Tempi più stretti per il (nuovo) giudizio di riesame?

A seguito dell’annullamento dalla Cassazione della misura coercitiva, da quando decorrono i dieci giorni ex art. 311, comma 5-bis, c.p.p. per poter nuovamente decidere pena la caducazione ? La parola alle Sezioni Unite.

Così la Cassazione con sentenza n. 4125/20, depositata il 30 gennaio. Il dubbio sul dies a quo per decidere. Quando a seguito di ricorso la Cassazione annulla con rinvio una misura coercitiva, il Giudice del rinvio – ai sensi dell’art. 311, comma 5- bis , c.p.p. – ha dieci giorni per poter nuovamente decidere a pena di caducazione della misura cautelare. Tuttavia, le espressioni utilizzate dalla norma tradiscono evidenti ambiguità terminologiche. Il dubbio riposa nel qualificare il luogo” e il quantum ” della ricezione degli atti” ex art. cit. onde poter individuare il dies a quo ” per la decorrenza del breve e perentorio termine cit. In gioco, ancora una volta, l’esigenza di contenere il più possibile i tempi di decisione in ordine a misure coercitive gravanti sulle libertà personale dei sottoposti. In particolare i dieci giorni decorrono dalla ricezione degli atti presso la cancelleria centrale del tribunale ovvero presso la sezione competente per il Riesame? Esigenze di contenimento dei tempi dovute alla necessità di limitare i tempi di sottoposizione dell’indagato/imputato alla misura cautelare c.d. principio del minimo sacrificio necessario per la libertà personale” , imporrebbero scelte ermeneutiche quanto meno possibile pregiudizievoli dei diritti del sottoposto. Per la Cassazione in commento, appena giunti gli atti dalla Cassazione alla cancelleria centrale, spetterebbe agli Uffici individuare in tempi brevi la sezione competente al Riesame onde evitare che la misura perda efficacia in caso di decisione oltre i termini. In breve graverebbero sugli uffici giudiziari – e sulla pubblica accusa - eventuali ritardi o inefficienze nello smistamento degli affari. Tuttavia la permanenza di una evidente ambiguità giurisprudenziale ha condotto la Cassazione in commento a rinviare alle Sezioni Unite. In ogni caso dalla ricezione di quali atti decorrono i dieci giorni per poter nuovamente decidere? La Cassazione parrebbe propendere per una soluzione stavolta più dilatoria. Il termine di dieci giorni decorrerebbe non dalla ricezione degli atti dalla Cassazione in unione alla sentenza rescindente ma dalla ricezione degli atti nuovamente richiesti al P.M. ex art. 291 c.p.p., dunque da un adempimento cronologicamente successivo alla ricezione dei primi atti. La soluzione consentirebbe al Giudice del Riesame di avere a disposizione un compendio documentale ancora più completo ed esaustivo onde giungere ad una decisione più meditata – con i nuovi limiti fissati dalla Cassazione - e parrebbe meglio funzionale alle esigenze organizzative degli Uffici – i quali non tratterrebbero a sé la documentazione integrale relativa alla misura erogata poi sottoposta a giudizio di legittimità e non avrebbero la possibilità di riporla a disposizione del nuovo giudicante -. Siffatta soluzione, pur consentendo al nuovo Giudice del Riesame di poter avere a disposizione per decidere una più completa documentazione sulla misura coercitiva da erogare, potrebbe dilatare i tempi decisionali con evidente sacrificio del sottoposto a misura. In breve, matura un conflitto fra esigenze organizzative degli uffici e quelle di minor compressione possibile della libertà personale a carico del sottoposto. L’ultima parola ancora alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 – 30 gennaio 2020, n. 4125 Presidente Villoni – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Taranto, sezione specializzata per il riesame, giudicando a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Sezione Seconda penale di questa Corte Suprema con sentenza del 30 aprile 2019, ha confermato l’ordinanza del 24 ottobre 2018, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto ha applicato nei confronti di C.V. la misura degli arresti domiciliari, in relazione alle imputazioni provvisorie di associazione per delinquere sub capo a e di furto aggravato sub capo d . 1.1. Dopo avere precisato che il compendio indiziario poggia essenzialmente sugli esiti delle intercettazioni telefoniche e sulle riprese video ed avere dato conto del motivo d’annullamento con rinvio legato all’assenza di prova che il DVD messo a disposizione della difesa contenesse i file-audio ed il file-video che essa intendeva esaminare , il Collegio dell’impugnazione cautelare ha, in primo luogo, argomentato la ritenuta infondatezza dell’eccezione in rito, con cui il ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis. Al riguardo, ha rilevato preliminarmente come il termine di dieci giorni per la decisione a pena d’inefficacia decorra, non dalla data in cui la decisione di annullamento con rinvio della Corte Suprema e il relativo fascicolo pervengano alla cancelleria centrale del Tribunale, bensì dalla data in cui detti atti pervengano alla cancelleria del Tribunale del riesame ed ha quindi evidenziato come, nella specie, detti atti siano pervenuti alla cancelleria del Tribunale della libertà in data 10 giugno 2019, di tal che la decisione - assunta il 20 giugno 2019 - risulta tempestiva. 1.2. In secondo luogo, il Tribunale ha posto in luce come l’eccezione concernente il denegato accesso ai file-audio ed al file-video sia destituita di fondamento atteso che, da un lato, il difensore ha richiesto l’ascolto delle registrazioni mediante un’istanza inoltrata via PEC, dunque con una modalità che - secondo un primo orientamento giurisprudenziale - non è consentita e che secondo altro orientamento - pone comunque a carico dell’istante l’onere di verificare che il giudice abbia effettivamente ricevuto la richiesta con siffatta modalità, verifica che il ricorrente non ha dimostrato avere compiuto nella specie che, dall’altro lato, si tratta di registrazioni che il pubblico ministero ha legittimamente deciso di non inviare nè al Tribunale del riesame, in quanto non trasmesse al G.i.p., nè, pertanto, poste a fondamento del titolo coercitivo. 2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, C.V. ha preliminarmente dato conto di avere interesse a coltivare il ricorso anche ai fini della richiesta di riparazione dell’ingiusta detenzione, come già rappresentato al Tribunale. Tanto premesso, ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, per avere il Tribunale erroneamente rigettato l’eccezione di inefficacia sopravvenuta della misura cautelare per intempestiva decisione. A sostegno della deduzione, la difesa evidenzia a che il termine di dieci giorni per la decisione del Tribunale decorre dalla data in cui il fascicolo contenente la sentenza rescindente e gli atti relativi pervenga presso la cancelleria generale del Tribunale e non in quella del Tribunale della libertà b che, nella specie, detto fascicolo è pervenuto presso la cancelleria centrale del Tribunale in data 6 giugno 2019 e comunque presso la cancelleria del Tribunale della libertà, non il 10 giugno 2019 come dato conto dallo stesso Tribunale , bensì in data 6 giugno 2019 o, al più tardi, il 7 giugno 2019, come si evince per tabulas dal fatto che, proprio in questa ultima data, veniva richiesta al P.M. la trasmissione degli atti c che, in data 10 giugno 2019, pervenivano al Tribunale del riesame gli atti trasmessi dal P.M. su richiesta del Presidente d che il codice di rito non prevede che, a seguito di annullamento con rinvio, il Tribunale debba richiedere nuovamente gli atti al P.M., nè che il termine perentorio di dieci giorni ex art. 311 c.p.p., comma 5-bis, decorra dalla data di nuova trasmissione degli atti, i quali, peraltro, si trovano già nella disponibilità del Tribunale. 2.2. Violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273, 274 e 309 c.p.p., per avere il Tribunale omesso di pronunciarsi in ordine alla sussistenza dei presupposti applicativi della misura, che avrebbero dovuto essere nuovamente verificati alla luce delle doglianze mosse con il ricorso ex art. 309 c.p.p., avendo la Cassazione, stimato assorbiti i motivi ex art. 311 c.p.p. ad essi relativi dalla ritenuta fondatezza della prima questione concernente l’omesso accesso ai file-audio ed al file-video. 2.3. Violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza dell’eccepita nullità ed inutilizzabilità dei file-audio e del file-video, per avere il Tribunale dato conto dell’omessa trasmissione di detti file al G.i.p. e poi allo stesso Tribunale, sebbene nella prima ordinanza oggetto di annullamento lo stesso Tribunale avesse invece dato conto della presenza di detti atti fra quelli trasmessi al medesimo Giudice del riesame. 2.4. Violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 267 c.p.p. e art. 309 c.p.p., comma 10, per avere il Tribunale omesso di dare risposta in merito all’eccepita inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, stante l’omessa trasmissione al Tribunale delle annotazioni di P.G. succedanee al video la cui registrazione non era stata appunto trasmessa a Tribunale stesso. 2.5. Violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p., per avere il Tribunale ritenuto integrata la gravità indiziaria in ordine all’unico reato-fine senza confrontarsi con le deduzioni mosse nel ricorso relative, da un lato, all’ininfluenza della video registrazione e delle conversazioni intercettate dall’altro lato, al trattamento ingiustificatamente diversificato rispetto alla posizione di altro indagato. 2.6. Violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p., per avere il Tribunale ritenuto integrata la gravità indiziaria in ordine al reato associativo senza confrontarsi con le deduzioni mosse nel ricorso quanto, da un lato, all’assenza di un qualunque elemento dimostrativo dell’esistenza di accordo indeterminato a compiere una pluralità di reati contro il patrimonio, dall’altro lato, alla mancanza di prova di un qualunque contributo del C. nel sodalizio criminale. Considerato in diritto 1. Ritiene il Collegio che la decisione del ricorso vada rimessa alle Sezioni Unite, là dove il primo motivo dedotto dal ricorrente impone la soluzione di una questione ermeneutica di natura processuale sulla quale si registra un conclamato e perdurante contrasto nella giurisprudenza di questa Corte. In particolare, il contrasto concerne l’interpretazione dell’espressione dalla ricezione degli atti contenuta nell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis e, quindi, l’esatta individuazione del dies a quo di decorrenza del termine di dieci giorni entro il quale il Tribunale deve assumere la decisione, a pena di inefficacia della misura cautelare, in caso di annullamento con rinvio, su ricorso dell’imputato, di un’ordinanza che abbia disposto o confermato la misura coercitiva ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 9. L’espressione dalla ricezione degli atti si presta invero ad una duplice alternativa interpretativa, dovendosi chiarire a se il termine perentorio di dieci giorni decorra dalla data in cui gli atti sono pervenuti presso la cancelleria centrale del Tribunale ovvero presso la cancelleria della Sezione specializzata per il riesame b se il medesimo termine decorra dalla ricezione della sentenza di annullamento della Cassazione con l’allegato fascicolo ovvero dalla ricezione degli atti nuovamente richiesti al pubblico ministero da parte del Presidente del Tribunale. 2. Ed invero, secondo un primo orientamento - che dà risposta ad entrambi i profili problematici - detto termine di dieci giorni decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente, perviene alla cancelleria della sezione del tribunale competente per il riesame Sez. 1, n. 23707 del 29/01/2018, Battaglia, Rv. 273114 . 2.1. A sostegno di tale soluzione esegetica, la Prima Sezione penale ha rilevato che, per la natura sequenziale del giudizio di rinvio successivo ad annullamento, gli atti di cui si parla nella disposizione sono quelli trasmessi al giudice del rinvio dalla cancelleria di questa Corte di Cassazione. Non può, in particolare, ritenersi che il giudice del rinvio possa inoltrare una nuova” richiesta di atti all’autorità procedente, posto che la disposizione che prevede tale adempimento è esclusivamente quella di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5, applicabile lì dove sia stata presentata la richiesta di riesame situazione procedimentale del tutto diversa, come è evidente . Nel caso del giudizio di rinvio il Tribunale del Riesame come il presente caso dimostra è già in possesso degli atti necessari alla trattazione essendosi pronunziato con la decisione soggetta a ricorso , dovendo esclusivamente ricevere dalla cancelleria di questa Corte ciò che era stato trasmesso unitamente al ricorso di regola non tutti gli atti , in una con la copia della sentenza rescindente. Eventuali sopravvenienze conoscitive potranno, se del caso, essere depositate in sede di udienza ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 9, v. Sez. 6, n. 51684 del 28/11/2014, Rv. 261452 . 2.2. A conforto di tale lettura della disposizione di cui all’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, la Prima Sezione penale ha ricordato un precedente omologo Sez. 1, n. 42473 del 17/03/2016, Stabile, Rv. 268103 , nel quale la medesima Sezione ha espressamente confutato l’ermeneusi proposta dalla difesa - secondo la quale, quando si parla di ricezione , deve farsi riferimento alla data in cui il plico è pervenuto presso la cancelleria centrale del Tribunale, da considerarsi come ufficio unico , sì da non assegnare rilievo i tempi di smistamento degli atti tra le varie ripartizioni interne richiamato il principio affermato nella sentenza Sez. 4, 20/12/2005, Pristeri, Rv. 232886, sia pure in tema di trasmissione degli atti ex art. 309 c.p.p., comma 5 -, riaffermando l’indirizzo che fa perno sull’arrivo degli atti presso la sezione competente del Tribunale del riesame da ultimo, Sez. 3, 17/12/2007, P.E., Rv. 239242, sempre in tema di trasmissione degli atti ex art. 309 c.p.p., comma 5 . 2.3. Tanto premesso, la Prima Sezione penale ha sottolineato come l’ipotesi di ricezione, da parte dell’ufficio destinatario, della sola” decisione rescindente circostanza valorizzata nell’opposta decisione di Sez. 6, n. 27093 del 01/03/2017, Rv. 270410 se, da un lato, è da ritenersi inidonea ai fini della decisione, dall’altro, costituisce evento di per sé patologico, posto che la cancelleria della Corte Suprema è tenuta per legge a trasmettere gli atti” a suo tempo ricevuti dall’ufficio di merito e non soltanto la copia della decisione emessa ex art. 311 c.p.p 2.4. D’altra parte, nella sentenza Battaglia, si è rimarcato come la necessità di un’interpretazione il più possibile fedele al testo” delle disposizioni di garanzia introdotte nel sistema cautelare dal legislatore con la L. n. 47 del 2015 - quale appunto privilegiata nella medesima decisione - sia stata affermata in modo chiaro dalle Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza del 20 luglio 2017, n. 47970 ric. Rezmuves Gyongyi Stela, Rv. 270953 . 3. In relazione al primo profilo problematico concernente l’individuazione della cancelleria ricevente gli atti rilevante ai fini della decorrenza del dies a quo in oggetto , alla soluzione ermeneutica recepita nelle sentenze Stabile e Battaglia si contrappone o - se si vuole - si affianca l’interpretazione secondo la quale il termine per la decisione decorre dalla data in cui gli atti pervengono presso la cancelleria del Tribunale ordinario, e non presso la cancelleria della Sezione competente per il giudizio di riesame. Tale impostazione mutua - data per presupposta un’eadem ratio - il principio di diritto affermato in passato da questa Corte in tema di determinazione del dies a quo ex art. 309 c.p.p., comma 5, ai fini dell’esatta definizione delle scansioni temporali per la decisione del ricorso per riesame, e poggia sul rilievo che il Tribunale costituisce un unico ufficio giudiziario, di tal che non possono avere rilievo i tempi di smistamento degli atti tra le varie ripartizioni interne Sez. 4, n. 2909 del 20/12/2005 - dep. 25/01/2006, Pristeri, Rv. 232886 . Mette conto di notare che detto principio di diritto - invocato dalla difesa del ricorrente Battaglia ed espressamente confutato dalla Sezione Seconda nella sentenza sopra disaminata v. paragrafo 2.2 -, sebbene rimasto sostanzialmente isolato nella giurisprudenza di legittimità, non risulta essere mai stato smentito da alcun pronunciamento delle Sezioni Unite di questa Corte. 4. Con riguardo al secondo nodo ermeneutico relativo al concetto di atti rilevante ai fini dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis , alla lettura seguita nelle sentenze Stabile e Battaglia si oppone in maniera decisa il filone interpretativo - ben più rappresentato nella giurisprudenza di questa Corte -, secondo il quale il termine di dieci giorni per la decisione in caso di annullamento con rinvio da parte della cassazione decorre dalla data in cui, ricevuta la sentenza rescindente ed il fascicolo relativo, il P.M. abbia trasmesso gli atti ex art. 291 c.p.p. e gli eventuali elementi sopravvenuti giusta richiesta del Presidente del Tribunale stesso cfr. Sez. 2, n. 15695 del 08/01/2016, Lombardo, Rv. 266729, seguita da Sez. 6, n. 27093 del 01/03/2017, Speranza, Rv. 270410 sez. 2 n. 32084 del 15/06/2017, Arena Sez. 5, n. 21710 del 28/02/2018, Marciano, Rv. 273026, Sez. 2, n. 37585 del 18/12/2018 - dep. 11/09/2019, Giglio Rv. 277082 . In termini ancora più netti, si è di recente ribadito che, in tema di misure cautelari personali, nel caso di giudizio di rinvio a seguito di annullamento di ordinanza che abbia disposto o confermato la misura coercitiva ex art. 309 c.p.p., comma 9, il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti previsto dall’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, decorre dal momento in cui il Tribunale riceve nuovamente gli atti dall’autorità procedente, ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5, Sez. 2, n. 31281 del 26/06/2019, Montante, Rv. 276737 . 4.1. Secondo tale lettura interpretativa, una volta pervenuta la decisione rescindente ed il fascicolo degli atti trasmessi a corredo del ricorso per cassazione, il Tribunale rectius il Presidente della Sezione specializzata del Tribunale è tenuto a richiedere all’autorità procedente la trasmissione degli atti a fondamento della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti eventualmente sopravvenuti ed il termine perentorio per la decisione ex art. 311 c.p.p., comma 5-bis, decorre appunto dalla data - ovviamente successiva a quella di ricezione degli atti dalla Corte Suprema presso la cancelleria del Tribunale poco rileva nella prospettiva di tale impostazione, se centrale o della sezione specializzata - in cui il P.M. trasmetta nuovamente gli atti per la decisione. In altri termini, stando all’interpretazione proposta nella sentenza Montante, gli atti alla cui ricezione l’art. 311 c.p.p., comma 5-bis ancora il termine perentorio per la decisione da parte del Tribunale non sono quelli di cui all’art. 100 disp. att. c.p.p., a suo tempo inoltrati alla Corte di cassazione a corredo del ricorso ex art. 311 c.p.p. e da questa restituiti al giudice a quo all’esito dell’annullamento con rinvio, bensì gli atti indicati all’art. 309 c.p.p., comma 5, eventualmente arricchiti di nuove acquisizioni processuali o investigative, nuovamente richiesti dall’organo dell’impugnazione cautelare all’autorità procedente. Nel richiamare i propri conformi precedenti Sez. 2, n. 15622 del 19/12/2018, dep. 2019, Clarà Sez. 2, n. 21716 del 08/03/2019, Giglio , la Seconda sezione penale ha sottolineato come il riferimento alla ricezione degli atti implichi la necessità che alla trasmissione corrisponda una effettività della decisione sulla base - per lo meno - degli stessi atti di cui il tribunale aveva la disponibilità al momento della decisione impugnata . Disponibilità che peraltro non è garantita dalla restituzione degli atti da parte del giudice di legittimità, sia perché a quest’ultimo devono essere trasmessi, ai sensi dell’art. 100 disp. att. c.p.p., solo gli atti necessari a decidere sull’impugnazione , sia per la natura incidentale del giudizio di riesame, in relazione al quale non è previsto che gli atti non trasmessi in cassazione rimangano in cancelleria durante il giudizio rescindente. In tale prospettiva, la sentenza Clarà ha evidenziato la piena compatibilità, con il novellato giudizio di rinvio, del meccanismo di trasmissione degli atti previsto dall’art. 309 c.p.p., comma 5, essendovi ormai un perfetto parallelismo tra il procedimento ordinario e quello di rinvio, accomunati dal termine perentorio di dieci giorni per la decisione e di trenta giorni per il deposito dell’ordinanza quest’ultimo prorogabile fino a quarantacinque solo nel procedimento ordinario cfr. Sez. U, n. 47970 del 2017, cit. . 4.2. Nella sentenza Montante, la Sezione Seconda si è inoltre confrontata con l’argomento sviluppato nella sentenza Battaglia là dove ha richiamato - a sostegno della lettura più rigorosa e testuale dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis - i principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza Rezmuves. A tale proposito, si è rimarcata l’eterogeneità della questione sottoposta al vaglio del Supremo consesso in detta occasione, notando come non si tratti di accedere o meno ad interpretazioni estensive o analogiche di una disposizione limitativa della libertà personale atteso che la disposizione in questione è volta, non a limitare ulteriormente la libertà personale, ma ad accelerare i tempi della decisione sulla richiesta di riesame anche in sede di rinvio, assicurando così il rispetto del minimo sacrificio necessario della libertà personale. 4.3. Si è quindi rilevato che, anche in ambito cautelare, trova applicazione il pacifico insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice del rinvio è chiamato a compiere un nuovo completo esame del materiale probatorio con i medesimi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le sole limitazioni previste dalla legge consistenti nel non ripetere il percorso logico già censurato, spettandogli il compito esclusivo di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova Sez. 3, n. 34794 del 19/05/2017, F., Rv. 271345 . Con la conseguente necessità della tempestiva ricostituzione , nel fascicolo da esaminare in sede di rinvio, del compendio probatorio che a suo tempo ovvero al momento della decisione annullata era stato messo a disposizione del giudice del riesame, là dove è la stessa sentenza Battaglia a ricordare che di regola non tutti gli atti vengono trasmessi al giudice di legittimità, in vista della decisione sul ricorso per cassazione . La Sezione Seconda ha aggiunto che nessuna disposizione prevede un obbligo per la cancelleria del riesame di trattenere il materiale non trasmesso fino alla decisione della Suprema Corte e che tale soluzione risulta ben poco praticabile sul piano strettamente operativo non sembra potersi realisticamente immaginare che la cancelleria di un tribunale, chiamato a valutare le impugnazioni sulla libertà personale di un intero distretto, possa essere onerata della contemporanea custodia di tutti gli atti ricevuti dalle varie autorità procedenti e non trasmessi in cassazione, fino alla definizione del giudizio di legittimità . 5. Rileva il Collegio che la tesi maggioritaria compendiata nell’argomentata sentenza Montante - pur ispirata da un chiaro intento di coordinamento sistematico dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, con le altre disposizioni in materia di ricorso per riesame nonché dalla, del tutto razionale, preoccupazione di assicurare la completezza del fascicolo processuale sul quale il Tribunale è chiamato ad assumere la decisione nel giudizio di rinvio - postula, nondimeno, una ricostruzione delle scansioni processuali post annullamento con rinvio non perfettamente aderente al tenore testuale della indicata norma. Ed invero, nella prima parte dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, la previsione del termine perentorio decorrente dalla ricezione degli atti segue - nel periodo - subito dopo il riferimento all’annullamento con rinvio dell’ordinanza de libertate, con ciò connettendo logicamente gli atti al provvedimento che l’annullamento abbia appunto disposto. D’altra parte, nè il comma 5-bis, nè altra disposizione codicistica richiamano l’art. 309 c.p.p., comma 5, in relazione al giudizio di rinvio cautelare, sì da imporre o anche solo legittimare il Presidente della Sezione specializzata per il riesame a richiedere nuovamente gli atti all’autorità procedente ai fini del giudizio rescissorio. 5.1. Non può ancora omettersi di porre in rilievo come - contrariamente a quanto osservato nella motivazione della sentenza Montante -, la lettura proposta dall’indirizzo maggioritario, facendo decorrere il dies a quo del termine perentorio per la decisione, non dalla ricezione degli atti dalla Cassazione in unione alla sentenza rescindente, ma dalla ricezione degli atti nuovamente richiesti al P.M. - dunque da un adempimento, processualmente e cronologicamente, successivo alla ricezione dei primi atti - realizza inevitabilmente un ampliamento temporale della limitazione della libertà personale. Con ciò disallineandosi alle chiare indicazioni delle Sezioni Unite espresse nella più volte richiamata sentenza Rezmuves Gyongyi Stela , nella parte in cui hanno expressis verbis dichiarato preferibile l’ermeneusi il più possibile fedele al testo” delle disposizioni di garanzia introdotte nel sistema cautelare nel 2015 - e, fra queste, proprio dell’art. 311 c.p.p., comma 5-bis -, in ossequio al principale canone di interpretazione delle disposizioni normative previsto dall’art. 12 preleggi nonché tenuto conto del principio costituzionale del minimo sacrificio necessario per la libertà personale, con il conseguente divieto di interpretazione estensiva o analogica che si traducano in una protrazione del vincolo cautelare . Dall’altro lato, il più ampio consesso di questa Corte regolatrice ha valorizzato l’intentio legis posta a base del citato art. 311 c.p.p., comma 5-bis, rimarcando come l’introduzione, con tale norma, di termini perentori anche per la definizione del giudizio di rinvio risponda all’esigenza di definire con la massima celerità la posizione di chi, pur essendosi visto riconoscere la fondatezza delle proprie ragioni dinanzi alla Suprema Corte, si trovi tuttavia ancora soggetto alla misura cautelare. Le Sezioni Unite hanno difatti concluso che, se la detenzione dell’imputato giustifica l’esigenza di una decisione in tempi rapidi sullo status libertatis, in ossequio al principio costituzionale del minimo sacrificio necessario per la libertà personale e, quindi, la serrata scansione temporale della procedura di riesame, ancor più una decisione celere si impone quando, a seguito di annullamento con rinvio, l’imputato, pur rimanendo in vinculis, matura una maggiore aspettativa di liberazione così nella motivazione della sentenza Sez. U, Rezmuves Gyongyi Stela, cit. . 5.2. Sotto diverso aspetto, mette conto di notare che, nelle decisioni che esprimono l’orientamento predominante, niente si dice in merito alle conseguenze derivanti da eventuali ritardi da parte dell’inquirente nella nuova trasmissione degli atti su richiesta del Presidente del Tribunale del riesame ai fini del giudizio di rinvio. In particolare, non si chiarisce se, dalla previsione in via interpretativa della necessità di una nuova richiesta di inoltro degli atti a corredo della richiesta di misura cautelare e di quelli eventualmente sopravvenuti - sulla falsariga della disciplina codificata all’art. 309 c.p.p., comma 5 -, discenda anche la consequenziale applicazione del meccanismo di inefficacia sopravvenuta della misura in caso di omesso rispetto del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti previsto dall’art. 309 c.p.p., comma 10. Riverbero processuale non solo coerente sul piano sistematico con l’estensione anche al giudizio di riesame di rinvio del disposto dell’art. 309 c.p.p., comma 5, - assurto al rango di norma di carattere generale prodromica all’instaurazione di qualunque giudizio di riesame, sia primario , sia derivato dall’annullamento con rinvio -, ma anche, e soprattutto, atto a scongiurare che la dilazione nella trasmissione degli atti da parte del P.M. altrimenti non sanzionata - si risolva in un’indebita e soprattutto indeterminata protrazione della limitazione della libertà personale, per di più di chi sia risultato vittorioso nel giudizio celebrato dinanzi a questa Corte. 6. Vista l’estrema delicatezza della questione - in quanto direttamente incidente sul bene costituzionalmente presidiato della libertà personale -, si impone un pronunciamento chiarificatore del più ampio consesso della Corte. Occorre invero scongiurare che il permanere del contrasto in seno alla giurisprudenza di legittimità dia luogo - nei giudizi di merito cautelare - ad inaccettabili disparità di trattamento processuale in termini di durata del giudizio di rinvio a seconda se il Tribunale distrettuale adotti l’una o l’altra lettura e, dunque, celebri il giudizio di rinvio entro dieci giorni dalla ricezione degli atti da parte di questa Corte ovvero dalla ricezione degli atti nuovamente richiesti al P.M. Ciò in contrasto con la previsione espressa dell’art. 5, par. 4, CEDU, di termini non solo brevi, ma anche certi , dei giudizi cautelari. 6.1. D’altronde, dei gravi riflessi della delineata incertezza interpretativa derivante dal persistente contrasto della giurisprudenza di questa Corte sul punto v’è chiara evidenza nello stesso provvedimento in verifica, là dove il Tribunale, dopo avere asseritamente recepito l’orientamento espresso nella sentenza Battaglia v. pagine 11 e 12 del provvedimento in verifica individuando il dies a quo per la decisione nella data di ricezione degli atti presso la Cancelleria della sezione specializzata per il riesame -, ha poi calcolato, in concreto, detto termine di dieci giorni a partire dalla data in cui gli atti sono pervenuti nuovamente alla stessa cancelleria su richiesta del Presidente del Tribunale del riesame, con ciò nella sostanza conformandosi all’orientamento opposto - espresso nella sentenza Montante. 6.2. Giova rilevare come la soluzione delle questioni ermeneutiche sottoposte al vaglio delle Sezioni Unite si appalesi rilevante nel caso di specie atteso che, per quanto si evince dal fascicolo processuale cui evidentemente questa Corte può direttamente accedere trattandosi di error in procedendo , la decisione di annullamento con rinvio ed il fascicolo relativo sono pervenuti nella cancelleria centrale del Tribunale di Taranto il 6 giugno 2019 e presso la cancelleria della Sezione specializzata del riesame non oltre il 7 giugno 2019 atteso che in tale data venivano richiesti gli atti al P.M. e veniva emesso il decreto di fissazione della data di udienza - gli atti nuovamente trasmessi dal P.M. sono pervenuti nella cancelleria del Tribunale il 10 giugno 2019 e la decisione è stata assunta il 20 giugno 2019. Ne discende che, a seconda se il dies a quo sia fatto decorrere dalla data in cui gli atti provenienti dalla Cassazione sono pervenuti al Tribunale di Taranto il 6 o il 7 giugno 2019, a seconda se si abbia riguardo alla ricezione da parte della cancelleria centrale ovvero della cancelleria della Sezione specializzata ovvero dalla data in cui gli atti sono stati nuovamente trasmessi dal P.M. su richiesta del Presidente del Tribunale il 10 giugno 2019 , essendo stata l’ordinanza decisoria adottata in data 20 giugno 2019, la misura cautelare, nel primo caso, avrebbe perso efficacia de iure, nel secondo caso, sarebbe invece ancora valida. 6.3. In ultimo, vale osservare che, come evidenziato dalla difesa nell’incipit del ricorso, il ricorrente ha rappresentato di avere interesse ad una pronuncia anche qualora la misura fosse revocata nelle more della decisione della presente impugnazione, ai fini della richiesta di riparazione dell’ingiusta detenzione. Misura cautelare, ad ogni modo, ancora in atto al momento della rimessione. 6.4. Deve pertanto essere rimessa alle Sezioni Unite la soluzione della questione se, in tema di misure cautelari personali, nel caso di giudizio di rinvio a seguito di annullamento di ordinanza che abbia disposto o confermato la misura coercitiva ex art. 309 c.p.p., comma 9, il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti previsto dall’art. 311 c.p.p., comma 5-bis, entro il quale il giudice del rinvio ha l’obbligo di decidere a pena di inefficacia della misura, decorre dalla data in cui il fascicolo relativo al ricorso per cassazione, comprendente la sentenza rescindente e gli atti allegati, perviene alla cancelleria generale del tribunale competente o alla cancelleria della sezione del tribunale competente per il riesame ovvero dalla data in cui il tribunale riceve nuovamente gli atti dall’autorità procedente richiesti ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 5 . 7. Qualora concludessero nel senso di ritenere tempestivamente resa l’ordinanza impugnata e pertanto insussistente l’eccepita causa d’inefficacia sopravvenuta della misura ex art. 311 c.p.p., comma 5-bis, ovviamente assorbente rispetto ad ogni altra questione dedotta dal ricorrente , le Sezioni Unite dovranno decidere le ulteriori questioni oggetto del ricorso. 7.1. In particolare, dovranno risolvere la questione posta dalla difesa circa la ricevibilità di un’istanza difensiva inoltrata all’A.G. a mezzo PEC nella specie, quella tesa ad ottenere l’accesso ai file-audio ed al file-video contenenti le registrazioni poste a base del provvedimento coercitivo , rispetto alla quale si riscontra un netto e persistente contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, ravvisandosi al riguardo diverse, ed opposte, linee ermeneutiche. Ed invero, secondo un orientamento più rigoroso, anche di recente ribadito, l’utilizzo della posta elettronica certificata nel processo penale non è consentito alle parti private per effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze Sez. 1, n. 26877 del 20/03/2019, Antille, Rv. 276915 Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018, N., Rv. 274160 Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P, Rv. 270702 Sez. 2, n. 26100 del 19/10/2018 - dep. 13/06/2019, Fracassi, Rv. 276107 . In senso parzialmente contrario, si è invece affermato che l’istanza nella specie di rinvio per legittimo impedimento del difensore , inviata a mezzo PEC in cancelleria, non è irricevibile nè inammissibile, anche se l’utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione comporta l’onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell’omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all’attenzione del giudice procedente. Sez. 2, n. 47427 del 07/11/2014, Pigionanti, Rv. 260963 Sez. 5, n. 7706 del 16/10/2014, Chessa Rv. 262835 conf. Sez. 2, n. 24515 del 22/05/2015, Mennella e altro, Rv. 264361 Sez. 2, n. 21683 del 15/01/2019, Ferrara, Rv. 277014 . Lo stesso principio era stato in passato affermato per l’invio degli atti a mezzo telefax Sez. 5, n. 535 del 24/10/2016 - dep. 05/01/2017, Asmarandei, Rv. 268942 Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017 - dep. 17/01/2018, Deriù, Rv. 272049 . Si colloca, infine, al polo opposto l’arresto col quale si è ritenuta ammissibile tale forma di comunicazione sebbene - nella specie - previamente autorizzata dal giudice di merito , sul presupposto che, nel processo penale, alle parti private può essere consentito di effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata nel caso in cui ciò sia necessario per rendere effettive le facoltà processuali alle stesse riconosciute. Sez. 5, n. 55886 del 02/10/2018, Giustini, Rv. 274603 . 7.2. Non è revocabile in dubbio la rilevanza nella specie della questione circa la ritualità o meno della richiesta di accesso alle registrazioni avanzata dalla difesa, dal momento che - come più volte affermato da questa Corte in tema di riesame - l’omesso deposito, richiesto dalla difesa dell’indagato, da parte del pubblico ministero dei file audio delle registrazioni delle conversazioni intercettate, utilizzate per l’emissione dell’ordinanza cautelare, determina l’inutilizzabilità a fini cautelari delle predette conversazioni Sez. 6, n. 50760 del 26/09/2017, Delli Castelli e altri, Rv. 271510 Sez. 6, n. 32391 del 22/05/2019, Rugnetta, Rv. 276476 . 7.3. D’altra parte, la sopra delineata questione non pare possa ritenersi assorbita dal rilievo del Collegio tarantino secondo cui detti documenti non erano stati inviati dal pubblico ministero al G.i.p. ex art. 291 c.p.p. nè pertanto posti a fondamento del titolo coercitivo, di tal che il loro inoltro al Tribunale del riesame non era indispensabile a pena di inefficacia della misura, ai sensi dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10. Difatti, nella sentenza del 30 aprile 2019 di annullamento con rinvio della precedente ordinanza de libertate, la Sezione Seconda di questa Corte - nel sunteggiare la motivazione del provvedimento del Tribunale tarantino segnatamente di quanto rilevato a pagina 65 - ha, sia pure implicitamente, dato conto del fatto che detti atti erano stati messi a disposizione del G.i.p. ex art. 291 c.p.p., a corredo dei brogliacci delle intercettazioni e dei fotogrammi estratti dalle riprese video su cui l’ordinanza coercitiva c.d. genetica ha appunto fondato il giudizio di gravità indiziaria. P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.