Indebita compensazione, legittimo il sequestro della casa e dell'auto dell'ex coniuge

Se vi sono indizi che l'ex marito indagato abbia ancora la disponibilità di determinati beni, è legittimo intervenire sui beni della ex moglie Cass. 10 gennaio 2020 n. 554 .

Anche se marito e moglie si sono separati, è legittimo il sequestro sulla casa e sull'auto della ex moglie del presunto evasore, se vi sono indizi che il contribuente abbia ancora la disponibilità di quei beni Cass. 10 gennaio 2020 n. 554 . Il caso. La vicenda esaminata dai Giudici di legittimità riguardava una contribuente alla quale erano state sequestrate l'auto e la casa in seguito ad un'inchiesta per indebita compensazione di imposte riguardante l'ormai ex marito. La donna aveva evidenziato che l'acquisto della casa era avvenuto mediante un mutuo, e che comunque la separazione dal marito era remota nel tempo. Ciò nonostante, la casa ove il marito affermava di essere residente era da anni nell'abbandono. Il sospetto degli inquirenti era che l'uomo disponesse ancora dei beni formalmente intestati alla ricorrente sospetto evidenziato anche dal giudizio della Suprema Corte che, concordando con i giudici del riesame, ha ricostruito la disponibilità da parte dell'ex marito dei beni sequestrati. E, ha evidenziato la Terza Sezione Penale della Cassazione, in merito al concetto di disponibilità è necessario dedurre l'esistenza di un potere di fatto sulla cosa, esercitabile anche mediante terzi, tale da consentire che la stessa rientri nella sfera di interessi economici del reo. Fonte mementopiu.it

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 luglio 2019 – 10 gennaio 2020, n. 554 Presidente Lapalorcia – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10 dicembre 2018 il Tribunale di Bergamo ha respinto l'appello cautelare proposto da Mo. Be. nei confronti dell'ordinanza del 5 novembre 2018 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con cui era stata respinta la richiesta di restituzione dei beni alla stessa sequestrati un appartamento, un box auto e una automobile , in funzione della confisca per equivalente del profitto del reato di indebita compensazione, pari a Euro 1.536.122,00, contestato come commesso nei periodi di imposta 2012, 2013 e 2014 da parte di Si. Fo. e Al. Co. coniuge separato della Be. , quali amministratori della S.r.l. Antema. Il Tribunale, nel disattendere l'impugnazione proposta dalla Be. avverso il diniego di restituzione dei beni sequestrati, fondata sulla mancata ricerca di beni della S.r.l. Antema da sottoporre a sequestro in via diretta, sulla mancanza di collegamento tra i beni sequestrati e il profitto del reato e sulla esclusiva disponibilità degli stessi da parte della appellante, ha sottolineato gli esiti delle verifiche compiute dalla Guardia di Finanza sulla capienza patrimoniale della S.r.l. Antema e del Fo., dalle quali era risultato che la società non era titolare di diritti reali su beni immobili, né era intestataria di beni mobili registrati e non intratteneva rapporti di conto corrente attivi, e ha rilevato l'inammissibilità dei rilievi relativi alla individuazione dei beni da sottoporre a sequestro, trattandosi di questione rimessa alla fase esecutiva. Sono, poi, stati evidenziati gli elementi indicativi della condivisione della attività lavorativa da parte dei coniugi Co. - Be. fino al 2015 e della, conseguente, riconducibilità all'indagato Co. della effettiva disponibilità dei beni formalmente intestati alla Be. e sottoposti a sequestro per equivalente tra cui la intestazione dei contratti delle utenze della abitazione familiare lo stato di abbandono della casa materna nella quale il Co. aveva dichiarato di risiedere la delega ad operare sul conto corrente della Be. fino alla fine del mese di aprile 2017 la voltura a favore della ricorrente di tali contratti e la revoca della delega solo dopo l'avvio delle indagini e l'audizione dei coniugi come persone informate sui fatti la richiesta di Co., formulata nel 2013, successivamente alla separazione personale, di accreditare i propri emolumenti sul conto corrente della Be. la disponibilità della automobile della Be. da parte di Co. . 2. Avverso tale ordinanza la appellante ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato la violazione e l'errata applicazione degli artt. 321 e 322 ter cod. proc. pen. e 12 bis D.Lgs. 74/2000, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. 2.1. Ha censurato, in particolare, l'affermazione del Tribunale secondo cui i beni sequestrati, costituiti da un immobile adibito ad abitazione in Comune di Villongo, da una automobile BMW e dalle somme depositate sul conto corrente bancario a essa sola intestato su cui il coniuge era stato solamente delegato a operare fino all'anno 2017 , sarebbero stati nella disponibilità del coniuge separato della ricorrente, Al. Co. sottoposto alle indagini in relazione al reato di indebita compensazione commesso quale amministratore della S.r.l. Antema , non essendo emersi elementi indicativi dell'esercizio da parte sua di poteri di fatto corrispondenti a quelli attribuiti al titolare di diritti su tali beni, essendo, invece, stata fondata detta affermazione su una presunzione priva di riscontri, in ordine alla simulazione della separazione personale tra i coniugi Co. - Be., non essendo il mero utilizzo estemporaneo o episodico dei beni sequestrati da parte del Co. idoneo a ritenere che su essi costui avesse un potere di fatto. Ha sottolineato, in particolare, che l'abitazione familiare era stata acquistata dalla sola Be., che a tale scopo aveva stipulato un contratto di mutuo di cui aveva provveduto a restituire le relative rate, e che non vi erano elementi a sostegno della affermazione della stabile occupazione di tale immobile da parte del Co. successivamente alla separazione personale dalla Be., che sin dal 2016, dunque anteriormente alla sua audizione quale persona informata sui fatti, aveva provveduto a intestare solo a sé stessa i contratti relativi alle utenze domestiche. Ha contestato anche la affermazione dello stato di abbandono della abitazione nella quale il Co. aveva trasferito la propria residenza, dopo la separazione personale, e della disponibilità da parte sua del conto corrente intestato alla Be., non avendo mai utilizzato la delega conferitagli prima della separazione per compiervi operazioni, giacché il versamento dei suoi emolumenti su tale conto era dovuto alla necessità di versare l'assegno di mantenimento stabilito a suo carico a favore della moglie e del figlio minore alla stessa affidato in sede di separazione personale. Analoghi rilievi ha svolto a proposito della affermazione della disponibilità della propria automobile da parte del Co., fondata in modo illogico sul solo utilizzo saltuario della stessa, tra l'altro compiuto solamente per accompagnare il figlio a praticare attività sportive. Ha pertanto affermato il carattere congetturale delle affermazioni mediante le quali era stato giustificato il rigetto dell'appello cautelare, essendo stata ricavata la prova della effettiva disponibilità dei beni sequestrati da un loro uso saltuario da parte dell'indagato, concludendo per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. 2.2. Con memoria del 30 maggio 2019 la ricorrente ha ribadito tali doglianze, ai sensi degli artt. 585, comma 4, e 611 cod. proc. pen. e 167 disp. att. cod. proc. Ha sottolineato, in particolare, la carenza della motivazione dell'ordinanza impugnata e la erronea sovrapposizione da parte del Tribunale delle nozioni di detenzione e possesso, posto che solo da quest'ultimo, nella specie non configurabile, avrebbe potuto ricavarsi l'effettiva disponibilità dei beni intestati alla Be. da parte dell'indagato Co., cosicché l'affermazione della disponibilità dell'immobile e del veicolo intestati alla Be. da parte del coniuge separato, che ne aveva consentito il sequestro per equivalente, risultava fondata su una errata interpretazione della nozione di effettiva disponibilità di cui all'art. 12 bis D.Lgs. 74/2000. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, essendo volto a censurare l'adeguatezza e la logicità della motivazione, nella parte relativa all'accertamento della disponibilità dei beni sequestrati da parte dell'indagato Al. Co., coniuge della ricorrente, formalmente titolare di tali beni. 2. Va preliminarmente ricordato che il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali può essere esaminato solo in relazione al vizio di violazione di legge non essendo consentita, in subiecta materia, la deduzione del vizio di motivazione per espresso dettato dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen. Nondimeno, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito come nella violazione di legge siano ricompresi anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice, con conseguente violazione dell'art. 125 cod. proc. pen. cfr., ex multis, Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 e, da ultimo, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv.254893 Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119 Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 . Sempre in premessa è necessario rammentare che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l'apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall'esterno tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260 Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, Tosto, Rv. 250362 Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D'Ippedico, Rv. 271623 . Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575 Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099 Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716 . 2.1. Nel caso in esame il Tribunale di Bergamo ha sottolineato analiticamente i plurimi elementi indicativi della disponibilità anche da parte dell'indagato Co. dei beni formalmente intestati alla ricorrente, sottoposti a sequestro per equivalente, evidenziando che - con atto pubblico del 11 marzo 2009 i coniugi avevano costituito un fondo patrimoniale, cui era stato conferito l'immobile adibito ad abitazione familiare, acquistato dalla sola Be. nel 2006 - il 16 aprile 2012 era stata omologata la separazione personale tra i coniugi, in concomitanza con le difficoltà finanziarie di altra società amministrata da Co. La Sfinge Gestioni Immobiliari S.r.l. , dichiarata fallita nel luglio 2012, in relazione alla quale il Co. deve rispondere di reati fiscali e fallimentari - i redditi della Be., che fino al 2008 aveva lavorato part time, con retribuzioni comprese tra 10.000,00 e 13.000,00 Euro all'anno, risultavano insufficienti a consentire l'acquisto della proprietà dell'immobile destinato ad abitazione familiare - dopo la separazione personale la ricorrente aveva iniziato a lavorare alle dipendenze della S.r.l. Antema amministrata dal Co., percependo retribuzioni più elevate, e, successivamente, fino al dicembre 2015, presso la ESSE Gi Costruzioni, anch'essa controllata dal Co. - quest'ultimo risultava anche titolare dei contratti relativi alle utenze della abitazione familiare, mentre quella ricevuta dalla madre e nella quale aveva dichiarato di essersi trasferito dopo la separazione risultava in stato di abbandono - il Co. era stato anche delegato a operare sul conto corrente della Be., fino al mese di aprile 2017, successivamente alla audizione di entrambi i coniugi da parte della polizia giudiziaria come persone informate sui fatti, e sul medesimo conto corrente bancario venivano accreditati gli emolumenti del Co., anche successivamente alla separazione personale dalla consorte - lo stesso Co. era stato visto più volte uscire dalla abitazione familiare alla guida della automobile intestata alla Be., sulla quale si trovava anche al momento dell'esecuzione del sequestro. Da questo complesso di elementi il Tribunale, in accordo con il primo giudice, ha ricavato, in modo logico, la disponibilità da parte del Co. dei beni sequestrati, benché formalmente intestati alla ricorrente, in considerazione dei plurimi e convergenti elementi deponenti nel senso della fittizietà della intestazione alla sola Be. della abitazione familiare e della automobile e della provenienza del denaro depositato sul conto corrente bancario alla stessa intestato anche, se non in prevalenza dal Co., con la conseguente sussistenza del presupposto della effettiva disponibilità per poterne disporre il sequestro ai sensi dell'art. 12 bis D.Lgs. 74/2000. 2.2. Di tale ricostruzione, coerente con gli elementi a disposizione e immune da vizi logici, la ricorrente censura la giustificazione, che è stata fornita dal Tribunale in modo del tutto adeguato, con motivazione congrua e che non può certamente dirsi mancante o apparente, cosicché i rilievi della ricorrente risultano non consentiti in questa sede, sia perché sono volti a censurare l'adeguatezza e la logicità della motivazione, che non è mancante né apparente sia perché attengono alla valutazione sul piano del merito degli elementi indiziari relativi alla effettiva disponibilità da parte dell'indagato dei beni sequestrati, di cui è stata proposta una lettura alternativa allo scopo di pervenire alla esclusione di detta disponibilità, anch'essa non consentita nel giudizio di legittimità. Ne consegue, in definitiva, l'inammissibilità delle doglianze della ricorrente. 2.3. L'inammissibilità dell'unico motivo cui è stato affidato il ricorso determina l'inammissibilità dei motivi nuovi formulati con la memoria del 30 maggio 2019, che quindi non possono essere esaminati, posto che la facoltà di presentare motivi nuovi presuppone la proposizione di un ricorso idoneo a consentire la costituzione di valido rapporto processuale di impugnazione, nell'ambito del quale i motivi di ricorso già proposti possono essere sviluppati o ulteriormente illustrati, cosicché se i primi sono inammissibili non vi è luogo a un loro sviluppo e quindi non è consentita la proposizione di motivi nuovi. Può, in ogni caso, osservarsi che non è dato di ravvisare alcuna violazione o erronea applicazione dell'art. 12 bis D.Lgs. 74/2000 da parte del Tribunale, posto che tale disposizione prevede la confisca dei beni di cui il reo abbia la disponibilità e che nel caso in esame sono stati ampiamente evidenziati i plurimi elementi indicativi in modo univoco del potere di fatto esercitato dall'indagato sulle cose sequestrate. Il Tribunale ha, infatti, evidenziato gli elementi indiziari indicativi della esistenza di tale potere di fatto, senza operare alcuna indebita sovrapposizione delle nozioni di detenzione e possesso, che non sono richiamate dalla disposizione di cui è stata denunciata la violazione, che, nel fare riferimento al concetto di disponibilità, ritiene sufficiente l'esistenza di un potere di fatto sulla cosa, esercitabile anche mediante terzi, tale da consentire di ritenere che la stessa rientri nella sfera di interessi economici del reo cfr. Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018, dep. 31/01/2019, De Nisi, Rv. 274852 Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013, Ucci, Rv. 255950 Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, Costagliola, Rv. 252378 Sez. 5, n. 13276 del 24/01/2011, Orsi, Rv. 249838 , cosicché tale potere può anche non avere l'estensione corrispondente al possesso, come definito dall'art. 1140, comma 1, cod. civ., essendo sufficiente l'esistenza di un potere di fatto nel senso anzidetto, anche più limitato di quello spettante al possessore, giacché può anche non ricomprendere tutti i poteri e le facoltà a questi riservate, purché sussista un potere di fatto sulla cosa che consenta di ritenere che la stessa rientri nella sfera di interessi del reo e che questi abbia il potere, anche tramite terzi, di goderne e disporne. 3. Il ricorso in esame deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, essendo stato affidato a doglianze non consentite nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondate. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente, l'onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.