Valida la notifica al difensore se il detenuto all’atto della scarcerazione non elegge domicilio

Posto che il detenuto ha il dovere di eleggere domicilio all’atto della scarcerazione e appena prima che questa sia eseguita, non vi sono ragioni per escludere che, ove l’onere non venga adempiuto, le notificazioni successive siano validamente effettuate con consegna di copia al difensore, secondo quanto disposto dall’art. 161, comma 4, c.p.p

Così ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 51513/19, depositata il 20 dicembre. Il fatto. Il Tribunale di Macerata rigettava la richiesta di P.K. diretta ad ottenere la restituzione in termini per proporre appello avverso una sentenza emessa nei suoi confronti. Infatti, il richiedente sosteneva che al momento della notifica del decreto di citazione a giudizio era detenuto e poi era stato scarcerato prima della celebrazione della prima udienza dibattimentale, senza però procedere ad eleggere domicilio. Pertanto, la notifica dell’estratto contumaciale è stata eseguita presso il difensore di fiducia ex art. 161, comma 4, c.p.p Propone ricorso in Cassazione P.K. lamentando che l’elezione di domicilio eventuale non avrebbe potuto comunque riguardare il procedimento in questione ma era differibile al procedimento per cui egli si trovava in stato di detenzione. Onere di eleggere domicilio. In proposito la Cassazione chiarisce che la dichiarazione o l’elezione di domicilio, da farsi all’atto della scarcerazione e appena prima che questa sia eseguita, devono essere comunicate all’autorità giudiziaria del procedimento a cui ineriscono e, ancor prima, che l’imputato detenuto per altro, che abbia ricevuto in stato di restrizione carceraria, la notificazione della citazione a giudizio in altro procedimento, ha l’onere di dichiarare o eleggere domicilio anche in riferimento a tale ultimo procedimento. Raggiunta la conclusione della sussistenza di un onere di tal fatta, non vi sono ragioni per escludere che, ove l’onere non venga adempiuto, le notificazioni successive siano validamente effettuate con consegna di copia al difensore, secondo quanto disposto dall’art. 161, comma 4, c.p.p. anche per il caso in cui la dichiarazione o l’elezione non siano state fatte . Alla luce di ciò la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 6 – 20 dicembre 2019, n. 51513 Presidente Rocchi – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Macerata, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di K.P. , diretta alla dichiarazione di invalidità del titolo esecutivo e di restituzione in termini per proporre appello avverso la sentenza n. 6 del 2016 emessa nei suoi confronti l’11 gennaio 2016. 1.1. Ha osservato che il richiedente, al momento della notifica del decreto di citazione a giudizio, era detenuto e poi fu scarcerato prima che si celebrasse la prima udienza dibattimentale. Secondo il disposto dell’art. 161 c.p.p., comma 3, avrebbe dovuto fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio all’atto della scarcerazione, fatto questo che non risulta essersi verificato. Correttamente, pertanto, la notifica dell’estratto contumaciale è stata eseguita presso il difensore di fiducia, secondo quanto previsto dall’art. 161 c.p.p., comma 4. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di K.P. , che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. K.P. , al momento della scarcerazione, non si trovava in stato di detenzione per il procedimento a cui si riferisce il titolo esecutivo per il quale è stata proposta richiesta, contrariamente a quanto ritenuto nella impugnata ordinanza. Una eventuale elezione di domicilio, se mai fosse intervenuta, non avrebbe potuto aver riguardo a detto procedimento in quanto riferibile ad altro e distinto procedimento, ovvero quello per il quale si trovava in stato di detenzione. 2.1. La conseguenza è che la mancata elezione di domicilio, lungi dal costituire premessa per l’applicazione dell’art. 161 c.p.p., comma 4, ben avrebbe dovuto comportare la notificazione della sentenza ai sensi di quanto disposto dagli artt. 157 e 159 c.p.p Da qui la nullità della notificazione del titolo esecutivo. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. 2. Ai sensi di quanto disposto dall’art. 156 c.p.p., comma 4, la notificazione all’imputato in stato di detenzione carceraria va fatta con consegna di copia alla persona nel luogo di detenzione pur quando l’atto da notificare afferisca a procedimento diverso da quello per il quale l’imputato si trovi in stato di restrizione carceraria e sempre che lo stato di detenzione sia noto all’autorità che ha disposto la notifica. La disposizione richiamata non distingue tra prima notificazione e notificazione successiva alla prima e sembra quindi dover operare in entrambe le situazioni. Se, sul punto, può sorgere dubbio ove l’imputato, trattandosi di notificazione successiva alla prima, abbia già provveduto a dichiarare o eleggere domicilio, tanto che nella giurisprudenza di legittimità si registrano pronunce di diverso e contrapposto contenuto circa la prevalenza o meno della precedente dichiarazione o elezione di domicilio sul sopravvenuto stato detentivo - v., da ultimo ed esemplificativamente, Sez. 6, n. 18628 del 31/03/2015, EI Cherquoi, Rv. 263483, per la quale è nulla la notificazione effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato detenuto, il cui sopravvenuto stato di detenzione sia noto al giudice procedente e Sez. 2, n. 21787 del 04/10/2018, dep. 2019, Casali, Rv. 275592, secondo cui è valida la notifica eseguita presso il domicilio eletto dall’imputato detenuto e non presso il luogo di detenzione noto all’autorità procedente, atteso che anche l’imputato detenuto ha facoltà di dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 1 - nessuna incertezza può ravvisarsi sulla disposizione normativa da applicare per il caso in cui si tratti, come è nella vicenda in esame, della prima notificazione nei confronti dell’imputato detenuto per altro. 2.1. Correttamente, quindi, la notifica del decreto di citazione a giudizio fu fatta a K.P. nel luogo ove questi era detenuto per altro procedimento. Non va a tal proposito omesso di osservare che la scelta di una diversa modalità di notificazione per il decreto di citazione a giudizio e quindi l’inosservanza della disposizione dell’art. 156 c.p.p. avrebbe comportato la nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 179 c.p.p. , a nulla rilevando l’eventuale conoscenza ottenuta in altro modo dall’imputato dell’udienza dibattimentale -Sez. 6, n. 21848 del 21/05/2015, Fioravanti, Rv. 263629 Sez. 2, n. 43720 del 11/11/2010, Visconti, Rv. 248978 -. 3. Se si assume in premessa che la prima notificazione va fatta in carcere pur quando l’imputato sia detenuto per altro, è conseguente dedurre la sussistenza in capo a quest’ultimo dell’onere di dichiarare o eleggere domicilio, al momento della scarcerazione, anche in riferimento al procedimento per il quale ha ricevuto la notificazione. Questo fatto processuale, appunto la notificazione, impegna il destinatario sul piano del generale dovere collaborativo con l’autorità che procede e che trova compiuta estrinsecazione nelle previsioni dei primi due commi dell’art. 161 c.p.p., che fanno carico all’imputato, al momento del primo contatto con l’autorità procedente o della prima notificazione, di dichiarare o eleggere domicilio in vista delle successive. 3.1. Non giova ribattere, in senso contrario, che l’art. 161 c.p.p., comma 3, nel prescrivere che il direttore dell’Istituto trasmetta il verbale contenente la dichiarazione o elezione di domicilio all’autorità che ha disposto la scarcerazione . , intenderebbe confinare l’efficacia della dichiarazione e dell’elezione, fatte al momento della scarcerazione, al procedimento nel quale essa, e la detenzione prima, sono state disposte. La disposizione, infatti, va raccordata con quella già prima illustrata di cui all’art. 156 c.p.p., comma 4, che impedisce di leggere quel riferimento all’autorità che ha disposto la scarcerazione in termini di esclusività. Al di fuori di questo necessario raccordo, e quindi in assenza di una notificazione relativa ad altro procedimento, non è dubbio che validità ed efficacia dell’elezione o della dichiarazione di domicilio fatte all’atto della scarcerazione debbano essere limitate al procedimento nel quale la scarcerazione è disposta, salvo che dall’atto non risulti una diversa ed inequivoca dichiarazione dell’interessato - Sez. 6, n. 49498 del 15/10/2009, Santise, Rv. 245650 -. 3.2. Quando, però, in carcere è stata validamente effettuata una notificazione relativa ad altro procedimento, il riferimento alla lettera della disposizione di cui all’art. 161, comma 3, e quindi alla menzione soltanto dell’autorità che ha disposto la scarcerazione, si rivela assai poco ragionevole. Occorre allora aver riguardo alla disposizione generale di cui all’art. 44 disp. att. c.p.p., a norma della quale le dichiarazioni fatte ai sensi dell’art. 123 del codice dalla persona detenuta sono comunicate all’autorità giudiziaria competente, e non soltanto a quella che ha disposto la custodia in carcere. La conclusione è che anche la dichiarazione o l’elezione di domicilio, da farsi all’atto della scarcerazione e appena prima che questa sia eseguita, devono essere comunicate all’autorità giudiziaria del procedimento a cui ineriscono e, ancor prima, che l’imputato detenuto per altro, che abbia ricevuto in stato di restrizione carceraria, la notificazione della citazione a giudizio in altro procedimento, ha l’onere di dichiarare o eleggere domicilio anche in riferimento a tale ultimo procedimento. 4. Raggiunta la conclusione della sussistenza di un onere di tal fatta, non vi sono ragioni per escludere che, ove l’onere non venga adempiuto, le notificazioni successive siano validamente effettuate con consegna di copia al difensore, secondo quanto disposto dall’art. 161, comma 4, c.p.p. anche per il caso in cui la dichiarazione o l’elezione non siano state fatte. 5. Per quanto sino ad ora detto il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.