L’inutilizzabilità patologica degli atti probatori assunti “contra legem”

Sono inutilizzabili le dichiarazioni rese dall’imputato nel corso dell’attività ispettiva della polizia giudiziaria, nei cui confronti ci siano già indizi che indichino un fatto qualificabile come reato e le cui dichiarazioni siano state assunte in violazione delle norme poste a garanzia del diritto di difesa.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 4158/20, depositata il 31 gennaio. I fatti. La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, condannava l’imputato alla pena di giustizia per aver arbitrariamente invaso un’area demaniale pubblica, a fine di profitto. L’imputato, avverso tale pronuncia, ricorre per cassazione, denunciando violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c , c.p.p. per l’avvenuta utilizzazione delle dichiarazioni da lui rese alla polizia giudiziaria in sede di sopralluogo. Infatti, nonostante il difensore in primo grado acconsentiva all’ingresso del relativo verbale nel fascicolo dibattimentale, l’inutilizzabilità avrebbe carattere radicale . Inutilizzabilità delle dichiarazioni. Come più volte detto già dalla S.C., gli atti contenuti nel fascicolo del PM ed acquisiti, su accordo delle parti, al fascicolo dibattimentale, possono essere legittimamente utilizzati ai fini della decisione, salvo che tali atti siano affetti da inutilizzabilità cosiddetta patologica”, come quella derivante da una loro assunzione contraria alla legge. Ebbene, nel caso in esame, le dichiarazioni sono state rese dall’imputato in assenza del difensore, sintetizzate nel verbale della polizia giudiziaria, quando già erano emersi indizi di reità a suo carico, in violazione dell’art. 63 c.p.p., e nemmeno sottoscritte. Prosegue, poi la Corte che, in tema di dichiarazioni indizianti, il suddetto art. 63 c.p.p. prevede che le dichiarazioni rese da chi sin dall’inizio doveva essere sentito in qualità di imputato o persona sottoposta alle indagini sono assolutamente inutilizzabili, anche nei confronti di terzi. Sono inutilizzabili, infatti, le dichiarazioni rese dall’imputato nel corso dell’attività ispettiva della polizia giudiziaria, nei cui confronti ci siano già indizi che indichino un fatto qualificabile come reato e le cui dichiarazioni siano state assunte in violazione delle norme poste a garanzia del diritto di difesa. Nel caso analizzato, poiché il solo elemento a carico dell’imputato è dato dalla sintesi delle sue presunte asserzioni operata dalla polizia municipale, ne deriva la carenza di prova in ordine alla sua colpevolezza, quindi la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 ottobre 2019 – 31 gennaio 2020, n. 4158 Presidente Cervadoro – Relatore Mantovano Ritenuto in fatto La CORTE di APPELLO di PALERMO con sentenza in data 8/01/2018 - dep. 14/05/2018, confermava la sentenza con la quale in data 5/10/2016 il TRIBUNALE di PALERMO in composizione monocratica aveva condannato, fra gli altri, I.G. a pena di giustizia per il reato di cui agli art. 633 - 639 bis c.p., per avere arbitrariamente invaso a fine di profitto l’area demaniale pubblica in via omissis , accertato l’ omissis . I. propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, e deduce i seguenti motivi come primo motivo, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , quanto alla avvenuta utilizzazione delle dichiarazioni da lui rese alla polizia giudiziaria in sede di sopralluogo da parte di questa benché in primo grado il suo difensore abbia acconsentito a che il relativo verbale facesse ingresso nel fascicolo del dibattimento, l’inutilizzabilità avrebbe carattere radicale come secondo motivo, violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , quanto alla omessa valutazione della circostanza che la struttura attribuita all’iniziativa del ricorrente è in realtà di remota realizzazione egli l’avrebbe semplicemente utilizzata, ma non costruita - come terzo motivo, perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione. Considerato in diritto Il ricorso è fondato quanto al suo primo motivo, che assorbe gli altri e che va accolto senza rinvio, con assoluzione di I. per non aver commesso il fatto. Va invece dichiarato non luogo a provvedere in ordine al ricorso del P.G., poiché in realtà - come emerge dagli atti - esso è stato convertito in appello e seguito dalla rinuncia alla impugnazione, una volta accertata l’avvenuta demolizione delle opere abusive, sì che il riferimento a esso costituisce un errore. Tornando a I. , la CORTE territoriale ha invero ritenuto utilizzabili le dichiarazioni del ricorrente rese in sede di sopralluogo della polizia giudiziaria, avendo il suo difensore prestato consenso ex art. 493 c.p.p., comma 3 al loro inserimento nel fascicolo del dibattimento, sulla considerazione che l’istituto della inutilizzabilità è posto a garanzia dell’imputato, il quale tuttavia può scegliere di rinunciarvi. È ben vero, come questa S.C. ha precisato Sez. 6 sentenza n. 48949 del 07/10/2016 dep. 18/11/2016 Rv. 268213 - 01 imputato Guarnieri , che gli atti contenuti nel fascicolo del Pubblico Ministero ed acquisiti, sull’accordo delle parti, al fascicolo per il dibattimento, possono essere legittimamente utilizzati ai fini della decisione, non ostandovi neppure i divieti di lettura di cui all’art. 514 c.p.p., salvo che detti atti siano affetti da inutilizzabilità cosiddetta patologica qual’è quella derivante da una loro assunzione contra legem . La stessa pronuncia aggiunge che la ratio dell’intervento normativo è comunemente ravvisata nella volontà del legislatore di semplificare le formalità di celebrazione del dibattimento, per ridurne i tempi di durata effettiva, evitando sempre e comunque la ripetizione di attività svolte nel corso delle indagini preliminari. Ne discende che la deroga al principio della formazione della prova nel contraddittorio delle parti trova la sua piena legittimazione costituzionale nel disposto di cui all’art. 111 Cost., comma 5”. Ma è altrettanto vero che nella specie le dichiarazioni sono state rese dal ricorrente in assenza di difensore, sintetizzate nel verbale redatto dalla p.g., quando erano già emersi indizi di reità a suo carico, quindi in violazione del disposto di cui all’art. 63 c.p.p., e peraltro nemmeno sottoscritte la verifica dei verbali del dibattimento non ha fatto emergere ulteriori documenti o testimonianze che permettano gli far risalire al ricorrente la realizzazione del mandato abusivo, che aveva occupato lo spazio pubblico. È costante l’orientamento secondo cui Sez. 6, Sentenza n. 6425 del 11/04/1994 dep. 01/06/1994 Rv. 198521 - 01 imputato Curatola in tema di dichiarazioni indizianti, l’art. 63 nuovo c.p.p., comma 2 espressamente e chiaramente prevede che le dichiarazioni rese da chi sin dall’inizio doveva essere sentito in qualità di imputato o persona sottoposta alle indagini sono assolutamente inutilizzabili, anche nei confronti di terzi. Il regime di inutilizzabilità di cui all’art. 63, comma 1 si riferisce, infatti, all’ipotesi fisiologica nella quale vengono rispettate le norme di garanzia, mentre nel comma 2 il legislatore ha introdotto un deterrente contro ipotesi patologiche , in cui deliberatamente si ignorano i già preesistenti indizi di reità a carico dell’escusso, con pericolo di dichiarazioni accusatorie, compiacenti o negoziate, a carico di terzi . E ancora, Sez. 5 con sentenza n. 43542 del 23/09/2004 dep. 08/11/2004 Rv. 230065 - 01 imputati Morrillo e altri, ha sancito che perfino nel giudizio abbreviato la possibilità di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari il valore probatorio di cui sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge nelle forme ordinarie del dibattimento riguarda i casi di inutilizzabilità fisiologica della prova, relativa ad elementi assunti secundum legem , ma non legittimamente acquisite al dibattimento ex art. 526 c.p.p., cui corrispondono i divieti di lettura di cui all’art. 514 c.p.p., e le ipotesi di nullità relativa, stabilite esclusivamente per la fase dibattimentale dalla legge, mentre non riguarda i casi di inutilizzabilità patologica , riguardante atti probatori assunti contra legem , la cui utilizzazione è vietata in modo assoluto, in tutte le fasi procedimentali, e nelle procedure incidentali cautelari e di merito. Ne consegue che sono inutilizzabili le dichiarazioni dell’imputato o dell’indagato rese nel corso dell’attività ispettiva, nei cui confronti siano emersi anche semplici dati indicativi di un fatto apprezzabile come reato e le cui dichiarazioni siano state assunte, ciononostante, in violazione delle norme poste a garanzia del diritto di difesa. Infatti l’espressione quando emergano indizi di reato contenuta nell’art. 220 disp. att. c.p.p. è tesa a fissare il momento a partire dal quale, nell’ipotesi di svolgimento di ispezioni o di attività di vigilanza, sorge l’obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire ai fini dell’applicazione della legge penale . Ciò che vale per il giudizio abbreviato ancor di più rileva per il giudizio ordinario, ravvisandosi nel caso in esame un’incontestabile ipotesi di inutilizzabilità patologica, in quanto tale non sanabile neanche col consenso del difensore, come è in concreto accaduto poiché il solo elemento a suo carico è dato proprio dalla sintesi delle sue presunte asserzioni operata dalla Polizia municipale di PALERMO, ne deriva l’assoluta carenza di prova in ordine alla sua colpevolezza per il reato contestatogli, con l’esito prima enunciato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di I.G. , per non aver commesso il fatto. Dichiara non luogo a provvedere sul ricorso del P.G. avverso la sentenza del TRIBUNALE di PALERMO del 5/10/2016.