Pedinamenti e aggressività verso la moglie separata che decide di tornare a casa dei genitori: è stalking

Per i Giudici è evidente l’effetto destabilizzante sulla donna causato dai comportamenti del coniuge separato. In particolare lei ha scelto di trasferirsi a casa dei genitori per tutelare la propria incolumità.

Pedinamenti, minacce e aggressioni fisiche, e la vittima – una donna, presa di mira dal marito separato – si ritrova costretta a trasferirsi per paura a casa dei genitori. Logico parlare di stalking Cassazione, sentenza n. 51112/19, sez. V Penale, depositata oggi . Trasferimento. A finire sotto accusa è un uomo. A dare il ‘la’ al processo le segnalazioni della moglie separata, preoccupata per i comportamenti ossessivi e aggressivi del coniuge con cui non condivide più né la casa né un percorso di vita. Sacrosanta per i Giudici di merito la condanna del marito per lo stalking messo in atto ai danni della donna, stalking concretizzatosi in pedinamenti, minacce e aggressioni fisiche . Tale visione viene condivisa ora dalla Cassazione. In particolare i magistrati di terzo grado osservano che i comportamenti tenuti dall’uomo hanno cagionato alla moglie separata sofferenze e timori per la propria incolumità , tanto da spingerla a trasferirsi a casa dei genitori . Legittimo parlare di vero e proprio stalking messo in atto dall’uomo nei confronti della moglie separata, alla luce dell’ effetto destabilizzante avuto su di lei.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 ottobre – 18 dicembre 2019, n. 51112 Presidente Vessichelli – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di L’Aquila ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di G.M. in ordine ai reati di atti persecutori capo A e lesioni personali capo B commessi ai danni della moglie separata P.M.R. , nonché al reato di minaccia nei confronti di T.A. e D.V.L. capo C . 2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1 Con il primo eccepisce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , la violazione del principio del ne bis in idem. L’imputato è già stato condannato, nell’ambito di un processo svoltosi dinanzi al Giudice di pace, per i medesimi fatti oggetto del capo C - il processo per la minaccia rivolta a T.A. nella notte tra il omissis è stato definito con sentenza irrevocabile di condanna - il processo concernente la minaccia verso D.V.L. si è concluso a seguito della pronuncia della Corte di cassazione n. 4645 del 30 gennaio 2018. 2.2 Con il secondo motivo il ricorrente si duole del vizio di motivazione in punto di responsabilità dell’imputato per il reato di atti persecutori capo A . La Corte di appello avrebbe concentrato la propria attenzione soltanto sul profilo della attendibilità della persona offesa, trascurando invece di rispondere al motivo di gravame con il quale si poneva in dubbio la sussistenza dell’evento del reato. 2.3 Con il terzo denuncia il medesimo vizio in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche. I giudici di merito non avrebbero adeguatamente valutato la situazione drammatica vissuta dall’imputato al quale la moglie impediva di vedere la figlia di appena quattro anni di età. Neppure sarebbe stato valorizzato il dato che l’imputato avrebbe posto fine a ogni condotta di disturbo a seguito della raggiunta serenità per il consolidarsi di un nuovo legame affettivo. Considerato in diritto 1. Il collegio deve rilevare di ufficio l’incompetenza per materia in ordine al capo C , mentre nel resto il ricorso è inammissibile. 2. Preliminarmente va osservato che i difensori delle parti private hanno dichiarato di aderire alla astensione collettiva dalle udienze proclamata dall’associazione di categoria. L’astensione non è consentita, poiché il presente processo rientra tra le prestazioni indispensabili in materia penale di cui all’art. 4, comma 1, lett. a del codice di autoregolamentazione. 2.1 Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, posto a base anche della decisione assunta sul tema dalla Corte Costituzionale sent. n. 180 del 2018 , il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, dichiarato idoneo dalla Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con deliberazione del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2008, costituisce fonte di diritto oggettivo contenente norme aventi forza e valore di normativa secondaria o subprimaria secondo Corte Cost. sent. n. 180 del 2018 cit. , vincolanti erga omnes, ed alle quali anche il giudice è soggetto in forza dell’art. 101 Cost., comma 2, Sez. U, n. 40187 del 27/03/2014, Lattanzio, Rv. 259926 Sez. U, n. 26711 del 30/05/2013, Ucciero, Rv. 255346 . 2.2 Nel caso in esame vengono in rilievo reati la cui prescrizione, tenuto conto dei periodi di sospensione per complessivi 172 giorni 48 giorni dal 2 maggio 2018 al 20 giugno 2018 a seguito di rinvio per astensione 79 giorni dal 20 settembre 2013 al 9 dicembre 2013 a seguito di rinvio per astensione 45 giorni dal 9 dicembre 2013 al 24 gennaio 2014 a seguito di rinvio su richiesta , matura entro novanta giorni e specificamente - il omissis per il reato di cui al capo A - il omissis per il reato di cui al capo B - il omissis per i due distinti episodi di cui al capo C . Si verte, dunque, in un caso in cui l’astensione dalle udienze penali da parte del difensore non è permessa Sez. 2, n. 21779 del 18/02/2014, Frattura, Rv. 259707 - 01 Sez. 6, n. 39248 del 12/07/2013, Cartia, Rv. 256336 - 01 Sez. 3, n. 7620 del 28/01/2010, Settecase, Rv. 246197 - 01 . 3. In relazione ai delitti di minaccia contestati al capo C , occorre rilevare di ufficio l’incompetenza per materia del Tribunale, trattandosi di reati appartenenti alla cognizione del giudice di pace. 3.1 I principi che sovrintendono gli istituti in rassegna hanno trovato definitivo inquadramento nelle statuizioni delle Sezioni Unite Balais e Treskine. Con la prima pronuncia la Corte di cassazione ha statuito che L’incompetenza a conoscere dei reati appartenenti alla cognizione del giudice di pace deve essere dichiarata dal giudice togato in ogni stato e grado del processo D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, ex art. 48, in deroga al regime ordinario di cui all’art. 23 c.p.p., comma 2, e art. 24 c.p.p., comma 2, ferma restando, in caso di riqualificazione del fatto in un reato di competenza del giudice di pace, la competenza del giudice togato in applicazione del criterio della perpetuatio iurisdictionis purché il reato gli sia stato correttamente attribuito ab origine e la riqualificazione sia dovuta ad acquisizioni probatorie sopravvenute nel corso del processo Sez. U, n. 28908 del 27/09/2018, dep. 2019, Rv. 275869 . A mente della seconda decisione è stato stabilito che L’incompetenza a conoscere dei reati appartenenti alla cognizione del giudice di pace deve essere dichiarata dal giudice togato in ogni stato e grado del processo D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, ex art. 48, in deroga al regime ordinario di cui all’art. 23 c.p.p., comma 2, e art. 24 c.p.p., comma 2, fermo restando che la sopravvenuta mancanza del vincolo di connessione, giustificativo della competenza del giudice togato anche per il reato minore, non determina, in applicazione del criterio della perpetuatio iurisdictionis , il venir meno di quest’ultima, purché ab origine correttamente individuata Sez. U, n. 28909 del 27/09/2018, dep. 2019, Treskine, Rv. 275870 . 3.2 Nella specie anzitutto va osservato che non viene in rilievo un caso di connessione D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 7 astrattamente idoneo ab origine a derogare alla competenza del giudice di pace in favore del giudice superiore. Invero non ricorre l’ipotesi di persona imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione, considerato che la stessa formulazione del capo di imputazione tiene ben distinte le azioni concretanti gli atti persecutori e le lesioni ai danni di P.M.R. capi A e B dalle condotte minatorie verso T.A. e D.V.L. capo C . In secondo luogo nel corso del processo non è avvenuta alcuna riqualificazione, posto che, in base all’editto accusatorio, i fatti di cui al capo C sono stati contestati e qualificati come minaccia semplice, reato pacificamente rientrante nella competenza del giudice di pace. 3.3 Discende che va rilevata e dichiarata in questa sede, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, ex art. 48, l’incompetenza del Tribunale a conoscere dei reati appartenenti alla cognizione del giudice di pace. 3.4 La questione sul ne bis in idem, sollevata in ricorso, rimane assorbita. 4. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La Corte di appello - dopo aver ricordato la serie continua di minacce, aggressioni fisiche e pedinamenti posti in essere dall’imputato ai danni della moglie, anche dopo l’applicazione di una misura coercitiva - evidenzia che, come emerge dagli atti, tali comportamenti hanno cagionato alla persona offesa sofferenze e timori per la propria incolumità, tanto da spingere la donna a trasferirsi presso l’abitazione dei genitori pag. 8 sentenza impugnata . La decisione dei giudici di merito - certamente insindacabile in questa sede quanto all’apprezzamento in fatto delle risultanze processuali, in quanto adeguatamente e logicamente motivata, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso - appare ineccepibile. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, nel delitto previsto dell’art. 612-bis c.p. l’evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, in quanto dalla reiterazione degli atti deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, solo alla fine della sequenza, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dalla norma incriminatrice Sez. 5, n. 51718 del 05/11/2014, T., Rv. 262636 la prova dello stato d’ansia o di paura denunciato dalla vittima del reato può essere dedotta anche dalla natura dei comportamenti tenuti dall’agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012, G., Rv. 253764 . Invero la sussistenza del grave e perdurante stato di turbamento emotivo preso in considerazione dall’art. 612-bis c.p. prescinde dall’accertamento di uno stato patologico, che può assumere rilevanza solo nell’ipotesi di contestazione del concorso formale con l’ulteriore delitto di lesioni. La fattispecie prevista dall’art. 612-bis c.p., infatti, non può essere ridotta ad una sorta di mera ripetizione di quella contenuta nell’art. 582 c.p.p. - il cui evento è configurabile sia come malattia fisica sia come malattia psichica - e per la sua consumazione deve ritenersi dunque sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto comunque destabilizzante dell’equilibrio psicologico della vittima Sez. 5 n. 16864 del 10 gennaio 2011, C., Rv 250158 Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012, in motivazione . Tale effetto deve avere indubbiamente una qualche consistenza, come suggerisce il ricorso da parte del legislatore agii aggettivi grave e perdurante per qualificare gli elementi selezionati per caratterizzare l’evento in questione, ma ciò non significa che necessariamente ansia o paura debbano corrispondere ad un preciso stato patologico, nel senso proprio del termine. Sotto il profilo probatorio tutto ciò significa che l’effetto destabilizzante deve risultare in qualche modo oggettivamente rilevabile e non rimanere confinato nella mera percezione soggettiva della vittima del reato, ma in tal senso anche la ragionevole deduzione che la peculiarità di determinati comportamenti suscitino in una persona comune l’effetto destabilizzante descritto dalla norma corrisponde alla segnalata esigenza di obiettivizzazione, costituendo valido parametro di valutazione critica di quella percezione Sez. 5, n. 24135 del 09/05/2012, cit. in motivazione . 4. Il terzo motivo è inammissibile. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che fa leva su gravità dei fatti, modalità e reiterazione delle condotte, precedente penale specifico pag. 8 , essa, pertanto, è insindacabile in cassazione Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419 , anche ricordato che non occorre che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163 Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244 . 5. Discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di minacce di cui al capo C e la trasmissione degli atti al Pubblico ministero per il prosieguo. Il giudice di merito ha applicato la pena complessiva di anni uno e mesi sei di reclusione così calcolata pena base anni uno e mesi due di reclusione per capo A aumentata di mesi tre di reclusione per capo B , ulteriormente aumentata di mesi uno di reclusione per capo C . È quindi possibile rideterminare la pena per i residui reati di cui ai capi A e B in quella di anni uno e mesi cinque di reclusione. Vanno revocate anche le statuizioni civili in favore di T.A. e D.V.L. , persone offese del reato sub C . Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. La natura del reato e la qualità delle persone coinvolte impongono, in caso di diffusione della presente sentenza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di minacce di cui al capo C , per incompetenza per materia, e dispone trasmettersi gli atti al Pubblico ministero presso il Tribunale di Pescara per il prosieguo. Ridetermina la pena per i reati residui in anni uno e mesi cinque di reclusione revoca le statuizioni civili in favore di T.A. e D.V.L. . Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.