Pretende e ottiene un aiuto economico dal parroco: è estorsione

I Giudici della Cassazione smentiscono la valutazione della Corte d’Appello ed escludono che si possa parlare di mera violenza privata”. Decisivo il dato rappresentato dalla intimidazione messa in atto dall’uomo sotto processo nei confronti di due sacerdoti. Irrilevante la minima entità della elargizione di denaro. Inutile anche il richiamo difensivo alla tendenza del prete a offrire un aiuto economico alle persone in condizioni di bisogno.

Pretendere – con forza e anche con velate minacce – un aiuto economico, anche piccolo, vale una condanna per estorsione. A fissare questo principio è la Cassazione, ritrovatasi ad esaminare la vicenda riguardante un uomo che ha preso di mira due sacerdoti, riuscendo alla fine a farsi dare 25 euro da uno e 50 euro dall’altro Cassazione, sentenza n. 3856/20, sez. II Penale, depositata oggi . Richieste. A portare il caso in Cassazione ha provveduto la Procura di Napoli, contestando la valutazione compiuta in secondo grado, valutazione che ha portato al ridimensionamento degli episodi contestati all’uomo sotto processo. Se in Tribunale è scattata la condanna per estorsione, in Appello, invece, i giudici hanno ritenuto più corretto parlare di mera violenza privata, a fronte delle ripetute e pressanti richieste di denaro avanzate nei confronti dei due sacerdoti. Secondo la linea della Procura, invece, la condotta dell’uomo è qualificabile come estorsione, poiché egli ha posto in essere una vera e propria intimidazione per ottenere elargizioni di denaro dai due parroci presi di mira. Estorsione. In premessa i giudici della Cassazione osservano che la ricostruzione della vicenda è certa nessun dubbio, in sostanza, sul fatto che l’uomo ha rivolto, in tempi diversi, minacce nei confronti di due parroci allo scopo di ottenere da ciascuno di loro somme di denaro”, riuscendo, peraltro, a ricavarne in un caso 50 euro e in un altro caso 25 euro. Secondo i giudici di Appello, però, è impossibile parlare di danno economico”, e quindi di estorsione”, poiché le pretese dell’uomo erano volte a ottenere dai parroci elargizioni qualificate come liberali”, come fanno di solito in favore dei soggetti bisognosi”. A questa visione, però, i giudici della Cassazione ribattono con una semplice osservazione, frutto di buonsenso la donazione o l’atto di liberalità avvengono per decisione spontanea di chi eroga la somma a titolo di sostegno”, e non possono, quindi, essere frutto di una minaccia o di una intimidazione”. Peraltro, anche se gli importi sono contenuti”, come in questo caso, è comunque configurabile un danno” alla luce delle somme consegnate, se pure per scopi benefici, con tali modalità e sottratte a impieghi derivanti dalla discrezionalità della persona che le detiene”. Di conseguenza, è logico catalogare come estorsione” la pretesa avanzata dall’uomo nei confronti dei due parroci, sanciscono i giudici della Cassazione. Questa valutazione dovrà essere considerata dai giudici d’Appello, che dovranno riesaminare la vicenda, tenendo presente, peraltro, che, come stabilito dalla Cassazione, il delitto di estorsione si realizza a fronte di una minaccia o di una intimidazione volta a ottenere somme in denaro, se pure per entità limitate e nei confronti di soggetti dei quali si presume la dedizione ad elargizioni gratuite”.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 dicembre 2019 – 29 gennaio 2020, n. 3856 Presidente Rago – Relatore Mantovano Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. La CORTE di APPELLO di NAPOLI con sentenza in data 8/04/2019, in riforma della sentenza con la quale il TRIBUNALE di NAPOLI in composizione monocratica data 16/07/2018 aveva condannato AR. Sa. a pena di giustizia per più episodi di estorsione e di tentativo di estorsione, commessi a ERCOLANO fino al 16/09/2017, riuniti per continuazione, col riconoscimento delle attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulla recidiva contestata, riqualificava i fatti come violenza privata continuata e rideterminava la pena. 2. Il PROCURATORE GENERALE della CORTE di APPELLO di NAPOLI propone ricorso per cassazione, e deduce l'erronea applicazione dell'art. 629 cod. pen. e la contraddittorietà della motivazione poiché la CORTE territoriale, pur dando atto che le condotte poste in essere dall'imputato erano state minacciose, ha tuttavia rivelato che esse non avevano provocato un danno ingiusto alle persone offese, né erano in tal senso idonee il che è per il ricorrente negato proprio dalla ricostruzione dei fatti, dai quali si evince come l'intimidazione più volte posta in opera da AR. fosse finalizzata a ottenere elargizioni in denaro, e quindi integri il delitto di estorsione, in due casi consumata, negli altri rimasta al livello del tentativo. 3. Il ricorso è fondato e la sentenza della CORTE di APPELLO di NAPOLI va annullata con rinvio per un nuovo giudizio. Non vi è incertezza sulla materialità della condotta posta in essere da AR., consistita nell'aver in tempi diversi rivolto minacce nei confronti di due parroci di ERCOLANO, allo scopo di ottenere da ciascuno di loro somme di denaro ricevendo in un caso da uno di loro l'importo di 50 e in un altro caso di 25 Euro. La derubricazione del Collegio di appello si basa sull'assenza di un danno economico, poiché le pretese dell'imputato erano volte a ottenere dai parroci elargizioni qualificate liberali, come solitamente costoro fanno in favore di soggetti bisognosi. Tale ragionamento appare tuttavia manifestamente illogico, come rilevato dal P.G. ricorrente, sia perché la donazione o l'atto di liberalità avvengono per decisione spontanea di chi eroga la somma a titolo di sostegno, non quando invece segua a una minaccia o a una intimidazione sia perché, se pure per importi contenuti, comunque un danno è configurabile nelle somme consegnate con tali modalità, sottratte a impieghi derivanti dalla discrezionalità di chi le detiene, se pure per scopi benefici. Che la limitata entità di somme o beni ottenuti con violenza o minaccia non escluda il carattere estorsivo della condotta costruisce un orientamento consolidato di questa S.C. cf. ex multis Sez. 2 sentenza n. 9024 del 05/11/2013 dep. 25/02/2014 Rv. 259065 - 01 imputati Lauria e altri, secondo cui integra il delitto di estorsione e non quello di violenza privata, la condotta del soggetto che faccia uso di violenza o minaccia per costringere il gestore di un bar a fornirgli consumazioni senza pagare il corrispettivo, così procurandosi un ingiusto profitto, anche se esiguo, con relativo danno per il soggetto coartato . Il principio di diritto cui si atterrà la CORTE di APPELLO nel giudizio di rinvio è pertanto che il delitto di estorsione si realizza a fronte di una minaccia o di una intimidazione volta a ottenere somme in denaro, se pure per entità limitate e nei confronti di soggetti dei quali si presume la dedizione a elargizioni gratuite . P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CORTE di APPELLO di NAPOLI per un nuovo giudizio.