebbe dovuto nominare un perito per gli opportuni accertamenti oppure avrebbe dovuto dare idonea motivazione del diniego. A tanto il giudice di secondo grado non ha provveduto, non risultando assunta decisione alcuna sull’istanza difensiva, laddove, a fronte di una diagnosi che metteva fondatamente in discussione la capacità dell’imputato di partecipare coscientemente al processo di secondo grado, in ragione della malattia mentale cronica da cui era affetto, che incideva sulla sua capacità di critica e di giudizio, riducendola notevolmente, la corte di appello avrebbe dovuto verificare quali fossero le effettive condizioni del P. al momento della presentazione dell’istanza. 5. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla corte di appello di Perugia, per un nuovo esame, da svolgersi in conformità ai principi di diritto in precedenza affermati. La fondatezza dei primi due motivi di ricorso, rende superfluo soffermarsi sugli altri, che risultano nei primi assorbiti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla corte di appello di Perugia.