Si rifiuta di spostare il veicolo che intralcia il traffico: il fatto non costituisce reato

Il comando impartito dal pubblico ufficiale di spostare la vettura che intralcia il traffico su una strada pubblica serve a garantire il corretto andamento della circolazione stradale, non essendo, invece, finalizzato ad assicurare la conservazione dell’ordine pubblico che riguarda le condizioni del regolare svolgimento della vita civile, in generale.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 4177/20, depositata il 31 gennaio. Il caso. Il Tribunale dichiarava l’imputata colpevole del reato di cui all’art. 650 c.p. per non aver osservato un provvedimento dell’Autorità per ragioni di ordine pubblico in particolare, si era rifiutata di spostare l’autovettura che intralciava il traffico su una strada pubblica. Avverso tale decisione, il difensore dell’imputata ricorre per cassazione ritenendo che l’art. 180 c.d.s. sia in rapporto di specialità rispetto all’art. 650 c.p. e quindi il fatto non costituisce reato ma violazione di norma amministrativa. L’ordine impartito e la non violazione di legge. Il comando impartito all’imputata, serviva per garantire il corretto andamento della circolazione stradale, non finalizzato, dunque, ad assicurare la conservazione dell’ordine pubblico che invece riguarda le condizioni del regolare svolgimento della vita civile, in generale. Pertanto, in presenza di tali condizioni, il provvedimento dell’Autorità non può qualificarsi come giustificato da ragioni di ordine pubblico di cui all’art. 650 c.p Pertanto, deve escludersi che il comportamento dell’imputata abbia integrato il reato contravvenzionale previsto dalla suddetta norma. fondata è la censura per violazione dell’art. 650 c.p. in relazione all’art. 180 c.d.s. e all’art. 9 l. n. 689/1981. La sentenza impugnata, quindi, viene annullata dal Supremo Collegio senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 aprile 2019 – 31 gennaio 2020, n. 4177 Presidente Mazzei – Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13.9.2017, il Tribunale di Trani, definendo il processo instaurato nei confronti di G.R. e D.C.F. perché rispondessero dei reati di cui agli artt. 337, 340, 341 bis, 582, 650 e 651 c.p.p., così decideva dichiarava il G. colpevole dei soli reati di cui agli artt. 651 e 341 bis c.p., commessi in omissis , l’oltraggio in danno di P.D. , agente della Polizia municipale di , assolveva il G. dagli altri reati ascrittigli dichiarava la D.C. colpevole del reato di cui all’art. 650 c.p., commesso in omissis assolveva la D.C. dagli altri reati ascrittile condannava il G. alla pena di mesi sei di reclusione e la D.C. alla pena di Euro 100,00 di ammenda, nonché entrambi al risarcimento dei danni in favore del P. , costituitosi parte civile. Per quanto rileva in questa sede, il Tribunale, affermava che la D.C. si era resa responsabile del reato di cui all’art. 650 c.p., perché non aveva osservato un provvedimento dato dall’Autorità per ragioni di ordine pubblico. Dalla descrizione dei fatti emerge che la D.C. si era rifiutata di eseguire il provvedimento impartitole dal P. , di spostare l’autovettura della stessa che intralciava il traffico su una via pubblica. 2. L’avv. Luca Italiano, difensore di fiducia di D.C.F. , ha proposto ricorso per cassazione, con atto affidato a sette motivi. 2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità. La difesa censura l’ordinanza emessa dal Tribunale il 19.10.2015, nella parte in cui rigetta la richiesta di dichiarare la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio del 28.11.2014 per genericità ed incompletezza del capo d’imputazione, per genericità/mancata indicazione del fatto in forma chiara e precisa. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità. La difesa censura la predetta ordinanza, nella parte in cui rigetta la richiesta di esclusione della parte civile per mancata apposizione della data sulla procura speciale relativa alla costituzione di essa. 2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b e e , violazione della legge penale in relazione alla L. n. 689 del 1981, art. 9, e vizio di motivazione. La difesa ritiene che l’art. 180 C.d.S., sia in rapporto di specialità rispetto all’art. 650 c.p., e che, di conseguenza, il fatto non costituisce reato ma violazione di norma amministrativa. 2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce manifesta illogicità della sentenza. Il P. non è persona offesa/parte civile nel reato di cui all’art. 650 c.p., per il quale la D.C. è stata condannata penalmente. Conseguentemente, la condanna al risarcimento del danno è errata. 2.5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , la manifesta illogicità della motivazione anche in ordine alla ricostruzione dei fatti. La sentenza non è basata su elementi di prova tali da suffragare la penale responsabilità dell’imputata in ordine al reato contravvenzionale. 2.6. Con il sesto motivo di ricorso si deduce, richiamando l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , la mancanza di ogni riferimento nella motivazione rispetto alla richiesta di applicazione dell’art. 131 bis c.p.p., e dell’art. 62 bis c.p 2.7. Con il settimo motivo di ricorso si deduce l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. La difesa ritiene che il reato, essendo una contravvenzione, si è prescritto in cinque anni termine massimo in presenza di interruzioni dalla commissione del fatto, risalente al 19.10.2012. Considerato in diritto 1. È fondato il terzo motivo che rende superfluo l’esame delle altre censure. 1.1. Dalla sentenza impugnata emerge che a D.C.F. è addebitato di non aver ottemperato a un provvedimento verbale emesso da P.D. , agente della Polizia municipale del comune di XXXXX. In particolare, il provvedimento al quale la sentenza fa riferimento consisteva nell’ordine alla D.C. di spostare l’autovettura dalla stessa condotta. Emerge anche, dalla sentenza impugnata, che l’ordine era stato impartito dal P. perché l’autovettura era rimasta parcheggiata al centro della carreggiata di una pubblica strada che doveva essere attraversata da un autobus turistico. 1.2. Così ricostruito il fatto dal giudice del merito, è evidente che la ragione che indusse il P. a rivolgere alla D.C. , in quanto conducente di una automobile, il comando di spostarla, era quella di garantire il corretto andamento della circolazione stradale, cioè la fluida viabilità. Il comando, quindi, non era finalizzato ad assicurare la conservazione dell’ordine pubblico, che concerne, invece, le condizioni del regolare svolgimento della vita civile, nel suo complesso. In presenza di tale situazione, il provvedimento dell’Autorità, disatteso dalla D.C. , non può qualificarsi a differenza di quanto ritenuto erroneamente dal Tribunale - come motivato da ragioni di ordine pubblico, nè appare riconducibile ad alcuna delle altre ragioni indicate nell’art. 650 c.p Deve escludersi, quindi, che il comportamento della D.C. abbia integrato il reato contravvenzionale previsto da tale norma. 1.3. In conclusione, deve ritenersi fondata la censura per violazione di legge e, segnatamente, dell’art. 650 c.p., in relazione all’art. 180 C.d.S., e alla L. n. 689 del 1981, art. 9. Conseguentemente, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste. È travolta anche la statuizione civile di condanna al risarcimento del danno, che era ingiustificata pur nella logica espressa dal giudice del merito, dato che dalla violazione dell’ordine, da parte della D.C. , non derivò comunque alcun danno per il P. . Sono assorbiti tutti gli altri motivi di ricorso. Non si dispone la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa, poiché dall’incarto processuale emerge che la violazione del codice della strada è stata già oggetto di contestazione all’interessata nella sede competente. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.