Sull’ammissione al gratuito patrocinio del cittadino straniero non abbiente

È erronea l’esclusione dei cittadini stranieri dal novero dei possibili destinatari dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato, dovendosi intendere l’espressione cittadino non abbiente” ex art. 74 del d.p.r. n. 115/2002 non quale sinonimo di cittadino italiano” non abbiente ma di persona fisica”.

Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 4640/20, depositata il 4 febbraio. Il fatto. La Corte d’Appello rigettava il ricorso con cui era stata respinta l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato avanzata da una parte, ristretta in carcere in Italia ed in attesa di estradizione per la Moldavia. La Corte territoriale aveva negato il gratuito patrocinio poiché la richiedente non era cittadina italiana. Avverso la decisione propone ricorso in Cassazione l’istante, lamentando che il giudice avesse erroneamente interpretato in senso restrittivo l’espressione cittadino non abbiente” contenuta nella norma, intendendovi soltanto i cittadini italiani, posto che in realtà il d.p.r. n. 115/2002 non contiene limitazioni di questo genere. Concetto di cittadino non abbiente. La Cassazione ritiene il ricorso fondato e meritevole di accoglimento. A tal proposito sottolinea che è erronea l’esclusione dei cittadini stranieri dal novero dei possibili destinatari dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato, posto che la giurisprudenza di legittimità ha ammesso pacificamente la possibilità di avanzare istanze di ammissione a tale beneficio da parte dei cittadini stranieri. Inoltre, l’espressione cittadino non abbiente” ex art. 74 del d.p.r. n. 115/2002 non può essere intesa quale sinonimo di cittadino italiano non abbiente, significando invece persona fisica. Chiarito questo, la cassazione annulla il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’appello per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 novembre 2019 – 4 febbraio 2020, n. 4640 Presidente Di Salvo – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1. B.N. ricorre per la cassazione dell’ordinanza del Presidente di Sezione civile della Corte di appello di Torino con la quale il 27 febbraio - 5 marzo 2019 è stato rigettato il ricorso avverso il provvedimento con cui la Corte di appello di Torino, Sezione penale, il 30 ottobre 2018 ha rigettato l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato avanzata dalla donna, ristretta in carcere in Italia ed in attesa di estradizione per la Moldavia. 2. L’ordinanza della Corte di appello civile, premesso che il procedimento D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 99 rientra nell’ambito della giurisdizione civile , ritenuta l’ammissibilità del ricorso ed evidenziata la natura monocratica della decisione adottanda pp. 1-2 , così, integralmente e testualmente, motiva pp. 2-3 Il ricorso è infondato, secondo le stesse allegazioni di parte ricorrente. Infatti, la B. , nata in Russia in data 23-7-55 e detenuta presso la casa circondariale di Torino in forza di richiesta di estradizione da parte dell’autorità giudiziaria Moldava, è parte in un processo di estradizione, il che significa che non è cittadina italiana, in quanto l’estradizione del cittadino è vietata dall’art. 26 Cost., salvo che sia ammessa da specifici trattati internazionali. Si rileva che nel caso parte ricorrente neppure afferma di essere cittadina italiana. Inoltre, come dispone il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 1 trascritto dalla stessa parte ricorrente, la legge assicura il patrocinio nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente . Ora, poiché B. non è cittadina italiana, nè ricorre alcune delle norme di estensione del beneficio ai non cittadini D.P.R. n. 115 del 2002, art. 142 D.Lgs. 28 gennaio 2009, n. 25, art. 35 bis, comma 17 , consegue che l’istanza di ammissione al beneficio del patrocinio gratuito deve essere rigettata . 3.Ricorre per la cassazione dell’ordinanza, come accennato, la signora B.N. , tramite difensori, affidandosi ad un unico motivo, con il quale denunzia violazione di legge, e cioè del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 74, comma 1, per avere interpretato l’espressione cittadino non abbiente contenuta nella norma nel senso restrittivo di cittadino italiano , mentre il D.P.R. n. 115 del 2002 non conterrebbe tale limitazione, che sarebbe illegittima alla luce dalla Costituzione artt. 3 e 24 e della Convenzione per salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali art. 6, comma 3, lett. c . La ricorrente richiama al riguardo giurisprudenza di legittimità stimata pertinente sia quanto alla ammissibilità della domanda di patrocinio a spese dello Stato da parte dello straniero sia quanto alla possibilità di produrre autocertificazione attestante il reddito ove sia impossibile produrre attestazione dell’autorità consolare. Chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata. 4. Il Procuratore Generale della Corte di cassazione nella propria requisitoria scritta ex art. 611 c.p.p. del 20-24 settembre 2019 domanda il rigetto del ricorso, valutando - sì - erronea l’affermazione circa la non estensione della possibilità di accordare il beneficio a chi non sia cittadino italiano ma ritenendo che dall’esame del fascicolo emerga la mancanza dell’autocertificazione della richiedente relativa ai propri redditi. Considerato in diritto 1.Il ricorso è fondato e deve essere accolto. 1.1. Erronea è la esclusione nel provvedimento impugnato dei cittadini stranieri dal novero dei possibili destinatari dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato. Infatti, come osservato correttamente dalla ricorrente, la denunziata interpretazione cozza insanabilmente, a tacer d’altro, con la previsione dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, comma 2, secondo cui Per i redditi prodotti all’estero, il cittadino di Stati non appartenenti all’Unione Europea correda l’istanza con una certificazione dell’autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato , norma che, con ogni evidenza, sarebbe priva di significato ove fosse corretta la interpretazione restrittiva sostenuta nel provvedimento impugnato. La giurisprudenza di legittimità, peraltro, ammette pacificamente la possibilità di avanzare istanza di ammissione al beneficio da parte di cittadini stranieri cfr., tra le numerose, Sez. 4, n. 53557 del 08/11/2017, Khalafi, Rv. 271365-01 Sez. 4, n. 28282 del 04/12/2012, dep. 2013, Barbouch Ikbal, Rv. 254964-01 Sez. 3, n. 38718 del 01/07/2004, Jarjani, Rv. 229605-01 Sez. 4, n. 10805 del 20/12/2002, dep. 2003, Gunther, Rv. 224012-01 Sez. 1, n. 9661 del 25/01/2001, Yu Xiao Bing, Rv. 218236-01 . In conseguenza, la espressione cittadino non abbiente di cui il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 1 non può essere intesa quale sinonimo di cittadino italiano non abbiente, significando, invece, persona fisica del resto, la stessa Carta fondamentale in più previsioni usa l’espressione cittadino non in senso stretto ma, appunto, come sinonimo di persona cfr., ad esempio, gli artt. 3, 17 e 18 Cost., che sanciscono la eguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini ergo di tutti i consociati , senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali, ed i diritti di riunione pacifica e di associazione per fini non vietati dalla legge penale mentre altre disposizioni, agevolmente decodificabili, sono dirette ai cittadini italiani in quanto tali ed esempio quelle del titolo IV della Costituzione in tema di diritti politici solo il cittadino italiano infatti ha i diritti di elettorato attivo e passivo La decisione impugnata va, dunque, senz’altro cassata. 1.2. Una precisazione, utile per il prosieguo, si impone a proposito della premessa del provvedimento impugnato, leggendosi alla p. 1 dello stesso che il procedimento D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 99 rientra nell’ambito della giurisdizione civile . Secondo consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, da cui non vi è ragione di discostarsi, infatti, occorre distinguere tra le controversie sui compensi, nelle quali primeggia il rilievo della natura squisitamente civilistica, patrimoniale della causa, dalle controversie sull’ammissione alla fruizione al diritto alla difesa gratuita ed alla revoca di tali atti, nelle quali, pur non difettando certamente un profilo patrimoniale, acquista un importante peso il fatto che il diritto di cui si discute si riverbera in primo luogo sull’effettivo esercizio del diritto di difesa nel processo penale. In tale ambito, dunque, appare razionale ritenere che il carattere accessorie della controversia rispetto al processo penale debba orientare ad attingere, fin dove possibile, ai principi ed alle regole dell’ordinamento penale così nella motivazione, sub punto n. 2 dei motivi della decisione , di Sez. 4, n. 12491 del 2/3/2011, Esposito, Rv. 25013401 più recentemente, v. Sez. 4, n. 18697 del 21/3/2018, Marilli e altro, Rv. 273254-01, punto n. 1 del considerato in diritto v. altresì Sez. 4, n. 43227 del 25/09/2019, Attanasio, non mass., al punto n. 2 del considerato in diritto . Tale distinzione come si sottolinea nella motivazione di Sez. 4, n. 1223 del 16/10/20198, dep. 2019, Mucci, Rv. 274908-01 e si ribadisce in quella della già richiamata decisione di Sez. 4, n. 43227 del 25/09/2019, Attanasio, non mass. è fatta propria anche dalla giurisprudenza civile della S.C., per la quale l’opposizione alla revoca del decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, disposta nel procedimento penale, va proposta alle Sezioni penali della Corte di cassazione, contrariamente all’opposizione al decreto di liquidazione dei compensi al custode e agli ausiliari dei magistrati e ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale così, infatti, Sez. 1, ordinanza interlocutoria n. 6840 del 24/03/2011, Gentile, Rv. 617366-01, la cui massima ufficiale recita In tema di patrocinio a spese dello Stato, l’opposizione alla revoca del decreto di ammissione al suddetto patrocinio, disposta nel procedimento penale, va proposta alle sezioni penali della Corte di cassazione, contrariamente all’opposizione al decreto di liquidazione dei compensi al custode e agli ausiliari dei magistrati e ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale Nella specie, la S.C. ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione ad una sezione penale della stessa Corte . Deve essere, quindi, ulteriormente ribadito che il procedimento previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99 è assoggettato alle regole del procedimento penale, sia pure nei limiti derivanti dalla previsione dell’innesto del rito previsto per gli onorari di avvocato in conformità a quanto ritenuto in motivazione dalle già citate sentenze di Sez. 4, n. 1223 del 16/10/2018, Mucci, Rv. 274901-01, sub n. 3.1. del considerato in diritto , e Sez. 4, n. 43227 del 25/09/2019, Attanasio, non mass., sub n. 2 del considerato in diritto . 2. Consegue, di necessità, l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio al Presidente della Corte di appello di Torino D.P.R. n. 115 del 2002, art. 99, comma 1 , per nuovo esame. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato e rinvia, per nuovo esame, al Presidente della Corte d’appello di Torino.