Estinzione del reato per condotte risarcitorie e riparatorie: chi, quando e come valuta il quantum del danno?

Per il codice civile il risarcimento del danno deve essere sempre integrale e deve comprendere, quando non sia possibile provvedere in forma specifica, tanto il danno emergente quanto il lucro cessante.

Ma quando il legislatore penale fa riferimento al risarcimento del danno intende riferirsi sempre e comunque al risarcimento del danno come inteso dal codice civile oppure c’è spazio, in quelle sedi, anche per valutazioni quantitativamente” e qualitativamente” diverse onde per cui non necessariamente deve esserci perfetta coincidenza il risarcimento del danno rilevante a certi effetti penali deve coincidere con l’integrale risarcimento del danno a norma della legge civile? Del resto, sul punto erano intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 33864/15 riguardo all’art. 35 d.lgs. 274/00 secondo cui occorre valutare l’idoneità satisfattiva [dell’offerta risarcitoria/riparatoria] anche con riguardo alle esigenze di riprovazione e prevenzione e non già all’esaustività civilistica del risarcimento. Ed ancora, è possibile che ai fini delle condotte risarcitorie e riparatorie penalmente rilevanti possano venire in rilievo comportamenti quali quello di formalizzare le scuse alla persona offesa oppure l’intervento dell’assicurazione obbligatoria o no od ancora comportamenti che denotano una partecipazione attiva dell’imputato a rimuovere conseguenze dannose o evitare che comportamenti analoghi possano ripetersi? Il risarcimento del danno in sede penale. Ebbene, le sedi penalistiche alle quali principalmente intendo qui fare riferimento senza certamente esaurire il tema della rilevanza del danno sia per il diritto penale sostanziale che per quello processuale sono due la prima è la particolare forma di estinzione del reato di competenza del giudice di pace in presenza di condotte risarcitorie e riparatorie art. 35 d.lgs. n. 274/2000 e la seconda è la previsione di cui all’art. 162- ter c.p. di estinzione dei reati perseguibili a querela quando l'imputato ha riparato interamente il danno non mi soffermerò, quindi, sulla circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p. . La mia attenzione intende approfondire alcuni problemi che queste due fattispecie di estinzione del reato pongono nella loro pratica attuazione e nella dialettica processuale che il più delle volte si verifica tra imputato e persona offesa prima dell’apertura del dibattimento ciò alla luce di alcune ipotesi che possono assumere valore paradigmatico. Le due fattispecie estintive. La prima fattispecie, come anticipato, è quella prevista dall’art. 35 d.lgs. n. 274/2000, secondo cui il Giudice di Pace, sentite le parti e l’eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato [] quando l’imputato dimostra di aver proceduto prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato . Il secondo comma precisa poi che il Giudice di Pace pronuncia la sentenza di estinzione del reato di cui al comma 1 solo se ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione . La seconda fattispecie è quella prevista dall’art. 162- ter c.p. per il quale nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione [con l’eccezione del reato di atti persecutori, nda], il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato . Si tratta di istituti sicuramente volti ad ottenere una finalità deflattiva del contenzioso penale e che hanno, anche rectius avrebbero a ben vedere, un virtuoso effetto sui meccanismi di risoluzione delle controversie civilistiche avente ad oggetto domane risarcitorie – riparatorie derivanti da reato anche prevedendo – come in effetti prevede espressamente l’art. 162- ter – meccanismi disincentivanti rifiuti immotivati ed infatti, è il giudice che decide se l’offerta risarcitoria è congrua quando la persona offesa ritiene di non voler accettare l’offerta formulata . Risarcimento contestato. I maggiori problemi applicativi si pongono allorquando tra le parti non c’è accordo sull’entità del risarcimento del danno o sulla valutazione dell’idoneità delle condotte riparative. Ebbene, è proprio questo aspetto che, sotto diversi punti di vista, è stato affrontato dalle tre decisioni che qui pubblichiamo, due del Giudice di pace di Torino ed una del Tribunale di Parma. Il caso affrontato dal Giudice di pace di Torino con la sentenza del 31 ottobre 2019 aveva visto Tizio imputato di lesioni perché il suo cane, lasciato fuori da un esercizio commerciale privo di museruola, aveva azzannato al viso una ragazza facendole riportare lesioni personali giudicate guaribili in quindici giorni. In quel caso era sorta questione circa l’individuazione del danno e la relativa quantificazione ai fini dell’operatività della causa di estinzione del reato. Ed infatti, da un lato, l’imputato aveva invocato che, prima del processo, la sua assicurazione aveva proceduto a offrire alla persona offesa un assegno di 3000 euro. Dall’altro lato, la persona offesa aveva ritenuto non congrua quell’offerta sostenendo che le lesioni fossero maggiori e che, a tal fine, si sarebbe sottoposta a visita medico legale che non era stato precedentemente possibile fare . Dopo un rinvio per finalità conciliative, alla successiva udienza l’imputato offriva un’ulteriore somma pari a 9000 euro oltre a depositare una lettera di scuse scritta di proprio pugno ed oltre ad aver depositato una serie di documentazione dalla quale si evinceva che, dopo il fatto, l’imputata aveva fatto ricorso a specialisti cinofili per valutare il comportamento del cane in modo tale che un fatto come quello per cui era processo non si sarebbe dovuto ripetere. Risarcimento ad opera dell’assicurazione. In primo luogo, anche per l’art. 35 d.lgs. n. 274/2000 si possono porre le problematiche che già si ponevano con riferimento alla circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6 c.p. risarcimento del danno e, cioè, se sia rilevante il risarcimento del danno effettuato da un terzo nel caso da un’assicurazione . Orbene, per il Giudice di Pace di Torino l’estinzione del reato può essere pronunciata anche se l’offerta di risarcimento provenga dall’assicurazione in fondo la giurisprudenza è conforme nel ravvisare la volontà di riparazione anche nell’aver stipulato un’assicurazione [] o nell’aver rispettato gli obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivanti dall’attività pericolosa . L’importante e, quindi, che l’imputato sia cosciente del risarcimento, lo intenda fare proprio, non lo ostacoli e, anzi, lo solleciti facendo tutto ciò che è in suo potere fare affinché la persona offesa sia risarcita. E ciò vale specificamente per i casi di lesioni derivanti dalla circolazione stradale dove vige il sistema dell’assicurazione obbligatoria così anche la sentenza del Giudice di Pace di Torino del 10 ottobre 2019 in un caso di lesioni personali da circolazione stradale . Certo è che prima del giudizio vi debba essere un offerta che viene formulata, ovviamente, sulla base degli atti disponibili. Ecco perché potrebbe occorrere che il giudice disponga un rinvio dell’udienza al fine di acquisire ulteriori elementi affinché l’imputato valuti la congruità della sua offerta eventualmente integrandola all’occorrenza nel caso di specie il giudice molto opportunamente ha disposto un rinvio dal momento che la persona offesa, prima dell’udienza non era mai stata sottoposta a visita medico legale da parte dell’assicurazione . Come si determina il quantum da risarcire? Particolarmente interessante l’aspetto della valutazione della idoneità dell’offerta risarcitoria ad integrare la causa di estinzione del reato tutte le volte in cui vi sia contrasto tra l’imputato e la persona offesa sul quantum . Secondo il Giudice di Pace di Torino l’art. 35 richiede al giudice di operare un giudizio di equivalenza sanzionatoria svincolato da una effettiva ed integrale riparazione del danno in quanto la condotta riparatoria non può essere assimilata esclusivamente alla mera soddisfazione delle richieste formulate dall’offeso . Non è, quindi, detto che – come scrive Giudice di Pace di Torino del 10 ottobre 2019 – il danno sia risarcito esaustivamente. Allo stato degli atti. Peraltro, la conclusione circa la non necessaria esaustività appare rafforzata oltre dal principio di diritto delle sezioni unite del 2015 anche da ciò che la valutazione della congruità del risarcimento viene effettuata allo stato degli atti e senza istruttoria ai soli fini dell’estinzione del reato in fondo, l’istituto dell’art. 35 come il 162- ter c.p. ha finalità essenzialmente deflattive e sarebbe diseconomico procedere, ad esempio, ad una consulenza sul punto dal momento che la sede propria sarà il giudizio civile . Il comportamento dell’imputato. Ed allora era il caso deciso dal Giudice di Pace di Torino del 10 ottobre 2019 vi era stata un’offerta e poi la persona offesa ritiene, sulla base di una seconda relazione medico legale di parte, di aver diritto ad una somma maggiore si può ritenere che la prima offerta sia sufficiente ai fini dell’art. 35 unitamente ad altre circostanze del caso concreto scuse formulate dall’imputato, dinamica ordinaria” del sinistro ed assenza di dichiarazioni nell’immediatezza del sinistro a sé favorevoli da parte dell’imputato . Resta l’azione civile per la differenza. Del resto, la decisione ex art. 35 d.lgs. impregiudicata la possibilità di un nuovo e più completo accertamento del danno in sede civile come ebbero a sottolineare le Sezioni Unite con la sentenza n. 33866/15. Inoltre, ai fini della dichiarazione di estinzione del reato il giudice deve unicamente sentire” la persona offesa senza che questa possa, con la sua eventuale opposizione, limitare il potere decisorio del giudice in ordine alla satisfattività e alla congruità dell’offerta. Come si legge ancora più chiaramente nella sentenza del Giudice di Pace di Torino del 10 ottobre 2019 il meccanismo alternativo di deflazione del contenzioso si fonda sulla valutazione dell’autore del reato e non già sul consenso della persona offesa. La rilevanza delle condotte riparatorie. Infine, la vicenda decisa dal Tribunale di Parma con la sentenza del 4 marzo 2019 riguardava un tentativo di furto di merce alimentare da un supermercato e la rilevanza della condotta riparatoria ai fini dell’art. 162- ter c.p All’udienza l’imputato aveva offerto come risarcimento la somma di euro 50 a fronte di un danno che, secondo il Tribunale, doveva essere quantificato in poco più di 15 euro e ciò perché la quasi totalità della merce che l’imputato tentò di sottrarre era stata restituita e posta nuovamente in vendita dal supermercato . Tuttavia, la parte offesa aveva rifiutato tale offerta, valutandola insufficiente e sostenendo che non si sarebbe dovuto considerare il solo danno diretto, ma anche tutti i costi accessori, tra i quali le spese di prevenzione furti e le spese legali per il processo . Complessità della valutazione di congruità. Ecco allora che il Tribunale ha dovuto procedere alla valutazione della congruità dell’offerta dell’imputata ai fini dell’art. 162- ter c.p. come del resto anche le due sentenze del giudice di pace. Per il Tribunale la congruità deve essere valutata caso per caso [e] gli elementi da considerare non devono essere riferiti solo ai danni patiti dalla parte offesa, ma devono essere anche altri . In particolare, quegli elementi consistono, in primo luogo, sicuramente nel valore del bene perduto, ovvero del danno diretto effettivamente causato che non può che rappresentare anche il punto di riferimento di ogni altra valutazione. In secondo luogo, poi, il giudice dovrà tenere conto della reale offensività della condotta nel senso che tanto più bassa sarà l’offensività altrettanto bassa sarà la somma ritenuta congrua e, in terzo luogo, infine, il potere dissuasivo per il reo del risarcimento. Ebbene, è proprio su questo aspetto che la sentenza del Tribunale di Parma merita attenzione perché coglie in pieno un’efficacia pratica deterrente della responsabilità civile normalmente latente nella nostra riflessione civilistica in funzione special-preventiva. Ed infatti, per il Tribunale di Parma non è questione di danno punitivo ma il sottolineare un effetto deterrente del risarcimento che potrebbe prodursi di fatto e che, per il giudice, potrebbe trovare, de iure condendo , spazio nelle nuove varie forme di pene alternative, ovvero nella nuova concezione della funzione della pena, alla quale sia dottrina che giurisprudenza stanno dando risalto perché al reo non converrebbe economicamente delinquere se deve poi privarsi di una somma maggiore di quella che dovrebbe risarcire per evitare il processo penale il che, poi, è la logica che dovrebbe stare alla base della class action . Ed è sulla base di questa premessa che il Tribunale conclude affermando che se l’offerta si fosse limitata alla refusione del solo danno diretto sarebbe stata certamente insufficiente e inadeguata e quindi giudicata incongrua, quella della quale l’imputata si è privata, oltre a quella necessaria per le spese sostenute per formulare l’offerta reale, appare essere congrua secondo i criteri sopra illustrati e pertanto questo giudice ritiene congruo il risarcimento del danno offerto dall’imputato .

Giudice di Pace di Torino, sentenza 16 ottobre – 31 ottobre 2019, numero 640 Giudice Voria Motivazione Con decreto ritualmente notificato veniva disposta la citazione a giudizio della sig.ra Al. Ma. Lu. avanti l'Ufficio del Giudice di Pace di Torino per rispondere del reato sopra rubricato. Alla prima udienza dell'11.3.2018, stante l'imminente cessazione dall'incarico della dott.ssa Bi., veniva disposto un mero rinvio. Alla successiva udienza del 31.5.2019 la difesa imputato ribadiva, come già evidenziato al primo Giudice, che la compagnia assicuratrice aveva offerto alla p.o. in via risarcitoria, già in data 8.2.19, la somma di Euro 3.000,00 come da copia di assegno allegata alla memoria esplicativa 31.5.19 ed instava per l'applicazione dell'articolo 35 D.Lgs. 274/00 il difensore della p.o. ritirava rassegno, trattenendo l'importo quale acconto sul maggior dovuto, e si opponeva all'applicazione del citato articolo 35 in quanto l'offerta risarcitoria non era da ritenersi congrua rispetto al danno subito faceva altresì presente che la p.o. sarebbe stata sottoposta a visita medico legale dal fiduciario della compagnia assicurativa e pertanto instava per un rinvio nell'ottica di una completa definizione bonaria della vicenda il G. di P riservata ogni decisione sull'istanza di applicazione dell'articolo 35, concedeva il rinvio a fini meramente conciliativi. All'udienza del 16 ottobre 2019 l'avv. Alessandro depositava ulteriore memoria allegando assegno di Euro 9.000,00 in favore della p.o. da aggiungersi ai 3.000,00 già corrisposti e rinnovava l'istanza di applicazione dell'articolo 35 D.Lgs. 274/00 a lai fine consegnava al difensore della p.o. l'assegno Allianz Bank 15.7.19 ancora non ritirato dall'interessata, unitamente a lettera di scuse scritta di pugno dall'imputata. Il G. di ? sentito il P.M. che esprimeva parere favorevole, sentita la difesa della p.o. che instava per un ulteriore rinvio rinnovando la sua opposizione, provvedeva a dare lettura del dispositivo. L'articolo 35 del D.Lgs. 274/00 reca la previsione di ipotesi di estinzione del reato ispirata al favor reparandi e cioè conseguente a condotte riparatorie e risarcitorie del danno tali da realizzare una forma di compensazione nei confronti della persona offesa. Dal 2. comma dell'articolo 35 si desume che tra i requisiti richiesti vi è senz'altro quello della personalità si deve cioè trattare di una prestazione personale in quanto il Giudice deve accertare e valutare se le attività risarcitorie siano state idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del fatto e di prevenzione inoltre la condotta riparatoria deve essere volontaria e non frutto di coazione. Secondo la lettera della norma non si dovrebbe dunque dare alcuna rilevanza al risarcimento proveniente da un terzo ivi compresa la riparazione avvenuta ad opera dell'istituto assicuratore. Sul punto si richiama l'interpretazione della Consulta 138/98 circa la natura oggettiva della circostanza attenuante di cui all'articolo 62 numero 6 c.p. .l'interpretazione dell'articolo 62 numero 6 prima parte del codice penale, non contraddetta dalla formulazione testuale è nel senso che l'attenuante del risarcimento del danno in essa prevista sia operante anche quando l'intervento risarcitorio, comunque riferibile all'imputato, sia compiuto, prima del giudizio, dall'ente assicuratore . Giova rilevare inoltre che, a differenza di quanto previsto dall'articolo 62 numero 6 seconda parte c.p., l'articolo 35 richiede che la condotta riparatoria sia volontaria e non frutto di coazione ma non vi è cenno sul fatto che debba essere dettata anche da motivi interiori e non di convenienza. Ciò che il legislatore richiede, a ben vedere, è una partecipazione personale alla condotta riparatoria, cioè un comportamento fattivamente volto al soddisfacimento della pretesa risarcitoria, che si concreta anche quando il risarcimento, ancorché proveniente da terzi, è stato evidentemente provocato, sollecitato, o comunque non ostacolato dall'autore del reato attraverso interventi concreti atti ad assicurare alla persona offesa il ristoro del pregiudizio subito e a soddisfare le esigenze di riprovazione e di prevenzione connesse al fatto tipico. La giurisprudenza è conforme nel ravvisare la volontà di riparazione anche nell'avere stipulato un'assicurazione come nel caso di specie o nell'avere rispettato gli obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivanti dall'attività pericolosa. Ne consegue che anche il risarcimento eseguito dalla società assicurativa deve ritenersi effettuato personalmente dall'imputato tutte le volte in cui questi ne abbia coscienza e mostri la volontà di farlo proprio. In questo quadro va inserita la questione della perentorietà o meno del termine indicalo dal comma 1 del richiamato articolo 35 è noto che sul punto si è sviluppato un contrasto giurisprudenziale e, secondo l'attuale prevalente orientamento, davanti al Giudice di Pace il termine dell'udienza di comparizione, previsto per procedere alla riparazione del danno cagionato, avrebbe natura perentoria. La Suprema Corte ha fissato il principio secondo cui. relativamente alla speciale causa estintiva prevista dall'articolo 35 D.Lgs. 274/00, devono valere le medesime considerazioni svolte dalla giurisprudenza di legittimità in relazione all'omologa disposizione di cui al citato articolo 62 numero 6 c.p in base alle quali la prova dell'offerta riparatoria/risarcitoria può essere data dall'imputato prima di sottoporsi al vaglio del giudizio cfr. in proposito sentenza numero 34888/17 . Ciò premesso e venendo alla fattispecie in esame si deve rilevare che la compagnia assicuratrice, su sollecitazione della difesa dell'imputata, nonostante la p.o. non si fosse ancora sottoposta a visita medico legale e. quindi. esclusivamente sulla base della documentazione medica disponibile in quel momento, già l'8.2.2019 - e dunque in data antecedente alla prima udienza tenutasi l'11.3.19 - aveva emesso assegno Alliaz Bank per l'importo di Euro 3.000,00 in favore della p.o. somma accettata a titolo di acconto sul maggior dovuto . A causa di un mero rinvio disposto dal primo Giudice, stante la sua imminente cessazione dall'incarico, la consegna banco judicis del suddetto assegno e la contestuale istanza di applicazione dell'articolo 35 D.Lgs. 274/00 avvenivano alla successiva udienza del 31.5.19 ed in questa sede il G. di P., riservata la decisione sull'istanza, concedeva un ulteriore rinvio al solo fine di consentire al fiduciario della compagnia assicurativa di sottoporre a visita medico legale la parte lesa e verificare se vi fossero gli estremi per una integrazione del risarcimento nell'ottica di una chiusura definitiva della questione. Ed in effetti la compagnia assicuratrice, all'esito delle risultanze della perizia medico legale, offriva ulteriori Euro 9.000.00 con assegno Allianz Bank del 15.7.19 in ani , consegnato banco judicis al difensore della p.o. all'udienza del 16.10.2019. Ritiene il Giudicante che, alla luce del combinato disposto degli artt. 35 D.Lgs. 274/00 e 62 numero 6 c.p., laddove, come nel caso in esame, il versamento delle somme a titolo risarcitorio sia stato in concreto effettuato prima dell'udienza di comparizione - sulla base degli elementi a disposizione - e poi integrato prima della successiva udienza - sempre in via preliminare - sulla scorta delle risultanze della perizia medico legale e comunque prima dell'apertura del dibattimento e dunque prima che l'imputato si sottoponesse al vaglio del giudizio, risulta rispettata la ratio della norma - con riferimento all'articolo 35 D.Lgs. 274/00 - che è quella di assicurare la spontaneità della condotta riparatrice ed escludere che essa sia il risultato di contingenti calcoli processuali successivi all'espletamento dell'istruttoria dibattimentale. Una più ristretta interpretazione non sarebbe in linea con lo spirito deflativo che il D.Lgs. numero 274 è diretto ad incrementare con l'introduzione degli istituti alternativi di cui agli artt. 35 e 34. Per quanto attiene al quantum risarcitorio la norma rimette al Giudice di Pace di valutare se le condotte riparatone siano effettivamente idonee ad estinguere il reato o invece risultino insufficienti sul piano della prevenzione e della colpevolezza. Ciò che si richiede al Giudice è di operare un giudizio di equivalenza sanzionatoria svincolato da una effettiva ed integrale riparazione del danno in quanto la condotta riparatoria non può essere assimilata esclusivamente alla mera soddisfazione delle richieste formulate dall'offeso ciò tanto più se si considera che la pronuncia di estinzione del reato per condotte riparatone si limita ad accertare la congruità del risarcimento offerto, con valutazione dello stato degli atti e senza istruttoria, ai soli fini dell'estinzione del reato, lasciando impregiudicata la possibilità di un nuovo e più completo accertamento del danno in sede civile cfr. sui punto Cassazione Sez. Unite numero 33864/15 . Vieppiù si osserva che la norma, ben sposandosi con quanto sopra appena esposto, impone al Giudice di sentire la persona offesa - e cioè di ascoltarla - ma la sua opposizione non limita il potere decisorio del giudice di valutare la satisfattività e la congruità dell'offerta. Nel caso che ci occupa l'attività ristorativa deve ritenersi congrua rispetto al reato così come contestato in quanto soddisfa sia il danno derivante dal reato - inteso come danno cd. criminale e non civile - anche in rapporto alla durata della malattia che ne è derivata cos come indicata nel capo di imputazione gg. 15 ed alle conclusioni a cui sono giunti sia il medico legale di pane dott. Minelli sia il medico legale fiduciario della compagnia assicurativa dott.ssa Marzano in ordine all'invalidità permanente ed all'invalidità temporanea, così come riportate nella memoria avv. Al. 16.10.19 - sia le esigenze riparative e preventive. Precisato che quanto alla eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose si tratta di espressione che fa riferimento a quegli effetti rimovibili in cui si concreta l'offesa derivante dal reato, nel caso concreto è stato documentato che l'imputata ha adempiuto alle prescrizioni imposte dai veterinari dell'ASL ed ha sottoposto il proprio cane ad ulteriori controlli e visite comportamentali cfr. esito test comportamentale 2.11.18, referto visita medico veterinaria comportamentale 20.6.18, relazione clinica comportamentale di controllo 13.3.19 allegati alla memoria 31.5.19 proprio al fine di verificare l'equilibrio psichico dell'animale e, nel caso, adottare le soluzioni più idonee per evitare eventuali suoi comportamenti aggressivi vieppiù ha ulteriormente espresso il proprio dispiacere per l'accaduto con una lettera scritta di proprio pugno anch'essa in atti . Pertanto, avuto riguardo alle modalità con cui si è esplicata l'attività risarcitoria, tenuto conto del legame di proporzione con la gravita oggettiva e soggettiva del reato così come emerge dagli atti a disposizione , ritenuto pronosticamene contenuto il pericolo di reiterazione dello stesso posto che sia gli accorgimenti adottati dall'imputata tramite le consulenze veterinarie comportamentali, sia l'incensuratezza della stessa come emerge dal casellario giudiziale, fanno ritenere che si sia trattato di una condotta occasionale non ripetibile , si deve reputare che le attività riparatone e risarcitorie poste in essere dall'autore della condotta in contestazione siano idonee a soddisfare sia le esigenze di riprovazione del reato sia quelle di prevenzione e che pertanto possa trovare legittima applicazione l'istituto alternativo previsto dall' articolo 35 D.Lgs. 274/00. Dispositivo di sentenza Il Giudice di Pace di Torino Visti gli artt. 469 c.p.p. e 35 D.Lgs. 274/00 dichiara non doversi procedere nei confronti dell'imputata per il reato a lei ascritto essendo il reato estinto, perché l'imputata ha riparato il danno ed ha eliminato le conseguenze dannose/pericolose.

Giudice di Pace di Torino, sentenza 10 ottobre – 15 ottobre 2019, n. 620 Giudice Buchi Motivi della decisione Mu. An. è stato citato a giudizio con atto di citazione disposto dal Pubblico Ministero, ai sensi dell'art. 20 del D.Lgs. 28.08.2000. n. 274 così come modificato dall'art. 17 comma 4 lett. a del D.L. 27 luglio 2005. n. 144 . per il reato meglio descritto in epigrafe. Nel corso del giudizio, veniva integrato il fascicolo del dibattimento con il verbale di identificazione dell'imputato e con l'atto della querela presentata dalla persona offesa Bo. Gi. Ba., quale condizione di procedibilità. All'udienza di comparizione delle parti, la persona offesa si costituiva parte civile. Il difensore dell'imputato, attraverso memoria che depositava e che illustrava verbalmente, formulava istanza per la pronuncia dell'estinzione del reato per intervenuta condotta riparatoria, ai sensi dell'art. 35 D.Lgs. 274/2000, avendo l'assicurazione per la responsabilità civile dell'imputato provveduto al risarcimento, in favore della persona offesa, con due assegni per l'importo complessivo di Euro 4.097.00 comprensivo di spese legali . Si acquisiva la documentazione medica, le ricevute delle spese sanitarie/mediche e le relazioni medico legali relative alla lesioni patite dalla persona offesa. Il difensore dell'imputato consegnava al difensore della persona offesa una lettera di scuse sottoscritta dall'imputato ed indirizzata alla p.o., che si acquisiva in copia. Sentiti i difensori, emergeva come circostanza pacifica che l'imputato si fosse adoperato con la propria compagnia assicurativa perché la persona offesa venisse risarcita. La parte civile, tramite il suo difensore e procuratore speciale riteneva non congruo il risarcimento, richiedendo peraltro, in una memoria, la restituzione degli atti al Pubblico Ministero ravvisando addebitabile all'imputato il reato di cui all'art 189 cds. Al fine di favorire la conciliazione, il giudice che scrive si riservava la decisione in ordine alle istanze delle parti e disponeva un rinvio per consentire al difensore della parte civile di consegnare al suo assistito la lettera di scuse proveniente dall'imputato. All'odierna udienza, il difensore della persona offesa costituita parte civile riferiva che il suo assistito aveva accettato le scuse e deciso di revocare la costituzione di parte civile, ma che non era sua intenzione rimettere la querela. Il difensore dell'imputato rinnovava l'istanza di pronuncia di estinzione del reato ex art. 35 cit., richiedendo in subordine di ritenere la querela tacitamente rimessa. Il Pubblico Ministero si rimetteva alla decisione del giudice in ordine all'applicazione dell'art. 35 cit. e rilevava invece che la volontà della persona offesa di non procedere per i risarcimento dei danni non comportasse anche quella di rinunciare alla pretesa punitiva. Occorre in primo luogo qualche osservazione in ordine alla richiesta di restituzione degli atti al Pubblico Ministero, formulata dal difensore della pane civile e non più riproposta, attesa la revoca della costituzione in giudizio, poiché la questione ha ad oggetto la competenza/incompetenza per materia del giudice di pace, che può essere rilevata e valutata d'ufficio dal giudice. Si ravvisa la propria competenza in ordine al reato descritto nel capo imputazione, ai sensi dell'art. 4 D.Lgs. 274/2000. L'eventuale integrazione di ulteriore reato, quale quello previsto e punito dall'art. 189 cds. di competenza del Tribunale in composizione monocratica, potrebbe comportare l’instaurazione di un diverso procedimento penale presso l'A.G. competente, ma non certo determinare la restituzione degli atti del presente procedimento al Pubblico Ministero. Peraltro, in mancanza dello svolgimento di istruttoria dibattimentale l'istituto di cui all'art. 35 cit. comporta una definizione alternativa al processo , non vi sono elementi per apprezzare la condotta dell'imputato nei momenti successivi al sinistro. In secondo luogo, occorre rilevare che la volontà della persona offesa di proseguire nella richiesta punitiva, nonostante la revoca della costituzione di parte civile, risulta chiaramente espressa dal difensore e, peraltro, la revoca della costituzione di parte civile non costituisce un univoco comportamento incompatibile con la volontà di proseguire nella richiesta di punizione avanzata con la presentazione della querela, atteso che la domanda civile nel processo penale si pone in posizione di lateralità rispetto all'accertamento di penale responsabilità, ben potendo essere avanzata in sede civile. Ciò premesso, occorre ricordare che la declaratoria di estinzione del reato ai sensi dell'art. 35 D.Lgs. 274/2000 è possibile qualora l'imputato dimostri di aver proceduto alla riparazione del danno cagionato mediante le restituzioni o il risarcimento e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato, oppure qualora l'imputato vi provveda in seguito al rinvio disposto all'udienza di comparizione delle parti, nel caso abbia dimostrato di non aver potuto provvedere al risarcimento del danno prima dell'udienza di comparizione il giudice pronuncia la sentenza di estinzione del reato se ritiene le attività risarcitorie e riparatone idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione. L'istituto previsto dall'art 35 D.Lgs. 274/2000 ha sicura natura deflattiva del processo penale e pare logico che le attività riparatone e la relativa istanza di applicazione dell'art. 35 siano portate a conoscenza del giudice prima dell'inizio del dibattimento. In proposito, occorre osservare che. se parte della giurisprudenza della Suprema corte ritiene non superabile il limite dell'udienza di comparizione indicato dalla norma cfr. Cass. pen. sez. 5. 40818/05 41297/2008 sez. 5 31656/15 . altra parte invece ritiene il termine non perentorio e quindi superabile cfr. Cass. pen, sez. 5. 5581/05 sez. 5. 40027/14 si ritiene di aderire a tale secondo orientamento che appare ragionevole, specie nel caso in cui non si sia ancora provveduto all'apertura del dibattimento, tenuto conto altresì che la Corte costituzionale sent. 333/2005 ha ritenuto l'udienza di comparizione come la sede idonea per sollecitare soluzioni alternative al processo, come lo è appunto l'avvenuta condotta riparatoria che può condurre alla pronuncia di estinzione del reato. Nel caso di specie poi. occorre considerare che i difensori, all'udienza di comparizione, hanno pacificamente dato atto che un'attività riparatoria era già stata posta in atto dalla compagnia assicurative dell'imputato. L'attività riparatoria e la richiesta di pronuncia di estinzione del reato sono da considerare pertanto avanzate tempestivamente. Può essere quindi valutato il risarcimento liquidato dalla compagnia assicurativa alla parte civile e da questa trattenuto a titolo di acconto. La uniforme giurisprudenza della Suprema corte ha affermato che la tesi secondo cui il risarcimento del danno debba essere riconducibile direttamente e personalmente al solo imputato costituisce un criterio di interpretazione formalistico e letterale dell'art. 35 D.Lgs. 274/2000, avulso dalla realtà dei rapporti sociali. L'assicurazione per i danni cagionati dalla circolazione stradale ha infatti carattere di obbligatorietà e appare insensato pretendere che una persona proceda ad un risarcimento personale in presenza di un contratto di assicurazione sulla cui base, in concreto, sia avvenuto o possa avvenire il risarcimento dei danni. Diversamente, il responsabile del sinistro dovrebbe operare perché la compagnia non provveda al risarcimento e provvedervi personalmente, oppure provvedere egli stesso ad un risarcimento personale ulteriore rispetto a quello della compagnia assicurativa. L'interpretazione letterale della norma condurrebbe a tali assurde conseguenze ed alla disincentivazione della causa deflattiva di cui all'art. 35 cit. Cass. pen. Sez. 4. 15248/08 41043/08 33735/11 . Non è quindi necessario che al risarcimento provveda personalmente l'imputato, assumendo rilevanza anche il risarcimento effettuato dalle compagnie assicurative, come è avvenuto nel caso di specie. Può quindi essere valutato, nel caso di specie, anche alla luce dell'art. 133 c.p., se siano state soddisfatte le esigenze indicate dall'art. 35 cit., cioè se l'attività riparatoria posta in essere risulti in concreto idonea a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione, in modo da assicurare comunque una valenza retributiva e di prevenzione speciale all'intervento giurisdizionale Cass. pen. sez. 5. 27392/2009 . Tale valutazione può e deve essere compiuta con riferimento agli elementi presenti nel fascicolo del dibattimento allo stato degli atti . Sono il profilo della ritenuta inadeguatezza della somma posta a disposizione della pane civile, occorre richiamare le argomentazioni della Suprema corte contenute nella recente sentenza delle I Sezioni Unite Penali n. 33864/15 , nella quale viene affermalo il principio di diritto, per il quale, in tema di reati di competenza del giudice di pace, non sussiste l'interesse per la parte civile ad impugnare, anche ai soli fini civili, la sentenza emessa ex art. 35 D.Lgs. 274/2000 a seguito di condotte riparatorie, in quanto tale pronuncia, limitandosi ad accertare la congruità del risarcimento offerto ai soli fini dell'estinzione del reato, non riveste autorità di giudicato nel giudizio civile e non produce alcun effetto pregiudizievole nei confronti della parte civile. Nell'articolato ragionamento, la Corte rileva che la norma di cui all'art. 35 cit. è costruita con modalità interne al processo penale e tesa alla ricomposizione del conflitto sociale da un punto di vista penalistico la sentenza pronunciata dal giudice di pace contiene una valutazione in ordine all'entità dei danni subiti dalla parte civile, ma la persona offesa si trova in una posizione di lateralità processuale, non essendo previsto il suo consenso per l'operatività del meccanismo estintivo. In tale quadro di riferimento, afferma la Suprema corte, il positivo apprezzamento ai fini satisfattivi della idoneità della condotta riparatoria dell'imputato, prescinde dall'integrale risarcimento del danno, devoluto, ove necessario, alla competenza del giudice civile, potendo la parte civile, qualora non ritenga esaustivo il risarcimento offerto, adire il giudice civile rispetto alla cui decisione la pronuncia penale non avrà alcuna incidenza, in quanto la congruità del risarcimento, operata allo stato degli atti ed ai soli fini dell'estinzione del reato, lascia comunque impregiudicata la possibilità di un nuovo e completo accertamento circa l'esistenza e l'entità del danno in favore della persona offesa. Non occorre dunque una valutazione di esaustività del risarcimento versato, ai fini della dichiarazione di estinzione del reato a norma dell'art 35 D.Lgs. 274/2000. Nel caso di specie, dal contenuto delle relazioni medico legali e dallo scambio di corrispondenza, risulta che le parti fossero giunte ad una quasi sovrapponibile quantificazione dei danni pacifiche essendo le lesioni ed i postumi accertati e che vi sia stato uno scostamento solo in seguito alla seconda relazione medico legale di parte che, però, pare tenere in conto i medesimi riscontri oggettivi ed i medesimi postumi già valutati in occasione della prima visita. Il risarcimento liquidato alla persona offesa, alla luce della documentazione medica in ani e nel quadro di valutazione indicato dalla Suprema corte, appare pertanto congrua attività riparatoria. Resta impregiudicata la possibilità di un nuovo e completo accertamento da pane del giudice civile circa l'esistenza e l'entità dei danni patiti dalla persona offesa, come ha spiegato la Suprema Corte nella sentenza sopra citata Cass. pen. S.U. 33864/15 . Appaiono soddisfatte anche le esigenze di riprovazione del reato e infine quelle di prevenzione, tenuto conto della tipologia di reato per cui l'imputato è stato citato in giudizio lesioni colpose , della giovane età dell'imputato e delle scuse offerte alla persona offesa e del grado della colpa che non può ritenersi elevato, essendosi trattato di un sinistro ordinario. Non risulta inoltre che l'imputato abbia ostacolato, con dichiarazioni in ordine alla dinamica del sinistro a sé favorevoli, il risarcimento del danni da parte del responsabile civile. Occorre aggiungere infine che il giudice, constatati il verificarsi dei presupposti, come sopra esposti.,necessari per la declaratoria di estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie. può anche scavalcare la volontà negativa della persona offesa in ordine alla congruità del risarcimento già ricevuto e alla declaratoria di estinzione del reato, poiché la causa estintiva in oggetto si fonda sulla condotta dell'autore del reato e non sul consenso della persona offesa v. Cass. pen., sez. 5., 25015/06 31070/08 sez. 4, 10673/10 S.U. 33864/15 . Deve quindi essere emessa sentenza di pronuncia di estinzione del reato, ai sensi dell'art. 35 D.Lgs. 274/2000. P.Q.M. Visto l'art. 35 D.Lgs. 274/2000. dichiara estinto il reato ascritto a Mu. An. per intervenuta condotta riparatoria. Nulla sulle spese.

Tribunale di Parma, sentenza 4 marzo 2019 Giudice Giusteschi Conti Motivazione UR. Se., come in atti generalizzata, fu tratta a giudizio con decreto di citazione diretta del 29 giugno 2017 per l’udienza del 20 settembre 2017, quando la difesa eccepì la tardività della notifica del decreto disponente il giudizio e pertanto il processo fu rinviato all’udienza del 13 ottobre 2017. A detta udienza l’imputata, presente, chiese, a ministero del suo avvocato, un rinvio per poter risarcire il danno nulla opponendo il pubblico ministero, il processo fu rinviato all’udienza del 19 gennaio 2018. Quel giorno il difensore produsse la dichiarazione della parte offesa che rifiutava l’offerta di risarcimento, non ritenendola congrua, e chiese pertanto termine per poter procedere all’offerta reale, richiesta alla quale il pubblico ministero nulla oppose e dunque il processo fu rinviato per i medesimi incombenti e sospeso il termine prescrizionale, all’udienza del 5 luglio 2018, quando, depositato il verbale di offerta reale, nonché il procedimento di archiviazione per il coindagato ME. ed acquisiti gli atti di indagine con il consenso delle parti, essendo il giudice incompatibile, per aver svolto le funzioni di GIP, il processo fu rinviato dinanzi ad altro giudice all’udienza del 4 marzo 2019. A detta udienza le parti hanno concluso e il processo è stato deciso. UR. Se. il giorno 16 aprile 2015 fu sorpresa ad occultare all’interno della borsa diversi prodotti mentre faceva la spesa nel supermercato Esselunga” di via Emilia est, 230 di Parma. Oltrepassate le casse, avendo pagato solo i prodotti che aveva posto nel carrello, fu fermata dal personale addetto alla vigilanza, che accertò che nella sua borsa vi erano effettivamente i prodotti occultati e non pagati, il valore complessivo dei quali ammontava ad Euro 296,05. Per questo motivo fu denunciata in stato di libertà per furto aggravato in concorso con ME. Sh Non pare vi possano esservi dubbi che il reato del quale è stata imputata, furto art. 624 c.p. , è nella forma del tentativo. Per questo Esselunga l’ha ritualmente querelata e non ha inteso rimettere la querela a fronte dell’offerta risarcitoria fatta dall’imputata. Il danno diretto che Esselunga ha patito dalla vicenda oggetto di questo processo ammonta ad Euro 15,17 1, dacché la quasi totalità della merce che l’imputata tentò di sottrarre è stata restituita alla legittima proprietaria ed è stata posta nuovamente in vendita. L’offerta reale dell’imputata è stata di Euro 50,00, quindi è stata offerta una somma tre volte più alta del danno diretto. La parte offesa tuttavia ha rifiutato tale offerta, valutandola insufficiente e sostenendo che non si sarebbe dovuto considerare il solo danno diretto, ma anche tutti i costi accessori, tra i quali le spese di prevenzione furti e le spese legali per il processo. Siccome nel caso in esame non si verte nell’ipotesi contemplata nel primo periodo del primo comma dell’articolo 162 ter c.p., ove è previsto l’integrale risarcimento del danno, seppure comprensibili, le richieste della parte offesa non possono essere accolte ai fini della valutazione che questo giudice deve fare della congruità della somma offerta, per lo meno non interamente. Posto che la congruità deve essere valutata caso per caso, per addivenire a tale valutazione, infatti, gli elementi da considerare non devono essere riferiti solo ai danni patiti dalla parte offesa, ma devono essere anche altri. Ciò detto, però, il primo parametro da considerare per il giudizio di congruità deve essere il valore del bene perduto, ovvero del danno diretto effettivamente causato su tale valore devono essere parametrate tutte le successive valutazioni ogni scelta non può prescindere da tale valore, per valutare dunque la congruità occorre certamente partire da esso. Si deve indi considerare la reale offensività della condotta la congruità sarà proporzionalmente legata ad essa tanto più bassa sarà la prima, altrettanto bassa sarà la somma ritenuta congrua, innalzandosi la prima, si innalzerà anche il valore della somma che dovrà essere ritenuta congrua. Si deve poi considerare se la somma offerta ai sensi dell’articolo 1208 c.c. comunque possa avere un potere dissuasivo per il reo si tratta quindi di una valutazione che afferisce strettamente alla situazione del reo, alle sue reali condizioni economiche. La somma, almeno tendenzialmente, deve essere tale da costituire un deterrente a commettere nuovamente la condotta criminosa, deve, tendenzialmente renderla antieconomica. L’applicazione di tale rimedio quindi, per paradosso, avrebbe tanto più effetto deterrente, quante più volte il reo si dovesse trovare a farne uso se, infatti, a fronte di nessun guadagno dalla condotta criminosa, ne subisse un detrimento economico sensibile, ciò gli, o le, renderebbe sempre meno conveniente delinquere. Se è vero, come è vero, che nel nostro ordinamento i danni punitivi devono essere previsti da specifiche disposizioni normative, tra le quali non rientra l’articolo 162 ter c.p., che fa riferimento al risarcimento del danno e quindi alla teoria differenziale sul quale esso si fonda, ovvero, in altre parole, alla sua natura compensativa e non sanzionatoria, l’effetto deterrente potrebbe però prodursi di fatto, se non in diritto, e una tale funzione potrebbe trovare, de iure condendo, spazio nelle nuove varie forme di pene alternative, ovvero nella nuova concezione della funzione della pena, alla quale sia dottrina che giurisprudenza stanno dando risalto. Siccome al momento dell’offerta il reo perde la disponibilità della somma, il detrimento lo ha già subito senza nessun costo aggiuntivo per la parte offesa né per lo Stato e si potrebbe parlare, latu sensu, di fatto, se non di diritto, di una pena autoinflitta. In definitiva, l’applicazione diffusa di tale rimedio potrebbe addirittura tendenzialmente contribuire alla copertura delle altre spese, degli altri danni, lamentati dalle parti offese che con maggiore frequenza possono subire danni da condotte quali quelle oggetto dell’odierno processo. Parti offese che non possono d’altronde ottenere la refusione di spese quantificate senza contraddittorio e senza il vaglio di un giudice, a meno quindi di una rigorosa prova da costituirsi, appunto, in un apposito giudizio, che avrebbe però assai di frequente scarsa utilità per l’incapienza dei convenuti. Venendo perciò al caso in esame, l’imputata ha tentato di sottrarre al supermercato beni alimentari, di prima necessità ha giustificato la sua condotta con la crisi economica che si trovava ad attraversare2 date le sue condizioni economiche, per le quali la perdita di anche soli” 50 Euro possono costituire un problema e quindi un deterrente, data la scarsa offensività della condotta dalle parole riportate dagli agenti emerge una certa qual resipiscenza , considerato che Esselunga, incassando l’offerta, avrebbe sì una piccola somma, ma senza sforzo e d’altronde non avrebbe subito alcun danno diretto, i criteri sopra illustrati appaiono tutti presenti. In conclusione, se l’offerta che si fosse limitata alla refusione del solo danno diretto sarebbe stata certamente insufficiente e inadeguata e quindi giudicata incongrua, quella della quale l’imputata si è privata, oltre a quella necessaria per le spese sostenute per formulare l’offerta reale, appare essere congrua secondo i criteri sopra illustrati e pertanto questo giudice ritiene congruo il risarcimento del danno offerto dall’imputata. P.Q.M. Visto l’articolo 129 del codice di procedura penale, Dichiara non doversi procedere nei confronti di UR. Se., per essere il reato ascrittogli estinto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 162 ter c.p., avendo ritenuta congrua la somma offerta. Indica il termine per il deposito della motivazione in giorni 90.